sabato 8 novembre 2003

brevi Adnkronos

Adnkronos 5:38
CINEMA: 'FATE COME NOI' VINCE A VILLERUPT


Roma, 8 nov. (Adnkronos) - Il XXVI festival del film italiano di Villerupt (Nancy) si e' concluso con l'assegnazione del premio della giuria internazionale all'opera prima di Francesco Apolloni 'Fate come noi'
[...]
Inoltre, una menzione speciale della stampa francese è andata a "Buongiorno, notte" di Marco Bellocchio. (Nik/Pn/Adnkronos)

Adnkronos 19:41
RAI: ''RAI CLICK''


Roma, 7 nov. - (Adnkronos) - Su Rai Click i piu' grandi capolavori del cinema italiano vengono raccontati attraverso i cinegiornali degli anni sessanta. Un'esclusiva di Rai Click che, all'interno del canale Cinema, ripropone on demand TecheCiak: 18 cinegiornali presentati all'ultima Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia. I grandi autori del cinema italiano vengono ''spiati'' e intervistati sul set. Vittorio De Sica e' ripreso mentre dirige Sofia Loren ne La ciociara, Michelangelo Antonioni spiega il suo Deserto rosso, Roberto Rossellini guida Vittorio Gassman in una scena di Anima nera. Vengono inoltre documentati gli esordi di Bernardo Bertolucci, Marco Bellocchio, Ermanno Olmi e i fratelli Taviani. I cinegiornali sono disponibili sia su Rai Click Tv, per gli spettatori della Tv di FastWeb, sia su internet all'indirizzo www.raiclick.rai.it. (Red/Rs/Adnkronos)

Luciano Canfora: il terrorismo una patolologia

Corriere della Sera 8.11.03
Perché è giusto parlare del terrorismo come di una patologia
di Luciano Canfora


Non immaginavo che psicologia e psicanalisi potessero considerarsi forme minori di conoscenza. Ricordo che in edizioni d’epoca staliniana della pur pregevole «Grande Enciclopedia Sovietica», la psicanalisi era definita «pseudo-scienza borghese»; ma non penso che quella fosse una veduta accettabile. Invece secondo Giovanni Sartori - che per questo mi chiama in causa - sarebbe degno di cultori di psicologia o di psicanalisi osservare (l’ho fatto rispondendo a una domanda del Foglio ) che per il terrorismo Br sarebbe un grande aiuto l’union sacrée di tutto l’arco un tempo definito «costituzionale». Per parte mia non ho nulla contro quelle due discipline, ma credo che in questa discussione non c’entrino. Il ragionamento, buono o meno buono, è esclusivamente politico. È ben noto infatti che della «dottrina» Br fa parte il martellamento sul «tradimento» perpetrato dalle forze di sinistra riformiste (in tale categoria essi accumulano tutte le sfumature esistenti), «omologate» - essi dicono - al «potere».
È ben noto che la «dottrina» Br ha il costante risvolto pratico di colpire proprio a sinistra: le uccisioni di Guido Rossa e di Moro, di D’Antona etc. lo dimostrano. Quando è in corso uno scontro - e questo è il nostro caso - è importante chiedersi quale vantaggio, in particolare quale vantaggio propagandistico, trarrà, dalla nostra azione, l’avversario. Credo sia una regola polemologica molto nota.
Quanto alla storia del terrorismo, conviene ribadire che esso è fenomeno di lunga durata e coessenziale a quasi tutte le società della storia sin qui conosciuta. Citerò per prima una acuta, e realistica, osservazione di Bettino Craxi, fatta in Parlamento, che molto infastidì Giovanni Spadolini. In piena crisi dell’«Achille Lauro», disse Craxi, in difesa di Arafat: «Anche Mazzini organizzava attentati» (per l’esattezza disse: «Anche Mazzini progettava delitti» basta andarsi a guardare i giornali del 7 novembre 1985).
Dagli Usa sotto minaccia «antrace» alla Spagna alle prese coi Baschi dell’Eta, alla Francia sempre inquieta per il terrorismo corso, dall’Olanda alla Svezia, dalla Cina all’India al Pakistan, alla Russia, alla antichissima liberale Inghilterra, i terrorismi - nelle più varie forme e con le più varie matrici - sono onnipresenti: con ben maggiore incisività e capacità di collegamenti internazionali che non al tempo dell’endemico terrorismo anarchico ottocentesco e proto-novecentesco.
Per questo è ragionevole parlare di fenomeno «fisiologico» o, se si preferisce, di una patologia di fatto inestirpabile.
Non è a New York che s’è prodotto, due anni fa all’incirca, il più grande attentato terroristico del secolo? Bush ha imboccato la strada della «guerra mondiale» al terrorismo. Quale prova più convincente dell’enormità del fenomeno? Certo, al confronto, il caso italiano è piccolo, piccolo. Ed è un peccato che, per affrontarlo, si reagisca in modi impulsivi e, com’è il caso della proposta lanciata dal presidente del Consiglio, semplicistici.

evangelizzazioni moderne:
dal Mental Research Institute di Palo Alto ad Arezzo...

