giovedì 1 aprile 2004

Marco Bellocchio, martedì sera a Roma ha detto:

Libertà 1.4.04
«Rigoletto? L'inesperienza si paga»
Il commento di Bellocchio alla proiezione romana di Resnais
di Daniela Bisogni


«Sono stato attaccato dalla critica ed ho capito che l'inesperienza si paga, quando in età matura si affronta un'esperienza così complessa e affascinante. Nel dirigere un'opera il regista ha poco margine, perché c'è un altro direttore che ti dice di spostarti, puoi dire qualcosa solo se conosci la musica. E poi al cast che viene all'ultimo momento, e che comunque ho dovuto accettare, non gliene importa nulla della tua regia. In questo caso, bisogna essere onesti, il regista è solo un comprimario, anche se è appassionato di musica, come lo sono io». Marco Bellocchio ha così rievocato davanti a un pubblico romano di cinefili la recente esperienza da regista d'opera del Rigoletto.
L'occasione è stata offerta dall'iniziativa "Ci siamo tanto amati", promossa da Laboratorio Fandango (anche produttore dei film di Gabriele Muccino e Matteo Garrone), in cui i grandi autori presentano “i film della loro vita”. Bellocchio è stato il primo della serie dei registi italiani a incontrare una gremitissima platea di appassionati per vedere "Hiroshima mon amour", film d'esordio del francese Alain Resnais del 1959, sceneggiato da Marguerite Duras. «Quando mi hanno proposto di indicare il mio film - ha detto il regista - avrei anche potuto dire "L'avventura" di Antonioni, "Un condannato a morte è fuggito" di Robert Bresson o "Citizen Kane" di Orson Welles. Ma allora, quando vidi il film di Resnais, ero appena arrivato a Roma e frequentavo il Centro Sperimentale di cinematografia nella sezione attori, perché il regista l'ho fatto più tardi. In quel periodo si vedevano film che rimandavano alla struttura “classica”, pertanto per me vedere "Hiroshima mon amour" è stata un'esperienza sconvolgente. Neppure il cinema surrealista degli anni '20-'30 aveva avuto la capacità di sconvolgermi tanto. Eppure durante quegli anni è stata realizzata una grande quantità di capolavori eccezionali. In questo film ho trovato una grande originalità. Corpi abbracciati, ma sempre in una visione parziale, il montaggio a flashback, poi c'è una cadenza letteraria che ripete certe frasi. E' come se il regista combattesse per vincere la letterarietà del romanzo, cercando di imporre il cinema. Perché tutto quello che è lo specifico letterario spesso non si combina con il cinema. Nel finale avevo anche apprezzato una scena che allora mi sembrò una novità assoluta: inquadratura della ragazza sul corridoio, la ragazza esce di scena, il corridoio rimane vuoto, la ragazza rientra in campo. Oggi, invece, rivedendo il film ho trovato irritante la sua eccessiva letterarietà».
Alcuni cinefili gli hanno chiesto se fosse stato influenzato da questo film per "I pugni in tasca": «Non direi, perché questo è un film molto alto, sia per l'uso delle immagini, sia per il montaggio e perché è basato sul lavoro di una grande scrittrice. Io ho fatto un lavoro più spontaneo, perché ho portato nel film la provincia, Bobbio. Cosa c'entra la provincia con Hiroshima? Oggi si dice che tutti possono fare il cinema, basta avere una telecamera; allora la forza di rottura partì dalla Francia, con la Nouvelle Vague, e poi arrivò anche in altri paesi». C'è anche chi ha accostato "Hiroshima mon amour a Buongiorno, notte", per l'uso delle immagini di repertorio. «Non ci avevo mai pensato», ha commentato Bellocchio, «anche se per me la necessità di molte citazioni del mio ultimo film è venuta al montaggio. In questo senso i due film si riferiscono l'uno all'altro ma poi si differenziano».

Nel corso dell'incontro con il pubblico Marco Bellocchio, soffermandosi sulla letterarietà dei testi e la loro applicazione nel cinema ha anche detto di aver lavorato su una sceneggiatura di Massimo Fagioli. (fp)

ancora sullo stile del pensiero delle neuroscienze

La Provincia di Como 1.4.04
RICERCA Individuati 51 geni che causano la differenza di genere e agiscono sui comportamenti transessuali Il sesso? Una questione di ormoni e cervello
di Marco Cambiaghi


