«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»
L'ASSOCIAZIONE CULTURALE
lunedì 22 settembre 2003
***IN REPLICA, A ROMA ALLA LIBRERIA AMORE E PSICHE, LA TRASMISSIONE DE LA7 CON MARCO BELLOCCHIO
LA LIBRERIA AMORE E PSICHE COMUNICA CHE CHI NON AVESSE VISTO LA TRASMISSIONE DI GAD LERNER, "L'INFEDELE", ANDATA IN ONDA SABATO 20 SETTEMBRE, CON MARCO BELLOCCHIO, POTRA' FARLO IN LIBRERIA, DA LUNEDI' 22 SETTEMBRE, POMERIGGIO, ALLE 15:00.
***la lettera alla Stampa di Roberta Pugno
(segnalata da Stefania Casule)
La Stampa VIVEREROMA 20.9.03
LETTERE
Quando un film ti emoziona
di Roberta Pugno
Il processo di annullamento
Sono una pittrice di Roma e vorrei intervenire, nel dibattito che si è aperto sul film Buongiorno, notte di Marco Bellocchio. Vorrei affrontare il discorso sul difficile rapporto (che riguarda da vicino anche la mia professione e la mia vita) tra arte, storia e politica, tra soggettività dell’artista e oggettività del mondo esterno. Il film di Bellocchio, a vederlo e a rivederlo, dà emozioni fortissime. Il fatto che sia piaciuto ai giovani e che abbia successo all’estero prova che non è un film di cronaca, né un racconto di un tragico momento della vita politica italiana. L’arte, e Bellocchio è sicuramente un artista, non solo stravolge la storia, ma la può capovolgere. Allora questo film che cos’è? Forse è la storia di un incontro tra due persone diverse, anzi opposte: una giovane donna, razionale, falsamente ribelle, plagiata nel comportamento e nel pensiero da un’ideologia criminale e patologica, ed un uomo saggio, di straordinaria umanità, un uomo incomprensibile. E’ la storia di una trasformazione, e andando ancora più a fondo, si potrebbe dire che il film nasce da un’idea geniale: dare immagini (utilizzando una vicenda nota e complessa come quella del rapimento di Moro) ad una dinamica interumana invisibile, ma molto frequente. È la dinamica che la psichiatria definisce «annullamento» e la filosofia «nientificazione». Ma il racconto va avanti e il finale è davvero una sorpresa... Può succedere che il padre che volevamo uccidere, l’amante che volevamo cancellare, lo psichiatra che volevamo eliminare, non muore; e tu gioisci (ed è per questo che il film di Marco è stato «liberatorio»), perché alla tua violenza l’altro, a volte, reagisce con la vita.
La Stampa VIVEREROMA 20.9.03
LETTERE
Quando un film ti emoziona
di Roberta Pugno
Il processo di annullamento
Sono una pittrice di Roma e vorrei intervenire, nel dibattito che si è aperto sul film Buongiorno, notte di Marco Bellocchio. Vorrei affrontare il discorso sul difficile rapporto (che riguarda da vicino anche la mia professione e la mia vita) tra arte, storia e politica, tra soggettività dell’artista e oggettività del mondo esterno. Il film di Bellocchio, a vederlo e a rivederlo, dà emozioni fortissime. Il fatto che sia piaciuto ai giovani e che abbia successo all’estero prova che non è un film di cronaca, né un racconto di un tragico momento della vita politica italiana. L’arte, e Bellocchio è sicuramente un artista, non solo stravolge la storia, ma la può capovolgere. Allora questo film che cos’è? Forse è la storia di un incontro tra due persone diverse, anzi opposte: una giovane donna, razionale, falsamente ribelle, plagiata nel comportamento e nel pensiero da un’ideologia criminale e patologica, ed un uomo saggio, di straordinaria umanità, un uomo incomprensibile. E’ la storia di una trasformazione, e andando ancora più a fondo, si potrebbe dire che il film nasce da un’idea geniale: dare immagini (utilizzando una vicenda nota e complessa come quella del rapimento di Moro) ad una dinamica interumana invisibile, ma molto frequente. È la dinamica che la psichiatria definisce «annullamento» e la filosofia «nientificazione». Ma il racconto va avanti e il finale è davvero una sorpresa... Può succedere che il padre che volevamo uccidere, l’amante che volevamo cancellare, lo psichiatra che volevamo eliminare, non muore; e tu gioisci (ed è per questo che il film di Marco è stato «liberatorio»), perché alla tua violenza l’altro, a volte, reagisce con la vita.
