venerdì 6 maggio 2005

Margherita Hack e l'ateismo

Repubblica Genova 6.5.05
IL PERSONAGGIO
Persino fotografie dai cellulari per l'astrofisica
Tre "tutto esaurito" per la stella Hack
Agnosticismo e ateismo al centro della conferenza di ieri alla Berio


IL TEATRO della Corte esaurito per tre sere, gli applausi da stadio quando lei arriva sul palcoscenico, le mani dietro la schiena un po' curva, e sorride sorniona, riprendendo la battuta all'attrice e coautrice Sandra Cavallini: «Ce l'ho io, la luna!». Ma se sullo sfondo passano immagini video tra il liquido e l'onirico accompagnata da musiche dissonanti, se il testo di "Variazioni sul cielo", pur con il massimo della divulgazione, impone di fare i conti con le reminiscenze scolastiche di fisica e geografia astronomica, la vera stella è proprio lei, Margherita Hack. La grande astrofisica riempie il teatro al di là delle pur positive previsioni, scatenando non soltanto la passione per la scienza, ma anche quella della partecipazione civile. Perché alla fine del breve spettacolo diretto da Fabio Massimo Iaquone, Sandra Cavallini, mentre non si fermano gli applausi, i cellulari scattano foto a ripetizione e i ragazzi si accalcano sotto il palco, si rivolge al pubblico: grazie della vostra accoglienza, ma adesso vorrei chiedervi di andare a firmare, uscendo, la petizione al presidente Ciampi perché nomini senatore a vita la grande astrofisica, ma anche testarda esponente del libero pensiero e dell´impegno laico. Lei, un'onda dei capelli bianchi su metà faccia, si stringe sorridendo nella casacca rossa e a sua volta ringrazia, ragazza di ottantatrè anni divertita da questa nuova esperienza, che arriva quasi di pari passo con quella della politica: ha accettato la candidatura alle regionali in Lombardia per il Pdci, ed è stata largamente eletta, anche se intenzionata a lasciare il seggio. E così l'invito a chiedere un seggio a palazzo Madama per Margherita è prontamente raccolto: nel foyer della Corte i fogli si strappano letteralmente di mano, in dieci minuti si raccolgono centinaia di nomi e firme. Così tutte le sere.
«Un trionfo, non c'è nient'altro da dire, e lei è una persona stupenda» dice Carlo Repetti, direttore dello stabile. Ma, a parte lo spettacolo, e sicuramente anche grazie alla notorietà data dalla presenza a tante trasmissioni televisive, scientifiche e no, è proprio l'invito a pensare con la propria testa quello che ha conquistato i genovesi, che in questi giorni l'hanno seguita in più appuntamenti. Particolare affollamento ieri pomeriggio alla Biblioteca Berio, dove la Hack, su invito dell'Uarr, l'Associazione degli atei razionalisti, ha parlato su Ateismo e agnosticismo; perché una persona che ragiona non può che essere agnostica, porsi dei dubbi, ha detto ribadendo quello già annunciato mercoledì nella conversazione su università e ricerca alla Libreria del Porto Antico, ma io vado al di là, impegno il mio ateismo come una fede.
(d. al.)

referendum

L'Unità 6 Maggio 2005
Rai-Mediaset, agguato al quorum
Referendum, l’allarme dei sondaggisti: attenti all’effetto black out informazione
Maria Zegarelli