Uomini e donne sono ovviamente diversi sotto vari punti di vista, sia fisici che comportamentali. Una differenza sessuale meno nota è da tempo stata individuata anche a livello del Sistema Nervoso Centrale: varie aree cerebrali infatti sono più grandi in un sesso rispetto all'altro. In molte specie di mammiferi il cervello è intrinsecamente femminile (o forse neutro): le caratteristiche strutturali e funzionali maschili vengono apportate al Sistema Nervoso Centrale in via di sviluppo dall'azione degli ormoni prodotti dai testicoli nel corso di uno o più periodi critici dello sviluppo. Queste differenze si rispecchiano poi nel comportamento materno/paterno, nell'aggressività e nei comportamenti relativi al controllo del territorio di molte specie di uccelli e mammiferi. Le ricerche condotte su vari modelli animali suggeriscono che anche il Sistema Nervoso Centrale umano si differenzia nei due sessi durante lo sviluppo grazie agli ormoni. È stata inoltre dimostrata l'esistenza di alcune differenze legate al sesso nell'esecuzione di compiti cognitivi: gli uomini eseguono compiti visuospaziali meglio delle donne, e le donne sono più portate nei compiti verbali. Va tuttavia evidenziato che questi ultimi dati, relativi alle prestazioni dei soggetti analizzati, sono in gran parte sovrapponibili nei due sessi, dimostrando quindi un divario reale molto relativo. Un recente studio apparso sulla rivista Molecular Brain Research suggerisce però che già in una precoce fase embrionale, quando perciò le gonadi (l'apparato sessuale) non si sono ancora differenziate in testicoli od ovaie, si hanno diverse espressioni geniche nel cervello di individui maschi e femmine. Eric Vilain, dell'Università di California di Los Angeles, dopo aver analizzato circa 12,000 geni, ha notato che nei topi a metà gravidanza (prima della formazione dei testicoli) l'attività di 51 geni è diversa fra maschi e femmine; questa scoperta suggerisce che il nostro sesso dipende anche dall'attività di questi geni, influenzando perciò il diverso modo di pensare ed agire di uomini e donne. «È un indice di differenziamento molto, molto precoce», commenta lo stesso Vilain, il cui studio è il primo a misurare l'incidenza genica nei due sessi in una fase così precoce dello sviluppo, sebbene il team di ricerca non abbia ancora capito quale sia la funzione di questi 51 geni. Vilain suppone che queste differenze di attività genica possano essere alla base dei comportamenti transessuali: si ipotizza che nel cervello di maschi che si sentono donne, o viceversa, ci potrebbe essere un'attività genica simile a quella del sesso opposto. Certamente questi complessi fenomeni psicologici non possono derivare da un'unica causa: la percezione della propria sessualità è molto probabilmente influenzata dai nostri geni e di certo modulata dai nostri ormoni, ma altrettanto importanti sono le esperienze che si hanno soprattutto nei primi anni di vita. Gli studi di Vilain scoprono perciò solo la punta di un iceberg che si prospetta essere molto più profondo.

un convegno a Bologna

Repubblica 1.4.04- ed di Bologna
IL CONVEGNO
Due giorni di studi organizzata dall'Università sul filosofo tedesco e sui suoi interpreti
La lezione del nichilista Nietzsche


Fu attorno agli anni Trenta che la figura di Nietzsche fu riconosciuta e valorizzata tra quella dei pensatori più importanti del dibattito filosofico novecentesco. Ad operare questa svolta furono, tra gli altri, gli studi di Martin Heidegger e Karl Lowith. Sul tema si tiene oggi e domani a Bologna, in Aula Prodi presso San Giovanni in Monte, il convegno dal titolo «Metafisica e nichilismo. Lowith e Heidegger interpreti di Nietzsche», organizzato dall´Università di Bologna, in collaborazione con il Centro Italo-tedesco di Villa Vigoni, l'assessorato alla cultura della Provincia e la Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna. L´iniziativa prende in esame l´interpretazione che diedero i due pensatori del concetto nietzschiano di nichilismo, quale esito finale dello sviluppo della filosofia occidentale. Il primo testo a recuperare il pensiero del filosofo tedesco fu quello che Lowith pubblicò nel '35, «Nietzsche e l´eterno ritorno». Quindi nel '41 ci fu l´altra opera «Da Hegel a Nietzsche». Nel frattempo, tuttavia, il «problema Nietzsche» veniva riconosciuto nelle lezioni tenute da Martin Heidegger all´Università di Friburgo nel '36/'37.
Il convegno, che sarà inaugurato questa mattina (ore 10) dal rettore Pier Ugo Calzolari, vede la partecipazione di alcuni tra i maggiori studiosi dei tre filosofi in discussione; tra essi Johann Figl (Vienna), Friedrich-Vilhelm von Herrmann (Friburgo), Bernrd Lutz (Stuttgart), Werner Stegmaier (Greifswald), Patrick Wotling (Parigi) e numerosi altri.

