sabato 25 marzo 2006

citato nella Lezione di Chieti di oggi

Repubblica 25.3.06
IL CASO
La sua firma apre l'appello pro-Rifondazione.
"Comunismo? Parola che si può superare, ma non è questo il problema"
Rossanda: voto Bertinotti e lo critico
"Ondeggia troppo. A noi anticapitalisti Marx serve ancora"
di Goffredo De Marchis

ROMA - «Del nome comunista non mi importa niente. I nomi possono essere una facciata, sono come le cambiali che non si riscuotono. A me interessa che l'anticapitalismo attivo resti all'ordine del giorno. Per questo non capisco certi discorsi, anche quelli di Bertinotti. Tipo il marxismo oltre Marx o la svolta delle svolte. Diciamo così: questa svolta non mi piace. E comunque io non la farò». In un appello al voto per Rifondazione comunista la firma di Rossana Rossanda è in cima alla lista insieme con Pietro Ingrao e Marcello Cini. Ma è anche sotto al richiamo della "camera di consultazione" di Alberto Asor Rosa che invita ad andare a votare il 9 aprile. A sinistra naturalmente, ma senza indicare quale simbolo, perché l'importante è votare, farsi sentire. «Mi preoccupa l'astensionismo, mi preoccupano i giovani che per la prima volta andranno alle urne. C'è una grande confusione e non è facile formarsi un'idea».
La fondatrice del Manifesto ormai da un anno si è trasferita in pianta stabile a Parigi. «Da qui osservo una brutta campagna elettorale, uno scontro continuo e non sui problemi veri. Anche in Francia c'è il conflitto, certo, ma su questioni di fondo. In Italia, sarà la distanza, ma vedo solo la rissa per la rissa». Rossanda è reduce dal successo clamoroso dell'autobiografia "La ragazza del secolo scorso" (Einaudi), da un tour di presentazioni che in molti casi si sono trasformate in bagni di folla. La sua scelta di sempre è per Rifondazione, da quando il Pci si è sciolto in tanti rivoli. Scelta che non contraddice la firma offerta ad Asor Rosa, anche se la "camera" avrebbe voluto una sinistra unita già a queste elezioni e il principale «no» è arrivato proprio da Bertinotti. «Su molti punti di principio non sono d'accordo con Fausto, mica è una novità. Però il rafforzamento di Rifondazione mi sembra essenziale, è un punto fermo per il dopo voto». Pessimista (o realista) sui giorni a seguire il 10 aprile. «Ci saranno dei problemi che si aprono nella coalizione, mi sembra naturale. E non voglio che si chiudano in un certo modo. È giusto non seguire il modello o si ottiene tutto o si rompe. Ma diventa necessario che Rifondazione rappresenti una parte abbastanza forte del Paese».
Del comunismo, inteso come nome, come marchio, davvero può fare a meno, persino al "suo" Manifesto dove sotto la testata, in piccolo, si affaccia la scritta "quotidiano comunista". «Decidano loro, non faccio il direttore. Sono a Parigi e non seguo le vicende interne del giornale. Ma ripeto: del titolo non mi importa niente, i simboli possono essere facciate dietro le quali succede di tutto. Non sono i cambi di nome che mi impressionano. Mi impressiona di più il frascheggiare intorno alle idee. È questo che non mi piace». Se non le interessano epocali svolte sui simboli, figuriamoci come l'appassionano gli organigrammi. «Non penso che Bertinotti diventerà presidente della Camera. A dir la verità, non so nemmeno se lo voglia». Le interessano le idee, le battaglie, l'«anticapitalismo». Che però nel programma di 280 pagine non c'è. Chi lo renderà «attivo»?

ricevuto da Alessio Ancillai, l'articolo seguente cita Massimo Fagioli:

La Stampa 25.3.06

SPETTACOLI
«IL CAIMANO» IL GIORNO DOPO. FA DISCUTERE LA BATTUTA IN CUI MORETTI ACCUSA LA TV COMMERCIALE DI AVER ROVINATO GLI ITALIANI
Berlusconi ci ha cambiato la testa?
E se invece fosse arrivato a cose fatte, quando la mutazione era già avvenuta?
Il regista: «Ho messo il paese allo specchio: è spezzato in due da troppi anni e pieno di macerie»
Jacopo Iacobon

