martedì 1 giugno 2004

dal Lunedì
da vedere:

le pitture rupestri di Latmos
"La spettatrice" di Paolo Franchi

LE PITTURE RUPESTRI DI LATMOS


alcune immagini (abbastanza scadenti) di quelle pitture possono essere viste all'indirizzo seguente: www.naturundmensch.de e un'altra qui

UNA MOSTRA A NAPOLI:

Antiche immagini dell'uomo. Le pitture rupestri preistoriche del Latmos
Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Fino al 31 luglio 2004
In mostra fotografie e reperti che documentano le pitture preistoriche rupestri del Latmos, uno dei monti sacri dell'Asia Minore.
Museo Archeologico Nazionale
Piazza Museo tel.081440166
orario :
feriali 9.00 - 19.30; festivi 9.00 - 19.30. La biglietteria chiude alle ore 18.00. Chiuso il martedì


UN ARTICOLO SUL TEMA:

"...Nelle caverne paleolitiche l’uomo dipingeva il mondo di cui aveva paura; questi ritratti del neolitico, invece, rappresentano l’uomo, perché è lui al centro del mondo..." Luigi Colarusso IA Venticano


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"LA SPETTATRICE"
di Paolo Franchi


a Roma nei cinema:
Intrastevere Vicolo Moroni 3/a Tel.06/5884230 - 16:15 18:20 20:30 22:40
Mignon Via Viterbo 11 Tel.06/8559493 - 16:30 18:30 20:30 22:30


Cast
Valeria Barbara Bobulova
Massimo Andrea Renzi
Flavia Brigitte Catillon

Trama
Valeria è una giovane donna timida e solitaria, vive a Torino e lavora come interprete simultanea. La monotonia della sua vita è interrotta solo dal suo interesse nei confronti di un ignaro vicino -Massimo - le finestre del cui appartamento si trovano proprio di fronte a quella della ragazza. Una serie di coincidenze porta le esistenze dei due personaggi a sfiorarsi, ma essi continuano a rimanere estranei.

Durata: 100'
Data uscita in Italia: 07 maggio 2004
Regia: Paolo Franchi
Sceneggiatura: Paolo Franchi
Fotografia: Beppe Lanci
Musiche: Carlo Crivelli
Montaggio: Alessio Doglione



Articoli:

Repubblica.it 28.04.2004
Amore spione
Barbara Bobulova in 'La spettatrice"
di Paolo Menzione


L'amore nasce spiando "la finestra di fronte". Accade anche in La spettatrice, proprio come nell'ultimo film di Ferzan Ozpetek con Giovanna Mezzogiorno e Raoul Bova. Ma nell'opera prima di Paolo Franchi - nei cinema dal 7 maggio con un inspiegabile divieto ai minori di quattrodici anni - lo sguardo va in una sola direzione: Barbora Bobulova, nel ruolo di Valeria, una giovane chiusa e solitaria, osserva di nascosto il dirimpettaio.
Quando Massimo (Andrea Renzi) abbandona l'appartamento di Torino per tornare a Roma, nell'esistenza di Valeria tutto sembra precipitare. La ragazza passa dalla contemplazione all'azione, prende il primo treno per Roma e senza che Massimo si accorga di nulla inizia ad insinuarsi nella sua vita. Per stargli vicino diventa amica quasi inseparabile della sua compagna (la francese Brigitte Catillon). Ma quando il rapporto di coppia fallisce e per la protagonista si schiude la possibilità di coronare il suo sogno, si tira indietro per tornare alla normalità.
"Non ho mai sofferto così tanto al cinema. E' stata un'esperienza dolorosissima e allo stesso tempo straordinaria". Barbora Bobulova commenta così l'interpretazione di questo personaggio autodistruttivo, una interpretazione fatta di tanti sguardi, di pause e lunghi silenzi. "Dietro molti personaggi - ha aggiunto l'attrice - riesco spesso a nascondermi e mascherare la mia personalità. In questo caso tutto il contrario: sono stata costretta a mettermi in gioco del tutto, anche attingendo a componenti complesse ed estremamente dolorose". Un lavoro che non esita a paragonare a "una lunga seduta psicanalitica". Il suo personaggio e gli altri due ("che sono poi tutte facce della stessa medaglia, dello stesso disagio di fronte ai sentimenti", spiega il regista") sembrano uscire da un cinema di "sensibilità francese". Ma il film è già stato apprezzato anche in Italia al Bergamo Film Meeting, dove ha vinto un premio. E prossimamente Franchi porterà La spettatrice in concorso al Tribeca Film Festival di Robert De Niro: "E' un grande onore - ha ammesso il regista -. Il film è piaciuto molto all'organizzazione del festival, e abbiamo ricevuto ottime recensioni anche da parte della stampa americana".
Per la Bobulova è un momento di grazia. Sugli schermi italiani con Il siero della vanità di Alex Infascelli, di recente è stata interprete accanto a Fabrizio Gifuni del film La radio, opera prima dell'esordiente Davide Sordella. E in autunno sarà di nuovo al cinema con Ovunque sei di Michele Placido, al fianco della figlia del regista Violante e di Stefano Accorsi.