ROMA Il quorum. Tutto ruota intorno al raggiungimento del quorum: se si supera il 50% più uno degli aventi diritto al voto è fatta. La legge 40 deve essere abrogata. Lo sa bene la Chiesa, il Comitato Scienza e Vita, una larga fetta della politica. Sono in tanti i sostenitori «del terzo polo»: gli astensionisti. Il loro scopo (per questo hanno mobilitato milioni di euro)è non mandare la gente alle urne. Al mare, in vacanza, soli in casa, ma a votare no. Secondo Giuseppe Giulietti, ds della commissione bicamerale di sorveglianza sui servizi radiotelevisivi, ne «farebbero parte» anche la Rai e Mediaset, non dedicando spazi sufficienti ai referendum. Anche questa è campagna referendaria. Lo dice anche il tesoriere del Comitato Pro-referendum, Lanfranco Turci, dopo aver appreso il risultato di un sondaggio che sarà pubblicato oggi su Panorama. Il succo: quorum fortemente a rischio e, tra l’altro, il 55% di coloro che andrà a votare non sa granchè in materia di fecondazione assistita. «Il sondaggio preannunciato da Panorama coglie nel segno - dice Turci -. Ma non perché dice che il quorum non si raggiunge. A questo io non credo. Al contrario, continuo a pensare che il referendum possa farcela. Il sondaggio dice il vero, invece, quando sottolinea che sul voto e sui temi legati alla procreazione assistita manca l'informazione. Rai e Mediaset si stanno comportando in questo senso in modo inaccettabile». Nel frattempo il Comitato e i Radicali hanno scritto anche una lettera al premier definendo «risibili» le finestre di informazione dedicate al tema dalle sue reti: sette ore su 2880 totali di programmazione. Un incontro è stato chiesto anche al direttore generale della Rai, Flavio Cattaneo, affinché non ci si limiti alle tribune referendarie.
Il «rischio» degli italiani all’estero. È chiaro che, a cinque settimane dall’appuntamento con le urne, i due fronti opposti stanno mettendo in campo tutti i rispettivi mezzi. Anche gli italiani all’estero sono tirati per la giacca. Il ministro Giuseppe Pisanu ha annunciato che li conterà ai fini del quorum. Il fronte del sì è preoccupato dall’aggiornamento delle liste elettorali: in passato risultavano ancora inseriti anche quelli morti ormai da anni. Il ministro assicura che stavolta non sarà così.
«Moltissimi sanno poco». Tutto ruota, dunque, attorno al quorum. Secondo Roberto Weber, presidente dell’istituto di ricerche Swg «è a rischio. È un referendum difficile, perché cade in una situazione particolare e non può contare su uno schieramento politico allargato, strutturato. Il secondo dato problematico è rappresentato dalla complessità dei quesiti che sono molto tecnici, mentre il terzo è la carenza di informazione: moltissimi sanno poco». I numeri analizzati da Swg rivelano che uno dei problemi maggiori è la carenza di informazione. «Se l’informazione resta molto castigata, molto politicizzata, è difficile sforare il 50% anche se il Comitato della campagna dei sì ha fatto un buon lavoro dal punto di vista della comunicazione. Certo è che la spaccatura su questo tema non è di tipo religioso: i cattolici sono spalmati sia sul fronte del sì sia sul fronte dell’astensione, perché il problema del no non si pone neanche».
La Babele dei numeri. Renato Mannheiemer, direttore scientifico dell’Ispo, per ora lavora ma tace. Un altro istituto, l’Unicab, racconta: il 32,7% degli italiani non sa che il 12 ed il 13 giugno prossimi si terrà il referendum sulla fecondazione assistita, il 18,5% non sa in cosa consiste, mentre il 62,2% non condivide la fecondazione eterologa. Quorum a rischio anche secondo «Simulation Intelligence Simera», che ha «sondato» gli italiani per Panorama. 800 interviste con un campione stratificato per età, sesso e residenza geografica: il 77,8% degli italiani sa della consultazione popolare e il 71% pensa di andare a votare ma il 55% sottolinea di non essere in grado di esprimere un voto perché ignora la materia sulla quale è chiamata ad esprimersi. Nicola Piepoli, delll’omonimo istituto di ricerca conferma: «I nostri sondaggi, uno al mese negli ultimi tre mesi, ci dicono che il quorum è a rischio. Gli indicatori su cui si basano le nostre indagini, che ci hanno sempre dato una certezza probabile della previsione, non lasciano, almeno adesso, pensare a grandi margini di successo del quorum». Anche Piepoli suggerisce: «Più informazione».
La mobilitazione. E in questo clima di grande battaglia martedì è in programma una giornata-evento nella Sala delle Colonne a Roma, per dare il via ufficiale alla campagna referendaria per andare a votare «quattro Sì». Ci saranno parlamentari di destra, centro e sinistra (nella maggioranza già si registrano molti mal di pancia per la partecipazione di Antonio Del Pennino, Chiara Moroni e niente di meno che la ministra Stefania Prestigiacomo), attrici (grande attesa per la partecipazione di Sabrina Ferilli testimonial della campagna che ha già esordito sulle pagine di un settimanale con una intervista sul tema), attori, scrittori, uomini e donne di cultura. Sull’altro fronte «il no» ha fatto sapere di volersi compattare con gli astensionisti.

