mercoledì 26 gennaio 2005

citato al Lunedì
chi volesse riceverne la versione integrale in PDF
può richiederla per e.mail

ringraziando Fabio Virgili e Annalina Ferrante
e, per il testo integrale dell'articolo che si può richiedere con una e-mail, Maria Letizia Riccio

Lo sviluppo della retina nel feto, l'articolo del 2000

«Questo è un riassunto dell'articolo apparso su Journal Neuropathology and Experimental Neurology che tratta dello sviluppo della retina nel feto di cui si è parlato ai seminari. Ringrazio Fabio Virgili per averlo messo a disposizione».

Annalina Ferrante

l'home page della rivista citata può essere raggiunta cliccando QUI

1: J Neuropathol Exp Neurol. 2000 May;59(5):385-92.Development of connections in the human visual system during fetal mid-gestation:
a DiI-tracing study.
Hevner RF.


Department of Psychiatry, Langley Porter Psychiatric Institute, University of California San Francisco, 94143-0984, USA.

Animal studies have shown that connections between the retina, lateral geniculate nucleus (LGN), and visual cortex begin to develop prenatally. To study the development of these connections in humans, regions of fixed brain from fetuses of 20-22 gestational weeks (GW) were injected with the fluorescent tracer DiI. Placement of DiI in the optic nerve or tract labeled retinogeniculate projections. In the LGN, these projections were already segregated into eye-specific layers by 20 GW. Retinogeniculate segregation thus preceded cellular lamination of the LGN, which did not commence until 22 GW. Thalamocortical axons, labeled from DiI injections into the optic radiations, densely innervated the subplate, but did not significantly innervate the cortical plate. This pattern was consistent with observations of a "waiting period" in animals, when thalamocortical axons synapse in the subplate for days or weeks before entering the cortical plate. Cortical efferent neurons (labeled retrogradely from the optic radiations) were located in the subplate and deeplayers of the cortical plate. In summary, human visual connections are partially formed by mid-gestation, and undergo further refinement during and after this period. The program for prenatal development of visual pathways appears remarkably similar between humans and other primates.
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«...come dice lo psichiatra Massimo Fagioli»

una segnalazione di Roberta Mancini

sabato 22 gennaio 2005
nel corso della seconda giornata del
Terzo Congresso Nazionale dell'Associazione Luca Coscioni


“LIBERA CONOSCENZA CONTRO LA MALATTIA”

Milano, 21-22-23 gennaio

(il programma del Congresso può essere letto QUI)

Giulia Simi
dell'Università di Siena
intervenendo verso le 12.20

ha basato il proprio intervento, citandola,
sulla teoria di Massimo Fagioli


chi volesse riascoltare questo intervento, che è stato trasmesso in diretta da Radio Radicale,
può farlo collegandosi alla seguente pagina

http://servizi.radioradicale.it/ondemand/

scegliendo poi la data del 22.1.05
e quindi la fascia oraria 12.00 - 13.00

(occorre avere installato RealPlayer)
una segnalazione di Sergio Grom

Il Venerdì di Repubblica del 21.1.05, pagg. 80/83
L'Italia vuole tornare in Cina e investe un milione, quello di Marco Polo

CON L'INTERVENTO DEL PROF. FEDERICO MASINI

Il Venerdi di Repubblica
L'ITALIA VUOLE SFONDARE IN CINA E INVESTE UN MILIONE.
QUELLO DI MARCO POLO
Le celebrazioni dei 750 anni dalla nascita del grande viaggiatore veneziano (che continueranno per tutto il 2005) sono una ghiotta occasione culturale. Ma anche l'opportunità per iniziare una nuova ricerca. Di mercato
Antonella Barina