Repubblica 7 maggio 2004
"La spettatrice", un esordio pensando a Ferzan Ozpetek
Piccole coincidenze vissute alla finestra
di PAOLO D'AGOSTINI


Una giovane donna senza legami spia l'uomo della finestra di fronte e s'infila nella sua vita. Lo segue nel cambio di città, con l'inganno diventa amica della sua compagna, continua a fare di tutto per stargli vicina ma quando finalmente lui s'interesserà a lei, si sottrarrà. Preferendo restare spettatrice delle vite altrui. Però l'analogia iniziale con il film di Ozpetek è solo tecnica, ne è una versione raggelata e prosciugata, "nordica".
Sempre all'inizio lui e lei capitano nello stesso negozio di cianfrusaglie e acquistano la stessa pietra che promette di "migliorare spirito e sentimenti". Al convegno dove lui relaziona e lei fa da interprete simultanea l'uomo, che è un affermato ricercatore farmacologo, s'interroga sulla differenza tra "depressione patologica e tristezza soggettiva".
Insomma incastri di coincidenze - un po' casuali, un po' volute - e piccole interferenze nei destini, note dolenti sospese in un vuoto di relazioni umane, ci dicono che siamo in quel clima che era caro al cinema di Kieslowski. Il disegno è ardito e la sfida interessante: si tratta dell'opera prima di un ex allievo della "factory" di Ermanno Olmi a Bassano del Grappa.
Tuttavia il film non scorre, "si sente" ad ogni passo la scrittura e del modello polacco non si sente invece la passione compressa. E gli attori (Barbora Bobulova a suo tempo scoperta da Bellocchio per "Il principe di Homburg", e Andrea Renzi il calciatore de "L'uomo in più" di Paolo Sorrentino) non sono convincenti.

un saggio su MARCO BELLOCCHIO
su una rivista di architettura

una segnalazione di Francesco Petri

Nel numero di maggio 2004 (anno L numero 583) di
"L' architettura cronache e storia"
mensile fondato da Bruno Zevi ed attualmente diretto da Furio Colombo, c' è un saggio a cura di Plinio Perilli intitolato:

"Marco Bellocchio, il movimento dell' anima "dentro" i personaggi"

6 pagine riccamente illustrate con testo in italiano e in inglese.

