segnalati da Daniela Venanzi, Annalina Ferrante, Carmine Russo, Daniele Balduzzi e Roberto Martina
Corriere della Sera ed. di Roma 17.3.04
Davanti a una birra, con amici o sconosciuti: per capire e superare i problemi quotidiani
Al pub con lo psicologo
Nei locali notturni, nuova tendenza: le serate di autoanalisi
di Silvia Testa
Perversioni sessuali soft e hard, ansia e anoressia. Basta con i tabù, meglio parlarne, magari davanti ad una birra in un ambiente accogliente. Nasce così l'idea dello «Psicopub», serie di incontri a ingresso libero presso il pub the Druid's Den a Santa Maria Maggiore: per affrontare tematiche a carattere sociologico che riguardano un po' tutti. L’idea è di Aipep (Associazione italiana psicologia e psicoterapia) che ha deciso di portare aspetti importanti della vita sociale quotidiana tra i tavolini di un pub e, dal 2005, nelle librerie: «Abbiamo preso spunto dagli incontri letterari che si svolgono lontano dai salotti - spiega Carlo Cerracchio, presidente di Aipep - vogliamo creare situazioni informali, molto rilassate, dove i partecipanti si sentano a loro agio e discutano spontaneamente con gli psicologi presenti o con chi è seduto al tavolino accanto, di problemi quotidiani come la sessualità e i disturbi alimentari. Sorseggiando una birra si scioglie l'emozione e si raccontano con più facilità esperienze vissute in prima persona o da amici - prosegue Cerracchio - Ai nostri incontri partecipano un po' tutte le fasce d'età, dai ventenni agli ultrasessantenni. Ci sono tanti studenti, psicologi, medici, persone comuni interessate per motivi culturali o personali».
Gli appuntamenti di psicopub sono gratuiti e proseguono fino a giugno (The Druid's Den è in via S.Martino ai Monti 28, 06.48904781) affrontando tematiche come l'arteterapia e la drammatizzazione, tecniche utili per portare alla luce emozioni e lati poco noti della propria personalità, o la sfera dell'amore, l'anoressia e la bulimia, fino ad arrivare al bisogno di assumere condotte sessuali considerate tipiche del sesso opposto.
Incontri di psicologia si sono tenuti più volte anche al Posto delle Fragole (via C. Botta 51, 06.47824868). Il desiderio di comunicare, di raccontarsi disagi e di sentire che non si è soli nell'affrontare disturbi e difficoltà, spinge molti romani ad affrontare sedute collettive. Ben noti, a Roma, sono i seminari di analisi collettiva tenuti dallo psichiatra Massimo Fagioli dietro piazza San Cosimato (via Roma Libera, 23). Spesso i frequentatori al termine degli incontri, si ritrovano nella pizzeria accanto Al Tulipano Nero (via Roma Libera 15, 06.5818309) dove i dibattiti si trasformano in golose conversazioni. Anche il Machiavelli Club (via Machiavelli 49, 06.7001757) ha in programma per la primavera, una serie di incontri per analizzare le problematiche che affrontano ogni giorno i genitori con i figli adolescenti. (www.clubmachiavelli.it).
Repubblica ed. di Roma 18.3.04
Tutti i martedì alle 19 fino all´8 giugno l´Associazione italiana di psicologia organizza serate con seminari di gruppo
Birra e intimità, benvenuti allo psicopub
E nel club di Monti va in scena l´analisi collettiva tra disagi e fantasie
di GIOVANNA VITALE
A Woody Allen sarebbe piaciuta molto quell´atmosfera un po´ così, una cinquantina di sconosciuti che si ritrovano in un pub alla spalle di Santa Maria Maggiore, sigarette e birra doppio malto, a raccontarsi di attrazione e desiderio, fantasie e scambi di coppia, mentre una sessuologa piuttosto giovane spiega che farlo strano non è peccato, anzi, può essere un toccasana a volte, purché non si trasformi in un copione, rituale indispensabile a scatenare l´eccitazione. Sarà perché la sala è troppo piccola, sarà perché c´è tanta di quella gente - dai venti ai settant´anni, piercing e lenti presbiti - che nemmeno gli organizzatori s´aspettavano, sarà che il tema scelto per questo primo incontro legittima pensieri caldi, fatto sta che alle otto della sera la discussione avvampa d´ansia e di brividi («a letto voglio di più, come glielo dico?»), brucia il velo dell´inibizione («lo tradisco, significa che il mio matrimonio è finito?»), sfuma sulla difficoltà di amarsi e stare insieme, condensa la grande paura servita al fast food sentimentale del tempo nostro: l´intimità.
