martedì 6 aprile 2004

l'immagine interna

una intervista di CARLO PATRIGNANI al prof. Garroni

La chiave per comprendere come funzionano la mente umana ed il pensiero umano, è l'immagine interna, largamente indeterminata, punto di contatto con l'esterno, organizzatrice di tutti i dati che ricaviamo dalla nostra esperienza di vita: visivi, uditivi, tattili, gustativi, olfattivi ma soprattutto sensibili, quelli che acquisiamo con la sensibilità non solo fisica. È la suggestiva tesi che il 78enne filofoso kantiano, Emilio Garroni, già ordinario, dal 1964, di Estetica alla Facoltà di Lettere e Filosofia presso l'Università "La Sapienza" di Roma, oggi in pensione, espone nel libro "Immagine interna e figura" che a breve darà alle stampe ed al quale sta lavorando da un paio d'anni. Una novità importante, anche se non assoluta. Se infatti si differenzia da una cultura che ha escluso l'immagine ("tempo perso", rispose Freud ad Abraham che lo invitava a prenderla in considerazione) da ogni ricerca, è proprio sulle immagini e la loro formazione che si fonda l'Analisi Collettiva di Massimo Fagioli. Le immagini, dunque, per Garroni, sono tanta parte del nostro essere che si caratterizza non per la stazione eretta né per il linguaggio articolato, "ma per l'immagine interna, che è profondamente diversa dalla figura: quest'ultima - ci spiega Garroni - è chiara, nitida, ha i contorni definiti, mentre l'altra è largamente indeterminata e deriva dal biologico". Non è nè anima né spirito. "Anche gli animali hanno un'immagine interna - osserva poi Garroni - che segnala pericoli, fa riconoscere le cose, fa scovare la preda o fa ritrovare la tana, secondo movimenti preordinati, prefissati". E, sovente, li porta a fare errori, "anche se - avverte il filosofo - statisticamente non sono ostativi alla loro sopravvivenza". Gli uccelli rapaci si lanciano in picchiata a terra se vedono una macchia chiara muoversi: la riconoscono come preda ma in realtà è un fazzoletto. Oppure i fenicotteri che vanno sempre a bere in un posto e muoiono inghiottiti dal petrolio. "Noi invece non sbagliamo in virtù della nostra immagine interna che ci permette di distinguere immediatamente le cose sulla base di interpretazioni di solito corrette: solo se interpretiamo male la realtà sbagliamo e in quel caso - chiarisce Garroni - è perché ci portiamo dentro, dai primi anni di vita, immagini distorte che riaffiorano in determinate situazioni". L'immagine interna largamente indeterminata è un mix di immagini formatesi nei primi anni di vita e di quanto ci viene dal contatto col mondo esterno, dal rapporto con gli altri, dalla cultura. "Accanto a quest'immagine interna che c'è da supporre si formi alla nascita, ben prima della coscienza e del principio di realtà, c'è la figura definita, determinata, visibile: essa è - annota Garroni - la realizzazione esterna di come parliamo, scriviamo, ci muoviamo". Ed allora il pensiero, il linguaggio derivano sempre dall'immagine interna che non è spirito né anima. "Non si può non pensare che il pensiero - afferma Garroni - come il linguaggio derivino proprio dall'immagine interna: o meglio, il linguaggio presuppone l'immagine interna e viceversa, c'è una correlazione tra immagine interna e linguaggio". Immagini dunque come pensiero e linguaggio. "Dobbiamo studiare l'immagine interna per comprendere come funziona o non funziona la mente ed il pensiero - conclude Garroni. L'animale quando aggredisce lo fa per la sopravvivenza, per la difesa: non ha consapevolezza dell'altro e non fa quindi del male per il piacere di farlo come come capita invece, ma nei casi patologici, all'uomo, il quale ha consapevolezza di quanto fa".