Solo per gli abbonati la rivista è consultabile sul sito:

http://www.mancosueditore.it/
(scegliere il link: "riviste")

Mancosu Editore S.r.l.
Via Alfredo Fusco, 71
00136 Roma
Tel. 06.351921
Fax. 06.35409791

gli arabi e la scrittura

Repubblica ed. di Palermo 1.6.04
LETTERA DALL´IRAN
Noi, gli arabi e la scrittura
di Marcella Croce


STRANI re furono gli Altavilla, normanni ma affascinati dai bizantini, cristiani ma stregati dai musulmani. La pietra, materiale principe dell´architettura islamica, era particolarmente adatta al lavoro dei calligrafi; molte moschee erano interamente rivestite anche da mattonelle, mattoni o intarsi con epigrafi sacre. A Palermo, durante le ristrutturazioni del XV secolo, con il consueto uso del materiale di risulta, un´iscrizione coranica andò a finire perfino su una delle colonne esterne della Cattedrale, e vi si trova tuttora, mentre un´altra che, sempre in caratteri arabi, esaltava le virtù dei re normanni, fu crudelmente spezzata a intermittenza per ritagliare i merli a coronamento del palazzo della Zisa e così trasformare l´edificio in "castello".
A completare il quadro cosmopolita della Palermo medievale, sulla parete estrena della chiesa che oggi popolarmente chiamiamo Martorana, Giorgio di Antiochia, il famoso Ammiraglio di Re Ruggero, volle invece caratteri greci per un´iscrizione che altrimenti richiama in tutto e per tutto quelle islamiche. Un´iscrizione trilingue (latino, greco e arabo) segnala ancora un ingegnoso orologio ad acqua a Palazzo dei Normanni, mentre al museo della Zisa è esposto un epitaffio quadrilingue (con l´aggiunta dell´ebraico).
In Iran si sono toccati i vertici dell´arte calligrafica, ci fu anche chi cercò di diffondere idee eretiche con la scrittura, come Mir Imad, grande calligrafo della moschea dell´Imam ad Isfahan, ma il sovrano safavide Shah Abbas, grande mecenate e protettore delle arti, ma anche fervente sciita, non esitò a fargliela pagare caramente, ed egli fu imprigionato e ucciso. L´insuperabile artista Abu Bakr Muhammad, chiamato Ravandi dal nome dell´omonima cittadina presso Kashan che nel 12? secolo era un famoso centro calligrafico, aveva studiato 10 anni con il grande maestro Taj Ad Din Ahmad, suo zio materno. Si dice che fosse in grado di usare ben 70 diversi stili, e che avesse elaborato una teoria secondo la quale le lettere arabe fossero evoluzioni del cerchio e della linea retta, identificati con il mondo e l´equatore. Dall´apparente durezza dello stile cufico alla fluidità del naskh ("sostituzione", giacché esso sostituì tutti i precedenti caratteri), dall´esagerata altezza del sols ("un terzo" forse a causa della misura del pennino), al decadente sentimentalismo dello shekaste ("rotto", cioè scivolato), che appunto per tale motivo risulta di difficilissima lettura: le sensuali forme dell´alfabeto arabo, derivato da quello aramaico, si prestano in modo particolare ad ogni possibile virtuosismo.
Il naskh fu il primo stile non più perfettamente verticale, le variazioni di inclinazione delle lettere e gli angoli che esse formano con le linee orizzontali, sono state paragonati alle posture del corpo umano nella danza. Il massimo della fantasia (e anche un unicum mondiale) è costituito da una teiera, oggi all´Ermitage di Leningrado, celebre per essere stata incisa con lettere arabe che finiscono in facce umane e animali.
