domenica 24 febbraio 2008

Marx e Spinoza: un dibattito che continua,
le lettere a
Liberazione:

Sabato 9 febbraio 2008
Liberazione lettere 9.2.08

La miscela Marx-Spinoza
«Liberazione oggi nel presentare l'autore di un articolo di terza pagina su Sarkozy e la Francia scrive "André Tosel, filosofo francese per un comunismo sulle orme di Marx e Spinoza". Ma come si può coniugare Marx - cioé il teorico del materialismo strorico e dialettico noto per la sua forte e disinteressata passione per il mondo umano dei corpi sfruttati delle donne e degli uomini - con Spinoza, il più estremista fra gli spiritualisti della storia della filosofia. noto viceversa per il suo completo annullamento della realtà materiale umana? E che "comunismo" ne potrebbe mai uscire? Forse quello dei gulag staliniani o dei campi di sterminio cambogiani? Ce lo vogliono gentilmente spiegare i compagni della redazione? Non tutti i vostri lettori hanno letto l'Ethica di Spinoza, non credete che pubblicando affermazioni del genere - magari senza neanche aver davvero letto neanche voi Spinoza - vi assumete una bella responsabilità nei confronti dell'ipotetico "lettore operaio" di cui parlava Brecht?»
Fulvio Iannaco
La risposta di Piero Sansonetti:
«Potevamo anche censurare André Tosel, che è uno dei massimi intellettuali francesi. Tanti anni fa si faceva così: «Non mi piace quello che scrivi e ti metto in silenzio». Erano gli anni dello stalinismo e delle commissioni culturali ispirate a Zdanov. Io dico: meglio ora...»
Piero Sansonetti
La risposta alla risposta (inviata ma non pubblicata)
«Grazie, mi ha fatto piacere constatare che siamo d'accordo sul contenuto della mia lettera di ieri visto che nella tua risposta non lo discuti. Discuti invece la questione di non censurare nessuno, senza neanche criticarlo con un trafiletto, almeno a vantaggio dei lettori che per caso non siano tanto esperti di filosofia. Scusa se ribatto. Ma un giornale politico non è una bacheca, credo, dove chiunque può pubblicare qualsiasi opinione, anche la più pericolosa. Questa neutralità un tempo i nostri classici la chiamavano "liberalismo" e aggiungevano, un po' scortesemente "piccolo borghese", lo sai di certo. In realtà non credo che tu possa pensarla davvero così. O spiegami meglio, se vuoi. Oppure pubblicheresti - e senza alcuna critica, come avete fatto per Tosel - una pagina - per esempio - tratta dal "Saggio sull'ineguaglianza delle razze" di Gobineau, col motivo che indubbiamente fu nel suo tempo "uno dei massimi intellettuali francesi"?
Fulvio Iannaco

Domenica 10 febbraio 2008
la "risposta alla risposta" inviata non è stata ahimé pubblicata domenica, ma lo è stato («ubi major minor cessat»!) un commento di Gianni Riotta, nientepopodimenochè attuale Direttore del TG1 e un tempo redattore del "manifesto". Smarriti, umiliati, schiacciati da nomi come quello di Bongiovanni, Holland, Pianciola, Russell e in più - e qui il nostro smarrimento è totale! - di Antonio Negri, leader un tempo di «Potere Operaio» e poi dell'Autonomia organizzata - ed ex ospite delle patrie galere per reati di "associazione sovversiva contro lo Stato" - e che abbiamo avuto modo di conoscere personalmente nel passato - forse un "liberale" lui pure secondo Riotta? -, del tutto confusi, non sappiamo davvero come controbattere... Sansonetti, benigno, chiosa... Qualcun'altro per caso vuole adesso dire la sua? Per parte nostra notiamo intanto soltanto che si sa che Marx, da studente e in preparazione degli esami, era solito copiare - altri tempi! - i testi che studiava, e nel '41, quando copiò il Tractatus di Spinoza - "dottorando" appunto - aveva 23 anni, e anche che già nel '37, a 19 anni, aveva scritto una importante "Lettera al padre" (tradotta in Italia da Enzo Modugno su Marxiana 1, Dedalo, Bari, nel '76) - pubblicata per la prima volta a cura della figlia Eleanor in «Die neue Zeit», XVI, 1897, dopo la morte del padre (1883), quindi - che siamo certi Riotta conoscerà...
Ma ecco, intanto qui di seguito, quanto è apparso su Liberazione domenica:



Liberazione lettere 10.2.08
Dispute filosofiche. Il nesso tra Spinoza e Marx
Caro direttore, il tuo lettore Fulvio Iannaco è con forza persuaso che non ci sia nesso alcuno tra Spinoza e Marx ("Liberazione", 9 febbraio). Non è così: la rubrica delle lettere non è luogo per dispute filosofiche, ma vale almeno la pena di ricordare che il "Quaderno Spinoza" di Karl Marx pubblicato nel 1987 da Bollati Boringhieri a cura di B. Bongiovanni. Come ricorda Eugene Holland "Cultural Logic" vol. 2, num. 1, autunno 1988), infatti, Marx dottorando ricopiò e annotò il Tractatus Theologico-Politicus di Spinoza. Bongiovanni, come Holland e, in un diverso e più radicale contesto Negri, è persuaso che il nesso Spinoza-Marx sia seminale. Quel che è certo, e ne scrive Cesare Pianciola su Indice n. 6 1988, il Marx visto alla luce di Spinoza «si trova comunista senza cessare di essere liberale». Bertrand Russell, un liberale, definì Spinoza «il più amabile dei filosofi»: e di certo dalla sua eredità deriva un dibattito di grande interesse "comunità e libertà" per i nostri giorni del XXI secolo. Con auguri di buon lavoro
Gianni Riotta

Piero Sansonetti:
Grazie, Gianni. E poi chi l'ha detto che la rubrica delle lettere non è un luogo per dispute filosofiche? Magari se tutti disputassimo un po' più di filosofia, le cose andrebbero meglio...
Piero Sansonetti

stimolati dalla disponibilità di Sansonetti ("se disputassimo un po' più di filosofia..."), allora gli abbiamo scritto ancora:
Il dibattito su Spinoza e Marx nelle "lettere" a Liberazione si sta facendo interessante, ma anche sempre più impegnativo. Ho letto con interesse la risposta di Riotta, ma soprattutto mi è piaciuta la tua risposta: penso anch'io che la nostra ricerca comune di una via per la sinistra si debba nutrire anche di un dibattito su questi temi. Forse risponderò, allora, argomentando più ampiamente, anche se la cosa si fa complicata: mi chiedo intanto quanto autorevoli - non in un astratto agone filosofico, ma per gli scopi politici che la sinistra, la nostra, l'unica rimasta, si propone - siano i nomi che Riotta fa. La debolezza fin qui di una forte prospettiva della sinistra nella cultura e nella politica del Paese non dipenderà anche proprio da una contiguità che una parte di essa mantiene con certi "maestri" culturali del passato che non hanno saputo accompagnarci a nessuna vittoria? A me, Piero, questo dibattito preme moltissimo (...)
Fulvio Iannaco

Aggiungiamo infine che un'altra lettera su Liberazione di domenica traeva spunto da questo dibattito, anche qui Sansonetti rispondeva, qui

Martedì 12 febbraio 2008


Liberazione lettere 12.2.08
Dibattito. Spinoza, Marx e Labriola
Caro direttore, permettimi di tornare sul nesso Spinoza-Marx aperto dal breve biografema su André Tosel ("Liberazione" 8 febbraio) criticato da Fulvio Iannaco che è del parere che non si possa coniugare il materialismo storico di Marx con lo spiritualismo di Spinoza ("Liberazione" 9 febbraio), nesso recuperato invece da Gianni Riotta ("Liberazione" 10 febbraio), che opportunamente ricorda come il rapporto tra i due autori sia ben messo in rilievo da studiosi come Bongiovanni, Holland e, in altra prospettiva, Antonio Negri. Vorrei qui solo ricordare come proprio il nostro Antonio Labriola, prima di approdare al marxismo, scrisse nel lontano 1866 il saggio "Origine e natura delle passioni secondo l'Etica di Spinoza" dove si mette in evidenza come Spinoza non presupponga nulla nell'individuo se non il suo essere naturale, tagliando fuori ogni presupposto metafisico-valutativo e qualunque spiegazione di tipo moralistico, parlando invece solo di leggi della natura. Da ciò la critica ad ogni forma di a-priorismo e a un concetto di libertà adamantina, proponendo altresì una nozione di libertà che non può non essere condizionata dal contesto economico, sociale e culturale. Qui riposa il nesso importante con Marx a proposito del condizionamento sociale del pensiero e della morale e l'analisi dei fenomeni storici secondo ricorsività e tipizzazione. Mi sembra opportuno recuperare un nodo del marxismo teorico italiano all'epoca non contaminato dall'egemonia culturale idealistica e crociana e purtroppo sovente, al di là di sporadiche manifestazioni agiografiche, poco conosciuto.
Paolo De Nardis
professore ordinario di Sociologia all'Università La Sapienza, Roma
[e collaboratore de l'Avvenire, giornale della Conferenza episcopale italiana. NdR]

Dov'è il "nesso seminale"?

