venerdì 5 settembre 2003

Buongiorno, notte: Libertà

Libertà (di Piacenza) 5.9.03
MOSTRA DI VENEZIA
Il regista piacentino con “Buongiorno, notte” sul caso Moro si candida al Leone d'oro
Bellocchio, trionfo e commozione
L'occhio privato sul delirio brigatista, con un grande Herlitzka
di Daniela Bisogni

VENEZIA Un lungo, lunghissimo applauso ha scandito tutti i titoli di coda di Buongiorno, notte, durante la proiezione stampa del film di Marco Bellocchio, la prima visione pubblica della Mostra di Venezia, dove è stato presentato ieri, nel concorso ufficiale. L'opera, molto attesa, sugli schermi da oggi con 170 copie (a Piacenza sarà in programmazione all'Iris, Cinestar e Jolly), è dedicata al caso Moro visto attraverso gli struggimenti di una brigatista. Bellocchio sembra aver scritto e realizzato questo film in uno stato di grazia: per aver “tradito” la storia recente ma allo stesso tempo averne restituito con fedeltà le atmosfere, le verità, come mai prima. Il regista piacentino infatti ha superato un problema tipico di questi film sulla nostra storia recente: è riuscito a documentare senza annoiare, a raccontare senza esporre dei fatti, a far rivivere senza mettere in bocca ai personaggi troppe parole, coinvolgendo mentre propone una storia emozionante. Ci aveva provato anche Renzo Martinelli con Piazza delle Cinque Lune, in cui mescolava realtà e fiction sul caso Moro, ma per lui - a differenza di Bellocchio - la necessità di denuncia e di indagine aveva preso il sopravvento sull'esigenza di raccontare una storia e pertanto i suoi personaggi erano solo dediti a lunghe esposizioni verbali. Qui il punto di vista della brigatista Chiara (la bravissima Maya Sansa), che ha aderito alla lotta armata delle Brigate Rosse, coinvolta nel processo Moro ma sempre più a disagio nel ruolo di carceriera, sembra restituire anche la visione personale del regista. Egli infatti con il film si interroga “sull'assurda coerenza” dell'impegno politico estremista di quegli anni, per «cercare di cambiare il mondo, prendere una pistola e ammazzare la gente, secondo una logica non giustificabile in alcun modo». Chiara è l'unica donna del gruppo di brigatisti che tengono sequestrato Moro, in un anonimo appartamento di città. Con lei ci sono anche Mariano (Luigi Lo Cascio), il più determinato del gruppo, Ernesto (Pier Giorgio Bellocchio), Primo (Giovanni Calcagno). Nel contempo lei vive la normalità del quotidiano, con i suoi ritmi di sempre: il lavoro in ufficio, dove incontra un collega, Enzo (Paolo Briguglia), che sembra leggerle nel cuore più di quanto lei stessa immagini. Nonostante lei sia l'unica a non comunicare con il prigioniero, “il Presidente”, ne subisce progressivamente e involontariamente il fascino, l'integrità morale, la logica schiacciante delle sue risposte che mettono in luce l'assurdità dei loro propositi, mentre nel frattempo l'utopia rivoluzionaria sembra non riuscire più a placare i suoi dubbi idealisti. Bellocchio ha costruito l'intreccio del film su un doppio piano: il percorso personale di Chiara, da una parte, e le ambientazioni d'epoca dall'altra: queste si rivelano attraverso i notiziari dei telegiornali, i quotidiani, le scritte sui muri, le immagini d'epoca di repertorio. Bellocchio è riuscito a inserire questi dati storici nel film in maniera non invasiva, cioè in modo apparentemente casuale nella vita dei personaggi, oppure nei sogni della protagonista. E' la scelta vincente, che non appesantisce il fliure della storia ma allo stesso tempo la restituisce alla sua epoca con grande verosimiglianza. Per questo si capisce che Bellocchio ha svolto un grandissimo lavoro di ricerca su telegiornali Rai, su documenti storici ma anche sui reperti dell'epoca di Stalin, che tradiscono lo smalto della più forte propaganda. Il titolo del film, Buongiorno, notte è tratto da una poesia di Emily Dickinson che, secondo il regista, rende giustizia alle ambiguità dell'epoca, in quanto «contiene una contraddizione e un contrasto che evoca quel periodo (del terrorismo, ndr) notturno, angosciante, oscuro». Attori bravissimi, intensi e misurati nei loro ruoli. A partire da Roberto Herlitzka che, per restituire il personaggio di Moro, ha lavorato per sottrazione. Un volto noto storico è sempre il problema maggiore di questI film. Si rischia di discostarsi troppo dal reale o di non renderlo credibile. Qui si crede fin dal primo momento alla sua incarnazione di Moro. Bravissimi anche tutti gli altri attori: Maya Sansa, Luigi Lo Cascio, Pier Giorgio Bellocchio, Giovanni Calcagno e Paolo Briguglia. In un cameo anche l'attore-feticcio del regosta, il bobbiese Gianni Schicchi.

