venerdì 1 luglio 2005

le 5 domande di Science
fra le altre: «qual'è la base biologica della conoscenza?»

Corriere della Sera 1.7.06
Dalle basi biologiche della coscienza alla durata della vita. «La risposta entro 25 anni»
Gli scienziati: ecco i cinque grandi segreti del mondo
di GIOVANNI CAPRARA


I curatori della rivista americana Science, per celebrare i 125 anni della nascita della pubblicazione, hanno chiesto agli scienziati di individuare le cinque più importanti questioni sulla vita e l’universo, alle quali è possibile sperare di dare una risposta nei prossimi 25 anni. Ecco le cinque domande: di che cosa è formato l’universo, del quale riusciamo a vedere con i telescopi neppure il 5 per cento? Quali sono le basi biologiche della coscienza? Perché l’uomo ha così pochi geni, circa 25 mila, più o meno quanto un comune fiore? Quanto può essere allungata la vita umana? La Terra potrà sostenere la crescita della popolazione?


I 5 enigmi della vita (e dell’universo)
«Science» e le grandi questioni irrisolte:
mondi lontani, coscienza, geni, età, popolazione


Sono numerosi gli enigmi che la scienza deve risolvere per costruire una ragionevole conoscenza della realtà (e così continuerà ad essere, senza fine, anche in futuro), ma i più importanti misteri da sciogliere oggi sono cinque e quasi tutti riguardano la natura umana e la vita sulla Terra. La domanda di quali siano se la sono posta i curatori della rivista Science, organo della potente American Association for the Advancement of Science. Per celebrare i 125 anni della nascita della pubblicazione è stata condotta un’indagine tra i ricercatori esaminando 125 «grandi domande» ancora senza risposta sui loro tavoli. La conclusione ha portato a concentrare l’attenzione su 25 ricerche giudicate più urgenti, dalle quali sono uscite le cinque che avranno forse la possibilità di essere risolte nei prossimi 25 anni.
Di che cosa è formato l’Universo? La domanda può sembrare banale, visto che conosciamo la natura del pianeta su cui abitiamo e delle mille galassie che popolano il cielo. Invece tutto ciò che riusciamo a vedere con potenti telescopi non rappresenta neanche il cinque per cento della massa di cui l’universo dovrebbe essere formato, per confermare la correttezza delle teorie fin qui ideate per spiegare il mondo. E il restante 95 per cento costituisce la famosa «massa mancante» o «materia oscura», come l’hanno anche battezzata gli astronomi con un pizzico di sinistra fantasia. Dove sia e quale possa essere la sua natura, nessuno scienziato è riuscito ancora a spiegarlo. Ogni tanto sembra di raccogliere qualche indizio; qualche volta c’è chi azzarda la possibilità di una materia dalle caratteristiche ignote: il risultato è che viviamo in un Universo di cui ignoriamo la vera natura.
Quali sono le basi biologiche della coscienza? Il sogno è ardito, ma inseguito da sempre, e oggi che la biologia e la chimica hanno compiuto passi da gigante c’è la legittima speranza di decifrare i mattoni fondamentali, materiali, della coscienza; cioè l’elemento che distingue l’identità umana dal resto del regno animale. L’ambizione è un sogno impossibile? Può darsi, ma per trovare una risposta si parte dalla constatazione che mentre nel diciassettesimo secolo Cartesio giudicava separati il corpo e la mente, oggi la nostra visione scientifica tende ad unirli sostenendo che l’espressione mentale è frutto di processi che avvengono nel cervello. «Sappiamo che la corteccia frontale ha un ruolo nella coscienza - nota Alberto Oliverio, direttore dell’Istituto di psicobiologia del Cnr -; siamo però lontani dal poter dare spiegazioni accettabili e ci limitiamo a constatare l’esistenza della coscienza quando alcune parti del cervello sono lese».
Perché l’uomo ha così pochi geni? Per i biologi è stata una sorpresa scoprire, costruendo il genoma umano, che i nostri geni sono appena 25 mila, un numero circa uguale a quello del comunissimo fiore Arabidopsis thaliana , che cresce spontaneo lungo i sentieri, e poco di più del verme Caenorhabditis elegans . L’enigma da sciogliere è legato ai meccanismi evoluti che pochi geni sanno esprimere sino a costruire la stupefacente complessità dell’uomo. Ed è nella loro combinazione e nella ricchezza delle proteine che sanno generare il vero mistero da sciogliere.
Quanto può essere allungata la vita umana? Ci sono esperimenti interessanti sui topi e su alcuni vermi che hanno permesso di estendere la vita di questi animali al di là della norma. Ciò ha spinto molti scienziati a credere nella possibilità di rallentare i meccanismi della vecchiaia umana con l’obiettivo di vivere oltre i cento anni. Ma per altri ricercatori si tratta di un’idea ottimistica perché esisterebbe una programmazione inesorabile nella nostra natura impossibile da alterare oltre una certa soglia.
La Terra potrà sostenere la crescita della popolazione? Oggi siamo sei miliardi e il numero continua crescere. In passato studiosi come Thomas Malthus sostenevano che l’aumento delle popolazione avrebbe scatenato pestilenze, malattie mortali e guerre devastanti. A parte qualche eccezione, ciò non sembra essersi materializzato. Ma certo tutti ci chiediamo fino a quando la Terra potrà garantire il nostro sviluppo. Ed è per questo che diversi scienziati giudicano come unica via d’uscita futura la colonizzazione di Marte, dopo aver reso il pianeta abitabile.