Le iscrizioni più elaborate sono quelle su carta che possono combinare fino a sei o sette diversi stili e ciascuno di essi può variare per forma, movimento, peso, enfasi, colore e scala. Intrecciati a palmette ed ornamenti vegetali, circondati da splendide cornici di motivi floreali (tazhib cioè "abbellimento"), questi ineffabili capolavori sono vere sinfonie della penna, c'è chi li ha definiti "orchestrazioni di cori muti". Quando sono presenti i vari segni di punteggiatura (introdotti dal califfo Abdul-Malik per distinguere i diversi suoni di una stessa lettera, gli sciiti ritengono invece che siano dovuti all´intervento personale dell´Imam Alì), c'è meno spazio per gli elementi vegetali. Può inoltre variare sia lo spessore del tratto che il profilo della forma delle singole lettere, ciascuna delle quali è regolata da precise e complesse proporzioni matematiche. In numerosissimi casi, per esempio su alcune tombe arabe rinvenute in Sicilia, gli stessi caratteri sono ripetuti in scala più piccola sopra o sotto l´iscrizione principale.
"Leggi, il Signore misericordioso ha insegnato l´uso della penna, ha insegnato all´uomo ciò che non sapeva" (sura 96 versi 3-5): il Corano abbonda di incoraggiamenti all´uso della scrittura, e molti capitoli, ad esempio il 68, iniziano con l´invocazione: "Per la penna e ciò che essa scrive". In Iran erano stati i magi, sacerdoti zoroastriani, ad usare per primi l´inchiostro d´oro per le trascrizioni dell´Avesta. Secoli più tardi, i calligrafi fecero grande uso di materiali preziosi, e il Corano veniva spesso copiato con sottotitoli in persiano, così da permettere a tutti la conoscenza della parola divina. Come i padri cristiani, i teologi musulmani più tradizionalisti sollevavano obbiezioni alle vocali dorate e colorate, ma alla fine l´amore per il lusso e per la bellezza prevalse su queste riserve: lo possiamo dedurre dalla quantità di copie miniate che ci sono arrivate, al museo del santuario dell´Imam Reza a Mashhad ve ne sono esposti molti splendidi esemplari.
In Iran si riteneva che il Corano fosse fondamentale per propiziare la buona riuscita di ogni viaggio: se ne trascrivevano anche di piccolissimi in modo che non fossero di ingombro alle persone in cammino e si riteneva che ogni viaggiatore in partenza dovesse passare sotto una copia del sacro libro. A Shiraz fu costruita a tale scopo la Porta del Corano, che esiste tuttora anche se sotto non ci passa più nessuno, giacché proprio accanto è stata costruita una strada molto più ampia che si adatta maggiormente al traffico moderno.
Ma non fu solo il Corano ad ispirare i calligrafi persiani, molti di essi si sono dilettati anche con i versi dei loro amatissimi poeti, che, per lo più scritti in quartine (chiamate dobeiti o rubayat a secondo della diversa intonazione), venivano trascritti con una pronunciata e leziosa inclinatura. Le iscrizioni sulle stoviglie in ceramica, delle quali è sempre stato prodotto gran numero in Iran, sono invece non di rado illeggibili: molti ceramisti persiani non sapevano leggere e scrivere, e spesso copiavano malamente l´arabo, una lingua che non capivano.