Benvenuti allo psicopub, metà seminario metà analisi di gruppo in un locale irlandese di San Martino ai Monti, dove tutti i martedì l´Aipep (associazione italiana di psicologia e psicoterapia) tiene gratis le sue esplorazioni fra le pieghe del disagio interiore: Giochi proibiti, le perversioni che fanno bene alla coppia è la prima, seguiranno, fino all´8 giugno, Le ragioni del cuore (sulla fenomenologia dell´amore), Pane amaro (su bulimia e anoressia), Anime lontane (sul significato di malinconia e depressione). «La divulgazione è la missione della nostra associazione», spiega il curatore dell´iniziativa, Carlo Cerracchio: «Negli ultimi tempi, però, ci siamo accorti che la fame di informazione sui disturbi della psiche è cresciuta a dismisura: è il motivo per cui abbiamo deciso di ritrovarci, una volta a settimana, in questo pub nel centro della città, a parlare di sessualità e alimentazione, sofferenza e supporto psicologico; una modalità informale per avvicinare la gente a temi che spesso, per diffidenza o paura, si fatica ad affrontare con serenità».
Intanto, nella saletta, qualche sigaretta viene accesa a dispetto del divieto, studentesse prendono appunti fitti; Rossana, specializzanda in psicologia, dice al fidanzato «vedi che bello essere qui, tutti insieme, a confrontarsi su problematiche non facili con una persona preparata, capace di spiegartele». Una comitiva di cinque amici ride di Dario, 25 anni, uno di loro e praticante avvocato, che vuol sapere «sono malato a pretendere alcune cose dalla mia donna?». La psicologa, Anna Cornelio, declina la differenza fra perversioni soft e perversioni hard. Stefano 27 anni, impiegato, abbraccia la sua ragazza e sorride: «È divertente, un modo diverso di passare il tempo, bevi una birra e insieme ascolti discorsi che non ti sarebbe mai venuto in mente di approfondire». Manlio Occhipinti, ginecologo di mezz´età, annuisce: «È suggestivo vedere come uno spunto culturale possa diventare motivo di socializzazione». Manuela, 21 anni, gli dà man forte: «Davvero interessante parlare di questi argomenti al pub, il luogo del nostro divertimento: c´è gente che di solito non lo frequenta, più grande, che ci ha offerto spunti di riflessione insoliti». È d´accordo Luigi Cicerchia, canuto professore di Storia dell´Arte all´università di Perugia: «La disomogeneità è una ricchezza, tanto più in un ambiente come questo: ci si mette subito a proprio agio, non è come in uno studio o a scuola, sembra di stare fra amici, le confidenze vengono fuori più facilmente». Senza considerare, aggiunge la quarantenne Daniela Bonelli, «che al di là delle sedute a pagamento, ci sono pochissime occasioni per confrontarsi sulle dinamiche comportamentali». Tradotto significa: possibilità di incontrarsi e di capirsi. Allo psicopub la prima è garantita, la seconda forse. Daniela e Luigi proseguono la serata insieme, vanno a mangiare una pizza
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»
L'ASSOCIAZIONE CULTURALE
giovedì 18 marzo 2004
il Rigoletto di Marco Bellocchio
La Gazzetta di parma 18.3.04
LIRICA—La nuova produzione della Fondazione «Arturo Toscanini»
La «prima» di Bellocchio
A Piacenza firma il «Rigoletto» diretto da Neuhold
E' il debutto di Marco Bellocchio nella regia operistica: un "Rigoletto" della novità e della memoria, invero qualcosa di più - e di diverso - dal cronico tentativo di dar corpo all'ambiguo binomio "tradizione-innovazione" nell'opera lirica.
Un capolavoro verdiano dei più conosciuti viene plasmato, sul fronte rappresentativo, dall'intelligenza e dal sentimento di un grande regista di cinema: Bellocchio, infatti, proporrà un personale approccio al "Rigoletto" di Verdi, ricollocato negli anni '50 del Novecento ed emozionalmente inciso dal ricordo di un'infanzia piacentina fatta di borghesia e melodramma, di provincia e di nebbie, di terra e di fiume: in questo caso il Po, che lambisce la città emiliana come il Mincio abbraccia la Mantova di Rigoletto.
Lo spettacolo andrà in scena, a partire da domani, al Teatro Municipale di Piacenza, città natale di Bellocchio. Altre due recite sono in programma il 21 e il 23 marzo.
La scelta di "Rigoletto" è stata dello stesso Bellocchio, il quale, durante la conferenza stampa di ieri pomeriggio a Piacenza, ne ha così spiegata la ragione: «E' un'opera perfetta, equilibrata, e l'italiano di Piave può far ridere ma non è insopportabile. Poi il mio orecchio musicale si è formato su "Caro nome", su "Tutte le feste al tempio", che mia madre canticchiava a voce leggera».