L’UOMO E IL MISTERO
Il fascino del buio
di GIULIO GIORELLO


I grandi problemi sono la vita della ricerca, amava ripetere uno dei maggiori matematici del secolo scorso, quel David Hilbert che, pensando alla propria disciplina, aveva stilato all’inizio del Novecento un elenco di 23 questioni aperte, cui aveva premesso la saggia osservazione che in materia di scienza fare il profeta è difficile e rischioso. Scoperte e invenzioni giungono spesso inattese, minando certezze e dando un colpo mortale ai pregiudizi. Se ne accorsero a proprie spese quei dotti filosofi che discettavano sulle ragioni per cui Dio avrebbe riempito solo d’acqua il mondo al di là delle colonne d’Ercole. Questo mentre già cominciavano a circolare le relazioni dei superstiti della spedizione di Magellano che descrivevano terre emerse, «strani» tipi d’uomini, di animali e di vegetali, nonché ricchezze meravigliose. Le Americhe della conoscenza non sono meno imprevedibili! Nella lista di Science ha un ruolo la nostra stessa emotività. Allungare la vita fino a «vincere il tempo» è, come hanno mostrato Edoardo Boncinelli e Galeazzo Sciarretta nella loro ultima fatica (Verso l’immortalità?, Raffaello Cortina Editore), un sogno che ha attraversato mito, magia e scienza, ma che oggi appare realizzabile più di quanto mai avessero sospettato l’eroe sumerico Gilgamesh, nel suo vano tentativo di debellare la morte, o gli alchimisti medievali, alla ricerca della perpetua giovinezza. A coloro che saranno trasformati dalle biotecnologie non toccherà in sorte la noia che sembra aver afflitto gli immortali immaginati da Leopardi o da Borges? Forse, il tempo conquistato potrebbe venire impiegato per affrontare gli altri problemi elencati da Science - a cominciare da quello relativo allo sviluppo sostenibile di un pianeta sovrappopolato e saccheggiato dal crescente bisogno di acqua, cibo ed energia. La questione della soglia critica oltre la quale l’eccesso di popolazione renderebbe impossibile qualsiasi forma di civiltà è la prima che deve essere risolta. Science enfatizza il ruolo centrale della biologia nell’odierna indagine scientifica, pura o applicata che sia. A poco più di mezzo secolo dalla doppia elica di Watson e Crick cresce la comprensione della struttura e delle funzioni del nostro corredo genetico. Abbiamo buone speranze di capire e di controllare sempre meglio i nostri geni. Più sottile ed elusiva è la questione delle basi biologiche della coscienza - per non dire di quelle dell’inconscio. C’è ancora posto per l’anima immortale di Platone e di Agostino, per la sostanza pensante di Cartesio, per la mente che per Berkeley chiamerebbe le cose all’esistenza o per l’Io legislatore della Natura teorizzato da Kant? Tutto ciò non potrebbe essere il riflesso della sintonia, più o meno fine, dei nostri neuroni e delle nostre sinapsi? Ci sentiremmo per questo ridotti a mere macchine, prodotte non dalla sapienza di qualche ingegnere, bensì dalle dinamiche cieche dell’evoluzione?
Comunque sia, difficilmente potremmo sottrarci al fascino del cielo stellato. Ogni volta che lo guardo mi viene in mente l’espressione dell’Ulisse di Joyce: l’anima buia del mondo. Il mistero dell’Universo, della sua origine e della sua storia, sembra consegnato a una sorta di materia-energia «oscura», che eccederebbe di gran lunga quello che noi riusciamo a «vedere». Cercare di decifrarlo è l’eredità dell’imperativo galileiano (leggere nel Gran Libro del Mondo) da cui è nata la scienza moderna, ed è un’impresa non meno nobile e difficile di spiegare l’enigma della coscienza. Del resto, noi siamo parte dell’Universo, ed è tramite noi che l’Universo si osserva.

il Grande Timoniere e gli omosessuali
una terapia decisamente troppo drastica

La Stampa 1 Luglio 2005
Quando Fidel chiese aiuto ai Paesi fratelli per il «problema omosessuale», Mao rispose: «Li fuciliamo tutti»
di Mario Vargas Llosa