l'arte di Dante
una mostra a Firenze

Repubblica, ed. di Firenze 1.6.04
Riuniti all´Accademia 64 capolavori del 1250-1300 alcuni ornavano piccole chiese del contado
L'ARTE DI DANTE
E Firenze inventò la cultura italiana
La fioritura di Giotto fu preparata "fiutando" fermenti dall´Europa e dall´Oriente


Sono tornate a Firenze opere di Coppo di Marcovaldo, Maestro della Sant´Agata, Maestro della Maddalena, Corso di Buono, Grifo di Tancredi, Maestro di Varlungo, Arnolfo di Cambio, Cimabue e Giotto. I maestri del tempo di Dante, quelli che magari con i loro capolavori ornavano gli altari di chiese e pievi della campagna toscana. E´ il racconto dell´arte italiana al tempo di Dante Alighieri attraverso una grande mostra, «L´arte a Firenze nell´età di Dante 1250-1300» che apre oggi e proseguirà fino al 29 agosto alla galleria dell´Accademia: l´ha organizzata la Soprintendenza al polo museale di Firenze, Angelo Tartuferi e Mario Scalini sono i curatori.
1250-1300: le due date segnano gli estremi di un cinquantennio epocale per la cultura italiana. Dante inventava la lingua letteraria degli italiani, mentre Giotto di Bondone gettava le basi di una nuovissima lingua figurativa, fondata sulla scoperta del vero naturalistico e psicologico, nella certezza dello spazio misurabile. L´esposizione mette in luce la continuità, l´omogeneità stilistica, la capacità di assimilare e rileggere pulsioni culturali artistiche da Inghilterra, Francia, Bisanzio preparando così il terreno per la grande arte trecentesca, una coerenza quasi progettuale e soprattutto la grande modernità di una «scuola pittorica» pienamente affermata sul territorio alcuni decenni prima della comparsa del genio di Giotto, e che sulla sua opera ebbe fortissimi influssi.
64 le opere esposte. Il genio innovatore di Arnolfo di Cambio nella scultura e nell´architettura sarà testimoniato dall´Annunciazione che lascia per la prima volta il Victoria & Albert Museum di Londra, da parti inedite dell´antico complesso di Santa Maria del Fiore e di Santa Croce, identificate nei fondi della neoacquisita raccolta Bardini. Il Dossale di Parigi del Maestro della Maddalena, il trittico del Metropolitan Museum di New York dello stesso artista, il trittico di Grifo di Tancredi conservato nei Musei di Berlino, tornano anch´essi per la prima volta a Firenze, così come sarà possibile scoprire personalità sinora non abbastanza evidenziate, come il Maestro della formella di Costa San Giorgio o l´autore della Maestà del Carmine, degne di stare al pari dei più grandi contemporanei, come Cimabue e Giotto. Tra i capolavori di fattura straniera sono esposti un crocifisso di produzione inglese dalla rara iconografia cristiana conservato in Santa Maria Novella, una spada vichinga arrivata in Toscana per tragitti complessi da Costantinopoli, la «Croce santa» donata da Luigi IX di Francia ai frati francescani di Castiglion Fiorentino.

La mostra sarà aperta dal martedì alla domenica con orario 8.15-18.50, chiusa il lunedì, il catalogo è pubblicato da Giunti. Info e prenotazioni 055. 2654321.

tre brevi dal web

ricevute da P. Cancellieri

Adnkronos Salute Lunedì 31 Maggio 2004, 18:56
Psichiatria: 'Cinema-Terapia', In Un Libro Esperienze e Analisi


Roma, 31 mag. (Adnkronos Salute) - Il cinema per 'curare' le persone che soffrono di un disturbo mentale, portandole a guardare dentro se stesse, a confrontarsi con emozioni e affetti spesso inconfessati. E' la 'sfida' lanciata negli ultimi trent'anni da un'area della psichiatria che ha aperto le porte alle esperienze artistiche, impiegate nel processo di cura, al di la' dei trattamenti tradizionali come psicofarmaci e psicoterapie. A proporre esperienze e analisi sull'argomento Luciana De Franco e Mariella Cortese nel libro 'Ciak, si vive. Grande schermo e piccoli gruppi', appena pubblicato dalle edizioni Magi nella collana 'Immagini dall'inconscio'. Nel testo le esperte illustrano il Progetto Immagine, avviato a partire dal 1995 da Luciana De Franco, analista didatta Aipa (Associazione Italiana di Psicologia Analitica) all'interno del Centro di salute mentale Cassia 5 (Asl Rm/E). Come spiega nel libro la psicologa Mariella Cortese che collabora da anni al Progetto, ''la relazione a livelli profondi con l'immagine artistica, partecipata e animata dalla presenza del gruppo, permette di cominciare, timidamente e discretamente, a risvegliare il mondo emozionale dei pazienti''. Ciak si vive prende in esame, grazie anche agli interventi di psicologi, psicoanalisti, registi, critici cinematografici, giornalisti e docenti, il percorso della mente che si confronta con le immagini cinematografiche. E spiega come vedere un film e discutere insieme ad altre persone aiuta ad attivare le parti sane di chi soffre di un disturbo psichico, favorendo l'uscita dall'isolamento dei pazienti psichiatrici. Si disegna cosi' un percorso nuovo rispetto a quello seguito tradizionalmente nelle psicoterapie di gruppo: il 'grande schermo', secondo le autrici, diventa dispensatore di emozioni e sentimenti, strumento di conoscenza e di incontro con gli altri e si mette a servizio della relazione terapeutica. (Com-Ram/Adnkronos Salute)