AVREBBE dunque vinto trent’anni fa. «Ci ha cambiato la testa con le tv», il mondo come (cattiva) volontà e (soprattutto) Rappresentazione. In una frase del Caimano molto utilizzata oggi sui giornali, tra i quali quelli che avevano il problema di come trattare Moretti senza farsi sorprendere troppo antimorettiani, Nanni Moretti dice in auto a Silvio Orlando «basta, di Berlusconi si sa tutto, e poi comunque ha già vinto, ha vinto vent’anni fa, trent’anni fa, con le sue televisioni che ci hanno cambiato la testa». Ma è vero che è così, che ci ha cambiato lui, oppure è arrivato a cose fatte, quando la mutazione era già avvenuta, e Lui non ha fatto altro che assecondarla, interpretarla, togliendoci i sensi di colpa? Certo la frase «ci ha cambiato la testa» è pronunciata dal personaggio-Moretti, ma c’è anche un Berlusconi-Elio de Capitani che, passeggiando impettito in uno studio tv, dice al pubblico «voi aspettavate tutto questo da anni, e io ve l’ho dato».

Sono (almeno) due le tesi che convivono, e rendono il film più complesso. Ognuno può scegliere dove stare, e in effetti ieri in tanti si sono collocati lungo quell’ipotetico diagramma, sulle ascisse l’Italia che si televisivizza anche senza Berlusconi, sulle ordinate il Paese cui il Cavaliere ha mutato faccia. Giuliano Ferrara si è dichiarato pro-morettiano perché finalmente Nanni ha ammesso che «Berlusconi è il re della nostra epoca, e in trent’anni ci ha fatto sognare o vedere i sorci verdi». Ma già un politologo come Marc Lazar pensa che «Berlusconi sia un fenomeno troppo serio per ridurlo alla sua sola dimensione mediatica», come sembrerebbe fare la teoria del «ci ha cambiato con la tv». E infatti, anche nella destra italiana non tutti concordano. Dentro Forza Italia c’è chi ha ammesso «il film sarà istruttivo», come ha confidato sibillina Elisabetta Gardini, mentre un giornale come Libero a sorpresa ha quasi invocato una via giudiziaria quando s’è chiesto se Berlusconi «reagirà legalmente»...

La tesi di un’Italia berlusconizzata dalla tv, prima ancora che dalla politica del Cavaliere, è sembrata imbarazzante per la destra più pop e meno chic. «Come si fa a dire che gli insulti e le violenze vengono da noi? Il film Il Caimano l’abbiamo fatto noi?», ha domandato ieri Berlusconi, stizzito. Ma aveva davvero vinto lui già prima, oppure l’Italia stava andando “a prescindere” nella «sua» direzione? Michele Placido in un’altra frase-manifesto del film ghigna «ho fatto montare uno specchio gigantesco sul letto così ci guardiamo», l’Italia sul film e l’Italia nel film. E anche Nanni Moretti ha ripetuto di aver messo «allo specchio» gli spettatori. Vi si rimandano, riflesse, le immagini di un cambiamento profondo, anche se evidentemente il film non segue solo la tesi della «televisivizzazione dell’Italia». Gli indizi però sono tanti; e rivelatrice è la scena in cui Placido dice a una tipa al telefonino «levati le mutande, senza farti vedere dal tassista, anzi, FATTI VEDERE, FATTI VEDERE...», quindi si masturba voyeuristico.