DOPO l’Olanda e il Belgio, la Spagna sarà il terzo Paese nel mondo ad aver legalizzato il matrimonio fra persone dello stesso sesso, diritti e doveri inclusi, compresa la possibilità di adottare bambini.
(...)
La legge, naturalmente, ha avuto avversari accaniti e suscitato mobilitazioni; fra queste, a Madrid, una grande manifestazione convocata da diverse associazioni cattoliche, e benedetta dalle gerarchie ecclesiastiche, a cui hanno presenziato diciotto vescovi e che ha avuto l’avallo del Partito popolare, che guida l’opposizione al governo Zapatero. Ma i sondaggi non lasciano dubbi: circa due terzi degli spagnoli approvano il matrimonio gay e, per quanto questa percentuale scenda nel caso di adozioni da parte di coppie omosessuali, anche questo aspetto è condiviso da una maggioranza. (...)
Il paradosso, probabilmente, è che solo fra gli omosessuali (...) la famiglia riscuote il rispetto che ha perduto tra un grandissimo numero di eterosessuali, soprattutto fra i giovani. Non c’è alcuna ironia nel dire - e io lo credo fermamente - che probabilmente, entro una ventina o una trentina d’anni, le statistiche scopriranno le famiglie più stabili proprio tra le unioni gay.
(...)
Il socialismo, durante tutta la sua storia, in materia sessuale è stato tanto puritano e pieno di pregiudizi quanto la chiesa cattolica. L’ipocrisia e la castigatezza hanno improntato ciò che era giudicato accettabile in tema di costumi sessuali e imposto alla società con la forza. Per questo, nelle società comuniste, la persecuzione degli omosessuali è stata, in alcuni periodi, feroce come nella Germania nazista, dove nei campi di sterminio, se ne fece strage. Allo stesso modo, nel gulag sovietico, soffrì e morì un gran numero di esseri umani il cui unico delitto era praticare un’opzione sessuale che la «scienza comunista» del terribile Pavlov considerava una perversione «urbano-borghese».
Carlos Franqui racconta che, quando in qualità di direttore del quotidiano «Revolución», assisteva ai Consigli dei ministri a Cuba, all’inizio degli Anni 60, Fidel e i suoi luogotenenti domandavano ai «Paesi fratelli» che politica consigliassero per porre un freno al «problema omosessuale». La riposta della Cina popolare di Mao fu netta: «Non abbiamo questo problema. Li fuciliamo tutti».
Senza arrivare a tali estremi Fidel creò campi di concentramento dove omosessuali uomini e donne erano rinchiusi insieme a criminali comuni e dissidenti politici.
(...)
Copyright El País

donne e morale cattolica

L'Unità 1 Luglio 2005
Casalinghe disperate
o stufe di essere disoccupate?
di Maria Serena Palieri

DONNE E DIRITTI Quanto hanno pesato sull’esito del referendum sulla fecondazione le mutate condizioni sociali? Rispondono Rosellina Salemi e Chiara Saraceno

(...)
Saraceno: «Fossi nella Chiesa cattolica, non starei tanto a festeggiare. Mi preoccuperei del fatto che la gente in realtà fa quello che le pare, separazioni e divorzi sono in crescita, le persone non sono caste, specie fuori del matrimonio, e il basso livello di fecondità indica che la contraccezione si usa» commenta Chiara Saraceno. Da parte sua, Roselina Salemi conclude: «Non erano maturi i tempi, ma certi processi vanno avanti a prescindere dalle leggi. Nel ’500 la Chiesa non scomunicava forse i medici che praticavano l’anatomia perché, sosteneva, impedivano la resurrezione finale dei corpi?».

Montalcini

Ansa.it Venerdì 1 Luglio 2005, 12:57
MEDICINA: MONTALCINI, SPERO ALTRO NOBEL PER DONNA

(ANSA) - ROMA, 1 lug - "Io spero che si arrivi ad un altro nobel per una donna". E' la speranza espressa dal premio Nobel Rita Levi Montalcini presente stamattina alla manifestazione in Campidoglio sul vaccino italiano contro l'Aids, coordinato dalla professoressa Barbara Ensoli alla quale rivolge di fatto un augurio. "Sono felice - ha detto Montalcini - finalmente le donne danno dei contributi eccezionali: c'e' Barbara Ensoli, c'e' Silvia Biocca, Elena Cattaneo, ci sono moltissime donne. Era ora". (ANSA).

il più fedele allievo di Cassano
il prof. Pallanti sull'autismo:
tutta colpa del mercurio?

Kataweb Salute 1.7.06
Autismo, un disturbo in crescita
Stefano Pallanti
Sono una madre in attesa, tormentata dai soliti mille dubbi: leggo di un incremento della prevalenza dell’autismo. E’ vero? Quali le cause possibili, cosa devo evitare? Grazie
L'autismo è un disturbo dello sviluppo e sembra effettivamente in forte crescita negli ultimi 30 anni. Attualmente circa 1 bambino ogni 150 si può considerare affetto da un deficit del cosiddetto "spettro autistico" ovvero da uno di quei disturbi che sono in vario modo correlati all’autismo, come ad esempio il disturbo di Asperger, il disturbo da deficit d’attenzione ed iperattività ed altri disturbi dello sviluppo e dell’apprendimento.
L'autismo si manifesta entro il terzo anno di età con disturbi del comportamento e deficit nelle aree della comunicazione, dell’interazione sociale e in quella dell’immaginazione.
Attualmente nella comunità scientifica internazionale vi è un intenso dibattito sulle cause e le possibili cure dell’autismo.
Non esiste una teoria unica ma ci sono diverse ipotesi riguardo all’origine di questo disturbo.
Attualmente prevalgono le ipotesi che coinvolgono i fattori biologici su quelli psicologici, che lungamente avevano colpevolizzato i genitori di questi piccoli pazienti.
Sono state infatti documentate anomalie in diverse strutture cerebrali; e danno sostegno all’idea che l'autismo derivi da una interruzione nello sviluppo cerebrale in una fase precoce della vita intrauterino.
Sia il corredo genetico individuale che vari fattori ambientali, come virus o sostanze chimiche, possono contribuire alla genesi del disturbo autistico.
Attualmente non esiste una cura universalmente riconosciuta per l'autismo.
Qui di seguito ecco una rassegna delle più accreditate teorie sui disturbi dello spettro autistico:

Autismo da mercurio
E’ una delle prime, nel 1948 viene per la prima volta ipotizzato il ruolo dell’intossicazione da mercurio come causa dell’autismo. Si notò infatti lo sviluppo di una condizione multisintomatica, definita acrodinia, in una percentuale di bambini (1 su 500/1000) esposti cronicamente a dosi di mercurio imputate della degenerazione della corteccia cerebrale e del cervelletto. Oggi i neonati e bambini sono ancora esposti a basse dosi di mercurio, sia attraverso la dieta che attraverso altre forme di inquinamento ambientale o tramite i vaccini, nei quali è utilizzato come conservante, e iniettato a più riprese direttamente nel sangue. Negli Stati Uniti nel 2000 è stata dimostrata una correlazione statisticamente significativa tra esposizione cumulativa al thimerosal da vaccini e ritardi dello sviluppo, tic, sindrome di deficit attentivo, ridotte capacità verbali e di apprendimento.
Non tutti i bambini cui viene iniettata una certa dose di mercurio sviluppano le stesse reazioni. La suscettibilità complessiva dell’individuo al mercurio dipende da fattori ambientali e genetici quali la capacità di disintossicare l’organismo dai metalli pesanti, la capacità di mantenere una microflora intestinale equilibrata, da cui dipende la maggior parte della rimozione dei metalli e infine dall’iper-sensibilità immunitaria al mercurio.
La tossicità del mercurio è cumulativa e si verifica quando la velocità di esposizione è maggiore di quella di eliminazione. In tal modo c’è una neurotossicità ritardata nel tempo, che può manifestarsi mesi dopo l’esposizione.
L’intossicazione da mercurio causa molte anomalie biologiche del tutto analoghe a quelle riscontrate dai soggetti affetti da autismo. Qui di seguito andremo a vedere quali sono queste anomalie.
Il mercurio causa stress ossidativo nei neuroni. Numerosi ricercatori hanno sottolineato che l’autismo è caratterizzato da una condizione di “disorganizzazione neuronale”, in particolare relativamente alla complessa interconnessione entro e tra regioni del cervello. Il mercurio può interferire con la migrazione neuronale e deprimere la divisione cellulare nel cervello in via di sviluppo
Anomalie nella crescita neuronale durante lo sviluppo sono implicate nelle differenze di grandezza del capo che si ritrovano sia nell’autismo che nei casi di intossicazione da mercurio. Le aree cerebrali maggiormente coinvolte nel ridotto accrescimento sono il cervelletto, la corteccia, l’amigdala e l’ippocampo.
Il mercurio causa inoltre l’alterazione dei livelli dei neurotrasmettitori quali serotonina, dopamina, glutamato e acetilcolina. Queste stesse anomalie sono trovate in bambini con autismo.
È noto come l’esposizione al mercurio causi disfunzioni nell’apprendimento e difficoltà di linguaggio, difficoltà con idee astratte e comandi complessi, tendenza a ritrarsi dal contatto con la gente, ansia e comportamenti ossessivi / compulsivi. Tutti questi sintomi sono ben documentati in bambini con autismo.
Disturbi sensoriali, tra cui mancanza di sensibilità nella bocca, mani e piedi, oppure ipersensibilità ai rumori, avversione al tatto e risposte esagerate o del tutto mancanti al dolore, sono manifestazioni comuni dell’intossicazione da mercurio. Questi stessi disturbi nella recezione sensoriale sono anche comuni nei bambini con autismo.
Il mercurio causa anomalie diffuse nell’organismo legandosi allo zolfo, così da causare danni multipli a enzimi, meccanismi di trasporto e proteine strutturali. Perciò le manifestazioni cliniche coinvolgono funzioni e organi multipli, con caratteristiche e intensità variabili. Lo stesso si verifica nell’autismo.
L’intossicazione da mercurio causa immunosoppressione, ridotta funzionalità delle cellule natural killer, e proliferazione sistemica di lieviti, tutte condizioni concomitanti nei casi di autismo.
Insolita attività epilettiforme è stata trovata in numerose forme di intossicazione da mercurio pare che il 35- 45% degli autistici sviluppano ad un certo punto anche un’attività epilettica.
La carenza di acido lipoico che può accadere al 3° mese di gravidanza è un riconosciuto fattore eziologico dell’autismo. Carenze di acido lipoico sono causate dal mercurio, e sono stati riportati casi di autismo in madri che avevano subito la trapanazione di amalgama dentaria al mercurio durante i primi stadi della gravidanza.
Oggi sappiamo che per gli alimenti ci sono controlli accurati che dovrebbero rassicurare soglia.