Caro Sansonetti, «in ogni luogo della terra vediamo che gli uomini dominano mentre le donne sono dominate (…). E' del tutto lecito affermare che le donne non possiedono secondo natura lo stesso diritto degli uomini, ma al contrario sono necessariamente inferiori ad essi». E' Spinoza nel "Trattato politico" che si esprime in questi termini. Difficile definire nello spazio di una lettera se c'è un "nesso seminale" tra Spinoza e Marx, come vorrebbe Riotta ("Liberazione" del 10 febbraio) o se tale nesso non esiste, come affermato invece da Fulvio Iannaco ("Liberazione" del 9 febbraio). Forse questo nesso può essere individuato nell'idea di Spinoza per la quale le leggi di natura sono leggi razionali stabilite da Dio, e dato che il Dio è unico le stesse leggi razionali valgono sia per la natura sia per la società. L'assoluto divino che agisce nella Storia è anche un'idea di Hegel, e può essere individuata qui l'origine di una lettura del marxismo deterministica e fallimentare, lettura peraltro criticata a suo tempo anche da Gramsci. Più facile invece argomentare che per una nuova sinistra questo nesso andrebbe reciso. Peraltro è il Marx dei "Manoscritti" ad affermare, invece che «il rapporto immediato, naturale, necessario, dell'uomo all'uomo è il rapporto dell'uomo alla donna (…). Da questo rapporto si può, dunque, giudicare ogni grado di civiltà dell'uomo»
Andrea Ventura via e-mail

Mercoledì 13 febbraio 2008



Liberazione lettere 12.2.08
La natura "divina" di Giordano Bruno
Caro direttore, colgo il tuo invito alle "dispute filosofiche" e mi collego alla critica di Iannaco sul presunto nesso Marx-Spinoza, difeso invece da Riotta. A proposito di materialismo ricordo che E. Severino ha sostenuto che «Spinoza distingue ciò che esiste necessariamente, cioè non è mai inesistente, ed è Dio, l'Eterno, da ciò che invece non esiste necessariamente, nel senso che non è sempre esistente ed è l'insieme delle "cose prodotte da Dio", esistenti nel Tempo» (citazione di Severino tratta dal suo articolo "Spinoza, Dio e il Nulla", pubblicato sul "Corriere della Sera" del 30 giugno 2007). Una distinzione che si basa sulla convinzione che «le cose del mondo sono nulla». Tale negazione del finito si ritroverà in Hegel prima e in Heidegger poi, secondo una logica che può arrivare a giustificare l'annientamento di milioni di persone perché la loro esistenza non è necessaria: l'esistere è uguale al non esistere. Piuttosto che in Spinoza quindi, per la sinistra sarebbe meglio trovare riferimenti in Giordano Bruno, nel quale, ben diversamente, è la natura stessa ad essere "divina": un pensiero dal quale non può derivare alcuna giustificazione intellettuale allo sterminio.
Livia Profeti via e-mail

Martedì 19 febbraio 2008
Liberazione lettere 12.2.08
Marx-Spinoza. Appartenenze o identità?
Cara "Liberazione", mi ha sorpreso, in un momento ansiosamente pre-elettorale, vedere susseguirsi lettere su eventuali legami del pensiero di Marx con filosofie di molto precedenti. Mi sono chiesto se il confronto e scontro che ne è emerso possa rivelare esigenze più diffuse, domande latenti che solo occasionalmente riescono ad emergere nei nostri dibattiti. Poco tempo fa Tronti in una intervista lamentava la carenza di una antropologia nella tradizione marxista. Nell'incontro al Farnese Ferrero ha parlato di una sinistra che potesse contenere e confrontare diversità di posizioni e di identità. Le contrapposizioni identitarie sono terribilmente presenti nella travagliata nascita di questa nuova sinistra. Sono veramente identità che si confrontano oppure mere appartenenze ? E se sono appartenenze l'attaccamento ad esse non rivela una carenza e un disperato bisogno di identità? Lenin diceva di dover fare la rivoluzione con gli uomini quali erano allora, e negli anni 70 e 80 irridevamo la rivoluzione delle anime belle. Però nei convegni sulla non-violenza si è segnata una distinzione netta e una presa di distanza dalla ideologia della "presa del potere per poi cambiare" e dallo strumentalismo della tradizione comunista e dei movimenti rivoluzionari del 900 per affermare una necessità di coerenza tra mezzi e fini e per proporre un cammino di emancipazione e sviluppo personale contemporaneo e necessario al cambiamento sociale e politico. Voci di donne chiedono con pazienza e insistenza la messa in crisi di modelli maschilistici e di potere che apra la possibilità di un diverso modo di stare insieme. Mi chiedo cosa significhi oggi essere di sinistra, chiamarsi compagni, sul piano personale, nel modo di essere e di rapportarsi. Se cioè la ricerca sull'identità umana e sulla sua trasformazione possibile nel confronto reciproco non sia un'esigenza primaria della sinistra. Si può arrivare a comprendere allora che distinguere l'amore di Spinoza per «l'Ente che è e non può non essere» da quello nostro per gli esseri umani concreti, sessuati e mortali possa essere importante per la nostra ricerca di identità.
Francesco S. Calabresi Roma