Il regista di film come "Diavolo in corpo", "L'ora di religione" e "Buongiorno, notte" ha aggiunto: «Rigoletto mi ricorda anche la Piacenza della mia prima giovinezza, quella degli anni '50. Una città chiusa, provinciale, avvolta nella nebbia e in un clima politico teso, caratterizzato dalle grandi lotte tra comunisti e democristiani. Leggendo il libretto dell'opera, quelle atmosfere mi sono tornate presenti. Le ingiustizie e i soprusi dei ricchi di allora non sono lontani dal dramma di un poveraccio che diventa buffone per divertire i potenti e campare, la cui sola figlia viene sedotta e uccisa per il piacere di quegli stessi personaggi su cui credeva di trovare sostegno. Gettare un ponte tra la Piacenza della mia infanzia e quel mondo verdiano mi è stato naturale».
Questa produzione di "Rigoletto", realizzata dalla Fondazione Toscanini col teatro Alighieri di Ravenna, è stata affidata all'esperta direzione di Günter Neuhold (nell'ultimo biennio ha vinto due dischi d'oro dell'Awards Academy per la registrazione dei preludi sinfonici wagneriani e per la prima esecuzione mondiale della "Madama Butterfly" nella versione originaria), che salirà sul podio dell'Orchestra Arturo Toscanini dirigendo, oltre al Coro del Teatro Municipale di Piacenza guidato dal m° Corrado Casati, un cast di giovani cantanti, in testa al quale figura uno dei baritoni più affermati della nuova generazione, Alberto Gazale, che interpreterà il ruolo di Rigoletto.
Nei panni di Gilda si esibirà il soprano Gladys Rossi, in quelli del Duca di Mantova il tenore statunitense David Miller. Il basso Riccardo Zanellato darà voce al personaggio di Sparafucile e il mezzosoprano Rossana Rinaldi a quello di Maddalena. Le scene sono di Marco Dentici; le luci di Pasquale Mari; i costumi di Sergio Ballo.
Libertà 18.3.04
Lirica - Presentata ufficialmente ieri la messa in scena dell'opera verdiana del regista bobbiese
Quel “Rigoletto” sarà una sorpresa
Attesa per Bellocchio e il cast. Oggi Bussi in conferenza
di Gian Carlo Andreoli
Presentata ufficialmente la nuova produzione di “Rigoletto”, che sarà in scena domani (alle 20.30 - turno A), domenica (alle 15.30 - fuori abbonamento) e martedì 23 marzo (alle 20.30 - turnoB). E oggi alle 17, nel Ridotto del Municipale, il musicologo e critico musicale Francesco Bussi presenterà l'opera al pubblico.
Ieri l'assessore alla cultura Stefano Pareti ha ricordato la prima volta di “Rigoletto” al Municipale nel lontano 1853, due anni dopo il debutto dell'opera a Venezia, cogliendo la circostanza della prima volta di Marco Bellocchio, sollecitato a impegnarsi nell'opera lirica, dopo la collaborazione per la realizzazione del documentario “Addio del passato”. Con “ Rigoletto” il regista ha avuto modo di evocare persone e luoghi, momenti vissuti, emozioni formative.
«Sono un regista di cinema», ha confermato Bellocchio, «e mi sono accostato all'opera con la consapevolezza della prima volta, ma anche responsabile delle mie scelte. Ho scoperto una complessità e una ricchezza di elementi che mi hanno coinvolto sempre più. Ora che sono trascorse le settimane di prova, ha continuato il regista, a lavoro ultimato, mi piacerebbe ricominciare, sicuro di scoprire altro, sfumature , situazioni interessanti. A fare l'opera lirica ci sono due registi, uno di scena e il direttore d'orchestra. La fortuna è d'aver lavorato in perfetto accordo e la massima disponibilità di tutti».
Al momento della verifica della 3ª produzione, il sovrintendente Gianni Baratta ha tracciato un primo bilancio della nuova gestione e degli impegni presi con la città. Impegni a cui fa riscontro un crescente interesse del pubblico e della critica. Il 24 marzo prossimo, “Requiem”, prodotto dal Teatro Municipale, sarà a Budapest ad inaugurare il festival musicale, mentre “Rigoletto” debutterà a Ravenna.
Gianni Baratta ha inoltre annunciato prossima la presentazione di un progetto finalizzato per la scuola, per facilitare l'ingresso del pubblico giovane al teatro musicale. Al maestro Gunter Neuhold il compito di precisare l'operazione “Rigoletto” nelle soluzioni musicali. Citando altre esperienze con registi provenienti dal cinema, il maestro direttore ha confermato la perfetta intesa con Marco Bellocchio, a trovare un giusto rapporto fra scena e orchestra e voci.
«Le distanze acustiche sono compensate», ha confermato il maestro direttore, «il testo musicale è rispettato, gli acuti ci sono dove e quando debbono essere, la tradizione è mantenuta per ciò che avvantaggia lo spettacolo, restituendo verità al momento drammaturgico».