Corriere della Sera 8.11.03
Ad Arezzo il primo convegno europeo. «E’ una sfida, a volte perdiamo»
Ecco la terapia superveloce per battere ansie e paure
Niente farmaci e anche inganni a fin di bene per vincere i disagi
di Vittorio Monti


AREZZO - Il fatto accadde lungo il Danubio negli Anni Trenta. Un giovane disperato si butta in acqua: vuole morire. Accorre gente. Tutti lo supplicano di nuotare, di salvarsi. Niente da fare. Arriva un gendarme. Invece di tuffarsi per soccorrerlo, gli punta il fucile contro, e urla: «Vieni fuori, altrimenti ti ammazzo».
L’aspirante suicida ubbidisce, raggiungendo la riva. Giorgio Nardone, psicoterapeuta, sorride ricordando la storia. «Quel poliziotto, senza saperlo, ha fatto psicoterapia con un’azione paradosso. Ha applicato lo stratagemma dello "spegnere il fuoco aggiungendo la legna"». Paradossale ma vero: ecco un’osservazione sulla quale riflettere. Il primo convegno europeo sulla Psicoterapia breve strategica e sistemica fa il punto sullo stato dell’arte. In pratica la battaglia a mani nude (cioè senza uso di farmaci) contro alcuni nemici forti della vita all’occidentale, come attacchi di panico, anoressia, bulimia, disturbi ossessivi.
Premessa. Dimenticate il lettino di Freud. Scordate le battute di Woody Allen. Qui non si parla di psicanalisi. Non c’entrano i sogni e l’inconscio. Le terapie-lampo puntano direttamente sul problema in una sfida diretta: o lo specialista riesce a vincere in tempi rapidi oppure deve essere leale con il cliente: «Cerchi uno migliore di me». Cosa che avviene di rado. Secondo Nnismi; ardone gli attacchi di panico vengono sconfitti nel 95 per cento dei casi. Più difficile la lotta contro i disturbi alimentari, ma con statistiche positive oltre l’80 per cento. I dati sono stati rilevati dal Centro di Terapia strategica di Arezzo, che ha organizzato il convegno assieme al Mental Research Institute di Palo Alto (Paul Watzlawick è considerato lo storico caposcuola del settore).
La competizione fra farmaci sì e farmaci no resta aperta. Ma Nardone non esita a denunciare che l’uso sfrenato e sbagliato delle pillole arriva a fabbricare i falsi malati. Il ricorso immediato alla chimica finisce per attaccare un’etichetta sbagliata al paziente, fino a quella più spietata: psicotico. Però dietro l’angolo ci sono anche gli psicoterapeuti tanto inefficaci quanto insistenti. «Ecco perché bisogna tutelare i diritti del cliente». Per esempio: «Con la chiarezza, non bisogna nascondersi dietro i paroloni, vanno negoziati gli obiettivi, una psicoterapia se dopo tre o quattro mesi non dà risultati deve essere interrotta».
Mali dell’anima o disagi della psiche? Comunque vengano chiamati, si calcola che, nelle classi medio alte un italiano su tre cerchi aiuto in materia dallo psicoterapeuta. Il 20 per cento della popolazione del mondo occidentale deve fare i conti con gli attacchi di panico, il 7 per cento con la depressione, il 5 per cento dichiara disturbi alimentari ma con il sommerso si può pensare al raddoppio dei casi. Cala il ricorso al lettino dell’analista, aumenta la richiesta di terapie fast. La storia, secondo Nardone, propone grandi campioni del pensiero strategico: «Alessandro Magno, Sant’Agostino, Pascal, Darwin. E oggi un regista come Steven Spielberg».
Ampio spazio è stato dedicato ai problemi che crescono dentro la famiglia. Cinque anni di monitoraggio condotto da un gruppo di trenta terapeuti ne hanno classificato sei modelli: iperprotettivo, democratico permissivo, sacrificante, intermittente, delegante e autoritario. Ad ognuno tende a corrispondere un particolare comportamento dei figli. Per esempio la famiglia iperprotettiva favorisce difficoltà nello studio, disturbi alimentari, bassa autostima, mentre il modello autoritario può indurre alla depressione e aggressività. «Però la relazione non è così schematica, e la soluzione va ricercata nel presente non nel passato».
I figli sono comunque i protagonisti. Gianfranco Cecchin, psicoterapeuta sistemico della famiglia, ha osservato il ruolo nuovo dei bambini con genitori in crisi: «Anche a cinque o sei anni danno ordini e dicono se papà e mamma devono separarsi. Ma guai se il compagno della mamma vuole proporsi come un papà: si squalifica e gliela faranno pagare». I bimbi capiscono tutto molto presto: «Il mio papà è un altro, tu sei quello che adesso dorme con la mamma». Insomma, Cecchin mette in archivio l’idea benefica di una coppia che resta unita solo per il bene dei figli. Ai quali interessa conservare la sicurezza degli affetti e l’assistenza, non tanto la coabitazione. «Se invece si sentono ingannati, possono punire i genitori in vari modi, per esempio smettendo di mangiare e di studiare o con la droga».