La Stampa 6 Maggio 2005
Fecondare il cervello

SI votasse domenica, i referendum di giugno sulla procreazione assistita verrebbero cestinati per mancato raggiungimento del quorum. Sono anni che si va avanti così. Praticamente da quando il partito degli antireferendari si è alleato a quello dei menefreghisti in un fronte del non voto quasi sempre maggioritario. Stavolta però c'è una novità spiazzante: nei sondaggi gli italiani si dichiarano desiderosi di esprimersi. Se pensano di non farlo è perché solo il 22% dichiara di averci capito qualcosa. Gli altri magari sanno che la Bellucci voterà a favore e la Bindi contro. Ma brancolano sul cosa, smarrendosi in un'insalata di embrioni coltivati e non impiantati, fecondazioni omologhe ed eterologhe. Scelte non riassumibili in uno slogan.
In questi casi si dice sempre che la colpa è di giornali e tv. Stavolta no. E' colpa solo della tv. I giornali ne stanno parlando fino allo stremo. Rai e Mediaset dedicano ampio spazio al presunto figlio illegittimo di Alberto di Monaco - tema di straordinaria rilevanza, soprattutto per Alberto di Monaco - ma ritengono loro preciso dovere non annoiare il popolo con discorsi che lo potrebbero spingere a decisioni precipitose, tipo pensare con la propria testa. Nel silenzio delle scimitarre satellitari, non rimane che continuare a combattere con i nostri stuzzicadenti di carta. Perché sempre più elettori si rendano conto che l'astensionismo sulle questioni etiche non è un'opzione ma una resa, e che questi referendum, comunque ci si schieri, servono innanzitutto a fecondare il cervello.

ricerca Usa:
cellule staminali trasformate in ovuli umani

Mad/Adnkronos Salute
Cellule staminali trasformate, per la prima volta, in ovuli umani.

E' il risultato ottenuto dai ricercatori dell'università del Tennessee, negli Usa, che sperano di aiutare così, in futuro, le donne con menopausa precoce o con problemi di fertilità. Non solo. Secondo l'equipe, che ha pubblicato lo studio su Reproductive Biology and Endcrinology, si potrebbe ritardare la menopausa anche di 12 anni.
Alla nascita nelle ovaie ci sono circa 2 milioni di follicoli che producono gli ovuli. Già nella pubertà questo numero si riduce a 400 mila e poi continua a diminuire con l'avanzare degli anni. Gli specialisti americani hanno prelevato cellule dell'epitelio dalla superficie esterna delle ovaie di 5 donne fra i 39 e i 52 anni. Le staminali sono state fatte crescere in laboratorio per 5-6 giorni, alcune sono state esposte al fenolo rosso per stimolarne la crescita: proprio queste sono diventate ovuli maturi pronti a essere fecondati e dare vita a un embrione. Le cellule utilizzate, spiegano i ricercatori, possono essere prelevate facilmente usando un laparoscopio. "Anche se i risultati sono preliminari, questo apre nuove prospettive - sottolinea Antonin Bukovsky, coordinatore della ricerca - per il trattamento dell'infertilità femminile, la conservazione degli ovociti e il loro utilizzo nella fecondazione assistita".

(Mad/Adnkronos Salute)

Maria, vergine e madre:
un caso di fecondazione eterologa?

Corriere della Sera 6.5.05
IL CASO

La provocazione del «Diario»: «Maria disse sì all’eterologa»
Numero speciale del settimanale Il direttore: l’idea da un professore di Bioetica, pronti alle polemiche

