domenica 3 luglio 2005

il professor Gabriel Levi
sul rischio depressione nei bambini

una segnalazione di Franco Pantalei

Repubblica Salute

Bambino-tartaruga, un potenziale depresso
I primi segnali del malessere sono individuabili ben prima dell'età scolare. Impariamo a riconoscerli
di Gabriel Levi *

È abbastanza facile capire che un adolescente possa sentirsi depresso. La tristezza esistenziale fa parte dell'adolescenza. Risulta più difficile identificarsi con la tristezza e la depressione dei ragazzi dagli otto anni in su. Ma poi mettiamo a fuoco i nascondimenti che caratterizzano queste età, in cui spesso si è più maturi di quanto si dovrebbe. E poi ci sono le battaglie con la scuola, i tantissimi impegni, gli amici che spesso si abbandonano l'un l'altro.
prima dei sei anni
Possibile che un bambino così piccolo possa essere depresso? Depressi in piccola parte si nasce ed in piccola parte ci si diventa. Esiste una predisposizione temperamentale, genetica. Esiste un orientamento educativo che premia gli atteggiamenti depressivi (di rinuncia, di inadeguatezza, di vergogna, di responsabilizzazione, di umiliazione, di colpa, di solitudine, di disperazione).
Ma quando e come avviene la saldatura tra questi circuiti psicologici che costruiscono la depressione? In concreto, tra i 2 e i 6 anni i bambini non sono depressi, ma possono sviluppare una costellazione di sentimenti e di comportamenti, che li espone ad un rischio per la depressione. Esplorano, con un unico viaggio complessivo, il mondo esterno, il mondo delle proprie capacità ed il mondo dei propri desideri e delle proprie paure.
OBIETTIVI-FILTRI
In questo lunghissimo arco della vita, i bambini fotografano il mondo usando due tipi di obiettivi-filtri: quello proprio e quello degli adulti importanti. Ma è da vedere quale filtro fornisce le immagini in bianco e nero e quale quelle a colori. Mentre attivano le loro competenze esplorative i bambini cercano di costruirsi un mondo tutto loro (la mappa dei loro movimenti e delle loro sensazioni). I viaggi e le esplorazioni dei bambini assomigliano in tutto e per tutto a quelli dei grandi esploratori. Non si può viaggiare senza sperimentare il fascino del nuovo, senza vivere i dubbi e le paure del rischio, senza la fragilità della solitudine, senza consumare abbandoni e rabbie. In fondo, il più semplice viaggio di un bambino si conclude con l'invenzione di un mondo nuovo con cui si possono fare nuovi giochi Questa scoperta del viaggio, con la capacità di sfidare i pericoli, corrisponde alla costruzione di uno stile di vita, più o meno aperto a scommettere sui propri desideri.
LA DIPENDENZA
Su questa area di sviluppo incidono i fattori temperamentali ed educativi cui avevamo prima accennato. Ci sono bambini che hanno, da subito, meno piacere a esplorare e sperimentare. Pur attenti al mondo ed ai fatti intorno a loro, sono dei bambini-tartaruga, che vivono dentro la loro eterna casetta... Si entusiasmano con difficoltà. Si arrendono con facilità. Vivono ogni esperienza con fatica e qualche lagna. Sono dipendenti da tutti: prima dalla mamma e poi dai coetanei. Ci sono adulti che di questi bambini colgono solo l'arrendevolezza e la disponibilità a dipendere. Questi adulti, in realtà molto spesso coccolano, anche troppo, questi bambini tristi ed impacciati. Li proteggono, perché danno l'impressione di mettercela tutta. Quello che non emerge, in questo tipo di rapporti, è un certo clima di cupezza, di rinuncia. In qualche momento di verità, l'adulto coglie il senso di solitudine del bambino-tartaruga, ma non riesce a percepirne la rabbia collegata con la paralisi.
Ostacoli e scuola
Il rischio depressivo consiste in questa fragilità emotiva. Nella difficoltà ad esprimere, ma persino a capire i propri sentimenti. Nella tendenza a vivere traumi e conflitti come catastrofi. Davanti ad un ostacolo, come le tartarughe chiudono la casa per restarci, oppure, come le lumache, perdono il guscio e vanno ancora più piano. Le singole culture delle famiglie possono facilitare alcune vie di uscita, che esprimono sia la triste sensazione di non farcela, sia un tentativo di condividere il problema emotivo. Qualche bambino diventa un piccolo grande malato. Il disagio si sposta dalla mente al corpo. La rappresentazione della malattia fornisce una possibilità maggiore alla comunicazione del dolore. Ma la sofferenza psicologica si maschera ancora di più. Qualche bambino dimostra il suo scarso investimento sulla realtà, imparando a non imparare. Se si tratta la scuola come una mamma cattiva e severa, si ricevono molte attenzioni. Anche troppe. Il legame con i genitori (che si trasformano in maestri) diventa molto più forte. La casa della tartaruga diventa una prigione. In qualche modo, ci si protegge da un mondo pericoloso. Qualche altro, crescendo, si traveste da buffone. Provocando gli altri, fingendo di essere sempre in movimento, si nascondono la sensazione di esser soli e la paralisi emotiva. Talora si costruiscono rapporti di gruppo, basati sulla legge delle piccole bande, dove si trovano sentimenti di alleanza, basati sulla dipendenza reciproca.
I SILENZI
Prima di assumere questi ruoli francamente depressivi, il bambino a rischio sta, per un lungo periodo, fermo.... in attesa di qualche cambiamento. Con lo sguardo segue i giochi degli altri bambini. Con il silenzio, segnala il desiderio di ricevere una carica che lo aiuti ad uscire dall'inibizione che lo consuma.

* Ord. Neuropsichiatria Infantile, Università "La Sapienza" di Roma