giovedì 3 marzo 2005

Citato al Lunedì
MASSIMO FAGIOLI
SULL'OMOSESSUALITÀ
un anno fa

Il Venerdì di Repubblica 20.2.2004
CASI DIVERSI
I DESTINI INCROCIATI DI DUE RIVENDITE

A Napoli i libri gay sono nei guai, a Roma spopola Freud omosex
di a.co.

[l'articolo è corredato da una foto di Massimo Fagioli, una di Freud, una della copertina di "La Sindrome di Eloisa" (Nutrimenti, pp.160, euro 14), e da un paio d'altre. Ndr]

PER VEDERE L'IMMAGINE ORIGINALE DELL'ARTICOLO
- GRAZIE A MAWIVIDEO.IT -

clicca su questo indirizzo:
http://www.mawivideo.it/immagini/max.jpg


«Si sa, per le piccole librerie non è un periodo d'oro. Se poi la libreria, oltre a essere piccola è anche gay, anzi «l'unica libreria a tematica gay e lesbica del Meridione» i guai crescono. Così la Mercurio di Napoli ha rischiato di chiudere, il 15 gennaio scorso. Il libraio Michele Esposito, che l'ha aperta nel 2001, non riusciva più a tirare avanti. Pochi giorni prima del 15 perù, un cliente ha diffuso un appello su Internet da cui è nata una sottoscrizione: la libreria è salva, almeno per due mesi. A Roma intanto, una libreria che gay non è punta molto, in vetrina, su un testo, La sindrome di Eloisa di Gianna Serra, in cui ci si diffonde sugli scambi epistolari «passionali e conturbanti» di Freud con Wilhelm Fliess e Romain Rolland. Perché tanto interesse? Forse perché la libreria, Amore e Psiche, è nell'orbita dello psichiatra Massimo Fagioli, che non ha ancora deciso se prendersela di più con Freud, già definito «vecchio sadico imbecille» o con l'omosessualità, bollata come «annullamento» e considerata «legata alla pulsione di morte». Pensate che soddisfazione avere le prove che Freud era gay...»


INTERVISTA A MASSIMO FAGIOLI
di Paolo Izzo
Agezia Radicale 22.2.04


Massimo Fagioli: Omosessualità. Tra libertà sociale e ricerca psichiatrica
intervista di Paolo Izzo
Agenzia Radicale News del 22-02-2004


Secondo il Venerdì di Repubblica (20/02/04), lo psichiatra Massimo Fagioli – cito testualmente – «non ha ancora deciso se prendersela di più con Freud, già definito “vecchio sadico imbecille” o con l’omosessualità, bollata come “annullamento” e considerata “legata alla pulsione di morte”». Il pretesto per la provocazione è un libro di Gianna Sarra, intitolato “La sindrome di Eloisa” (Nutrimenti, pp. 160), sugli amori epistolari di scrittrici e scrittori. Il saggio della Sarra in effetti rivela che Sigmund Freud era omosessuale, pubblicando le sue lettere erotiche all’amico e collega Wilhelm Fliess e allo scrittore Romain Rolland.
Abbiamo intervistato Massimo Fagioli, per chiarire il suo punto di vista sull’intera vicenda.

Allora professor Fagioli, ha letto il Venerdì?

«Comincerei con una affermazione da Costituzione francese: nella società non esistono né eterosessuali né omosessuali. Ai limiti, non esistono né donne né uomini. Nella società esistono cittadini. E il cittadino è quello che rispetta le leggi ed ha possibilità razionali di comportamento. Se queste vengono a mancare, il cittadino cade nella criminalità o nella malattia. E allora in quel momento egli è sospeso: perché ovviamente se sta male, si è rotto le gambe, non può fare l’atleta, non può nemmeno andare al lavoro e quindi va curato. Quando riprende il funzionamento del corpo o anche della mente, nella misura in cui è caduto nella malattia mentale, ritorna in società.»

Nell’articolo si diceva che lei ce l’avrebbe con gli omosessuali…

«Un momento. Quello che ho appena detto riguarda l’omosessualità come libertà sociale. D’altronde, da psichiatra devo studiare l’omosessualità… Non aggredisco gli omosessuali, perché ai limiti io non so se le persone che incontro per strada o che stanno in ufficio e che incontro per ragioni di lavoro sono omosessuali o non omosessuali. Non solo non lo so, ma non me ne importa assolutamente niente. Quello è un fatto privato!»