Sono noti casi di autismo prodotti da encefaliti virali. E’ stato riportato che i livelli di anticorpi anti rosolia e anti morbillo in bambini diagnosticati autistici erano tre volte superiori rispetto a quelli normali. Questi livelli di anticorpi possono essere interpretati come un’attivazione cronica del sistema immunitario contro un’infezione subclinica.
Ricercatori del Royal Free Hospital di Londra, hanno dimostrato, mediante ileocolonscopia, la presenza nell’intestino del virus latente del morbillo nel 100% dei bambini la cui regressione autistica aveva avuto inizio con reazioni avverse alle vaccinazioni infantili.
In realtà non ci sono allarmi particolari né particolari precauzioni.
La fenilchetonuria è determinata dall’assenza di un singolo enzima, la fenilalanina idrossilasi, che normalmente converte l’aminoacido fenilalanina in tirosina. Essendo la conversione impossibile, nell’organismo si accumulano notevoli quantità di fenilalanina. L’esposizione cronica alla fenilalanina negli organi affetti da questa condizione porta a problemi di apprendimento, disabilità mentale e altri problemi neurologici. Sintomi autistici sono ben documentati nei casi di fenilchetonuria, che regrediscono se si provvede per tempo alla rimozione di fonti alimentari di fenilalanina.
In realtà per la prevenzione dei rischi indicati valgono, in gravidanza, le raccomandazioni che in genere sono comunemente suggerite in gravidanza; e un po’ di serenità.

contro la chiesa cattolica romana

Le Scienze luglio 2005
editoriale
Cultura laica e repubblica saggia
Enrico Bellone

Nelle scorse settimane un gruppo di studiosi europei, tra cui Renato Dulbecco e Rita Levi Montalcini, ha diffuso un documento che difende la libertà di ricerca nel settore delle cellule staminali adulte ed embrionali. Il documento, inoltre, si augurava che l’Italia, votando al referendum in chiave antiscientifica, non si isolasse dalle nazioni moderne e dall’obiettivo di costruire la «società della conoscenza». Solo un italiano su quattro si è espresso in modo conforme a tale augurio. Eppure, un italiano su quattro vuol dire dieci milioni di persone. Vale allora la pena di riflettere, senza cadere nelle interpretazioni più semplici: da quella che vede la vittoria di una chiesa impicciona a quella che celebra le virtù di una Italietta moderata e di buon senso. Un primo spunto di riflessione riguarda propria la chiesa cattolica romana. La quale si è apertamente battuta sul terreno dei valori e dei rapporti tra scienza e morale religiosa: non ha sottilizzato su staminali adulte o embrionali, ma ha scritto che la genetica è una patologia della ragione poiché mette in pericolo la dignità stessa dell’uomo e la sacralità della vita. Si è tranquillamente parlato di cultura della morte. Ma non credo che questa immagine negativa della conoscenza sia stata decisiva nell’esito del referendum. L’esito è stato invece favorito, in modo massiccio, da una visione laica di bassissimo profilo, e cioè fondata su due valori che dovrebbero essere criticati con maggiore asprezza. Il primo poggia su modelli di comportamento di massa ampiamente diffusi da una TV spazzatura. Il secondo fa leva su opinioni antiscientifiche che nulla hanno a che vedere con gli argomenti del cattolicesimo intransigente. I modelli di comportamento di massa che i canali televisivi prediligono sono infatti centrati su forme populiste di arrivismo spicciolo, di minuscole furberie, di incultura e pressappochismo: l’esatto contrario di ciò che un popolo dovrebbe possedere per avviarsi verso la «società della conoscenza». Questi modelli sono conformi all’atteggiamento contrario alla scienza che è ugualmente diffuso, da decenni, in parti rilevanti della politica laica: lo alimentano sia coloro che valutano la conoscenza solo come merce utile o dannosa, sia coloro che concepiscono la scienza come espressione delle multinazionali, sia coloro che semplicemente non capiscono che i fondi per la ricerca sono investimenti per il futuro, e non spese eccessive o insopportabili per i conti pubblici. Non è allora un caso se gli inviti all’astensione hanno attecchito, sommandosi all’astensionismo cronico che sta consolidandosi fra quei cittadini che, con motivazioni varie, non coltivano fiducia nella politica. Ed è per questo che non è ragionevole sostenere che hanno vinto il cardinal Ruini e una Italia moderata e ricca di buon senso. Ha vinto, invece, un laicismo debole e litigioso, incapace di raccogliere il consenso attorno a valori razionali. Ha vinto chi pensa che la salute della donna e la libertà della ricerca non siano valori. Ma una battaglia perduta non equivale a una sconfitta globale. Gli scienziati e i politici che veramente desiderano un’Italia moderna hanno imparato, con quest referendum, di poter contare su dieci milioni di cittadini che coltivano valori diversi da quelli della chiesa cattolica e del laicismo populista. Si può partire da questa solida e popolata base razionale per costruire programmi credibili, e cioè radicati sull’idea che una fiorente cultura laica è l’ingrediente più efficace del buon governo in una repubblica forte e saggia.

