martedì 17 maggio 2005

Erika

Il Gazzettino Martedì, 17 Maggio 2005
INTERVISTA ESCLUSIVA
La ragazza che uccise madre e fratellino appare cambiata. Ha 21 anni, pensa all'università e non ha alcun fidanzato
Erika: «Non sono sola, la famiglia mi aiuta»
Anche la nonna materna, oltre al padre e ai cugini, segue la giovane appena trasferita nel carcere per adulti di Brescia
NOSTRO INVIATO

Erika, la diabolica ragazzina bionda di Novi Ligure con lo sguardo gelido e gli occhi "spiritati" non c'è più. Non solo perchè ha appena compiuto ventuno anni e nemmeno perchè «ha elaborato il vissuto legato ai delitti commessi» come chiedevano i giudici nella sentenza che l'ha condannata a 16 anni per il duplice omicidio della madre e del fratellino. Al posto di quella sedicenne che i carabinieri chiamavano "il ghiaccio" oggi c'è una bella ragazza con i capelli neri raccolti a coda di cavallo, gli occhi scuri che ti guardano fissi e un po' spaesati. La "nuova Erika" da meno di due settimane è detenuta in un carcere per adulti, il femminile di Brescia. Primo piano, terza cella a sinistra, la numero 11. Divide otto metri quadrati con Dina, una giovane madre moldava. Nel corridoio del braccio passeggiano le altre 22 detenute.
Erika, jeans attillati e una corta maglietta viola, ha appena finito di pranzare e non gradisce incontrare estranei. Nei giorni scorsi ha rifiutato di parlare con alcuni politici locali che avevano chiesto di lei, ma accetta il colloquio con la deputata veneziana Luana Zanella (Verdi) anche se l'approccio è rude: «I giornalisti scrivono solo falsità su di me. Parole che non ho mai pronunciato. Cose che non ho mai fatto e nemmeno pensato».
All'inizio è fredda, parla a monosillabi. Molto prevenuta. Sapremo poi che è il padre, Francesco De Nardo, 47 anni, che durante i colloqui le sconsiglia i contatti col mondo esterno. I familiari - compresa la nonna materna - la stanno comunque coprendo di attenzioni chiederanno le misure alternative al carcere, i benefici di legge cui avrà diritto da ottobre (scontato un terzo della pena): potrebbe anche essere la semilibertà se il tribunale di sorveglianza sarà d'accordo.
- Come stai qui nel nuovo carcere?
«Mi trovo bene».
- Cos'è cambiato rispetto al minorile in cui sei stata per 4 anni?
«Finora niente, stavo bene anche là dove mi sono fatta alcune amiche, ma ho compiuto 21 anni il 28 aprile e sono stata trasferita qui a Brescia».
- Continui a mantenere contatti con le detenute?
«Sì, ci scriviamo spesso».
- Hai anche altra corrispondenza, qualcuno ti scrive dal Nordest?
«Non conosco nessuno di quelle parti. Hanno detto anche quello...?»
- No, perchè cos'hanno detto di falso su di te?
«Quasi tutto. E io non ho parlato con nessuno. Si sono inventati tante storie come quella di un mio fidanzato...»
- Quel giovane di Verona che andò in tv dalla Venier rivelando la corrispondenza con te?
«Non solo quello. Ma comunque non è vero niente, non ho fidanzati».
- Dunque non hai più sentito Omar?
(Erika incrocia le braccia e sembra chiudersi ancor più in se stessa, mentre la sua compagna di cella gira lo sguardo. La loro è l'unica cella in cui non si vedono pacchetti di sigarette e poster alle pareti, c'è invece un piccolo scaffale con qualche libro).
- Hai un volume su Napoleone, ti interessi di storia?
«No, è di Dina, ma forse lo leggerò anch'io».
- Stai seguendo qualche corso o attività qui in carcere?
«Sono appena arrivata, per ora ho frequentato solo il corso di comunicazione (sono incontri collettivi con uno psicologo che cerca di far parlare fra loro le detenute, ndr
- Ti sei diplomata, intendi iscriverti all'Università?
«Penso di sì, ma devo ancora decidere e scegliere cosa studiare».
Alla Cattolica di Brescia c'è una facoltà artistica e pare che i primi giorni di permanenza nel nuovo carcere Erika abbia mostrato qualche interesse per la pittura.«In verità - precisa subito lei - un ex detenuto mi ha solo regalato i suoi colori, ma ancora non li ho presi in mano».
- Come trascorri le tue giornate, c'è un televisore in cella, ti piace qualche programma tv?
«No, cerco di vederne poca, non c'è nulla che mi piace in particolare. Scrivo alle amiche, leggo...».
«Ti ho portato un libro, è una raccolta di diari scritti da una donna - le dice l'on. Zanella - spero tu lo possa apprezzare». È l'unico momento in cui su quel volto enigmatico appare un sorriso.
- Insomma qui non ti senti sola?
«No niente affatto, i miei familiari non mi fanno sentire sola, vengono sempre a trovarmi e mi aiutano».
Oltre a papà Francesco, due volte la settimana le fanno visita alcuni cugini e i suoi nonni, anche quella materna, Giuliana. «Questo loro grande affetto la sta aiutando più di ogni altra cosa - spiega la direttrice del carcere bresciano, Maria Grazia Bregoli - ma lei è seguita anche da psicologi, basta che chieda d'incontrarli. Possono intervenire anche la suora e la nostra educatrice che seguono anche le altre detenute».
La sezione femminile del carcere di Brescia è un ambiente tranquillo, pulito e immerso nel verde, con una decina di laboratori (13 detenute hanno un lavoro fisso in una cooperativa locale) e con personale carcerario molto preparato: sono appena state assunte 9 nuove agenti donna e anche i veterani (tutti coordinati dal comandante Di Blasi) mostrano grande umanità «pur nel rispetto delle regole esistenti fra recluse e sorveglianti - spiega - Per ora Erika è tranquilla e si comporta bene».
Però questa ragazza s'è macchiata di uno dei delitti più atroci della storia criminale italiana. Quelle mani esili - che lei spesso tiene dietro la schiena - hanno infierito sulla mamma e sul fratellino. «Gli effetti della droga - riflette Luana Zanella - sono devastanti, quel massacro ne fu l'ennesima prova». Erika e Omar, assumevano Lsd, hashish e forse anche cocaina.
Dopo oltre un'ora di colloqui i portoni del carcere si chiudono dietro di noi. Erika per varcarli dovrà aspettare il 2017.