Edoardo Boncinelli

La Repubblica 8.11.03 p. 23
LA RICERCA
Il linguaggio a 2 giorni di vita


TRIESTE - La parte del cervello preposta al linguaggio si attiva in un neonato già a due-tre giorni di vita: è la scoperta fatta da un'équipe di neuroscienziati a Trieste e di cui parla il genetista Edoardo Boncinelli, sull'ultimo numero della rivista «Le Scienze». «Il bambino - ha scritto Boncinelli - è in grado di percepire i suoni fin dalle prime ore di vita e di elaborarli utilizzando entrambi gli emisferi cerebrali, ma usa prevalentemente la regione temporale dell'emisfero sinistro. Fin dalla nascita, quindi, il bambino sembra dotato di funzioni specifiche per parlare una lingua, anche se non sa ancora quale».

Vespa Crepet Sgarbi ed altri

Corriere della Sera 8.11.03
Vespa filosofo del prezzemolo e dell’anima
di Aldo Grasso


Non c’è alcun rapporto fra il prezzemolo e l’immortalità dell’anima. L’uno è una pianta erbacea ma soprattutto una metafora del troppo, dell’essere sempre presenti, dell’apparire a sproposito. L’altra, invece, è una questione. Non che il prezzemolo non sia una questione, e anche fastidiosa; ma quella dell’immortalità dell’anima da secoli affatica le menti dei filosofi. Per dire: nella monumentale Enciclopedia Einaudi, mausoleo delle magnifiche sorti culturali e progressive, non esiste la voce «anima» (si parla invece di «corpo» e di prezzemolo). Della sottile relazione che lega, o slega, il prezzemolo all’immortalità dell’anima se n’è fatto superbo portavoce il filosofo Bruno Vespa, che, tra anime perse e buonanime, ha dedicato un’intera serata al difficile problema: «Anima mia» («Porta a porta», Raiuno, giovedì, ore 23,35). Un medico sosteneva di aver scritto due libri dettati dal figlio trapassato. Sospetta la presenza di Paolo Prezzemolo Crepet, addottorato in maglioncini di cachemire e chiome «libera & bella». Che ha sostenuto: «Queste cose (la dettatura dall’al di là, ndr) attengono alla nostra intimità, non dobbiamo fare proselitismo ma tenerle per noi». Traduzione: benedetti signori, se ci credete a queste cose non andate a dirle in tv, statevene a casa. Vediamo ora se e in quali direzioni si possano ricercare punti di contatto fra il prezzemolo e l’immortalità dell’anima. Se non ci fossero i parlatori coi defunti, se non ci fosse Cogne, se non ci fossero Erika e Omar, Paolo Prezzemolo Crepet non verrebbe invitato in tv oppure farebbe la fine di Raffaele Prezzemolo Morelli, a vendere pianeti di Psiche. Per concludere, da qualunque parte si esamini la questione non c’è nulla in comune tra il prezzemolo e l’immortalità dell’anima.