James Hillman

La Stampa 1 Luglio 2005

James Hillman è uno dei più importanti pensatori della filosofia americana e esponente della psicoanalisi di fondamento junghiano. Nato nel 1926 ad Atlantic City, ha studiato alla Sorbona, al Trinity College di Dublino, a Zurigo, dove ha poi diretto lo Jung Institut.
Fra i suoi libri, Il codice dell’anima (1997) L’anima del mondo (1999), Puer aeternus (1999), La forza del carattere (2000), Il piacere di pensare (2001), Il potere. Come usarlo con intelligenza (2002), Il linguaggio della vita (2003), Il sogno e il mondo infero (2003) L’anima dei luoghi (2004)


«LA guerra in Iraq fa venire in mente, oggi, la figura di Atena, armata dalla testa ai piedi, una vera fortezza vivente». Il filosofo americano James Hillman, in Italia per parlare di Atena all'incontro di Milanesiana sulle strategie, ragiona sugli dèi dell'Olimpo come un antico greco: «Ogni cosa è piena di dèi», diceva Talete, e così è per Hillman. Anche il presente. «Ma - continua - esiste una differenza tra Atena e suo fratello Ares, e la guerra di Bush in realtà è governata molto più da Ares che da Atena».
In che senso, professore, se fossimo sull’Olimpo, la guerra di Bush sarebbe governata da Ares?
«La furia della guerra, la fretta di farla, sono tipiche di Ares. Tutto il contrario della strategia di Atena, che è la dea della lentezza, dell'analisi, della ponderazione. E della mediazione. La guerra in Iraq non è una guerra di Atena. La dea si è manifestata all'inizio, quando si facevano i piani. I generali, gli strateghi della prima amministrazione Bush, dicevano che la guerra non avrebbe funzionato, che bisognava proseguire i negoziati. Il governo non li ha ascoltati».
E ora la guerra sembra destinata a non finire più, a trascinarsi: Atena cosa suggerirebbe?
«Purtroppo Atena non mi parla direttamente. Ma in Omero è in grado di fermare Ares, e con grande forza. Penso al duello tra i due, nel XXI dell'Iliade, quando lo tramortisce tirandogli un enorme masso sul collo e gli dice: “Sciocco, non hai capito quanto sono più forte di te?”».
Atena a Roma era protettrice di una specifica categoria: i maestri, gli insegnanti...
«Ecco, sì, bisognerebbe ascoltare non i tecnici ma i pensatori, gli intellettuali...».
Ma gli intellettuali oggi appaiono sempre più ideologizzati, non assomigliano più a Ulisse, l'eroe preferito da Atena, per il suo senso della misura, la sua indipendenza interiore.
«E' vero, gli intellettuali oggi sono pieni di passioni. Non più devoti ad Atena bensì ad altri dèi. La soluzione viene spesso da Ermes. Lui sa come far funzionare le cose: il dio della comunicazione, della diplomazia. Quella mobilità mercuriale, appunto, di cui la rigidezza della nostra amministrazione avrebbe bisogno. Dovremmo essere più simili a voi italiani, flessibili, duttili...».
A proposito d’Italia, avremmo alcuni problemi strategici da sottoporre ad Atena, per quanto riguarda la politica interna. Abbiamo una sinistra che per il principio dell'alternanza sarebbe designata a governare, ma non riesce a trovare un capo, proprio come in un antico mito.
«La vecchia idea di leadership alla Cola di Rienzo, un condottiero su un cavallo bianco, non funziona più. E' un problema che abbiamo avuto anche noi. Ci vuole qualcuno al di fuori dei quadri tradizionali della politica. Noi abbiamo eletto due attori per esempio, Reagan e Schwartzenegger».
Bè, anche noi in fondo...
«Sì, un comico, Berlusconi, e questo spiega il suo successo elettorale. Anche la vostra sinistra dovrebbe trovare un tipo del genere, fuori della burocrazia dei partiti. Forse non un attore ma qualcuno che sappia fare un qualche mestiere, magari un dentista...».
Se non lo trova?
«Allora optate per la vecchia, collaudata soluzione del triumvirato».
Ma i triumviri romani non si massacrarono fra loro?
«Magari capiterà, ma nel frattempo la coalizione sarà andata al potere. O altrimenti, voi italiani avete un'altra ottima scuola, quella della “famiglia”... No, non si offenda, è una struttura che da noi in America ha funzionato. La figura del consigliori: il padrino, il vecchio zio che sta seduto a pensare e manda avanti i nipoti facinorosi, usandoli per le sue strategie».
Non mi dica che Atena è patrona della mafia.
«Non parlo di come poi nei fatti queste persone prendano il potere. Dico che la strategia è autorità interiore. Ed è questo che Atena apprezza negli uomini che aiuta».
Ulisse aveva autorità interiore, ma non potere.
«Tranne quando torna a Itaca. Certo, per conquistarlo ha bisogno di travestirsi da mendicante, e qui torna in gioco Ermes».
Le più giovani generazioni italiane non riescono ad avere una strategia individuale, sono strumento di quelle dei consumi, ostaggio dei modelli pubblicitari. Che fare?
«Sono figli dell'economia. Viviamo in una società economica, i cui valori sono economici, e questo è il risultato. I ragazzi non hanno scelta: o si immergono fino al collo nello stampo telefonino-macchina-carriera, o si sentono persi. Ma il compito di Atena è l'educazione, i cui valori dovrebbero prescindere dal valore economico. Ad Atene era patrona delle fratrie, le associazioni giovanili. Non possono essere i genitori a procurare valori, ma gruppi paritari di persone della stessa età, accomunati da qualche ideale».
Gli ideali dove restano?
«In America abbiamo i gruppi religiosi. Sono fanatici, orribili, ma funzionano perché danno ai giovani qualcosa al di là dei valori economici. In realtà li corrompono se possibile ancora di più, non li approvo di certo. Ma è un fenomeno. E una strategia».
Però una strategia di natura monoteistica, mentre secondo lei già per gli antichi greci il monoteismo era qualcosa di dannoso. O no?
«Certo. Certo. E il monoteismo cristiano lo è di più perché è antropocentrico, fa perdere contatto con l'ambiente, con il mondo animato, con l'anima del mondo».
Cosa pensa dell’entusiasmo di molti giovani per il papa?
«Il ritorno a una Chiesa più reazionaria non è una risposta per nessuno, tanto meno per i giovani. Lo spiritualismo della Chiesa e l'economicismo di Cesare attirano nella stessa trappola. Bisogna tornare ad Atena, abbandonando sia la dogmatica sia l'economia, sia il materialismo sia lo spiritualismo.
Questo viene insegnato dalla cultura tradizionale?
«Dipende da come è insegnata. Ha bisogno di entusiasmo: non solo di Atena, ma anche di Dioniso».
Non di Eros?
«Non c'è da preoccuparsi, Afrodite arriva sempre. Anche in Vaticano».