MILANO - In copertina c’è un’elaborazione del dipinto di Kuzma Petrov-Vodkin «La madre di Dio, La pietà dei cuori malvagi» (1914-1915). Sopra al volto della Madonna è stata aggiunta una domanda: fecondazione eterologa? Sotto, c’è la risposta: Maria disse sì. «Siamo pronti a repliche polemiche», dice Enrico Deaglio, direttore del Diario . Poi sorride: «Ma che siano al nostro livello». Oggi Diario manda in edicola un numero speciale. E decide di provocare. Punto di partenza: «La meravigliosa vicenda del concepimento di Cristo, nato da una giovanissima Maria con seme diverso da quello del marito Giuseppe, e con ambedue i genitori avvertiti e consenzienti». Poi si va avanti per 146 pagine, tra Ignazio di Loyola e De André, Ratzinger e Voltaire.
L’idea risale a circa tre mesi fa. Deaglio incontra Maurizio Mori, professore di Bioetica a Torino ed ex segretario della Consulta bioetica, e quello gli racconta la reazione del pubblico a Cremona quando, parlando di fecondazione assistita ed eterologa, aveva fatto l’esempio della vergine Maria. «Critiche da tutte le parti». Deaglio s’incuriosisce. Dopo un po’ Mori si ripresenta con un furgone carico di 200 volumi: «Se volete approfondire...». E adesso negli uffici del settimanale milanese i giornalisti - per lo più laici impenitenti - discutono dell’interpretazione che i protestanti danno della figura di Maria, fanno domande trabocchetto sull’immacolata concezione, ragionano sul ruolo di Giuseppe - padre «in senso ampio, non solo biologico», spiegano - e di come è stato studiato dalla Josephologia.
In sintesi, a Diario dicono: «Oggi ci sono pratiche di facilitazione della riproduzione fino a poco fa impossibili. Il 12 e 13 giugno gli italiani sono chiamati a esprimersi con 4 referendum. La Cei invita i cattolici ad astenersi. Cosa ne penserebbero Gesù e i suoi genitori?». E per chiarire la propria posizione allegano (a 10 euro) il libro: «Le ragioni dei 4 sì».

donne in pericolo

L'Unità 6 Maggio 2005
Se essere donne è ancora un pericolo
Lella Menzio
(Presidente Telefono Rosa)

Quando un uomo scrive "Credo che lo stupro abbia a che fare con gli istinti primordiali dell'uomo. La caccia, l'inseguimento, la cattura, la preda calda, spaventata, tremante, il possesso. Ecco, il possesso totale, il sapere che la tua preda è alla tua totale mercé, il senso di onnipotenza, lo sfogo sadico di qualsiasi istinto, la donna schiava". Non si può accettare alcunché di questa descrizione, neppure se appartiene alla fiction di una sceneggiatura.
Sono frasi riportate sul numero odierno (ieri ndr) de La Stampa. Descrizioni agghiaccianti, se pensiamo che corrispondono in modo inquietante a quanto riferito a proposito dei motivi che avevano spinto l'autore (Angelo Izzo) al massacro del Circeo. Le parole virgolettate appartengono a uno scritto (almeno, così vengono identificate), lo stesso significato è stato fornito dall'Izzo per spiegare cosa lui e i suoi amici volevano rappresentare massacrando le due ragazze al Circeo: sorprendenti le analogie.
Stiamo parlando di un assassino, si potrà dire. Certo, però di un tipo particolare di omicida: lui ammazza le donne.
E non si limita a togliere loro la vita, ma da quello che si sa di questa ultima vicenda, l'omicidio è stato la parte meno angosciante rispetto al rituale sadico, alla ricerca della sofferenza delle sue vittime, ai tentativi, forse attuati o forse no, di stupro o di abuso sessuale.
Non vogliamo né possiamo entrare nel merito delle pagine finora scritte su questo individuo; e nemmeno è possibile entrare in commenti che lo riguardino direttamente. Men che meno possono esprimersi, al nostro interno, valutazioni sui professionisti che lo hanno ritenuto redento.
Pensiamo invece ai dubbi sulla possibile guarigione dal male di essere maschi, inteso proprio come la definizione riportata più sopra in corsivo. Pensiamo ai fallimenti terapeutici, alle improbabili redenzioni da una condizione (chiamarla malattia non è sempre esatto) nella quale la propria vita ha un senso se se ne annulla un'altra, preferibilmente se si tratta di una donna.
Pensiamo che forse non tutte le terapie attuate sono andate a buon fine e, quindi, qualcun altro, magari meno violento o meno propenso ad occupare le prime pagine dei giornali, stia impunemente abusando o stuprando, in casa o fuori: ritenendo che la paura e la vergogna faranno il resto, lasciandolo del tutto fuori da ogni indagine giudiziaria.
O forse il problema non è nella malattia, e quindi nel fallimento di psichiatri e psicologi: ma proprio nel fatto che non esiste malattia.
Oppure c'è, e non è stata ancora codificata. In ogni caso, a metà strada tra la festa della donna e quella della mamma, una mamma e la sua figliola sono state orrendamente massacrate: malattia, maschilismo, terapie sbagliate o professionisti inesperti, a noi non importa. Ma essere donne è, ancora, un pericolo.