Aveva 17 anni Marco Polo quando nel 1271 lasciò Venezia, affascinato dai racconti dei mercanti che approdavano in laguna carichi di seta e di spezie, e con il padre Niccolo e lo zio Matteo andò a cercar fortuna in Oriente. Ci vollero tre anni e mezzo per percorrere più di 12 mila chilometri sull'antica Via della Seta, fino a raggiungere Shangdu, la sontuosa capitale estiva di Kublai Khan, signore di un impero immenso, che si estendeva dal Fiume Giallo a tutta l'Asia centrale.
E una volta in Cina i Polo si fermarono 17 anni: Marco divenne corriere di fiducia di Kublai, inoltrandosi in terre inesplorate. Per fare infine ritorno a Venezia via mare, costeggiando Sumatra e l'India. E attraccare in laguna 24 anni dopo la partenza.
Marco Polo fu tra i primi a spingersi così lontano per riportare mercanzie e conoscenza. E il solo che al ritorno scrisse un libro come Il Milione quello straordinario racconto delle sue avventure Marco lo dettò allo scrittore Rustichello da Pisa, quando entrambi finirono prigionieri nel carcere dì Genova, per aver combattuto nelle battaglie tra Repubbliche marinare. Memorie di viaggio, raccolte per ammazzare il tempo in cella. Eppure svettate tra i bestseller di tutti i tempi. E rimaste per secoli la più preziosa fonte di notizie sulla Cina. Il Paese che oggi si prepara a diventare la principale potenza economica del mondo. Quello da cui sarà impossibile prescindere in futuro; quello che l'Italia si pente d'aver trascurato, rimanendo indietro rispetto al resto dell'Occidente in fatto di grossi investimenti.
Ed ecco allora che le celebrazioni dei 750 anni dalla nascita di Marco Polo, antesignano dei pionieri in Cina, diventano l'occasione per intensificare gli scambi culturali con la nuova tigre dell'economia mondiale. Inaugurate da un convegno nel novembre scorso (Marco nacque nel 1254), le iniziative continueranno tutto quest anno e per metà del 2006 con mostre e spettacoli a Romatro, Venezia e Pechino, programmi per le scuole e le università, congressi internazionali, seminari, pubblicazione di libri (vedi riquadro).
«Ma riscoprire Marco Polo non è solo una celebrazione» spiega Mario Sabattini, docente di Lingua e letteratura cinese all'Università di Venezia e direttore dell'Istituto italiano di cultura a Pechino fino al 2003. «Benché fosse un uomo del Medioevo, il suo approccio alla Cina era estremamente moderno. Perché lui descrive le meraviglie che incontra senza esprimere giudizi o pregiudizi; né quel senso di superiorità che invece caratterizzò i rapporti occidentali con Pechino nell'Otto-Novecento. Marco dimostra un rispetto e una disponibilità a comprendere le culture diverse, che è importantissimo rilanciare nel periodo multiculturale odierno».
I Polo, solida famiglia di mercanti, si spingono a Levante «per guadagno» (parole di Marco). Capostipiti dei tanti commercianti italiani che ancor oggi contano sulle risorse e l'industriosità cinese per irrobustire i propri affari. «In realtà gli scambi economici con la Cina sono iniziati almeno duemila anni fa, all'epoca degli antichi romani» racconta il sinologo Federico Masini, preside della Facoltà di Studi orientali di Roma e vicepresidente del Comitato nazionale per le celebrazioni dei 750 anni di Marco Polo. «Ma allora i rapporti erano indiretti: mercanti persiani e dell'Asia meridionale fungevano da intermediari. Solo all'epoca dei Polo si arriva direttamente alla fonte. Grazie alla pax mongolica: al fatto che quasi tutta l'Asia era controllata dall'impero mongolo del Gran Khan, che garantiva la sicurezza dei traffici lungo le piste carovaniere. Ma la Via della Seta torna a essere a rischio nel Tre-Quattrocento. E gli scambi si diradano. Per riprendere soprattutto via mare dopo le grandi scoperte geografiche, quando in Cina arrivano i gesuiti»
L'anima commerciale dei cinesi è ben radicata, da sempre. «La loro scarsa propensione per la religiosità li spinge soprattutto a cercare di migliorare la propria realtà terrena» continua Masini. «Se l'agricoltura serve a sfamare tante persone, il commercio serve ad accumulare ricchezza. E ieri come oggi la Cina è il Paese con il più alto tasso di risparmio».
Dopo quasi quarant'anni di steppe, montagne, deserti battuti dal vento e dalle tempeste di sabbia (quelle "voci" e "visioni" che, racconta Marco, si levavano dal terribile deserto del Gobi, disorientando i viaggiatori), i Polo raggiungono una civiltà stupefacente. Proprio come quella che oggi sbalordisce chi atterra a Pechino, Shangai, Nanchino: selve di grattacieli che in dieci anni hanno sostituito i vecchi quatieri fatiscenti, battendo ogni record mondiale con la più alta torre della tv o il più esteso centro commerciale. Dice Sabattini «La Cina che incantò Marco Polo era un Paese in continua trasformazione, assai più avanzato dell'Europa sul piano tecnologico: aveva già la carta, la stampa, la bussola, la polvere da sparo, la cartamoneta.... Invenzioni che in Occidente saranno all'origine dell'era moderna. E la capitale di allora, l'attuale Xian, era una città cosmopolita con due milioni di abitanti, mentre Venezia ne aveva poche decine di migliaia».
La Cina era al centro di un impero ben più vasto di quello romano all'apice della sua espansione. Un'alleanza con Kublai Khan faceva sognare il papato con il disegno strategico di prendere in una tenaglia il mondo musulmano che da due secoli minacciava la cristianità. «Anche oggi è importantissimo, per l'Occidente, allearsi con la Cina» continua Masini. «E non solo perché nella lotta al terrorismo islamico Pechino condivide i valori occidentali. Anche perche la Cina finirà per sopravanzare gli Usa sul piano economico e militare: con un tasso di sviluppo del 10 per cento annuo ha già un effetto traino sull'economia mondiale; e prima o poi modernizzerà anche il suo arsenale militare. La vera sfida? Sarà vedere se riuscirà a imporsi come potenza culturale»
Masini conclude. «Riproporre oggi la figura di Marco Polo, che fu tra i primi a riconoscere le enormi potenzialità cinesi, è un invito a riprendere un'antica tradizione. Tra i Paesi occidentali, l'Italia poteva vantare in passato una storia di rapporti con la Cina unica al mondo: grazie all'antica Roma, alla Venezia di Marco Polo, ai gesuiti... Poi, a partire dall'Ottocento, ha incominciato a perdere i vantaggi storici acquisiti. Per finire in coda negli ultimi anni, da quando Stati Uniti, Francia, Germania e Gran Bretagna hanno fatto grossi investimenti produttivi. E culturali: offrendo a quella che poi è diventata la nuova classe dirigente cinese la possibilità di studiare nelle loro università. Insomma, è ora che l'Italia recuperi il tempo perduto. E Marco Polo e un ottimo spunto: lui era all'avanguardia».
Il Messaggero mercoledì 26 Gennaio 2005
Delitto di Cogne
Parla lo psichiatra Fornari