Il regista: «Non mi interessava la verità della tragedia di Moro»
Il cineasta: questo assurdo omicidio a freddo mi ha ricordato le immagini dell'assassinio dei partigiani in “Paisà”
di d.bis.

Venezia. Meritati e calorosissimi applausi per Marco Bellocchio e il suo cast alla conferenza stampa al Lido affollatissima come poche. I giornalisti, di solito avari di pubbliche esternazioni, hanno applaudito lungamente ciascuno dei membri del cast, quando ne è stato fatto il nome. Lo stesso Bellocchio è rimasto sorpreso da una tale accoglienza.
«Non mi aspettavo una conferenza stampa così - ha detto il regista piacentino - sono umano, mi fa piacere di essere applaudito». Tra gli attori il più applaudito è risultato Roberto Herlitzka, seguito da Maya Sansa. Con loro anche Luigi Lo Cascio, Pier Giorgio Bellocchio, Giovanni Calcagno, Paolo Briguglia e Sergio Pelone, coproduttore. Buongiorno, notte è anche il primo film italiano coprodotto da Sky tv. A Venezia Bellocchio ha risposto alle nostre domande con la disponibilità di sempre. Bellocchio, come mai un film politico, in un momento in cui si producono molte opere sulla nostra storia recente? «Per la prima volta ho realizzato un film su commissione, da RaiCinema, una sfida che mi ha coinvolto. Ma dovevo affermare una mia infedeltà nei confronti della tragedia, rispetto ad altri film che cercano verità storiche. Certamente non mi interessava di indagare su chi sono i responsabili, se la Cia o il Kgb. Volevo qualcosa che traducesse la realtà tragica di questo momento». Come mai ha dedicato il film a suo padre? «Mi hanno sempre chiesto perché non c'era il padre nei miei film, penso soprattutto a I pugni in tasca. La figura di Herlitzka mi ricordava molto mio padre, che ho perso da adolescente, un ricordo poi rimosso. Per il sogno in cui lui passeggia nell'appartamento mi sono ispirato alle passeggiate di mio padre, che guardava noi bambini mentre dormivamo». Come pensa che possa reagire il pubblico che allora non c'era e chi, invece, ancora ricorda? «Chi allora non era nato mi ha dato dei sorprendenti segnali di emozioni. Mi sento a posto, perché non ho realizzato il film per chiudere i conti con qualcuno: volevo solo coinvolgere chi quel periodo non l'ha vissuto. Alcuni potrebbero arrabbiarsi, più quelli di sinistra che di destra». All'epoca di Moro lei era politicamente impegnato? «La mia stagione politica è finita nel '69. Dopo ho solo bordeggiato la politica. Però la freddezza di questo assassinio mi sembrava comunque intollerabile». Ha basato la sua ricostruzione prevalentemente sul libro Il prigioniero di Anna Laura Braghetti? «Dal momento che la Rai mi ha chiesto di realizzare il film mi ha anche suggerito il libro. Mi sono basato anche sul libro di Sciascia e su altri documenti storici». Nel film ci sono confronti su fede e comunismo, nei discorsi tra Moretti e Moro, che Sciascia negava. «Moro dice: siamo cattolici all'acqua di rose, mentre voi siete molto più determinati di noi. Infatti le Crociate sono finite da seicento anni». Come mai nel film si vedono immagini di «Paisà»? «Ci sono anche altri film. La Braghetti nel suo libro si rimproverava di non essersi ribellata. Il film va in una direzione diversa: la cosa più assurda è questo assassinio a freddo, che mi ha ricordato le immagini di Paisà sull'assassinio dei partigiani nel fiume». Nel film si narra anche del rifiuto del “partito della fermezza”. «Una delle due idee dominanti fu espressa da Andreotti che sosteneva come, davanti alla tragedia, ci si dovesse comportare così, non trattando con i terroristi. Sostenevano che quelle lettere non le avesse scritte lui: c'era una dimensione ipocrita e difensiva da parte dei politici. In questo senso accolgo in pieno il pensiero di Sciascia sulla manipolazione». Qual è la sua posizione sulla vicenda Moro? «Penso che lasciar uccidere quest'uomo sia stato un grande errore politico. L'opportunità di cedere, in quel caso, sarebbe stato un segnale più forte. Una scelta solo apparentemente di maggior debolezza». Non c'è il rischio che la Braghetti qui appaia troppo umana? «E' un falso storico. Circa un anno dopo, infatti, sparò freddamente a Bachelet. In questo senso i pentimenti del libro sono molto ambigui. Noi abbiamo assunto il libro liberamente». E' soddisfatto di come ha rappresentato Moro? «Confesso che non mi sarei aspettato tanta pietà e tanta simpatia nei confronti della figura di Moro. Con Herlitzka mi sono dovuto ricredere, perché noi registi di cinema abbiamo sempre dei pregiudizi nei confronti degli attori di teatro. Sarebbe stato un errore imitare Moro, facendolo parlare in pugliese: infatti Herlitzka ha mantenuto il suo torinese. Il segretario di Moro, Guerzoni, mi ha rivelato di essere rimasto molto impressionato, in quanto Herlitzka usa le mani come Moro». Anche a lei Moro ha suscitato tanta pietà? «Io mi adeguo».