Mercoledì 20 febbraio 2008




Liberazione
20.2.08
Lo spinozismo è di destra o di sinistra? Per alcuni sarebbe un pensiero interessato solo al divino, distaccato dalle cose, poco propenso all'impegno. Ma molti marxisti lo hanno valorizzato
di Marco Assennato


La natura è il corpo di dio. La sostanza non è qualcosa di separato e astratto. È il principio immanente e vitale che produce tutto ciò che esiste
La sua idea di politica è che ciascuno può vivere e produrre da uomo libero solo nella relazione con altri. E lo Stato non può soverchiare il singolo


Vorrei provare a proporre qualche argomento sul nesso Marx-Spinoza, in risposta alle note preoccupate di Fulvio Iannaco (su Liberazione del 9-02), di Andrea Ventura (12-02) e di Livia Profeti (13-02). Dovremmo essere più aperti nel dibattito teorico, per nutrire di idee la nostra comune ricerca di "una via (nuova) per la sinistra". Dobbiamo discutere appassionatamente e nel merito delle questioni, e perciò credo andrebbero deposte le armi della censura (spesso evocata, sono certo, inconsapevolmente). Dunque non dovremmo indugiare in domande del tipo: "non credete che pubblicando affermazioni del genere […] vi assumete una bella responsabilità nei confronti dell'ipotetico lettore operaio […]?". Tutto ciò che può essere discusso, credo possa essere pubblicato, se una redazione lo ritiene interessante. Quanto al "lettore operaio", confidiamo nella sua perfida e salda intelligenza, e nella sua capacità di discernere, ciò che è ben argomentato da ciò che non lo è. Le critiche mosse al nesso Marx-Spinoza, mi pare, si riducano a due argomenti. Il primo, secondo il quale Baruch Spinoza sarebbe «il più estremista fra gli spiritualisti della storia della filosofia. Noto […] per il suo completo annullamento della realtà materiale umana». Affermazione di Fulvio Iannaco, poi ripresa da Livia Profeti, che specifica, citando Emanuele Severino: «Spinoza distingue ciò che esiste necessariamente […] da ciò che invece non esiste necessariamente», ovvero "Dio" dalle "cose del mondo". Se ne dedurrebbe secondo la Profeti l'idea che "le cose del mondo sono nulla" e da qui l'indifferenza verso "l'annientamento di milioni di persone" nei gulag o nei campi di concentramento nazisti (reato per il quale Spinoza non può, per ragioni cronologiche, ricevere un secondo violentissimo cherem ). Il secondo argomento, mosso da Andrea Ventura, riguarda il noto, infelicissimo, passo sulle donne, nel Trattato Politico (cap. XI, par. IV). A tal proposito credo non ci sia molto da scrivere: se dovessimo cancellare per intero dai nostri interessi gli autori che hanno utilizzato frasi del genere, temo dovremmo disfarci di tanta parte dei nostri maestri. La domanda però è: quanta parte del sistema di Spinoza si fonda su quella frase? Ci sono altri passi simili nel corpus spinoziano? Se rispondiamo di no, allora mi pare si possa dire che si tratta di un passo del tutto marginale e insignificante. Veniamo al primo argomento: Spinoza è, certamente, uno spiritualista? Ovvero può essere ricondotto il suo pensiero al fil-rouge che porta da Cousin a Maine de Biran, da Bergson a Lotze etc.? direi di no. Per due ragioni. Primo: se per spiritualismo intendiamo le teorie che praticano la filosofia come analisi della coscienza e per questa via arrivano a negare consistenza ontologica al mondo esterno, a ridurre la scienza a conoscenza falsa o imperfetta, fino ad esiti tradizionalisti e conservatori nella politica, allora si può dire che questo insieme di concetti non ha nulla a che fare con il sistema di Spinoza. Come è noto, infatti, Spinoza, non discute di coscienza (semmai del rapporto complesso tra mente e corpo), né considera la conoscenza scientifica falsa o imperfetta, né, difende le istituzioni e le tradizioni. Su ciò valga un rilievo storico: Spinoza fu gran contestatore delle sue tradizioni e istituzioni. Destinato alla carriera di rabbino fu scomunicato per ateismo, perseguitato e cacciato dalla sua sinagoga. Visse da marrano, molando e vendendo lenti ottiche. Scrisse che i filosofi non dovrebbero esser pagati per le loro teorie, perché devono essere liberi di sostenere ogni tesi che ritengano corretta, anche quando disturbano le autorità. Secondo: un motivo di metodo. Il termine spiritualismo rimanda ad un insieme di concetti posteriori all'epoca di Spinoza. Ora, pur ritenendo e interessante ogni