come ce lo racconta Il Cittadino
«il legame fra criminalità e follia»

Il Cittadino 1.7.05
Continua la pubblicazione dello studio di carattere storico per capire il legame tra comportamento criminale e follia
Le radici della scienza criminologica moderna Il solco tra spiritualismo e naturalismo si amplia nel corso del XIX secolo


Criminalità e follia: pubblichiamo il secondo dei sette brevi saggi per tracciare le radici positiviste che permangono nella criminologia del XXI secolo.

Spiritualismo e Naturalismo
Nell’epoca che vide la trasformazione degli istituti di internamento in penitenziari e manicomi, il dibattito psichiatrico e criminologico era dominato da due antitetiche correnti di pensiero: la dottrina spiritualista, che attribuiva la follia a cause psichiche e morali e la dottrina naturalista o organicista, la quale invece ne cercava le cause nelle condizioni organiche e cerebrali. Queste due dottrine, che nel corso del XVIII e del XIX secolo dettero luogo ad accese controversie fra i cosiddetti “psychiker” e i rivali “somatiker”, nel secolo successivo costituirono i riferimenti fondamentali per lo sviluppo di altre importanti prospettive, come quella fenomenologica, psicoanalitica e sociologica: orientamenti così importanti nel dibattito criminologico contemporaneo che meriterebbero un approfondimento maggiore di quello che qui si propone. Ritorneremo tuttavia su alcuni aspetti salienti quando tratteremo più in dettaglio il problema della diagnosi del “disturbo antisociale di personalità”. n SpiritualismoLa prospettiva spiritualista ha fondamento in una concezione filosofica e religiosa della follia. Alle origini di questa prospettiva, che si può ritrovare ancora oggi in alcune società “primitive” o “tradizionali”, la follia era intesa come segno di un castigo divino che riceveva colui che si era allontanato da Dio per aver commesso un peccato o perché vittima di stregoneria. Il castigo, che si manifestava come una “rottura” nello spirito del folle, per essere emendato richiedeva rimedi molto simili ai riti magici praticati nelle società tradizionali. L’esorcismo è forse il più noto, mentre la pratica della Seelsorge è meno nota, a causa della sua diffusione solo all’interno delle comunità protestanti. L’esorcismo era ancora molto praticato nel XVIII secolo. Ad esso si ricorreva in tutti i casi di circumnsessio (imitazione di una malattia naturale ad opera del demonio), obsessio (malattia dovuta ad opera di stregoneria) e possessio (vera possessione diabolica). Una delle migliori descrizioni di questa pratica si rinviene nelle biografie relative al sacerdote austriaco Johann Joseph Gassner (1727-79), esorcista così famoso per il successo delle sue cure da indurre papa Pio VI ad ordinare una inchiesta papale. Un’altra inchiesta a proposito dell’attività di Gassner venne affidata dal principe Giuseppe di Baviera ad una commissione a cui partecipò il medico naturalista Franz Anton Mesmer, nel 1775. Anche questa inchiesta si concluse con esito favorevole. Mesmer dichiarò che Gassner agiva in tutta onestà, anche se curava i suoi malati ricorrendo senza saperlo al magnetismo animale. In seguito Mesmer divenne famoso per una cura che nei modi era molto simile alla pratica esorcista, benché si rifacesse a principi naturalistici. La teoria del magnetismo animale di Mesmer è universalmente considerata opera pionieristica della Psichiatria dinamica. Da essa, attraverso i concetti di sonno magnetico e sonnambulismo artificiale (A. M. Jacques de Puysegur, 1785) si giunse alla pratica dell’ ipnosi (James Baird, 1840) e da questa, il cui più famoso esponente fu Charcot, al concetto di psicoterapia (Hyppolite Bernheim, 1886) ed infine alla psicoanalisi (Sigmund Freud 1899). Ma gli influssi dello spiritualismo furono molto forti anche fra gli alienisti romantici o “psychicher”, i quali ispirandosi alle interpretazioni scolastiche della filosofia ellenistica e romana seguitarono a vedere nella follia una malattia dell’anima, dovuta alla influenza negativa delle passioni ed alla non osservanza delle leggi morali. Questi autori, fra i quali ritroviamo gli ideatori del sistema penitenziario e gli artefici della trasformazione degli istituti di internamento in manicomi, attribuivano alla malattia mentale una causalità ancora metafisica, anziché propriamente psicologica: folle era quella persona che lasciandosi dominare dalle passioni anziché orientare la propria condotta secondo le leggi morali, aveva perso la facoltà del libero arbitrio, e quindi l’uso della ragione. Per ciò il trattamento cui andava sottoposto non