Lisa Meitner e Rosalind Franklin

il Messaggero 31.3.04
Mercoledì 31 Marzo 2004
Biografie/ Come gli scienziati “scipparono” due donne
Il Nobel? Una cosa da maschi
di ROMEO BASSOLI


C’È stato un periodo nella storia dell’Europa, a cavallo della seconda guerra mondiale, nel quale le donne si affacciavano per la prima volta alle scienze “dure”. Alla fisica, alla chimica. Al sapere che dava potere, soldi, fama. Un mondo dominato dai maschi.
Una giovane, minuta polacca Maria Sklodowska, aveva tracciato la strada nel primo decennio del 900 ed era poi passata alla storia con il cognome del marito: Curie. Ma mentre la Francia, anche sulla spinta di Maria Curie, aveva aperto le porte delle università e dei laboratori alle donne, gli altri due giganti europei, la Germania e soprattutto la Gran Bretagna, tenevano ancora lontana l’altra metà del cielo. Eppure le donne c’erano. Ma era come se fossero invisibili. Anche quando ottenevano risultati, questi erano negati o scippati dai colleghi maschi. In questi giorni sono uscite, in Italia, due biografie di donne “scippate” del premio Nobel da consorterie scientifiche maschili (e dalla sfortuna). Sono due ebree dal carattere difficile, un po’ ombrose e tanto sole.
La prima, Lisa Meitner, austriaca, ha capito per prima che era stata realizzata una fissione dell’atomo, cioè il processo che avrebbe portato alla bomba atomica e alle centrali nucleari. Di lei esce una biografia per ragazzi per i tipi dell’Editoriale Scienza e grazie al lavoro di Simona Cerrato ( La forza dell’atomo , 96 pagine, 13,90 euro).
La seconda, Rosalind Franklin, inglese, ha trovato la prova decisiva che il Dna è una doppia elica. La sua biografia è scritta da Brenda Maddox per la Mondadori ( Rosalind Franklin. La donna che scoprì la struttura del Dna , 346 pagine, 20 euro).
Nessuna delle due ha preso il Nobel. Rosalind avrebbe dovuto condividerlo con Watson, Crick e Wilkins: morì, giovane, di cancro prima che lo assegnassero. Ma nei libri che hanno consacrato la scoperta della doppia elica, è stata sempre messa in secondo piano, come una seccatrice tenebrosa che aveva trovato quasi per caso la prova decisiva. Una prova che, dice la sua biografa, Watson e Crick utilizzarono a sua insaputa. Ma Rosalind non faceva mai nulla per caso. Era una delle massime esperte al mondo di una tecnica di indagine chiamata cristallografia ai raggi X. Era stata la migliore in tutte le scuole e le università (come Oxford) in cui aveva studiato. Aveva ottenuto ottimi risultati nei laboratori di ricerca di Parigi. Era tornata in Gran Bretagna per rispondere alle sollecitazioni della famiglia, ma nell’ambiente maschilista (e culturalmente depresso) del dopoguerra inglese si trovava a disagio. Così, a volte era aggressiva, scostante. La sua educazione rigida le impedì di avere un rapporto d’amore corrisposto con un uomo. Non era omosessuale: solo, non sapeva come fare con la mente maschile.
Più teatrale è la storia di Lisa Meitner. Viennese, trasferita a Berlino, diventa il primo professore donna di Germania. Le leggi antiebraiche del Reich la costringono a fuggire. Va a Stoccolma. E lì, il 19 dicembre 1938 riceve una lettera del suo collega Otto Hanh. Lui è rimasto in Germania (e ci rimarrà fino alla fine della guerra, lavorando al programma atomico tedesco). Le scrive per rivelarle che “c’è qualcosa di veramente molto strano” nei suoi esperimenti. Un risultato “incredibile”. E conclude: “cerca di capirci qualcosa tu”. E lei capisce. Fa i conti durante una passeggiata sulla neve. E i conti dicono che l’incredibile è avvenuto: il nucleo dell’atomo si è rotto e si è liberata energia. Lisa lo scrive subito a Otto. Lisa sa che cosa significa: la bomba atomica è possibile ed è terribile.
Lei non se ne vorrà occupare. La faranno i maschi, a Los Alamos, negli Stati Uniti. Dopo la guerra, a Otto Hanh verrà dato il Nobel. E lui non la ringrazierà nemmeno nel discorso davanti al Re di Svezia. Qualche giornale scriverà: “Lisa Meitner, l’assistente del premio Nobel Otto Hanh


dalla Libreria Amore e Psiche

VI INFORMIAMO CHE:

LE LEZIONI ALL'UNIVERSITÀ DI CHIETI

Le lezioni del mese di Aprile saranno le seguenti:

Sabato 3

h.11,00 prof Massimo Fagioli

Venerdì 16

h. 14,00-16,00 prof. Andrea Masini

h. 16,00-18,00 prof.ssa Francesca Fagioli

Sabato 17

h. 9,00-11,00 prof. Andrea Masini

h. 11,00-13,00 prof. Massimo Fagioli

Le date aggiornate del mese di Maggio vi saranno comunicate al più presto.