accostamento tra dispositivi teorici considerati indipendenti e autonomi l'uno dall'altro, credo si debba rifuggire dalle derivazioni meccaniche, dagli antecedenti illustri, dal determinismo storico-filosofico per il quale prima di una teoria ce n'è sempre un'altra che la fonda. Altrimenti, infatti, si può arrivare ad accusare un ebreo convertito e poi scomunicato, vissuto nel seicento, delle colpe di Auschwitz e Bergen-Belsen. Il che, non mi pare dissimile dall'affermare che, in fondo, c'entrano pure i Quaderni dal carcere con i gulag, o la rivolta di Spartaco con Pol-Pot. Più a fondo: Spinoza nega l'esistenza del mondo esterno, delle cose e degli uomini (e delle donne, per non fare infuriare vieppiù Andrea Ventura), dei corpi? Questa questione riguarda le definizioni di sostanza, attributi e modi, che compongono il primo libro dell' Ethica more geometrico demonstrata . Un gruppo di proposizioni (dalla XII alla XVIII) dimostra che il mondo è il corpo di dio. Mi pare che sia esplicito, in questo gruppo, il principio di immanenza del dio di Spinoza nelle modificazioni della sostanza. La sostanza non è un che di separato, ineffabile, astratto; è il principio immanente e vitale che produce tutto ciò che esiste, tanto sub specie aeternitatis , quanto in modo determinato, nella durata, come sua propria modificazione. Come ha scritto Emilia Giancotti «il fatto che l'esistenza dei modi sia finita, e cada quindi nella durata, e quella della sostanza sia infinita […] non toglie affatto il dato che i modi sono nella sostanza e che la sostanza li produce con un atto di causalità immanente che è lo stesso con il quale produce se stessa». Dunque i modi sono dio in guisa determinata e certa. E dio è nei modi della sostanza. Mi pare che, sotto questo rispetto, Spinoza non neghi affatto l'esistenza del mondo, anzi. Noto a margine che Ombre Corte ha appena pubblicato i testi delle lezioni di Gilles Deleuze su Spinoza sotto il titolo Cosa può un corpo . "Un corpo?", si chiederà scandalizzato Iannaco. Si, un corpo. Detto ciò, resta da chiedersi se sia possibile il nesso Marx-Spinoza. Un accostamento inutile? Credo di no. Che Marx avesse letto Spinoza è cosa nota, e giustamente ripresa da Gianni Riotta rimandando alla bella edizione italiana del Quaderno Spinoza del 1841 . Ma c'è di più. Un'intera stagione di studi spinoziani si è svolta attraverso i contributi di autori che hanno uno stretto rapporto con la tradizione marxista. In particolare, gli studi su Spinoza dagli anni settanta ad oggi, in Francia e in Italia, stanno in questo nesso. La tradizione althusseriana in Francia e i contributi di Emilia Giancotti in Italia sono anche tentativi di cercare in Spinoza un modo per leggere meglio Marx. Basterebbe ricordare i lavori di Pierre Macherey e di Etienne Balibar, che leggono Spinoza come il teorico dell'immanenza assoluta, svincolandosi dalla vulgata idealista che aveva ridotto la portata del dispositivo teorico dell' Ethica . O ancora leggere i testi di Vittorio Morfino e Toni Negri. Rileggiamo Althusser, nella speranza che non sia considerato anch'egli fonte di confusione per il lettore operaio: «Se non siamo stati strutturalisti [scil: nella lettura di Marx] possiamo, adesso, confessare perché: perché siamo sembrati esserlo, ma non lo siamo stati […]. Siamo stati colpevoli di una passione ben altrimenti forte e compromettente: siamo stati spinoziani». Nel cuore del lungo détour compiuto per leggere il Capitale , Althusser confessa di avere trovato Spinoza. Curioso no? Infine, si può cercare nel nesso Marx-Spinoza, un pensiero in grado di vincolare il tema della liberazione dell'individuo a quello della democrazia e, più in generale, del potere politico. L'intuizione di Spinoza consiste nel riconoscere che ciascuno può vivere e produrre da uomo libero solo nella relazione con altri. D'altro canto, nella dinamica costituente del collettivo democratico, al singolo va garantita la libertà, perché la potestas dello Stato non può in alcun modo soverchiare la potentia dei suoi singoli componenti. Mi pare perciò che si siano abbondanti argomenti per guardare al lavoro di Andrè Tosel. Direi persino che dovremmo, in un certo senso, essere grati a Spinoza. Certo, come è scritto nell' Ethica , «solo gli uomini liberi sono assolutamente grati gli uni agli altri». Ai servi restano la censura, lo scandalo, la scomunica.
Marco Assennato