Corriere della Sera 6.5.05
La lunga recita di Izzo e gli errori degli psichiatri
di DACIA MARAINI

Strano che anche i tecnici della psiche ci siano cascati. Come non sapere che le doppie personalità come Izzo sono proprio quelle che sanno conquistare, blandire, convincere nel modo più persuasivo? Come non sapere che essi sono tanto sinceri nel parlare del proprio pentimento, da convincere qualsiasi dubbioso? Ascoltando le parole dell’assassino pariolino nella lunga intervista televisiva a Franca Leosini si notano le profonde crepe di un pensiero diviso ed esaltato. Mai abitato davvero dal dolore, ma da una forma di esaltazione nervosa che del male e del bene conosce solo la rappresentazione teatrale. La sua recita è perfetta e commuove prima di tutti lui stesso. Che gode di quel personaggio messo in scena con tanta persuasività ed eleganza, tanta abilità e coraggio, tanta convinzione e passione da apparire del tutto naturale.
Al tempo in cui scrivevo «Voci», romanzo in cui si racconta di un marito amorevole picchiatore, ho letto tante e tante testimonianze di donne stuprate, picchiate, seviziate da una parte e di uomini divisi fra l’ira cieca, il desiderio di umiliazione che non riescono a controllare dall'altra. Erano uomini che mostravano una capacità di pentimento così plateale e radicale da apparire a tutti sincerissima. Stupiva soprattutto la loro estrema visibile buona fede. Bravissimi nel nascondere i loro misfatti, una volta scoperti, quasi si sorprendevano di un se stessi sconosciuto, si affidavano volentieri a chi li voleva aiutare, si dichiaravano pentiti, esprimevano giudizi così severi su se stessi da fare credere a una loro innata capacità di giudizio morale. Essi chiedevano scusa con tale efficacia che le prime a crederci erano le loro vittime.
Sono queste le ragioni per cui in tanti casi la polizia rimanda a casa mariti picchiatori, padri stupratori, compagni violenti. Essi hanno una doppia personalità e su quella giocano con una tale perizia, una tale innocenza e convinzione che riescono sempre a persuadere chi li attornia, dagli investigatori ai giudici, dai parenti agli amici.
Famoso il caso di quell'uomo che ha stuprato e ucciso due figli. Al primo figlio tutti i sospetti portavano a lui, ma tali erano le testimonianze dei suoi familiari, prima di tutti quella della moglie che giurava sulla sua tenerezza di padre sempre disponibile e affettuoso, dei suoi parenti, e perfino dei vicini, che ogni giudizio veniva deviato. Le prove cadevano e tutti si convincevano che si trattava di un uomo onesto e giusto. L'altro figlio insisteva a dire la verità, ma nessuno lo prendeva sul serio. Pensavano che mentisse, per odio verso il padre. Ma come, se lo vedevano tutti ogni mattina, uscire di casa sorridente, tenendo per mano i due figli che accompagnava diligentemente fino all'uscio della scuola? E quante volte l'avevano visto caricare i figli per portarli al cinema, con tutto il lavoro che aveva, e tutti potevano testimoniare che con loro era sollecito e amorevole. Come prevedere che ogni tanto, in mezzo alla notte, quel tenerissimo padre di famiglia si trasformava in un lupo affamato? Eppure era quello che succedeva e solo dopo l'uccisione del secondo figlio, i parenti e gli amici si sono convinti che era veramente stato lui.
La doppia personalità non è una cosa da poco. Non si tratta del Dottor Jekyll e del suo doppio mister Hide che, entrando e uscendo da una porta, cambiavano faccia e attitudini. Soprattutto non bisogna pensare che una personalità sia nemica dell'altra. Perché anzi, come due anime amanti, pur rappresentando sul palcoscenico del mondo due ruoli diversi, sono segretamente e visceralmente legati: si proteggono, si aiutano, si difendono a vicenda anche quando appaiono seriamente divisi e nemici.