La lettera
Grazie del film. Perché lo Stato non trattò?
di Giovanni Moro

Ecco il testo della lettera che il figlio di Aldo Moro, Giovanni, ha inviato all'amministratore delegato di Rai Cinema, Giancarlo Leone, a commento del film di Marco Bellocchio “Buongiorno notte”
Caro dottore, desidero ringraziarla per l'invito che mi ha rivolto a vedere in anteprima il film che Marco Bellocchio ha dedicato alla vicenda di mio padre. L'invito è stato tanto più gradito in quanto non dovuto, giacché il film non richiedeva alcun visto o imprimatur da parte della famiglia, e men che meno da parte di un suo singolo componente. Né, d'altra parte, l'eventuale consenso o dissenso dei familiari nei confronti del film, avrebbe potuto, aggiungere o togliere nulla al suo valore.
Fatte queste premesse, che mi sembrano necessarie alla luce di sgradevoli recenti precedenti, desidero dirle che ho molto apprezzato il film. Trovo che Bellocchio, scegliendo deliberatamente di riflettere sulla esperienza dell'uomo Aldo Moro in carcere senza vincoli o ambizioni di ricostruzione storica o di fedeltà all'insieme dei fatti e degli atti noti, abbia davvero illuminato aspetti importanti di quella vicenda. Non sono un critico cinematografico, ma mi viene da dire che questo è un caso in cui una creazione artistica è stata capace, proprio restando tale, di accrescere la conoscenza della realtà.
Penso che chi vedrá il film potrà cogliere il senso del dramma di un uomo posto di fronte a un destino tragico quanto insensato e non necessario, da lui vissuto in modo tanto più acuto quanto più era netta la sua percezione della incombente fine del mondo diviso in blocchi e della obsolescenza delle grandi ideologie che avevano improntato di sé il secolo.
Sono persuaso che la compresenza nel film di due opposte conclusioni - la libertà e la morte - corrisponda a quanto fu vissuto dal prigioniero e insieme metta in luce in modo pacato ma netto il nodo, ancora non sciolto, di quella vicenda anche dal punto di vista storico, politico e giudiziario. Si tratta, come più volte mi è capitato di dire, della questione di come mai in quel caso e solo in quello, lo Stato italiano decise dì non trattare con i terroristi né di cercare seriamente di liberare il prigioniero.
Giovanni Moro

parlano i bravi protagonisti
Il figlio del regista Pier Giorgio: una storia di persone Maya Sansa: il mio percorso in parte schizofrenico