Chiamati a dire anche i protagonisti, Alberto Gazale, “Rigoletto”, molto interessato a questi apporti di esperienze diverse e sensibilità nuove per rinnovare lo spettacolo lirico; David Miller - Duca di Mantova -, giovane tenore statunitense, con esperienze di teatro musicale a Broadway, che ha ribadito l'importanza di sintonizzare la scena lirica con spettacoli di più largo consumo, come cinema e televisione. Interessante l'apporto dello scenografo Marco Dentici, che ha approntato un impianto scenico complesso, che va via via spogliandosi di elementi, fino alla scena finale conclusiva. Con Dentici, Pasquale Mari collabora con il regista Bellocchio, come datore luci nel cinema. Ricorda la prima esperienza in teatro di prosa, “Macbeth” a Roma. «La sala buia è il contenitore -, dice -, la luce va a scoprire, via via, lo spazio, i personaggi. “Rigoletto” è un dramma della notte, ideale al nostro modo di lavorare , lasciando sempre un margine di indefinito, suggerire più che mostrare».
Il lavoro di scena si completa con i costumi di Sergio Ballo che ha colto il senso del tempo nella caratterizzazione dei personaggi. Colpo di scena finale, come si conviene al miglior teatro, l'annuncio da parte del sovrintendente Gianni Baratta, di una prossima futura collaborazione con il regista Marco Bellocchio.
LIRICA—La nuova produzione della Fondazione «Arturo Toscanini»
La «prima» di Bellocchio
A Piacenza firma il «Rigoletto» diretto da Neuhold
E' il debutto di Marco Bellocchio nella regia operistica: un "Rigoletto" della novità e della memoria, invero qualcosa di più - e di diverso - dal cronico tentativo di dar corpo all'ambiguo binomio "tradizione-innovazione" nell'opera lirica.
Un capolavoro verdiano dei più conosciuti viene plasmato, sul fronte rappresentativo, dall'intelligenza e dal sentimento di un grande regista di cinema: Bellocchio, infatti, proporrà un personale approccio al "Rigoletto" di Verdi, ricollocato negli anni '50 del Novecento ed emozionalmente inciso dal ricordo di un'infanzia piacentina fatta di borghesia e melodramma, di provincia e di nebbie, di terra e di fiume: in questo caso il Po, che lambisce la città emiliana come il Mincio abbraccia la Mantova di Rigoletto.
Lo spettacolo andrà in scena, a partire da domani, al Teatro Municipale di Piacenza, città natale di Bellocchio. Altre due recite sono in programma il 21 e il 23 marzo.
La scelta di "Rigoletto" è stata dello stesso Bellocchio, il quale, durante la conferenza stampa di ieri pomeriggio a Piacenza, ne ha così spiegata la ragione: «E' un'opera perfetta, equilibrata, e l'italiano di Piave può far ridere ma non è insopportabile. Poi il mio orecchio musicale si è formato su "Caro nome", su "Tutte le feste al tempio", che mia madre canticchiava a voce leggera».
Il regista di film come "Diavolo in corpo", "L'ora di religione" e "Buongiorno, notte" ha aggiunto: «Rigoletto mi ricorda anche la Piacenza della mia prima giovinezza, quella degli anni '50. Una città chiusa, provinciale, avvolta nella nebbia e in un clima politico teso, caratterizzato dalle grandi lotte tra comunisti e democristiani. Leggendo il libretto dell'opera, quelle atmosfere mi sono tornate presenti. Le ingiustizie e i soprusi dei ricchi di allora non sono lontani dal dramma di un poveraccio che diventa buffone per divertire i potenti e campare, la cui sola figlia viene sedotta e uccisa per il piacere di quegli stessi personaggi su cui credeva di trovare sostegno. Gettare un ponte tra la Piacenza della mia infanzia e quel mondo verdiano mi è stato naturale».
Questa produzione di "Rigoletto", realizzata dalla Fondazione Toscanini col teatro Alighieri di Ravenna, è stata affidata all'esperta direzione di Günter Neuhold (nell'ultimo biennio ha vinto due dischi d'oro dell'Awards Academy per la registrazione dei preludi sinfonici wagneriani e per la prima esecuzione mondiale della "Madama Butterfly" nella versione originaria), che salirà sul podio dell'Orchestra Arturo Toscanini dirigendo, oltre al Coro del Teatro Municipale di Piacenza guidato dal m° Corrado Casati, un cast di giovani cantanti, in testa al quale figura uno dei baritoni più affermati della nuova generazione, Alberto Gazale, che interpreterà il ruolo di Rigoletto.
Nei panni di Gilda si esibirà il soprano Gladys Rossi, in quelli del Duca di Mantova il tenore statunitense David Miller. Il basso Riccardo Zanellato darà voce al personaggio di Sparafucile e il mezzosoprano Rossana Rinaldi a quello di Maddalena. Le scene sono di Marco Dentici; le luci di Pasquale Mari; i costumi di Sergio Ballo.