Le tv commerciali, il farsi vedere, le chiappe, se ha vinto ha vinto con questo, il Caimano? Giuliano Montaldo è sintomatico quando sintetizza «Nanni fa film di impegno e non pensando a futuri passaggi televisivi», quasi confermando indirettamente l’assunto che sia la tv (prima di Berlusconi) ad averci cambiato. Francesco Rosi ha confidato ad amici «rivedo l’Italia di Le mani sulla città», Silvio non c’era, par di ricordare, allora. Moretti ieri ha anche provato a spiegarsi: «Il personaggio che dà il titolo al mio film alla fine lascia dietro di sé un paese spezzato in due da troppi anni: venti anni fa un elettore democristiano e un comunista comunicavano perché sentivano di avere alle loro spalle un patrimonio comune», ora non più. Però è come se tutto il film ampliasse la frase, e alimentasse il dubbio: è Silvio che ci ha cambiato o non ha fatto altro che capire prima (e sfruttare) quello che eravamo diventati già da tempo, senza che altri politici lo vedessero? Gli indizi di una nuova, post-pasoliniana «mutazione antropologica» morettiana sono confermati da tante voci. Il calcio, con Silvio Orlando che sbotta, «De Laurentis... ma va, quello da quando s’è comprato il Napoli parla solo di calcio».

L’onnipresenza dell’Italia alla Vanna Marchi, «un bel pezzo di storia del cinema, il mio teatro di posa, dove oggi facciamo le televendite...». La solitudine dei post-italiani: «Signorina - implora il produttore alla segretaria - mi passi tutte le telefonate, anche gli sconosciuti. VOGLIO ESSERE DISTURBATO», giacché meglio è essere molestati, dunque esserci, che vivere condannati nell’ombra. Un’Italia voltagabbana in politica, «io l’ho votato pure, a Berlusconi!», dice il protagonista; «e pure io», dice la sua segretaria, quasi che anche i suoi critici ne fossero stati, ignari, permeati, magari prima di arrivare a odiarlo. Si può anche dire, come Fausto Bertinotti, che il «dibattito è da manicomio», ma sa un po’ di rimozione. Oppure sostenere come lo psichiatra rifondarolo Massimo Fagioli che il film è «costitutivamente equivoco, su Berlusconi». Resta l’ipotesi che Nanni vero caimano si sia voluto smarcare, lasciando vivere nel film Silvio Orlando che dice «non fissiamoci su questa figura di Berlusconi, Berlusconi, Berlusconi... non c’è solo lui.. è un film sul potere, su come siamo diventati, sull’Italia degli ultimi trent’anni», e il Caimano che scende dall’elicottero per inaugurare Milano due, ma le majorettes ad attenderlo, a quel punto, ci sono già. E siamo tutti pronti per farci tele-guidare.
una segnalazione di Sonia Marzetti:

http://213.215.144.81/public_html/articolo_index_23222.html

giovedì 24.3.06
All'interno di una ampia pagina su dagospia.com a proposito della uscita nelle sale del nuovo film di Nanni Moretti Il Caimano sono stati pubblicati i seguenti tre lanci Agi, con le opinioni di Massimo Fagioli, di Valerio Caprara e di Fausto Bertinotti


«(...)

5 - FAGIOLI, LO PSICHIATRA DI “LEFT”: BANALE ED EQUIVOCO CONTRO O PRO BELUSCONI?
(Agi) - Un film banale, di una totale piattezza emotiva, senza un minimo di pathos e per di piu' molto equivoco: e' una denuncia contro Berlusconi o un comizio pro Berlusconi? A parlare e' lo psichiatra Massimo Fagioli al quale il nuovo film di Nanni Moretti 'Il Caimano' non e' piaciuto affatto. "Non c'e' nulla da salvare: e' un banale racconto del quotidiano, una coppia in crisi, su cui Moretti tenta di mettere su un po' di dramma ma non gli riesce - aggiunge Fagioli - Non c'e' il pathos che movimenta, che suscita l'emotivita': un po' ridicolo, non fa piangere affatto, anzi".

A Fagioli Moretti non e' mai piaciuto, anzi si', lo defini' geniale in 'La Stanza del figlio' per aver ben rappresentato il vuoto della psicanalisi freudiana: nessuna interpretazione dei sogni, nessuna cura, la totale 'assenza di pensiero'. "Non lo stimo Moretti", aggiunge lo psichiatria per il modo di girare, di far immagini, o meglio di non far immagini: quella di Moretti - per Fagioli - e' pura fotografia. Insomma, nessuna delusione. "Racconta banalmente - osserva Fagioli - la quotidianita' senza pathos, coinvolgimento emotivo: fa, appunto, fotografia". Un brutto film, dunque, e per di piu' equivoco.