Qualcosa che avviene al di fuori dello studio medico…

«È nella società. E io non mi permetterei mai di dire che qualcuno è omosessuale o no: quello è un libero cittadino, nella misura in cui passa col verde, nella misura in cui è gentile, nella misura in cui rispetta le regole sociali, nessuno ha il diritto di dire ‘quello è un omosessuale’, sarebbe una cafonata e un’aggressione… C’è la querela per violazione della privacy. Uno è liberissimo di fare quello che gli pare! E se questa faccenda va a finire nello studio psichiatrico, ugualmente è un fatto privato. Come dimostra la storia di quella donna che è stata liberissima di non andare dal medico e morire per cancrena alla gamba. E nessuno può intervenire…»

Tranne che nella ricerca scientifica…

«Se a livello culturale uno vuole discutere, fare ricerca scientifica, allora è un altro discorso: allora si fa un convegno e si studia che cos’è l’omosessualità, perché l’omosessualità, come viene l’omosessualità… Il discorso diventa lunghissimo perché non è soltanto una questione psicopatologica personale, privata, ma è una storia culturale generale. Di cui ci siamo ampiamente occupati, cioè ancora molto poco, perché dovremmo occuparcene molto di più… Parte dalle religioni, parte dalla Ragione, dal logos occidentale…»

Che è uno dei tanti argomenti dei suoi Incontri di ricerca psichiatrica all’Aula magna della Sapienza…

«Sì, preparando il prossimo incontro del 28 febbraio, con Francesca Fagioli si rileggeva un passo della Repubblica di Platone, in cui dice esplicitamente che le donne non esistono, che le donne non sono esseri umani! Quindi la Ragione, il logos occidentale sono basati sull’omosessualità! Da 2500 anni. Poi tutti dicono che sono razionali, tutti dicono che l’identità umana è Ragione ma nessuno dice che questo significa che l’identità umana è omosessuale…»

Un’omosessualità latente, dunque.

«Ecco. C’è questa grande distinzione per cui quella minoranza di omosessuali espliciti, dichiarati, che hanno deciso, rappresenta il problema meno importante. Se invece io scopro che non è affatto vero che esiste una pulsione omosessuale originaria come diceva Freud; se scopro, come ho scoperto, la pulsione di annullamento, la negazione, la bramosia, il desiderio… posso dire che non è affatto come diceva Freud. E soprattutto posso affermare che il desiderio riguarda soltanto il rapporto eterosessuale! Dall’altra parte non c’è desiderio, non esiste, è una negazione… Per il resto se io preferisco passare le vacanze con una bella donna invece che con un uomo, me la lasci questa libertà? E quindi se lui vuole passarle con un uomo, con Romain Rolland o con Fliess, ci vada. Ma poi non può affermare che c’è una pulsione omosessuale originaria in tutti gli esseri umani!»

Sin dal ’71, con “Istinto di morte e conoscenza”, lei si batte contro queste teorie…

«Sin dal ’71 e anche prima. Lì c’è un altro problema più grosso, con la psichiatria o meglio ancora non con la psichiatria, perché la psichiatria qui non c’entra, ma con questa cosiddetta truffa storica della psicanalisi. Perché l’hanno tenuto nascosto per cento anni che Freud era un omosessuale? Questo Foucault lo diceva esplicitamente, ai limiti l’ha confessato anche Thomas Mann. L’ha confessato Armani… Perché la società di psicanalisi ha organizzato tutta una truffa storica per tenerlo nascosto? Per cui uno non poteva scegliere e diceva ‘vado a fare lo psicanalista’. Perché? ‘Perché lì sono eterosessuali, no?’. Invece non era vero… Perché non dire: no, la società di psicanalisi è una società omosessuale, se uno ci vuole andare ci va. Come c’è stato quel famoso articolo di Ammaniti, mi pare il 20 agosto 2000 o ’99, in cui affermava che i migliori analisti erano gli omosessuali. Perché? Allora, ditelo. Così ogni cittadino è libero di scegliere e, soprattutto, ogni studente, ogni ragazzo che non ha idee chiare in proposito… E voi lo imbrogliate in questa maniera? Ecco il punto.»

E magari dicono: siamo tutti omosessuali. Invece con la sua teoria dell’immagine interna…

«Quello è un altro discorso ancora. Troppo complicato. Come si fa a dire tutto? Si devono fare dei capitoli… Perché? Perché appunto il discorso dell’immagine interiore è fondamentale. Non ce l’hanno. Hanno soltanto la figura esterna, per cui magari diventano grandi stilisti, ma il rapporto con l’interno delle donne, quello non esiste…
Insomma, massimo rispetto per tutti. Ai limiti, nella misura in cui gli omosessuali rivendicano i diritti civili, io vado con loro a fare la manifestazione. Se però vengono nel mio studio privato, dicendo: io sto male… Rispondo: amico mio, tu questa omosessualità la devi affrontare, perché l’omosessualità non fa star bene. Perché non è un’identità. Chiaro?»