Libertà 18.3.04
Lirica - Presentata ufficialmente ieri la messa in scena dell'opera verdiana del regista bobbiese
Quel “Rigoletto” sarà una sorpresa
Attesa per Bellocchio e il cast. Oggi Bussi in conferenza
di Gian Carlo Andreoli
Presentata ufficialmente la nuova produzione di “Rigoletto”, che sarà in scena domani (alle 20.30 - turno A), domenica (alle 15.30 - fuori abbonamento) e martedì 23 marzo (alle 20.30 - turnoB). E oggi alle 17, nel Ridotto del Municipale, il musicologo e critico musicale Francesco Bussi presenterà l'opera al pubblico.
Ieri l'assessore alla cultura Stefano Pareti ha ricordato la prima volta di “Rigoletto” al Municipale nel lontano 1853, due anni dopo il debutto dell'opera a Venezia, cogliendo la circostanza della prima volta di Marco Bellocchio, sollecitato a impegnarsi nell'opera lirica, dopo la collaborazione per la realizzazione del documentario “Addio del passato”. Con “ Rigoletto” il regista ha avuto modo di evocare persone e luoghi, momenti vissuti, emozioni formative.
«Sono un regista di cinema», ha confermato Bellocchio, «e mi sono accostato all'opera con la consapevolezza della prima volta, ma anche responsabile delle mie scelte. Ho scoperto una complessità e una ricchezza di elementi che mi hanno coinvolto sempre più. Ora che sono trascorse le settimane di prova, ha continuato il regista, a lavoro ultimato, mi piacerebbe ricominciare, sicuro di scoprire altro, sfumature , situazioni interessanti. A fare l'opera lirica ci sono due registi, uno di scena e il direttore d'orchestra. La fortuna è d'aver lavorato in perfetto accordo e la massima disponibilità di tutti».
Al momento della verifica della 3ª produzione, il sovrintendente Gianni Baratta ha tracciato un primo bilancio della nuova gestione e degli impegni presi con la città. Impegni a cui fa riscontro un crescente interesse del pubblico e della critica. Il 24 marzo prossimo, “Requiem”, prodotto dal Teatro Municipale, sarà a Budapest ad inaugurare il festival musicale, mentre “Rigoletto” debutterà a Ravenna.
Gianni Baratta ha inoltre annunciato prossima la presentazione di un progetto finalizzato per la scuola, per facilitare l'ingresso del pubblico giovane al teatro musicale. Al maestro Gunter Neuhold il compito di precisare l'operazione “Rigoletto” nelle soluzioni musicali. Citando altre esperienze con registi provenienti dal cinema, il maestro direttore ha confermato la perfetta intesa con Marco Bellocchio, a trovare un giusto rapporto fra scena e orchestra e voci.
«Le distanze acustiche sono compensate», ha confermato il maestro direttore, «il testo musicale è rispettato, gli acuti ci sono dove e quando debbono essere, la tradizione è mantenuta per ciò che avvantaggia lo spettacolo, restituendo verità al momento drammaturgico».
Chiamati a dire anche i protagonisti, Alberto Gazale, “Rigoletto”, molto interessato a questi apporti di esperienze diverse e sensibilità nuove per rinnovare lo spettacolo lirico; David Miller - Duca di Mantova -, giovane tenore statunitense, con esperienze di teatro musicale a Broadway, che ha ribadito l'importanza di sintonizzare la scena lirica con spettacoli di più largo consumo, come cinema e televisione. Interessante l'apporto dello scenografo Marco Dentici, che ha approntato un impianto scenico complesso, che va via via spogliandosi di elementi, fino alla scena finale conclusiva. Con Dentici, Pasquale Mari collabora con il regista Bellocchio, come datore luci nel cinema. Ricorda la prima esperienza in teatro di prosa, “Macbeth” a Roma. «La sala buia è il contenitore -, dice -, la luce va a scoprire, via via, lo spazio, i personaggi. “Rigoletto” è un dramma della notte, ideale al nostro modo di lavorare , lasciando sempre un margine di indefinito, suggerire più che mostrare».
Il lavoro di scena si completa con i costumi di Sergio Ballo che ha colto il senso del tempo nella caratterizzazione dei personaggi. Colpo di scena finale, come si conviene al miglior teatro, l'annuncio da parte del sovrintendente Gianni Baratta, di una prossima futura collaborazione con il regista Marco Bellocchio.