poteva che essere un trattamento rieducativo, finalizzato sia al riconoscimento delle proprie colpe che alla acquisizione di quei valori la cui non osservanza aveva condotto alla follia.La concezione della follia come squilibrio delle passioni ha antichissime origini. Gli stoici e gli epicurei designavano sia la passione che la malattia con il medesimo termine: Pathos. Pathos, come movimento irrazionale dell’anima - equivalente all’affectus in Seneca e alla perturbatio in Cicerone - indica la malattia, che solo quando si fa irreversibile prende il nome di nosema. Non è un caso quindi se in molte lingue europee la radice dei termini passione (passion, passion, pasiòn, paixao) e patologia (pathologie, pathology, patologìa patologia) sia la stessa e cioè, appunto: Pathos.n NaturalismoCon l’epoca dei Lumi inizia ad affacciarsi sulla scena anche il nuovo paradigma naturalistico o organicista. Precursori di questo paradigma possono essere considerati i due autori inglesi Thomas Willis e Sydenham i quali, con le loro ricerche sulle passioni isteriche (1680) ed ipocondriache (1725), furono i primi ad associare la follia a disturbi del sistema nervoso. La patologia che si costituisce come oggetto di indagine privilegiato della psichiatria naturalista del XVIII secolo è rappresentato dalle “Neurosi”, ossia affezioni dei nervi che si manifestano con un disequilibrio delle passioni e un difetto della ragione. Nella prospettiva naturalista tuttavia, l’origine delle nevrosi non risiedeva nella mancata osservanza delle leggi morali, bensì in una alterazione degli spiriti animali circolanti nelle fibre nervose. Per tali ragioni gli alienisti naturalisti suggerivano terapie che miravano ad agire direttamente sugli spiriti animali e le fibre nervose, anche quando queste potrebbero sembrare finalizzate a produrre un effetto psicologico. Suscitare la paura era considerato da W. Cullen un buon metodo per diminuire l’eccitazione dei maniaci; ascoltare musica, passeggiare o andare a cavallo era considerato già un buon rimedio per la malinconia e la frenesia; ma oltre a queste pratiche erano più diffuse quelle che prevedevano la somministrazione di antimonio ed oppio, le trasfusioni di sangue, i salassi, le purghe, l’idroterapia ed anche la frizione del cranio rasato con aceto o l’inoculazione della rogna. Se le osservazioni di spiritualisti e naturalisti del XVIII secolo erano abbastanza simili, tanto appunto che Mesmer si considerava naturalista e non spiritualista, il solco che separa le due dottrine si fa più profondo nel corso del XIX secolo, quando le alterazioni delle fibre nervose non vengono più attribuite agli influssi degli spiriti animali, ma sono ricercate nella fisiologia delle fibre medesime. Due i concetti chiave attraverso i quali i naturalisti del XIX secolo cercheranno di spiegare le cause della malattia mentale: la degenerazione delle funzioni e degli organi e la lesione anatomica del sistema nervoso. È l’inizio del declino della dottrina spiritualista ed insieme la nascita della prospettiva naturalista moderna. Patologie troppo invischiate dagli influssi spiritualisti, come la follia estatica, l’automatismo ambulatorio, il sonnambulismo e le personalità multiple lasceranno definitivamente il posto a sindromi quali: mania, ipocondria, psicopatia, nevrastenia, demenza paralitica e praecox, oltre alle già citate nevrosi. In questa evoluzione occorre ricordare quello che diverrà un paradosso della psichiatria naturalista: essa si costituisce e si afferma come scienza che studia le neurosi, ossia le lesioni e le degenerazioni dei tessuti nervosi, tuttavia la sistematica impossibilità di trovare nei nevrotici alcuna evidenza organica porterà progressivamente i naturalisti ad abbandonare il modello delle nevrosi, per dedicarsi allo studio delle psicosi. Emil Kreapeling, primo psichiatra a proporre una classificazione delle malattie mentali sul modello della lesione organica, finirà per concentrare tutti i suoi sforzi nello studio di quella particolare forma di patologia degenerativa che è la demenza precox. A parte questo significativo paradosso e soprattutto grazie ai molti progressi realizzati nel campo della neurologia del XX secolo, il paradigma naturalista manterrà il predomino nello studio della malattia mentale, rendendo celebre l’espressione del grande pioniere della psichiatria naturalista tedesca del XIX secolo, W. Griesinger : “le malattie mentali sono malattie celebrali”.

Pierluigi Morini, psicologo clinico e criminologo, consulente delle Asl di Lodi, Milano e dell’amministrazione penitenziaria della Lombardia