VENEZIA (dabis)Tutti gli attori di Buongiorno, notte si sono fortemente immedesimati nella parte, studiando anche molto su libri e documenti dell'epoca. Per Maya Sansa è stato un «lavoro graduale, iniziato con un incontro con Bellocchio, che all'inizio voleva capire se potevo non essere più “la balia”. Ho cercato di tuffarmi nel periodo storico: è stato un viaggio introspettivo, un percorso in parte schizofrenico. Per il mio personaggio era la prima missione da brigatista, per la prima volta lei si confrontava con realtà dei fatti, come per esempio cosa significhi tenere un prigioniero in casa. Molti di loro fuggivano dopo essere passati all'azione, perché avevano le loro fragilità. Non li considero dei mostri ma degli esseri umani che si sono violentati per seguire questa astrazione». Luigi Lo Cascio, per la prima volta in un ruolo negativo, incarna Moretti, il leader del gruppo, il più intransigente e anche colui che dialoga con Aldo Moro. «Partendo da un dato storico - ha rivelato l'attore - ho cercato di lavorare sugli aspetti emotivi. Mariano è stato coinvolto negli avvenimenti ma è talmente controverso nei suoi giudizi con gli altri, una sfinge, che sarebbe stato complicato per me puntare su questo. Ho preferito lavorare sulla sua leadership un po' a rischio e sul suo rapporto con il prigioniero, una conversazione con degli aspetti inconciliabili, almeno fino a quando non lavora insieme a Moro per scardinare il blocco della fermezza. Dunque non ho pensato in termini di cattivo: piuttosto ho puntato sul suo allontanamento dalle coordinate umane, per un obiettivo che si rivela contraddittorio. Sono talmente assurde le cose che dice Mariano che, se la gente che guarda il film non è incline al male, si rende immediatamente conto che sono deliranti». Maya Sansa avrebbe voluto incontrare la brigatista ma «la Braghetti non ha voluto rivangare il passato». Pier Giorgio Bellocchio è il solo ad aver «incontrato alcuni dei rapitori di Moro, come la Faranda, l'unica del gruppo che dubitava». Roberto Herlitzka è invece rimasto «colpito - ha detto - che alcuni abbiano associato la mia gestualità a quella di Moro. Perché non ho lavorato per imitare lui, ho solo visto alcuni spezzoni minimi di telegiornale e letto alcune sue lettere. Ho puntato soprattutto sul suo lucido tentativo di salvarsi la vita, aggrappandomi ai sentimenti sinceri che provava per la famiglia». Per il figlio del regista, che interrpeta Germano Maccari, l'uccisore materiale di Moro, all'epoca «la fermezza dei politici era un atteggiamento di comodo per dare spazio all'ipocrisia». Il merito di Buongiorno, notte, la chiave nuova per leggere il caso Moro, secondo Pier Giorgio, sta «nel non parlarne come giallo, come una spy story, ma come una storia di persone: Moro non è uno statista ma un uomo, un padre e i brigatisti sono uomini disperati e distrutti, non solo dei mostri».

i commenti degli ex brigatisti
Gallinari si ribella, il sì di Morucci

VENEZIA Buongiorno, notte, il film di Bellocchio su Moro, ovviamente non lo ha visto, anche se ne ha sentito parlare. Dalla sua casa in Emilia Prospero Gallinari, uno dei brigatisti che fu protagonista del sequestro Moro, esordisce: «Si tratta di un film di fronte al quale ognuno può pensare e sentire quello che crede; i fatti sono una cosa, l'arte è un'altra». Ma senza mezzi termini contesta il fatto che fossero, loro del gruppo di br, carcerieri di Moro, deliranti e avulsi dalla realtà: «E' storicamente falso sostenere che fossimo “chiusi”. Come organizzazione politica osservavamo, calcolavamo ed eravamo radicati nei quartieri, nelle fabbriche, sapevamo dunque quello che la gente pensava». «Mi auguro che il film di Bellocchio sia un film d'autore cioè si preoccupi finalmente di raccontare le emozioni, la vicenda e le contraddizioni umane». Valerio Morucci, ex br tra gli autori del sequestro Moro, è perentorio. Il film ovviamente non lo ha visto, ma non esclude che potrebbe andarlo a vedere. Se il film non pretende di raccontare la verità storica, «ben venga, ne sono contento. Sui fatti si scrivono documentari».

FARECINEMA
Nell'ambito del laboratorio guidato da Bellocchio dal 9 al 20 ecco gli “Incontri con gli autori”
A Bobbio quasi un festival del cinema
Ospiti con i loro film Ciprì & Maresco, Winspeare, Battiato
di Oliviero Marchesi

