martedì 29 marzo 2005

Lucia Annunziata sulla Stampa
il compleanno di Ingrao

La Stampa 29.3.05
DOMANI LA SINISTRA FESTEGGERÀ UNO DEI SUOI GRANDI PROTAGONISTI

I 90 anni di Ingrao, l’uomo del no alle soluzioni facili
di Lucia Annunziata

FA novanta anni l'uomo definito - semplicemente - «il più rappresentativo della sinistra e della democrazia italiana», Pietro Ingrao, e la sinistra si prepara a festeggiarlo, domani, con il cerimoniale delle occasioni speciali. Il sindaco Veltroni, la sinistra che lo ha amato e quella che lo ha combattuto si riuniranno nel principale foro laico della Capitale, l'Auditorium, per le celebrazioni. Fra i presenti vi saranno appunto coloro - Rossanda e Castellina, fra gli altri - che Ingrao contribuì a far espellere dal Pci, nel 1969; e si attende una impressionante presenza di tutta la classe dirigente che quel Pci prima e oggi i Ds ha animato.
E tuttavia, nonostante la vicinanza delle elezioni e le necessarie esagerazioni di tutti i compleanni, in particolare se quasi secolari, è probabile che non ci troveremo davanti a una rimpatriata. Il segno di Pietro Ingrao è da anni quello di una forte malinconia - a volte ironica, a volte disperata, quasi sempre severa - che ragiona sulla politica, e soprattutto sulla sua utilità e inutilità. E' più probabile così che dalla serata la sinistra che vi si è ritrovata esca con più dubbi che certezze su se stessa - il che trasformerebbe, davvero, una autocelebrazione (sia pur estremamente onorevole) in un vero evento.
Scrivo questo non per divinazione, ovviamente, ma perché in qualche modo il copione della serata c'è già, e ruota intorno a una lettera che lo stesso Ingrao scrisse nel 1992. La missiva sarà letta da Luca Zingaretti e sarà la parte centrale della serata. Costruita com'è in una piccola corrispondenza privata, fra lo stesso Ingrao e Goffredo Bettini, a lungo dirigente del partito comunista e ora dei Ds, raccolta in un volume per questa occasione. («Una lettera di Pietro Ingrao con una risposta di Goffredo Bettini», Edizioni Cadmo)
La raccolta di lettere, così brevi, - un pezzo di Bettini che commentava l'addio di Ingrao al Parlamento nel 1992, la risposta di Ingrao, e una nota di oggi di Bettini - è un gesto molto autoreferenziale. Ma è valsa la pena di farlo perché vi è dentro una sorta di percorso archeologico della sinistra: chi l’ha attraversata, o anche solo frequentata, vi ritrova il gergo e i suoi rimandi, che così tanto ancora implicano nel dibattito dei nostri giorni dentro questa area politica.
Non potrebbe essere più attuale infatti il tema che pone Ingrao al giovane Bettini: l'uso del termine «morale». «Io ho sempre molte esitazioni ad adoperare questo termine: perché io non sono in consonanza con un certo "eticismo": il "dover essere" mi sembra che contenga una astrazione; e io credo molto in una corporeità della vita; credo nelle passioni vitali che ci scuotono e che ci segnano». Come si vede, sono ancora questi i termini dei dilemmi attuali della classe politica della sinistra - fra radicalismo autorizzato dal senso «etico» della politica, e «tatticismo» frutto di una concezione gestionale della politica. La soluzione che Ingrao ne offre tuttavia - e queste righe basterebbero a dimostrarlo - è che non esiste la differenza: se l'etica deve porsi come fatto astratto diventa «eticismo», ed è la vita invece, con i suoi bisogni obbligati a misurarsi con gli altri, a dettare il passo della realtà. Una soluzione «altra» si direbbe - per usare un termine che Ingrao stesso usa spesso. In un altro passaggio scrive infatti «a me interessa nella politica anche l'aspetto "tattico"» per affrettarsi a dire «...(mi capisci: non nel senso furbesco)» e spiegare cosa intende per tattica: «Mi interessano i passaggi "quotidiani": quante volte sono tentato di impicciarmi!».
E' un Ingrao, come si diceva, senza soluzioni facili - dubitativo, incline a non formulare politica, ma politiche. Favorevole alle scelte, ma - proprio lui divenuto vate di letture iperideologiche della sinistra - senza dettami, solo con navigazione a vista. Il meglio, in altri termini, della tradizione che rappresenta. Non a caso, forse, Bettini gli risponde: «Tu non sai quanto di fronte a ciò, a questa necessità di buona politica io avverta l'insufficienza mia e delle classi dirigenti dell'oggi. Di questa marmellata a ciclo continuo di frasi fatte, di telefonini che squillano, di autocelebrazioni mediatiche, di pubbliche relazioni senza contenuto che sono tanta parte della pratica politica che ha lambito anche noi».