Chiarissimo.
___________________________________

Citato al Lunedì
il Logos occidentale:
non tanto omosessualità, quanto propriamente pederastia

una segnalazione di Paolo Izzo
l'articolo delk 17.4.2005, su Repubblica
INTERVISTA A GIOVANNI REALE CHE DOMANI A ROMA PARLA DEL "SIMPOSIO"

L'ENIGMA DELL'AMORE SECONDO PLATONE
si ama e si desidera ciò che ci manca
eros e sapienza vanno congiunte
GIANCARLO BOSETTI

Al teatro Palladium dell'Università di Roma Tre, in collaborazione con la rivista Reset, inizia domani alle 19 il ciclo «Momenti d'oro della storia del pensiero», con Giovanni Reale che parla del Simposio di Platone (...). La conversazione che segue introduce alcuni temi del dibattito.
Diceva Werner Jaeger, il grande grecista tedesco, che nessuna parola umana e nessuna analisi critica possono rendere giustizia alla suprema perfezione artistica del Simposio. Ma questo non ha mai spaventato Giovanni Reale che su quelle pagine di Platone è tornato tante volte nella sua vita, traducendole, commentandole, portandole in teatro, disseminando per ogni genere di collezione, tascabile o accademica, i suoi saggi e le sue annotazioni alle parole del filosofo L'amore è un enigma per tutti i mortali, ma nel Simposio, bestseller più che bimillenario (fu scritto in un anno imprecisato intorno al 370 a.C.), l'enigma diventa un labirinto giocoso di enigmi, popolato di maschere, di messaggi cifrati, di allusioni, di scambi di ruolo, di teorie false presentate per vere e di vere camuffate da false. Con l'aiuto di Reale vediamo di sciogliere una manciata di enigmi e di togliere la maschera a qualcuno dei personaggi. Chi voglia fare una visita completa dovrà andarlo a sentire in teatro oppure leggere il suo
Eros dèmone mediatore (Rizzoli), dove ognuno dei personaggi del banchetto viene smascherato nella sua funzione scenica, poetica e filosofica.
Togliamo una prima maschera, Reale, quella di Pausania, il politico che distingue tra Afrodite celeste e Afrodite terrestre, amore nobile e amore volgare, amore per gli uomini e per le donne.
«È il retore sofista alla moda, colui che spiega le regole della Atene-bene per l'amore
comme il faut, formula per esteso il bon ton del corteggiamento, teorizza l'amore pederastico, che è alla base della cultura ateniese dell'epoca, quasi come una legge dello scambio: i favori della bellezza contro la sapienza e la virtù; il giovane conceda i suoi favori per diventare migliore. Ma gli risponderà alla fine del dialogo la scena d'amore (non consumato) tra Socrate e Alcibiade. Il secondo, bellissimo, voleva. Il primo, sapiente e bruttissimo, no, si nega, e spiega: "Caro Alcibiade, se credevi di scambiare la bellezza straordinaria che vedi in me con la tua avvenenza fisica, tu pensavi di trarre vantaggio ai miei danni. In cambio dell'apparenza del bello, tu cerchi di guadagnarti la verità del bello, e veramente pensi di scambiare armi d'oro con armi di bronzo"».
Le tesi di Pausania sono dunque ben presentate ma non accolte da Platone.
«Per Platone Eros e sapienza vanno congiunte ma in un modo differente. Pausania vuol mediare cose non mediabili in quel modo, perché l'Eros sessuale è solo il primo gradino della scala d'amore; l'Eros filosofico va molto più in alto fino a congiungersi con il Bello assoluto».
E sciogliamo adesso un enigma. Perché Socrate arriva in ritardo al banchetto al punto che devono cominciare senza di lui?
«Socrate si ferma fuori della casa di Agatone perché riceve una ispirazione divina; arriverà a metà della cena, così come il suo discorso arriverà a metà delle pagine del Simposio. E l'ispirazione era indispensabile - andava rimarcata con il ritardo - perché in questo modo non è lui a confutare direttamente gli altri, distruggendone le idee. Potrà fingere di essere stato confutato lui stesso dalle idee che ha ricevuto attraverso l'ispirazione. Un contrasto così forte sarebbe stato dissacratore della sacralità del simposio, avrebbe introdotto una dialettica distruttiva, mentre il simposio deve essere una sinfonia».
Questo è più Platone che Socrate.
«È infatti un Socrate ricreato; quello vero invece si faceva anche picchiare, per come era a volte urtante, ma Platone vuole che il simposio sia armonioso e che le sue idee passino attraverso mezzi poetici e delicati. E dunque impone a Socrate una doppia maschera».
Perché doppia? Che cosa deve rappresentare Socrate?
«Socrate finge di fare sue le posizioni di Agatone, il poeta tragico, padrone di casa, reduce da una grande trionfo teatrale che il simposio ha appunto lo scopo di festeggiare. Il discorso di Agatone è purissima musica di parole, Eros è il più bello, il più felice, il più buono degli dèi, e reca una infinità di doni agli uomini, è una guida bellissima e bravissima che tutti devono seguire. Quando poi prenderà la parola Socrate, raccontando il suo incontro con la sacerdotessa Diotima di Mantinea, il gioco teatrale delle maschere farà sì che questa gli parli come se lui fosse Agatone. Ma lui a sua volta si rivolge ad Agatone come se fosse Diotima, mettendosi dunque questa seconda maschera. Per far passare, e trionfare, il suo celebre discorso (quello di Diotima) finge di essere stato confutato, si finge ambasciatore delle confutazioni».
E il rovesciamento delle tesi di Agatone (come degli altri che spiegano quel che «l'amore non è») lascia il posto al celebre discorso di Socrate-Diotima su quello che «l'amore è».
«Con la confutazione di Agatone, presentata come il discorso di una veggente, si entra in un clima nuovo, si apre il sipario alla presentazione della Verità, veniamo iniziati ai misteri dell'amore, facciamo la conoscenza di Eros come dèmone mediatore, come quello che connette le cose e rende unitario l'essere. Non la bellezza ma la mancanza della bellezza, perché si ama e si desidera ciò che ci manca. Ed è un mito a spiegare la natura di Eros, figlio di Penia e di Poros, della povertà e dell'astuzia, un figlio "ruvido e irsuto e scalzo e senza asilo, che si sdraia sempre per terra, senza coperte, dorme a cielo scoperto davanti alle porte e sulle strade" per parte di madre; e "mirabile cacciatore, che intreccia sempre astuzie" per parte di padre».