l'opinione dei vescovi
Avvenire, quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana
Terrorismo e tradimento dei padri
Massimo De Angelis
La famiglia, il suo infinito valore e il rifiuto di essa. E' il punto di partenza (e forse di arrivo) del film di Marco Bellocchio "Buongiorno notte". Non una ricostruzione storica del delitto Moro ma uno scavo nell'animo di chi, negli anni Settanta, fece la scelta terrorista. La brigatista donna che, ogni volta che rientra in casa, si toglie con fastidio un anello nuziale che indossa per non dare nell'occhio. Poi si scoprirà che quell'anello è della madre e che lei è orfana. Lei stessa che di Marx legge "La sacra famiglia", che sviene quando un sacerdote viene a benedire la casa e la famiglia che la abita e che si commuove quando Aldo Moro le legge la sua lettera al Santo Padre, nella quale implora un atto in nome della sua famiglia che ha così grande bisogno di lui. E qui viene alla mente la fuggevole, calda felicità narrata ne "La casa dei cento natali" di Maria Fida Moro. In questa contrapposizione tra il valore familiare, che più di ogni altro unifica la comunità italiana e che è testimoniato sino al martirio da Aldo Moro e l'agghiacciante freddezza ideologica del gruppo di fuoco (lugubre parodia della famiglia) è la chiave. Vi è qui un secondo passaggio solo accennato nel film. L'estremismo del '68 ha radicalizzato l'ideologia dei padri comunisti e resistenti. Ma certo la riluttanza di questi a seppellire i cattivi miti di Lenin e Stalin ha alimentato il pensiero terrorista. L'album di famiglia, appunto, di cui parlò Rossana Rossanda. Poi scattò l'idea che gli antichi ideali erano stati dai padri traditi. E in questa idea di tradimento, ricorrente nella nostra storia, è la porta che apre al rifiuto e al sovvertimento di ogni valore, a partire da quello della famiglia, e all'idea di salvare il mondo attraverso l'assassinio. La porta che apre al nichilismo. Infine la protagonista immagina o sogna la prigione di Moro trasfigurata quasi in un cenobio coi suoi compagni che si fanno il segno di croce e Moro che esce libero senza condizioni come chiedeva lo Stato italiano e il Santo Padre. Non per freddezza, come pure si adombra nel film, ma per difendere il proprio popolo dalla violenza, dal male e dal caos. Moro che esce libero senza condizioni: una storia possibile, personale e collettiva diversa. Fondata su una conversione dei terroristi. Ciò che allora non fu (per alcuni lo è stato più tardi), con una perdita secca per tutti, che non offusca però le scelte politiche di allora che consentirono comunque di vedere, dopo la notte, il giorno.
Terrorismo e tradimento dei padri
Massimo De Angelis
La famiglia, il suo infinito valore e il rifiuto di essa. E' il punto di partenza (e forse di arrivo) del film di Marco Bellocchio "Buongiorno notte". Non una ricostruzione storica del delitto Moro ma uno scavo nell'animo di chi, negli anni Settanta, fece la scelta terrorista. La brigatista donna che, ogni volta che rientra in casa, si toglie con fastidio un anello nuziale che indossa per non dare nell'occhio. Poi si scoprirà che quell'anello è della madre e che lei è orfana. Lei stessa che di Marx legge "La sacra famiglia", che sviene quando un sacerdote viene a benedire la casa e la famiglia che la abita e che si commuove quando Aldo Moro le legge la sua lettera al Santo Padre, nella quale implora un atto in nome della sua famiglia che ha così grande bisogno di lui. E qui viene alla mente la fuggevole, calda felicità narrata ne "La casa dei cento natali" di Maria Fida Moro. In questa contrapposizione tra il valore familiare, che più di ogni altro unifica la comunità italiana e che è testimoniato sino al martirio da Aldo Moro e l'agghiacciante freddezza ideologica del gruppo di fuoco (lugubre parodia della famiglia) è la chiave. Vi è qui un secondo passaggio solo accennato nel film. L'estremismo del '68 ha radicalizzato l'ideologia dei padri comunisti e resistenti. Ma certo la riluttanza di questi a seppellire i cattivi miti di Lenin e Stalin ha alimentato il pensiero terrorista. L'album di famiglia, appunto, di cui parlò Rossana Rossanda. Poi scattò l'idea che gli antichi ideali erano stati dai padri traditi. E in questa idea di tradimento, ricorrente nella nostra storia, è la porta che apre al rifiuto e al sovvertimento di ogni valore, a partire da quello della famiglia, e all'idea di salvare il mondo attraverso l'assassinio. La porta che apre al nichilismo. Infine la protagonista immagina o sogna la prigione di Moro trasfigurata quasi in un cenobio coi suoi compagni che si fanno il segno di croce e Moro che esce libero senza condizioni come chiedeva lo Stato italiano e il Santo Padre. Non per freddezza, come pure si adombra nel film, ma per difendere il proprio popolo dalla violenza, dal male e dal caos. Moro che esce libero senza condizioni: una storia possibile, personale e collettiva diversa. Fondata su una conversione dei terroristi. Ciò che allora non fu (per alcuni lo è stato più tardi), con una perdita secca per tutti, che non offusca però le scelte politiche di allora che consentirono comunque di vedere, dopo la notte, il giorno.
l'opinione del Corsera sulla trasmissione de La7 con Marco Bellocchio e quella di Scola su Venezia
Corriere della Sera 22.9.03
Quando il ’68 è prigioniero di se stesso
A un talk show televisivo non si può chiedere un discorso che fili liscio come l’olio (chiaro, coerente e ben costruito) ma da un buon talk show si possono ricavare tanti spunti per successivi discorsi. Era molto interessante il tema proposto da Gad Lerner per la ripresa del suo «Infedele» (La 7, sabato, ore 20.50).