Liberazione lettere 21.2.08
Dibattito. Rifiutare violenza e disumanità...
Caro Piero, a proposito dell'importante dibattito su Spinoza che si sta svolgendo su "Liberazione", condivido in pieno il parere dei lettori che hanno messo in luce la profonda reazionarietà e antifemminismo di un pensiero filosofico basato su uno spietato amalgama di razionalità e religiosità. Trovo incredibile che Spinoza possa essere riproposto da più parti come "padre" di una nuova cultura della sinistra. Vengono i brividi a rileggere un articolo del "manifesto"del 18 settembre 2007, in cui Toni Negri sostiene che la metafisica di Spinoza, rivisitata da pensatori quali Deleuze, Althusser e Foucault, si pone «al servizio diretto della liberazione dell'umanità». Non pensi anche tu che per impostare una nuova cultura socialista sia necessario rifiutare la violenza e disumanità contenute nelle elucubrazioni di questi filosofi, Spinoza compreso?
Fulvia Cigala

Liberazione lettere 22.2.08
Dibattito. Donne, 2500 anni di negazione
Caro Sansonetti, Marco Assennato scrive che Spinoza non è indifferente alle cose del mondo, ma ritiene che non ci sia molto da scrivere sulla sua del tutto "marginale e insignificante " affermazione della inferorità delle donne: «Se dovessimo cancellare per intero... gli autori che hanno utilizzato frasi del genere, temo dovremmo disfarci di tanta parte dei nostri maestri». No, penso che sia ora di ristudiare - ma per intero! - filosofi che da 2500 anni hanno fondato il loro pensiero sulla negazione della metà degli esseri umani. Di cercare di liberare la cultura di sinistra da tante confusioni, come coraggiosamente fanno Fulvio Iannaco e Livia Profeti. A partire da Platone, che considera l'eros tra uomo e donna inferiore al legame pederastico tra maestro e allievo, e Aristotele, che pone le donne, assieme agli schiavi, a metà tra animale e uomo. Per passare ai padri della chiesa, che da Paolo di Tarso in poi hanno imprigionato le donne entro il mortale schema della vergine madre o della puttana. Millenni di ininterrotta trasmissione del sapere per via maschile: le donne ne sono state escluse non per ragioni marginali, è ora di ribellarsi alla violenza di questa cultura. Il riconoscimento dell'uguaglianza e dell'identità del diverso è il fondamento della critica di ogni razzismo, di ogni nazismo: come donna considero niente affatto marginale, ma una rara perla la frase di Marx ricordata da Andrea Ventura nella lettera del 12 febbraio.
Noemi Ghetti

E ci sono pervenute, per conoscenza, altre e-mail inviate da altre e altri a Liberazione su questo argomento, che il giornale non ha per adesso deciso di pubblicare. Le pubblicheremo noi, che non abbiamo problemi di spazio, fra qualche giorno, quando saremo certi di non togliere la legittima precedenza al quotidiano diretto da Piero Sansonetti