Maya Sansa a Roma
una segnalazione di Francesca Testa e di Sergio Grom
Repubblica ed. di Roma 18.3.04
La Roma di Maya Sansa, la giovane attrice emersa con Bellocchio e Giordana
"La mia meglio gioventù? Nei vicoli di Trastevere"
È al liceo Virgilio che ho imparato ad amare il teatro, perché ci fu un supplente di lettere che iniziò a farci leggere Shakespeare
Qualche volta converso anche in un locale interno di piazza S. Maria in Trastevere. E lì intorno si può passeggiare bene
di RODOLFO DI GIAMMARCO
«Sono nata al Fatebenefratelli, sull´Isola Tiberina. La gioventù l´ho trascorsa con mia madre a Trastevere, prima in casa di mia nonna (che ricordo come casa più di qualunque altro luogo) e poi, tranne una parentesi a Bologna, in abitazioni di amici. Se ci penso, quegli esodi e quelle ospitalità tutte nell´area d´uno stesso quartiere dal volto così popolare mi danno l´idea d´aver vissuto in un villaggio. Un villaggio dove s´incontrano persone in continuazione, dove si va in bicicletta, dove il cielo di Roma ha un rapporto particolare coi palazzi, con le architetture che riflettono sempre in modo strano e intenso la luce. E per me quest´orizzonte s´estende fino alla zona di Via Giulia dove andavo a scuola, al Virgilio. Ci fu un breve periodo di insediamento a Greccio, in campagna, e poi un bel giorno, avrò avuto cinque anni, io e mia madre abbiamo messo piede in una casetta tutta per noi, 18 metri quadrati a San Saba, in Via Giovanni Miani. Sarà stata una sfortuna ma lì, all´epoca, la gente non era molto comunicativa, e mamma non trovò amici sinceri».
«La tappa seguente, quando compii 8 anni, fu una casa che ci comprò nonna: 45 metri a Via delle Mura Ardeatine con un grande terrazzo. Personalmente ci ho trascorso dieci anni, perché poi dai miei 18 ai miei 24 ho avuto per base Londra, dove ho studiato, mi sono formata. Finché un´occasione inaspettata, i provini e una scrittura offertami da Bellocchio nel '98, m´ha fatto tornare in Italia. Mantenendo ancora un piede in Inghilterra, sono andata su e giù, e da marzo del 2000 mi sono ritrasferita a Roma abitando per conto mio al Testaccio, a Monteverde Vecchio (bellissimo quartiere, una scoperta), in casa di amici miei al centro storico e finalmente a Via Monte del Gallo con la quiete di una strada lontana dal chiasso, col portone su una scalinata?».
È irrequieto e nomade, è saltuario e temperamentale, il rapporto di Maya Sansa con Roma. La pirandelliana Annetta de La balia di Bellocchio, la benzinaia lesbica di Benzina della Stambrini, l´isolana energica de La meglio gioventù di Giordana e la terrorista implicata nel sequestro di Moro in Buongiorno, notte ancora di Bellocchio è una donna di madre italiana e di padre iraniano (conosciuto a 15 anni), una cittadina del mondo dotata di fervore stoico, di sensitività raggiante. Una che ama l´ambiente dello spettacolo grazie a un´educazione teatrale ricevuta proprio nella nostra città. «Sì, è al liceo che ho imparato ad amare il teatro, perché ci fu un supplente di lettere che iniziò a farci leggere Shakespeare e Beckett. E io, appartenente a una generazione che aveva appreso molto da una tv ancora (altri tempi) basata su programmi culturali, avevo fin lì una bella curiosità per gli aspetti visivi dell´arte, una curiosità che s´orientò agli scenari e alla pratica d´un teatro messo in cantiere al posto dell´ora di religione. A 15 anni facevo quest´esperienza di pomeriggio al Virgilio, e s´andava da cose alternative all´Aminta del Tasso. Il passo successivo, a 17 anni, fu il laboratorio di Cristiano Censi e Isabella Del Bianco al Teatro dei Cocci, e lì tutti m´incoraggiarono».
Tanto che fece il grande salto, andò a studiare inglese a Cambridge e s´iscrisse alla Guildhall School of Music and Drama di Londra, dove il corso durava tre anni, e si misurò col Bardo, con Cechov, Ayckbourn, Pinter, sorprendendosi che dall´Italia (grazie all´amico Andrea Di Stefano che l´aveva segnalata al casting) la convocassero mentre stavano cercando il volto adatto per "La balia" di Bellocchio. Andò tutto bene. Saltò 11 settimane del corso londinese. Lavorò sul set di Frascati, a Villa Parisi. Scrupolosa, tornò poi a Londra a frequentare sino al termine l´accademia. E dal marzo 2000 ritornò ad essere romana.
«Mettendo Trastevere al primo posto, le emozioni maggiori me le danno i ponti, l´Isola Tiberina, o anche San Lorenzo, e per certi versi l´Aventino. Roma mi dà gioie e dolori. La conosco girando in motorino solo da tre anni. La riconosco come un luogo d´affezione, come il terreno dove affondano le mie radici. Anche se i miei principali cambiamenti sono avvenuti, per una questione d´età, a Londra». È un misto di passionalità di indole e di pacatezza di modi, Maya Sansa, da far supporre che la "sua" Roma sia poco traducibile in mappe, in svelamenti, in dichiarazioni d´appartenenza. E invece?