La Provincia di Como
l'intervista
Paolo Bianchi psichiatra e perito «Valutare un assassino grande responsabilità»
Anna Savini

Milano «Quando hai di fronte una persona così, che ha ucciso con la stessa leggerezza con la quale noi beviamo un aperitivo, ci pensi tre volte prima di lasciarlo libero anche se ti sembra normale. E' la prima cosa che ci insegnano alla clinica di psichiatria forense, capire che i criminali non sono come i malati normali. Tutto quello che ti dicono può nascondere lo scopo di farsi liberare». Paolo Bianchi non sa, e neanche vuol sapere, chi è il perito che ha giudicato «redento» Angelo Izzo. Lo psichiatra allievo del professor Ponti e consulente per l'Istituto Sacra Famiglia di Milano - oltre che perito in grossi casi di omicidio - dice solo che se il caso del massacratore del Circeo fosse capitato a lui avrebbe messo in conto ben più di due o tre visite. Professore, lei è un perito e la giustizia è sempre più in mano a voi? Com'è possibile che ci siano errori così grossi? Non conosco il caso Izzo e quindi non giudico l'operato di chi ha fatto la perizia. Magari si è trattato di scarsa esperienza, ma non si può dire senza avere in mano le carte. Lei trova che i suoi colleghi esperti di psichiatria forense siano preparati? Tra i miei colleghi in tribunale a Milano sì. E i criteri dell'albo dal quale vengono pescati i periti mi sembrano buoni. Quali sono? Intanto bisogno essere laureati da 5 anni e quindi non è vero che si prendono i novellini, a meno che non sia Ferragosto e magari non c'è nessun altro oppure che tutti i colleghi più quotati siano impegnati, ma solo per perizie veloci. E poi? E poi bisogna avere pubblicazioni alle spalle, presentare un curriculum con perizie già iniziate. C'è un filtro, non entrano tutti. L'avvocato della Valle accusa i pm di scegliere i periti perché amici di amici? Beh, certo, a volte funziona il passaparola ma in senso positivo. A me è capitato che mi chiamassero perché avevano parlato bene di me e del mio modo di lavorare. Però gli errori ci sono. Questo sistema secondo lei è migliorabile? Si potrebbe pensare di costituire un pool all'interno di ogni singolo tribunale in maniera che chi viene selezionato si tenga aggiornato. Ma è così difficile valutare un omicida? No se ha una personalità schizofrenica per cui, per esempio, dice di avere il diavolo in corpo che gli ordina di uccidere tutte le donne. Sì in tutti gli altri casi. E' ovvio che, di fronte alla prospettiva dell'ergastolo, avrà tutti gli interessi a fare il bravo. Quindi non basta vederlo una volta, farlo uscire e vedere che si comporta bene (e ci mancherebbe); rivederlo un'altra volta e ritenere che non si più pericoloso. Servono altre riflessioni. I test sono ancora efficaci? Sì, anche se, quando uno è in carcere, non avrà voglia di rispondere a tutte e 20 le domande e questo inquina la loro efficacia.

suicidi a tredici anni

La Stampa 6 Maggio 2005
RAGUSA, IL REATO IPOTIZZATO PER DUE CASI È ISTIGAZIONE
Suicidi a 13 anni, indaga la Procura

Il pm di Ragusa Monica Monego ha aperto un’inchiesta sulla morte per suicidio di due alunni della scuola media Quasimodo. Il reato ipotizzato è istigazione al suicidio. L’8 febbraio si suicidò Marco Rubino, 13 anni, che frequentava la terza media. Figlio di un ingegnere elettronico e di madre cinese, Marco non avrebbe sopportato di essere chiamato Il Cinese e di sentirsi discriminato. Il secondo suicidio risale al 15 aprile: Damiano Leggio, 13 anni, figlio di un commerciante di mobili, era alto 1,91 e giocava nell Basket Ragusa. La sera del 7 febbraio era stato protagonista di una vittoria in un torneo regionale giovanile. Anche Damiano si sentiva deriso, per la sua altezza. Sui muri le scritte contro Marco e Damiano sono state cancellate dopo la loro morte. Alcuni anni fa si era suicidato un altro alunno, frequentava la seconda media e apparteneva a una famiglia di contadini: era preso di mira per l’odore di campagna che portava addosso. Tutti e tre i suicidi avevano un ottimo rendimento scolastico. Dalle numerose testimonianze raccolte emerge un filo comune. I tre ragazzini potrebbero essere stati vittime di episodi di bullismo o di nonnismo dei quali sembra ci sia ampia casistica nell’istituto, anche per la presenza di un consistente numero di alunni ripetenti la cui età arriva ai 16 anni. Di recente un bambino ha subito la frattura del setto nasale per un pugno ricevuto da un alunno più grande. La polizia ha chiamato la madre che aveva inizialmente dichiarato che il figlio era caduto. Non era vero: un caso di reticenza che gli inquirenti ritengono segno del clima pesante nella scuola.

«onora il padre...»