SaluteEuropa.it 31/05/2004
Emergenza depressione: appello di STRADE al Ministro della Salute


"La mancanza di ipotesi di intervento per affrontare il problema della depressione è una grave lacuna del nuovo Piano Sanitario Nazionale, una lacuna che è necessario colmare e sulla quale l'Associazione Strade ha preparato una proposta concreta e un piano triennale dettagliato" . Questo il messaggio preciso lanciato da Antonio Picano, Presidente di Strade (la Onlus sullo Studio e il Trattamento della Depressione), un messaggio che si trasforma in una vera e propria richiesta rivolta direttamente al Ministro della Salute, Girolamo Sirchia: "chiediamo una posizione politica precisa sul problema della depressione - continua Picano - con l'istituzione di una Commissione Ministeriale ad hoc e la valutazione e definizione di un programma di intervento. A questo scopo, Strade mette a disposizione la propria competenza ed i propri mezzi".
La proposta è stata presentata nei giorni scorsi a Roma dal dott. Antonio Picano nel corso di un incontro dedicato al tema della depressione, durante il quale il sen. Francesco Cossiga ha tenuto una Lezione Magistrale sul tema "Emergenza depressione: il ruolo del medico di famiglia".
Proprio ai medici di famiglia è dedicato un progetto specifico del "Piano strategico 2005-2007 sulla depressione" messo a punto dall'Associazione Strade: "si tratta di argomento importantissimo - ha precisato Picano - in quanto spesso i medici di famiglia vengono lasciati da soli ad affrontare il problema. Diventa fondamentale, dunque, la creazione di un sistema efficiente di consulenza da parte del servizio pubblico e di gestione condivisa del paziente".
Quello del servizio pubblico è un altro passaggio importante che accende il campanello di allarme di Strade: il problema della depressione, infatti, viene trattato marginalmente dalla psichiatria pubblica, che focalizza la sua attenzione e le sue risorse principalmente sui pazienti psicotici gravi. A tutto ciò si aggiunge l'esistenza di una grave ingiustizia sociale: le risorse destinate al trattamento della depressione nei servizi pubblici sono assolutamente marginali e non offrono alcuna garanzia ai 5 milioni di pazienti depressi che si vedono costretti a rivolgersi all'assistenza psichiatrica privata, a patto che possano permetterselo economicamente.
Il piano strategico di Strade affronta il problema della depressione nella sua complessità, proponendo una riflessione sull'importanza e la necessità dei centri di eccellenza, dell'approccio integrato, dei costi e delle risorse come forma di investimento sul futuro del paese, e presentando piani di intervento specifici per ogni forma di depressione: perinatale, giovanile, del mondo dello sport, del lavoro, delle carceri, dell'immigrazione, sottolineandone anche la correlazione con la malattia coronarica che provoca attualmente in Italia 60 mila morti ogni anno.
Rilevanti le esperienze internazionali: Strade ha attivato diverse collaborazioni con alcune organizzazioni di eccellenza operanti nei Paesi occidentali, in modo particolare negli USA, in Australia, in Belgio. Non ultimo un esplicito invito alle Regioni ad attivare singole commissioni specifiche che si occupino del problema della depressione, in linea con gli accordi sulla devolution.