«Mi faccia riflettere. Dove vedo più volentieri gli altri? Forse al Bibli: ideale, quieto, accogliente. E lì intorno si può passeggiare bene. Qualche volta converso anche in un locale interno di Piazza Santa Maria in Trastevere. La cultura del mangiare? Non so, forse tradisco Roma. Vado matta per i cibi delicati, per il sushi a Via dei Serpenti, a Via degli Scipioni, e a Via Regina Margherita. Lo so che fa tendenza, ma io ci vado in tuta e scarpe da ginnastica. Mi spiace un po´ constatare che è una faccenda élitaria, che i prezzi non sono sempre accessibili a tutti. Ma ho avuto anche un legame con la tradizione gastronomica: andavo da Augusto a Piazza Renzi in Trastevere, e vado al Ditirambo e al Grappolo d´Oro a vicolo de´ Bovari. Dove vado a fare i miei acquisti? Al mercato sotto casa, che affaccia su Via della Cava Aurelia. Scelgo solo in due bancarelle, vado per simpatia, non guardo i prezzi. Ah, ho un debole: non posso fare a meno delle tisane e delle creme biologiche Neal´s Yard Remedies a Via della Reginetta (anche per fare due passi). Non ho l´ossessione del biologico ma ho gusti leggeri. E allora viva l´Albero del Pane a Via S. Maria del Pianto dalle parti di Via Arenula. Sono pigrissima per l´abbigliamento. Devo chiedere a tanti amici dove andare».
Ma si sente romana, Maya Sansa? «Temevo questa domanda. Ora vado e vengo da Parigi. Da un anno. E ho deciso col mio compagno francese di stare più lì (vicino Montmartre) che qui. Ma le potrei rispondere che adesso ho vissuto in Toscana per il film "Contro natura" di Alessandro Tofanelli dove ero una donna del bosco di San Rossore e riandrò in Toscana per essere una donna anni Trenta sempre proveniente da San Rossore in Una relazione di Carlo Mazzacurati». Eppure questa sensibile attrice col volto solcato da storie lontane ha un fatalismo anche romano, un´ironia anche romana, una smania anche romana.
Repubblica ed. di Roma 18.3.04
La Roma di Maya Sansa, la giovane attrice emersa con Bellocchio e Giordana
"La mia meglio gioventù? Nei vicoli di Trastevere"
È al liceo Virgilio che ho imparato ad amare il teatro, perché ci fu un supplente di lettere che iniziò a farci leggere Shakespeare
Qualche volta converso anche in un locale interno di piazza S. Maria in Trastevere. E lì intorno si può passeggiare bene
di RODOLFO DI GIAMMARCO
«Sono nata al Fatebenefratelli, sull´Isola Tiberina. La gioventù l´ho trascorsa con mia madre a Trastevere, prima in casa di mia nonna (che ricordo come casa più di qualunque altro luogo) e poi, tranne una parentesi a Bologna, in abitazioni di amici. Se ci penso, quegli esodi e quelle ospitalità tutte nell´area d´uno stesso quartiere dal volto così popolare mi danno l´idea d´aver vissuto in un villaggio. Un villaggio dove s´incontrano persone in continuazione, dove si va in bicicletta, dove il cielo di Roma ha un rapporto particolare coi palazzi, con le architetture che riflettono sempre in modo strano e intenso la luce. E per me quest´orizzonte s´estende fino alla zona di Via Giulia dove andavo a scuola, al Virgilio. Ci fu un breve periodo di insediamento a Greccio, in campagna, e poi un bel giorno, avrò avuto cinque anni, io e mia madre abbiamo messo piede in una casetta tutta per noi, 18 metri quadrati a San Saba, in Via Giovanni Miani. Sarà stata una sfortuna ma lì, all´epoca, la gente non era molto comunicativa, e mamma non trovò amici sinceri».
«La tappa seguente, quando compii 8 anni, fu una casa che ci comprò nonna: 45 metri a Via delle Mura Ardeatine con un grande terrazzo. Personalmente ci ho trascorso dieci anni, perché poi dai miei 18 ai miei 24 ho avuto per base Londra, dove ho studiato, mi sono formata. Finché un´occasione inaspettata, i provini e una scrittura offertami da Bellocchio nel '98, m´ha fatto tornare in Italia. Mantenendo ancora un piede in Inghilterra, sono andata su e giù, e da marzo del 2000 mi sono ritrasferita a Roma abitando per conto mio al Testaccio, a Monteverde Vecchio (bellissimo quartiere, una scoperta), in casa di amici miei al centro storico e finalmente a Via Monte del Gallo con la quiete di una strada lontana dal chiasso, col portone su una scalinata?».
