domenica 3 luglio 2005

Marco Bellocchio

Il Gazzettino Domenica, 3 Luglio 2005
PESARO
Bellocchio: «"I pugni in tasca"? Oggi non lo rifarei»

"I pugni in tasca"? «Parla di una ribellione parziale che oggi sicuramente non rifarei».
Marco Bellocchio tira le somme della sua carriera in occasione della tavola rotonda organizzata dalla Mostra internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, che quest'anno gli dedica l'Evento Speciale.
Proprio alla prima edizione del festival diretto oggi da Giovanni Spagnoletti e fondato da Bruno Torri e Lino Micciché, il regista piacentino avrebbe dovuto presentare il suo film nel '65, ma non fu possibile terminare in tempo la lavorazione.
Quarant'anni dopo, torna da protagonista nella cittadina marchigiana per parlare di quell'esperienza e ripercorrere i passi salienti del suo curriculum, dagli studi al Centro sperimentale di cinematografia al recente successo di "Buongiorno, notte", insieme a studiosi, amici e colleghi che lo hanno seguito ed accompagnato in questi anni: lo scenografo Marco Dentini, la costumista Lia Morandini, l'attrice Barbora Bobulova, la sceneggiatrice e aiuto regista Daniela Ceselli, la critica Patrizia Pistagnesi, lo psichiatra Gabriele Cavaggioni, il figlio e coproduttore Pier Giorgio Bellocchio. Un incontro aperto da Bruno Torri e preceduto dalla proiezione del documentario 'Buongiorno, Marco' di Roberto Dassoni.

Il Tempo 3.7.05
BELLOCCHIO SI SENTE SEMPRE UN RIBELLE
Non andrà a Venezia con «Il regista di matrimoni» ma senza polemiche
«MOSTRA DEL NUOVO CINEMA» DI PESARO
di VALERIO SAMMARCO

A LUI, quest'anno, la Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro ha dedicato il 19° Evento Speciale, con una retrospettiva completa e fino al 10 luglio, sarà allestita un'esposizione dei suoi quadri. A pochi mesi dall'uscita del suo prossimo film, «Il regista di matrimoni», abbiamo incontrato Marco Bellocchio. Il suo ultimo film non sarà pronto per il prossimo Festival di Venezia, c’è qualche polemica? «L'appuntamento di Venezia ha un che di liberatorio, non foss'altro che poi il film sarebbe uscito subito nelle sale. E invece dovremo rimandare la distribuzione a Gennaio. Non c'è nessuna frattura con la Mostra di Venezia, anzi». Dopo quarant'anni di attività nel film c’è una riflessione sul mestiere di regista? «Assolutamente casuale. Certo, capisco che un soggetto del genere possa far pensare ad una meditazione "fattiva" sul mio lavoro. Effettivamente, il protagonista è un regista che abbandona la lavorazione di un film (l'ennesima trasposizione de "I promessi sposi") perché estremamente demotivato. Raggiungerà la Sicilia e qui si accorgerà che il suo "essere regista" non conta nulla. Però, almeno per il momento, non vuole essere avvisaglia di alcun ripensamento sul mio mestiere. Non è, per intenderci una riflessione alla 81/2 di Fellini». Il cinema è in crisi. E il suo mestiere di regista? «Se non avessi più niente da dire, sicuramente smetterei. Un film nasce da un'immagine, da qualcosa che ti "occupa", che ti batte nella mente. Questo, lo riconosco, è l'egoismo dell'artista: non pensa al pubblico, all'eventuale presa che un suo lavoro potrà avere. Pensa solo ed esclusivamente ad esprimere e, conseguentemente, a veicolare le sue ossessioni». Negli ultimi anni c'è stato un rinnovato interesse verso le sue opere. Perché? «Forse è cambiato il mio linguaggio, il mio modo di esprimermi. Non penso sia diventato più diretto, ma semplicemente è stato supportato da un aspetto realistico che ha permesso ad un pubblico più vasto di orientarsi. Dalla metà degli anni '70 alla metà degli '80 i miei film erano oggettivamente più difficili, più "aristocratici". Anche se il tanto vituperato "Diavolo in corpo" (1986) è stato comunque un successo a livello mondiale. "Diavolo in corpo", ricordo, venne accompagnato da chiacchiere e illazioni che col tempo sono andate però scemando». Lei ha dichiarato: "Tutt'altro che riconciliato, resto un ribelle che però oggi sceglie una lotta senza spargimento di sangue perché non credo più che la sola rabbia possa portare al cambiamento". Cosa occorre per un vero cambiamento? «La rabbia è scarsa di dialettica. Non rinuncio alla rabbia, ma certamente respingo il delitto. E cerco nella dialettica gli strumenti per tracciare una strada al cambiamento».

La Gazzetta di Parma 3.7.05
Bellocchio: «La politica mi ha deluso»

PESARO « Ho sempre cercato di essere libero e di fare quello in cui credevo, ma non sono un politico a caccia di consensi, sono solo un povero artista che ha delle immagini e cerca di rappresentarle meglio che può » . Cosí ha parlato di sè il regista Marco Bellocchio, ospite di una tavola rotonda al 41º Festival internazionale del Nuovo cinema di Pesaro, che gli ha dedicato una retrospettiva completa. Anche nel suo nuovo film «Il regista di matrimoni», che uscirà a gennaio, l'autore piacentino non cessa di mettere in discussione chiesa, Stato e famiglia. La sua è però una visione lontana dalla politica «diventata - ha dichiarato il regista - ­ qualcosa di totalmente deludente. Ho votato sí ai quattro referendum, ma la coalizione di centrosinistra non ha niente da darmi e da dirmi: c'è troppa compromissione, troppo amministrativismo». In «Regista di matrimoni» Bellocchio parla di un regista che abbandona un film tratto da «I promessi sposi» e va in Sicilia. Qui incontra un collega specializzato in filmini matrimoniali che gli chiederà aiuto per il suo prossimo lavoro.

Altri articoli su Marco Bellocchio sono usciti oggi su Libertà e Il Giorno, citano anche Massimo Fagioli, ma sono irraggiungibili via Internet per chi non sia abbonato rispettive testate.