Il Riformista 8 Novembre 2003
DIBATTITI.
IL SANSONE BI-FRONTE (RIGA A DESTRA E RIGA A SINISTRA) VISTO DA VESPA
L'anima ha i capelli di Vittorio e Paolo


Di Paolo Crepet, lo psichiatra con il maglione, hanno parlato male, in modo sublime, sia Aldo Grasso sia Pietrangelo Buttafuoco, di Vittorio Sgarbi, invece, un po' tutti. E l'altra sera, i due, Crepet e Sgarbi, anzi Sgarbi e Crepet, perché la successione delle sedie metteva Vittorio prima di Paolo, l'altra sera i due erano da Bruno Vespa uno accanto all'altro. Si parlava, a "Porta a porta", non del sangue di Cogne o di Novi Ligure, specialità questa di Paolo, né di quadri o di donne, specialità questa di Vittorio.
Si parlava invece di anima. Una discussione alta, forte e nobile e talmente alta, forte e nobile che si poteva persino levare l'audio, come ai bei tempi delle telecronache azzurre di Bruno Pizzul, quando, per scongiurare la fama jettatoria del vice Martellini, si preferiva un religioso silenzio davanti allo schermo. Ma l'altra sera l'audio andava abbassato per un altro motivo, non per la sfiga. Lo spettacolo erano i capelli e le mani di Vittorio, i capelli e le mani di Paolo. Uno accanto all'altro: Vittorio, con la riga a destra e conseguente chioma piegata verso sinistra, per chi guarda, l'altro, Paolo, con la riga a sinistra e chioma piegata verso destra, sempre per chi guarda.
Senza audio, i due sono apparsi per quello che sono: gemelli di anima, mani e capelli. Twin hair in the soul. Paolo muoveva le labbra e la mano scattava subito verso la messa in piega battente a destra. Una, due, tre volte, con le dita che affondavano in una massa morbida e lucente. Una sincronia perfetta, come quando l'anima si sovrappone al cuore, e l'amore trascina la passione, quasi le tirasse i capelli. Paolo muoveva le labbra e Vittorio, in silenzio, si limitava alle mani. Stesso gesto atletico, solo nel verso opposto. Questione di riga, o di fila, come si dice a Napoli. Bruno, nel senso di Vespa, non poteva fare altro che ammirarli, non imitarli, perché nèi quanti ne vuoi, ma capelli un po' meno. Quando toccava a Vittorio, di muovere le labbra, i ruoli si invertivano, Sgarbi passava alla sincronia, Crepet si consolava con le mani. Uguali nell'anima, anche se diversi nello stile, Vittorio in giacca e cravatta, Paolo con uno dei suoi maglioni e l'aggiunta dei baffi. Si parlava di anima l'altra sera da Vespa e la notizia è che l'anima sono i capelli di Vittorio e Paolo, uno accanto all'altro, strepitose icone di un moderno Sansone bifronte. Senza di loro la nostra anima non sarà più la stessa e immaginate cosa sarebbe successo se Vespa avesse invitato due calvi, e non loro due, a parlare di anima. L'anima ha i peli, ma sono morbidi e lucenti, e hanno pure la riga. A destra o sinistra, non importa, è la stessa cosa.

La Gazzetta di Parma
Beppe Grillo su Crepet


[...]
"crisi della famiglia. «Mi risveglio ogni mattino senza segni di coltellate, forse significa che sono un buon padre. E poi c'è quello psichiatra con la sciarpa, come si chiama? Ah, Crepet. Ripete che siamo noi che non parliamo ai nostri figli. E' lui che non parla con i suoi: è sempre in tv». Televisione che condiziona? Di più. «Mio figlio di 15 anni, lui è la tv. E mia figlia che ne ha 22 l'altro giorno mi dice: "Voglio andare a Saranno famosi". Come se mi avesse preso a calci. "Ma perché non ti droghi come tutti?" le ho risposto»".

il direttore del premio Grinzane risponde al Riformista

Il Riformista 8.11.03

Caro direttore, sono d'accordo con l'opinione espressa mercoledì scorso su queste pagine da Luca Mastrantonio: non c'è niente di più superfluo di un festival vuoto e autoreferenziale, privo di idee e di pubblico. Per fortuna la prima edizione del Grinzane Cinema ha totalmente schivato un rischio simile: 7500 giovani hanno seguito con interesse e curiosità i quattro giorni della manifestazione. Questa è la miglior risposta al fantomatico critico citato nell'articolo, persuaso che «premi come questo nascono quando ci sono aziende che non sanno come buttare i soldi».
[...]
In quanto a Marco Bellocchio, forse ha scelto di ritirare il premio per il «miglior film tratto da un romanzo» (che mi pare abbia poco a che vedere con un «premio alla sceneggiatura») proprio perché ha notato la diversità di sfumatura. E probabilmente perché si è accorto che non si trattava di un premio di consolazione. Sui premi in generale pare dunque che io e Mastrantonio abbiamo la stessa opinione: li detestiamo. Servono solo quando creano nuovi lettori o spettatori. Per questo il Grinzane non è solo un premio ma una fondazione in mano ai giovani.

Giuliano Soria Presidente Grinzane Cavour