SaluteEuropa.it 31/05/2004
Società Italiana Di Neuropsicofarmacologia: XIV Congresso Nazionale


Si aprirà domani al Palazzo dei Congressi di Bologna Il XIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia (SINFP). Duemila medici psichiatri italiani, fino al 4 giugno, si confronteranno sulle frontiere della ricerca genetica, farmacologica, psicoterapeutica per contrastare le malattie mentali, purtroppo in aumento.
Presenti tutti i grandi nomi della medicina psichiatrica, il congresso sarà l'occasione per una messa a punto dello stato di salute psichica e mentale degli italiani. E contemporaneamente sarà una vetrina scientifica degli studi più recenti sul cervello - molti dei quali a firma italiana - della evoluzione delle tecniche adottate per l'impiego dei nuovi mezzi diagnostici (specie la diagnostica per immagini, RMN e PET), delle nuove risorse terapeutiche e farmacologiche.
In primo piano tra i temi del congresso:
•La paura del terrorismo: una nuova psicosi che prima non c'era
•La depressione è donna, specie in gravidanza
•Già a 13/14 anni si fanno i conti con anoressia e bulimia
•Quel piccolo "pestifero" in realtà è malato
•Schizofrenia: solo uno su tre può uscirne. Tra 250 e 650 mila gli schizofrenici in Italia
•Aumentano i disturbi psichici indotti da cause ambientali: dalla minaccia della violenza urbana all'inquinamento, alle droghe da competitività o da sballo, si osservano disturbi e patologie che sono veri e propri campanelli d'allarme sullo stato di salute psichica della popolazione italiana.

Cina

ricevuto da P. Cancellieri

Il Mattino 1 giugno 2004
Dall’Archeologico al Museo di Pechino
L’impero romano a piazza Tien An Men
Carlo Avvisati


La grandeur di Roma imperiale testimoniata in Cina attraverso cento settanta reperti archeologici provenienti in ampia maggioranza dagli scavi di Pompei ed Ercolano.
I pezzi, una selezione tra quelli più belli e significativi conservati nei depositi della Soprintendenza Archeologica di Napoli, dal 9 giugno andranno a far bella mostra nelle sale del Muso Nazionale Archeologico di Pechino, in piazza Tien An Men.
L’esposizione, titolata «Antica Civiltà» resterà vistabile sino al 1° novembre di quest’anno per poi spostarsi nelle sale del Museo Henan, a Zhenghzou, dal primo dicembre al 31 marzo. Quindi, dal 20 aprile al 20 luglio del 2005 sarà allo «Shanxi History Museu» di Xian.
La rassegna, che per la prima volta in assoluto vedrà reperti antichi italiani esposti al Museo Nazionale di Pechino - è l’equivalente dell’Archeologico di Napoli, per importanza e fama - è stata allestita nell’ambito degli scambi culturali attivati dalle diplomazie delle due nazioni.
L’esposizione, che sarà in futuro ricambiata a Napoli e con reperti dei periodi cinesi più interessanti, si sarebbe dovuta tenere già tempo addietro, però i contatti, a causa dell’epidemia di Sars, furono interrotti in attesa di tempi migliori.
«La mostra - spiega Maria Rosaria Borriello, direttore del Museo Archeologico di Napoli - dovrà dare l’idea concreta di come si sia sviluppata la civiltà romana a partire dal periodo arcaico della città sino alla potenza di Roma imperiale».
Per questo motivo, alcuni dei reperti arriveranno direttamente dai depositi dei musei romani e dalle Soprintendenze capitoline.
In particolare si tratta di vasi corinzi, trovati in corredi tombali risalenti all’era arcaica, e diversi plastici (visibili, in genere, al Museo della Civiltà romana) che ripropongono le ricostruzioni del Tempio dedicato a Giove Capitolino o gli edifici termali.
Le costruzioni, curate sin nei minimi particolari, dovranno illustrare lo sviluppo delle architetture e le funzioni pubbliche e religiose a cui erano destinati i diversi edifici. Sette saranno le sezioni in cui si articolerà l’esposizione per la quale è prevista la stampa di un catalogo bilingue: inglese e cinese. I diversi settori illustreranno, rispettivamente, «Le origini», con un’anfora attica, a figure nere, che mostra la scena della fuga da Troia di Enea con il padre Anchise e il figlio Ascanio. Quindi, i plastici per l’età arcaica. Poi, l’ampliamento del potere su tutto il Mediterraneo con, tra gli altri, un busto in marmo di Pirro.
A seguire, «L’impero romano e il segno del potere» attraverso i reperti pompeiano - ercolanesi: i busti di Tiberio, Claudio, Galba, il ”rilievo di Telefo”, da Ercolano, i sesterzi d’oro con i volti di Nerone e Poppea, Tito e Domiziano. Ancora, per la «Vita pubblica», serviranno gli affreschi che mostrano il Foro, pitture di maschere e templi, statue di attori e attrici, elmi da combattimento di gladiatori e servizi da bagno con strigili, aryballos e coppette.
«Insomma - riprende l’archeologa - mostreremo tutto quanto possa essere utile a dare a un popolo così lontano geograficamente e culturalmente l’esatta dimensione di quel grande fenomeno storico, culturale, civile e sociale che fu Roma».
Numerosi saranno anche gli oggetti d’oro: collane, bracciali, orecchini, che testimonieranno il livello nella lavorazione del metallo da parte degli orafi campani.