È irrequieto e nomade, è saltuario e temperamentale, il rapporto di Maya Sansa con Roma. La pirandelliana Annetta de La balia di Bellocchio, la benzinaia lesbica di Benzina della Stambrini, l´isolana energica de La meglio gioventù di Giordana e la terrorista implicata nel sequestro di Moro in Buongiorno, notte ancora di Bellocchio è una donna di madre italiana e di padre iraniano (conosciuto a 15 anni), una cittadina del mondo dotata di fervore stoico, di sensitività raggiante. Una che ama l´ambiente dello spettacolo grazie a un´educazione teatrale ricevuta proprio nella nostra città. «Sì, è al liceo che ho imparato ad amare il teatro, perché ci fu un supplente di lettere che iniziò a farci leggere Shakespeare e Beckett. E io, appartenente a una generazione che aveva appreso molto da una tv ancora (altri tempi) basata su programmi culturali, avevo fin lì una bella curiosità per gli aspetti visivi dell´arte, una curiosità che s´orientò agli scenari e alla pratica d´un teatro messo in cantiere al posto dell´ora di religione. A 15 anni facevo quest´esperienza di pomeriggio al Virgilio, e s´andava da cose alternative all´Aminta del Tasso. Il passo successivo, a 17 anni, fu il laboratorio di Cristiano Censi e Isabella Del Bianco al Teatro dei Cocci, e lì tutti m´incoraggiarono».
Tanto che fece il grande salto, andò a studiare inglese a Cambridge e s´iscrisse alla Guildhall School of Music and Drama di Londra, dove il corso durava tre anni, e si misurò col Bardo, con Cechov, Ayckbourn, Pinter, sorprendendosi che dall´Italia (grazie all´amico Andrea Di Stefano che l´aveva segnalata al casting) la convocassero mentre stavano cercando il volto adatto per "La balia" di Bellocchio. Andò tutto bene. Saltò 11 settimane del corso londinese. Lavorò sul set di Frascati, a Villa Parisi. Scrupolosa, tornò poi a Londra a frequentare sino al termine l´accademia. E dal marzo 2000 ritornò ad essere romana.
«Mettendo Trastevere al primo posto, le emozioni maggiori me le danno i ponti, l´Isola Tiberina, o anche San Lorenzo, e per certi versi l´Aventino. Roma mi dà gioie e dolori. La conosco girando in motorino solo da tre anni. La riconosco come un luogo d´affezione, come il terreno dove affondano le mie radici. Anche se i miei principali cambiamenti sono avvenuti, per una questione d´età, a Londra». È un misto di passionalità di indole e di pacatezza di modi, Maya Sansa, da far supporre che la "sua" Roma sia poco traducibile in mappe, in svelamenti, in dichiarazioni d´appartenenza. E invece?
«Mi faccia riflettere. Dove vedo più volentieri gli altri? Forse al Bibli: ideale, quieto, accogliente. E lì intorno si può passeggiare bene. Qualche volta converso anche in un locale interno di Piazza Santa Maria in Trastevere. La cultura del mangiare? Non so, forse tradisco Roma. Vado matta per i cibi delicati, per il sushi a Via dei Serpenti, a Via degli Scipioni, e a Via Regina Margherita. Lo so che fa tendenza, ma io ci vado in tuta e scarpe da ginnastica. Mi spiace un po´ constatare che è una faccenda élitaria, che i prezzi non sono sempre accessibili a tutti. Ma ho avuto anche un legame con la tradizione gastronomica: andavo da Augusto a Piazza Renzi in Trastevere, e vado al Ditirambo e al Grappolo d´Oro a vicolo de´ Bovari. Dove vado a fare i miei acquisti? Al mercato sotto casa, che affaccia su Via della Cava Aurelia. Scelgo solo in due bancarelle, vado per simpatia, non guardo i prezzi. Ah, ho un debole: non posso fare a meno delle tisane e delle creme biologiche Neal´s Yard Remedies a Via della Reginetta (anche per fare due passi). Non ho l´ossessione del biologico ma ho gusti leggeri. E allora viva l´Albero del Pane a Via S. Maria del Pianto dalle parti di Via Arenula. Sono pigrissima per l´abbigliamento. Devo chiedere a tanti amici dove andare».
Ma si sente romana, Maya Sansa? «Temevo questa domanda. Ora vado e vengo da Parigi. Da un anno. E ho deciso col mio compagno francese di stare più lì (vicino Montmartre) che qui. Ma le potrei rispondere che adesso ho vissuto in Toscana per il film "Contro natura" di Alessandro Tofanelli dove ero una donna del bosco di San Rossore e riandrò in Toscana per essere una donna anni Trenta sempre proveniente da San Rossore in Una relazione di Carlo Mazzacurati». Eppure questa sensibile attrice col volto solcato da storie lontane ha un fatalismo anche romano, un´ironia anche romana, una smania anche romana.
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