sabato 26 agosto 2006

una lettera apparsa ieri su "Liberazione", alla quale "risponde" oggi, sullo stesso quotidiano, la nota Giusy Gabriele:

Liberazione Lettere venerdì 25.8.06

Legge 180. Possiamo discuterne guardando avanti?

Caro direttore, nuovamente oggi su “Liberazione” si riaccende la polemica sull’eventuale riforma della 180… Ma perché discutere di questa legge deve sempre assumere un significato revisionistico di ritorno al manicomio e mai un andare oltre la realtà attuale alla ricerca di idee, soluzioni organizzative e terapie più efficaci per i nostri pazienti e magari anche più risorse? Concordiamo con l’impossibilità di tornare al manicomio, non solo per la disumanità che esso rappresentava ma perché si sono sviluppati in questi decenni tali e tante di quelle esperienze sul territorio che una prospettiva di ritorno alla segregazione manicomiale appare oggi assolutamente inimmaginabile. Ma questa strana e assurda paura di un eventuale discussione su queste tematiche assomiglia molto alle reazioni così risentite che si evidenziano quando si toccano argomenti religiosi quasi che fosse messo in discussione un dogma della fede. Tale atteggiamento sta impedendoci una riflessione seria su quello che realmente dobbiamo trasformare oggi nella salute mentale pubblica. Ricordando che Ia legge fondamentalmente regolamentava il trattamento sanitario obbligatorio, garantendo al malato i suoi diritti costituzionali, vietando il ricovero nel manicomio e consentendolo presso reparti ospedalieri. Sottolineamo: a) che essa prevedeva il passaggio della salute mentale alle regioni in previsione della riforma sanitaria, riforma veramente democratica che non è mai stata difesa appieno dalla sinistra; b) che precedentemente, c’era stata la legge Mariotti del 1968 che aveva permesso quelle esperienze di cura e assistenza territoriali senza le quali non ci sarebbe stata la legge Basaglia. Ma sono passati quasi trent’anni dalla legge Basaglia, sono accadute moltissime cose, spesso positive per i nostri pazienti. Possiamo pensare di guardare avanti per realizzarne ancora? Confrontiamoci a sinistra, forse anche aspramente, litigando se necessario, per questo equivoco concetto del “prendersi cura” che assume i contenuti di una buona assistenza, molto evangelica, ma che non si assume la responsabilità della cura e della guarigione, generando nuova cronicità. Soprattutto dobbiamo riuscire a comprendere che fare psichiatria in senso trasformativo significa soprattutto fare psicoterapia. L’altra psichiatria, quella organicista dell’incurabilità e quella votata all’assistenza alla cronicità, è quella che lascia il malato al suo destino. In fin dei conti tutto ciò non è forse l’assunto teorico della conservazione e della destra?

Mariopaolo Dario psichiatra psicoterapeuta Dsm Asl Rm/D
Giovanni Del Missier psichiatra psicoterapeuta
Andrea Piazzi psichiatra psicoterapeuta Dsm Asl Rm/G
Ester Stocco psichiatra psicoterapeuta Dsm Asl Rm/D
Luana Testa psichiatra psicoterapeuta Dsm Asl Rm/D


Liberazione Lettere 26 agosto 2006
Legge 180. Dibattere su follia e normalità
di
Giuseppina Gabriele Direttore Generale Asl Roma D
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