Ci sarà - ed era prevedibile - Buongiorno, notte, il nuovo film del grande regista piacentino Marco Bellocchio sul caso Moro (accolto in questi giorni dagli osanna dei critici alla Mostra del Cinema di Venezia). Ci saranno (accompagnati dai rispettivi autori) altri film italiani proiettati nei giorni scorsi al Lido e assai apprezzati: uno è Il ritorno di Cagliostro, terzo lungometraggio di Daniele Ciprì e Franco Maresco (Cinico TV, Lo zio di Brooklyn, Totò che visse due volte), atteso dai cinefili come la manna dal cielo; l'altro è Il miracolo, lirica e intensa fiaba salentina, opera matura di Edoardo Winspeare (Sangue vivo). Ci saranno classici del cinema d'autore italiano, come Salto nel vuoto dello stesso Bellocchio e lo splendido La strategia del ragno di Bernardo Bertolucci. Ci saranno le pubbliche “Lezioni di cinema” dello scrittore Vincenzo Cerami (che ha firmato, tra le altre, la sceneggiatura di un film premio Oscar come La vita è bella di Roberto Benigni) e del montatore Roberto Perpignani. Ci saranno gioielli degli anni 2000 come Fango di Dervis Zaim e L'angelo della spalla destra di Djamshed Usmonov. Ci sarà il produttore Marco Müller, già direttore di edizioni assolutamente indimenticabili del Festival di Locarno e ora demiurgo di Fabrica Cinema: uno degli sguardi più aperti al mondo (Terzo Mondo compreso) della scena cinematografica contemporanea. Ci saranno il regista Riccardo Milani e Claudio Santamaria (attore nel suo Il posto dell'anima). E ci sarà il maggiore musicista pop italiano vivente, Franco Battiato: presenterà Perduto amore, il film che ha segnato il suo felice, personale debutto dietro la macchina da presa. C'è davvero molta carne al fuoco nelle anticipazioni del calendario di quella che si annuncia come l'edizione più forse preziosa dell'ormai non breve storia di “Incontri con gli autori”, la rassegna estiva di cinema (non solo bei film, ma anche dibattiti coi loro autori e protagonisti) che si terrà al cinema Le Grazie di Bobbio da martedì 9 a sabato 20 sotto la direzione artistica di Bellocchio. Si tratta, com'è noto, di una fortunata “costola” del laboratorio Farecinema, che Bellocchio tiene da sette edizioni nel capoluogo dell'Alta Valtrebbia e che viene organizzato dal Comune di Bobbio e dal Centro Itard di Piacenza in collaborazione con Regione, Provincia, Fondazione di Piacenza e Vigevano, Filmalbatros di Roma e Lanterna Magica di Bobbio. Tutte le proiezioni (con relativi incontri) si terranno alle 21.15 e saranno a ingresso gratuito. Ecco, a seguire, le date già fissate. Martedì 9 sarà proiettato Fango di Dervis Zaim, seguito da un incontro pubblico con l'autore, il produttore Müller e la montatrice Daniela Calvelli. Mercoledì 10, proiezione di Perduto amore e incontro con Franco Battiato. Giovedì 11: proiezione di Salto nel vuoto di Marco Bellocchio e incontro con Vincenzo Cerami, sceneggiatore della pellicola (il suo intervento rientra nel mini-ciclo “Lezioni di cinema” alla voce “la sceneggiatura”). Venerdì 12 sarà proiettato il mediometraggio A un millimetro dal cuore di Iole Natoli (affermata segretaria di edizione che ha lavorato, tra gli altri, con Ettore Scola e lo stesso Bellocchio, che da alcuni anni si è avvicinato alla regia), insieme con quattro video girati da allievi di passate edizioni di Farecinema: Mentre tu aspetti (mediometraggio diretto da Katjuscia Fantini e prodotto da Matteo Lugli per il progetto Sicurezza stradale sostenuto dall'istituto comprensivo di Borgonovo) e i cortometraggi Local habitation di Luca Giberti, La rosa più bella del nostro giardino di Massimo Orzi e Dove sei di Jacqueline Valenti. Dopo la pausa di riposo di sabato 13 e domenica 14, lunedì 15 la rassegna riprenderà con la proiezione di Il miracolo e l'incontro con Edoardo Winspeare. Martedì 16 toccherà a Il posto dell'anima di Riccardo Milani e all'incontro con Milani e Claudio Santamaria. Venerdì 19, il classico La strategia del ragno di Bertolucci (ospite Roberto Perpignani per la “Lezione di cinema” sul tema “il montaggio”). Ancora da definire le date di tre proiezioni-incontri particolarmente interessanti (che saranno distribuite tra mercoledì 17, giovedì 18 e il gran finale di sabato 20): L'angelo della spalla destra, struggente pellicola del tagiko Djamshed Usmonov, la cui proiezione bobbiese sarà accompagnata dall'incontro col produttore Müller; Il ritorno di Cagliostro, con la partecipazione “live” della geniale coppia Ciprì & Maresco; e naturalmente Buongiorno notte, col padrone di casa Bellocchio protagonista dell'incontro annuale col pubblico di quella Bobbio da lui tanto amata.