Anzi, a essere sinceri, il titolo dell’incontro era uno di quelli da cui fuggire a gambe levate («La generazione del ’68 era davvero la meglio gioventù?») ma il nome degli invitati ha avuto il sopravvento: Anselma Dell’Olio, Marco Bellocchio, Ernesto Galli della Loggia, Enrico Fenzi, Luigi Manconi, Michele Brambilla e altri ancora. Si è parlato, ovviamente, della rivolta giovanile, degli anni di piombo, del rapimento Moro, di Adriano Sofri. Dalla lunga discussione ho messo assieme tre idee che mi paiono non indegne di verifica. La prima: il ’68 segna, simbolicamente, il passaggio da una generazione figlia della terra e della fabbrica a una figlia della tv (per questo è rottura culturale, una fase del processo di modernizzazione dell’Italia). La seconda: il ’68 ha creato un’epopea giornalistica ma non letteraria (o cinematografica) perché si è subito trasformato in qualcosa di sinistra, dominato dall’astratto, dall’ideologia, dai partiti, dalla tetra volontà di cambiare il mondo, anche con la violenza. La terza: come ha spiegato bene Galli della Loggia, nella nostra società il ’68 ha conquistato un forte potere simbolico, che è il potere delle idee, della comunicazione, delle mode, della produzione di narrazioni mitiche (il mito del ’68, ad esempio). Lo ha fatto soprattutto nel giornalismo, meno in altri campi del sapere. Per questo molte discussioni sul ’68 danno sempre l’impressione di essere prigioniere del ’68.
www.corriere.it/grasso
Ettore Scola:
A proposito di polemiche, cosa ne dice di Bellocchio mancato Leone a Venezia?
«Da ex presidente di giuria a Cannes e Venezia, dico che i festival in genere premiano i nomi nuovi, quasi per statuto debbono scoprire i giovani. Così accade che autori affermati, come Bellocchio, Bertolucci o anch'io, non veniamo premiati mai con Leoni o Palme. Ma si sa».
Quando il ’68 è prigioniero di se stesso
A un talk show televisivo non si può chiedere un discorso che fili liscio come l’olio (chiaro, coerente e ben costruito) ma da un buon talk show si possono ricavare tanti spunti per successivi discorsi. Era molto interessante il tema proposto da Gad Lerner per la ripresa del suo «Infedele» (La 7, sabato, ore 20.50).
Anzi, a essere sinceri, il titolo dell’incontro era uno di quelli da cui fuggire a gambe levate («La generazione del ’68 era davvero la meglio gioventù?») ma il nome degli invitati ha avuto il sopravvento: Anselma Dell’Olio, Marco Bellocchio, Ernesto Galli della Loggia, Enrico Fenzi, Luigi Manconi, Michele Brambilla e altri ancora. Si è parlato, ovviamente, della rivolta giovanile, degli anni di piombo, del rapimento Moro, di Adriano Sofri. Dalla lunga discussione ho messo assieme tre idee che mi paiono non indegne di verifica. La prima: il ’68 segna, simbolicamente, il passaggio da una generazione figlia della terra e della fabbrica a una figlia della tv (per questo è rottura culturale, una fase del processo di modernizzazione dell’Italia). La seconda: il ’68 ha creato un’epopea giornalistica ma non letteraria (o cinematografica) perché si è subito trasformato in qualcosa di sinistra, dominato dall’astratto, dall’ideologia, dai partiti, dalla tetra volontà di cambiare il mondo, anche con la violenza. La terza: come ha spiegato bene Galli della Loggia, nella nostra società il ’68 ha conquistato un forte potere simbolico, che è il potere delle idee, della comunicazione, delle mode, della produzione di narrazioni mitiche (il mito del ’68, ad esempio). Lo ha fatto soprattutto nel giornalismo, meno in altri campi del sapere. Per questo molte discussioni sul ’68 danno sempre l’impressione di essere prigioniere del ’68.
www.corriere.it/grasso
Ettore Scola:
A proposito di polemiche, cosa ne dice di Bellocchio mancato Leone a Venezia?
«Da ex presidente di giuria a Cannes e Venezia, dico che i festival in genere premiano i nomi nuovi, quasi per statuto debbono scoprire i giovani. Così accade che autori affermati, come Bellocchio, Bertolucci o anch'io, non veniamo premiati mai con Leoni o Palme. Ma si sa».
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