Canada:
interventi drastici contro la depressione...

una segnalazione di Francesco Borgese

tiscali.it Ansa 3.3.05
Depressione: elettrodi nel cervello
Dagli scienziati canadesi nuove frontiere contro la malattia (ANSA)


WASHINGTON, 3 MAR - Impiantare elettrodi nel cervello dei pazienti depressi e' la nuova terapia proposta dagli scienziati canadesi. La procedura, sperimentata dal professore di neurochirurgia Andres Lozano, consiste in una 'stimolazione continua del cervello che va ad interferire con l'attività di un'area cerebrale ritenuta cruciale nello sviluppo della depressione'. La stimolazione innesca degli effetti che bloccano la 'regione cingolare subgeneal' da cui si innesca la depressione'. © Ansa

Giuliana e Florence

una segnalazione di Paolo Izzo

Repubblica 3.3.05
L´AMACA
MICHELE SERRA


Le immagini dolenti e soggiogate di Giuliana Sgrena e Florence Aubenas infliggono al nostro sguardo un messaggio particolarmente insopportabile, di punizione maschile nei confronti di due donne libere e inermi che la prigionia mortifica, sciupa, calpesta.
Durante il loro sequestro in Supramonte, Fabrizio De André pensò, e poi scrisse, parole eccelse sulla femminilità sacrificata della sua donna Dori Ghezzi, parole d´amore semplici e indimenticabili: riascoltate "Hotel Supramonte"? Qualche parola d´amore vorremmo saper rivolgere a Giuliana e Florence, qualcosa che superi la vacuità della galanteria e arrivi al cuore della libertà loro e nostra. Perché sentiamo, profondamente sentiamo, che il rispetto per le donne sole e autonome, intelligenti e coraggiose, è davvero uno dei pochi veri cardini della nostra lenta, faticosa civilizzazione. Si diceva una volta che donne e bambini vanno sempre protetti e risparmiati perché deboli, perché non soldati, perché morbido contenitore della vita. Grazie a Giuliana e Florence possiamo e dobbiamo aggiungere che è per la loro forza di donne, non per la loro debolezza di donne, che siamo in trepidazione. Perché è la loro forza, non la loro debolezza, l´oggetto della violenza dei rapitori. Forza amiche nostre, vi pensiamo, vi vogliamo a casa.