fallimento del trattamento farmaceutico delle depressioni

Yahoo! Notizie Martedì 1 Giugno 2004, 17:09
Quasi la metà delle terapie anti-depressione fallisce
Di Italiasalute.it


Molte persone sottoposte a terapie standard contro la depressione ancora soffre dal disturbo fino a due anni dopo il trattamento.
A scoprirlo è un nuovo studio, condotto in 46 centri sanitari negli Stati Uniti, che ha coinvolto più di 1.200 pazienti cui era stata diagnosticata la depressione. Lo studio ha osservato che quasi metà di coloro che hanno ricevuto terapie minime ritenute appropriate contro la depressione non è migliorato.
I tipi di cura presi in considerazione in 542 casi sono stati quelli con durata superiore a sei mesi, con almeno quattro sessioni di terapia oppure due mesi o più di trattamenti con antidepressivi. Dopo due cicli di tale terapia 261 non sono riusciti a recuperare.
I risultati indicano che, malgrado la disponibilità di terapie che sono state efficace testate, rimane un gruppo di pazienti per i quali la depressione è molto difficile da curare. A sostenerlo è Catherine Sherbourne dell'organizzazione di ricerca RAND Corporation di Santa Monica, in California.
Secondo la Sherbourne, la cui ricerca è stata pubblicata su General Hospital Psychiatry, ciò di cui c'è bisogno è maggiore sforzo nel condurre la ricerca su questo gruppo di pazienti.
Secondo i ricercatori, non è l'insufficiente attenzione nel portare avanti le terapie a poter decretare il fallimento della metà dei tentativi di trattamento.
Si tratta, invece, di pazienti con una depressione persistente che non rispondono neanche alle terapie più aggressive.
In tali casi, il paziente, e il medico che li cura, sembrano essere alla ricerca di soluzioni diverse rispetto a quelle convenzionali, e secondo gli autori dello studio, potrebbero avere bisogno di una combinazione di farmaci e di terapie, di continue valutazioni della risposta del paziente da parte del medico o, meglio, dello specialista.
I ricercatori hanno potuto osservare che ci sono tre caratteristiche ricorrenti nei pazienti e che potrebbero avere un ruolo nel fallimento della terapia: tendenza al suicidio, disoccupazione e mancata aderenza dei pazienti alla cura prescritta.
La presenza di pensieri tendenti al suicidio denotano una forma di depressione più grave e lo stato di disoccupazione potrebbe essere un segnale di difficoltà nell'affrontare la vita quotidiana. Infine, interrompere la cura prima del dovuto, notano i ricercatori, può dare luogo ad effetti secondari deleteri sul decorso dello stato depressivo.
Tutti questi fattori possono rendere la depressione difficile da trattare.
Secondo i ricercatori autori dello studio, i medici dovrebbero tenere bene d'occhio la vasta gamma di fattori relativi alla salute fisica, mentale e allo stress della vita quotidiana che possono compromettere l'efficacia la terapia antidepressiva.