La Stampa 6 Maggio 2005
IN PROVINCIA DI ALESSANDRIA UNA STORIA DI ORRORI FAMILIARI
«Bendato per ore davanti alla tv»
Per Massimo è finito un incubo

ALESSANDRIA. Il paese degli Orchi era in cucina, tutti i giorni all’ora dei pasti: il momento della pappa per Massimo (il nome è di fantasia), un anno e mezzo, non era un gioco ma un incubo. Stava lì, legato al seggiolone, e doveva mangiare tutto per bene. Guai a provare a sputare l’omogeneizzato, guai a farsi venire conati di vomito. Il padre, inflessibile, lo costringeva a ingoiare anche quello che aveva appena rigurgitato.
Ma gli Orchi, o meglio l’Orco, viveva anche in salotto, dopo cena, quando Massimo si preparava a vedere i cartoni animati prima di andare a nanna. Vederli? No, sentirli. Il padre inflessibile lo legava anche lì ad una sedia. Ma non gli bastava; lo bendava anche, tenendolo ore come cieco davanti al al televisore acceso.
Soprattutto il paese degli Orchi era la cantina, o la cameretta da letto dove Massimo per punizione veniva chiuso al buio per ore. E se faceva la pipì il padre inflessibile gli strofinava il viso nel pannolino sporco.
Tutto questo, nella sua orribile quotidianità, avveniva in un piccolo paese in provincia di Alessandria, a casa di una coppia apparentemente come tante: solo che lui, 34 anni, originario della Venezia Giulia, venne educato forse troppo severamente dai suoi genitori. A loro ha ammesso di essersi ispirato nell’impartire al figlioletto quelle che reputava le opportune lezioni per educarlo. Che si sia attenuto agli insegnamenti paterni o ci abbia messo del suo, alla fine per il giudice non ha fatto differenza: abuso di sistemi di correzione, tre mesi e dieci giorni di reclusione; sentenza del giugno 2001.
Ma il padre non s’è stato rassegnato («Il giudice ha dato retta solo al racconto di mia moglie») ed è arrivato fino in Cassazione per sentirsi sostanzialmente dire che gli era andata ancora bene. Perché il reato ipotizzato in un primo tempo, «maltrattamenti su minori», venne derubricato nel più lieve «abuso di mezzi di correzione». Ma il comportamento dell’uomo fu al limite tra i due reati, anzi più vicino al primo che al secondo, tanto che secondo i giudici d’ultima istanza il ricorso «avrebbe più fondatamente potuto farlo il pubblico ministero».
Comunque mentre la vicenda giudiziaria faceva il suo corso, quella umana arrivava a una soluzione pressoché scontata: la famiglia si è sfasciata. L’incubo per Massimo era durato dai 18 mesi ai due anni e mezzo: davvero tanto. Alla fine la mamma non ha più sopportato ed è riuscita ad allontarnare il suo bimbo da casa facendolo affidare dal Tribunale dei Minori di Torino ai suoi genitori, i nonni materni. Ha ottenuto anche che venissero sospesi d’autorità tutti i rapporti fra padre e figlio.
«Ma insomma - ha continuato a ripetere l’uomo - per una volta che l’ho chiuso in cantina, per una volta che gli ho sfregato la faccia sul pannolino, tutto questo can can». Non si è reso conto del male che aveva fatto. Lui, il padre, la figura alla quale ogni bimbo in situazioni normali guarda come punto di riferimento, con la sola presenza fisica causava in Massimo uno «stato di terrore». Tanto che per il bimbo si rese necessaria la «presa in carico psicoterapeutica», come recita la sentenza. Di fatto la necessità di sottoporlo a cure per fargli superare, se possibile, tutti i traumi subiti in quell’anno orribile.
Resta la sottile disquisizione giuridica sulla differenza fra l’«abuso di mezzi di correzione» e i «maltrattamenti su minori». Qui la Cassazione ha creduto bene di ribadire che certi sistemi educativi non sono più leciti, in quanto propri «di una superata epoca storico-sociale, impregnata di valori autoritari anche nelle strutture e nelle funzioni della famiglia». Insomma quanto oggi ci fa inorridire, come la storia di Massimo, un tempo - e forse non bisogna neanche andare molto indietro - era considerato «normale» o comunque non tale da dover costringere i giudici a occuparsi di questioni che erano considerate «fatti propri» di un padre di famiglia. Con tutte le conseguenze che ne derivavano.