"E' una denuncia contro Berlusconi o e' un comizio pro Berlusconi? Che storia e' l'elenco, la propaganda delle opere fatte da Berlusconi? - si chiede Fagioli - E il popolo che si solleva a favore di Berlusconi? E' un linguaggio equivoco per cui ognuno lo interpreta come gli pare". No, non puo' esser cosi'. Linguaggio equivoco e' anche quello di "una certa zona della sinistra, come i girotondini", afferma Fagioli. Gli intellettuali come Flores d'Arcais, 'Pancho' Pardi, Marco Travaglio. "Il Caimano mi ha lasciato molto, molto perplesso", conclude lo psichiatra dell'Analisi Collettiva, di certo non deluso.

6 - CAPRARA, IL PROF DI CINEMA: PIU' BERLUSCONIANO DI BERLUSCONI…
(Agi) - L'incarnazione finale con il Cavaliere e' nobilitante, grandiosa, quasi a dire attenzione solo Io posso tener testa al Cavaliere Nero: insomma un film piu' berlusconiano di Berlusconi. A parlare il critico e docente di Storia e Critica del Cinema all'Universita' 'l'Orientale' di Napoli, Valerio Caprara secondo il quale "Moretti poteva risparmiarsi la storia sentimentale in quanto tutto il gossip romano-centrico ci aveva gia' informato da tempo: lo sapevamo gia'". Non solo, ma "vanno licenziati cacciati gli sceneggiatori - nota - che hanno tentato di amalgamare 6,7,8 film in uno".

Quindi, "Moretti non doveva irridere uno dei piu' grandi registi italiani - aggiunge Caprara - Dino Risi". Per cui "quando si arriva all'impatto su, di, per Berlusconi ormai si e' stanchi, esausti - prosegue Caprara - e provati: qualcosa pero' ho apprezzato. Il giudice freddo e scostante come l'incarnazione finale con Berlusconi: e' nobilitante e grandiosa". Il 'botto' finale dunque. "E' come se Moretti dicesse: al Cavaliere Nero Io e solo Io posso tener testa: piu' berlusconiano di Berlusconi", chiosa Caprara.

A quale genere puo' appartenere questo film? "A nessun genere – risponde Caprara - e' morettiano: dice o filma una cosa poi, da bastian contrario quale e', nel fotogramma seguente lo confuta e lo nega. E' per questo che non puo' ascriversi a nessun genere". Neanche al film d'autore? "No, neanche per idea - avverte Caprara - Fare immagini e' un'arte, un'inventiva anche quando si vuol descrivere la realta', la quotidianita': Moretti non inventa mai nulla, chi inventava era il grande Toto'".

(...)

9 - BERTINOTTI, UNA DISCUSSIONE MANICOMIALE
(AGI) - A Fausto Bertinotti la discussione che ha investito la politica italiana in merito all'ultimo film di Nanni Moretti, sembra assolutamente "manicomiale" e con ironia ribadisce che a prescindere dal giudizio sulla pellicola il suo voto andra' a Rifondazione Comunista. "Questa e' una discussione manicomiale - afferma il leader di Rifondazione - l'unica cosa sicura e' che per discutere un film bisogna vederlo, per esempio bisogna vedere 'la corazzata Potemkin' per dire che e' 'una boiata', io non partecipo alla discussione. Un film ne' danneggia, ne' favorisce - conclude - a questa propensione manicomiale che sembra investire la politica italiana recito semplicemente la formula 'siccome e' un film importante per la cinematografia italiana sicuramente lo andro' a vedere come altri, me ne faro' un giudizio e non cambiero' la decisione di votare Rifondazione Comunista quale che sia il giudizio sul film". (...)»
a proposito del Palazzetto Bianco di Massimo Fagioli e Paola Rossi:

l'articolo di Franco Purini uscito su Paesaggi Urbani e già segnalato può adesso essere scaricato da chiunque lo voglia collegandosi al forum di Claudio Corvino, al seguente indirizzo:
http://www.freeforumzone.com/viewmessaggi.aspx?f=17453&idd=3813