IL PERITO CHE VISITÒ LA FRANZONI: «NELLA SUA MENTE C’È IL CAOS»


Milano - «Annamaria Franzoni è malata, c'è il caos nella sua mente». Lo rivela in un'intervista al settimanale “Oggi” (che ne ha fornito un'anticipazione) il professor Ugo Fornari, docente di psichiatria forense all'Università di Torino, uno dei nove psichiatri che, nel luglio 2002, sottoposero la Franzoni al test per capire se fosse capace di intendere e di volere. Fu proprio Fornari - consulente del pm - che si dissociò dalle conclusioni raggiunte dai periti nominati dal Gip e dai periti della difesa: quando loro conclusero che la signora Franzoni era sana di mente e aveva piena capacità di intendere e di volere, lui contestò punto per punto le loro valutazioni. A distanza di tre anni, per “Oggi” (in edicola oggi) il professor Fornari ha accettato di rileggere la perizia e di circostanziare le contestazioni e le osservazioni che mosse al lavoro dei suoi colleghi. «La signora Franzoni - dice Fornari - ha un evidente disturbo nel funzionamento e nella struttura della sua personalità, un funzionamento borderline: offre di sé un'immagine ordinata, precisa, ineccepibile ma dietro questa facciata c'è il caos. Fa fatica a stabilire i confini, a distinguere tra mondo esterno e mondo interiore, tra realtà e fantasia. Il test di Rorschach, dieci tavole che indagano nel profondo la struttura e il funzionamento della personalità, evidenziò con chiarezza questo disturbo. Inoltre la Franzoni era una persona depressa, da mesi». Sul motivo che avrebbe indotto la Franzoni ad un gesto estremo, il professor Fornari spiega, secondo quanto anticipato: «La signora Franzoni, che è una persona molto attenta alla perfezione formale, molto controllata, posto che come dice la sentenza di primo grado abbia ucciso suo figlio, potrebbe aver voluto eliminare l'elemento imperfetto, il suo prodotto “mal riuscito”. La testa grossa, la testa calda di Samuele, era lo specchio della sua fallibilità». E Fornari contesta anche il comportamento tenuto dai suoi colleghi durante il test: «Tutti, persino il professor Barale, stimato psichiatra con un curriculum di alto profilo, invece di indagare dentro quell'angoscia preferirono fermarsi, essere cauti. Prevalse un atteggiamento protettivo, quando lei pianse ci fu chi le prese la mano. Secondo me, i periti dell'ufficio l'hanno trattata da paziente, non da perizianda. Hanno temuto di scatenare scompensi emotivi gravi cosa che, in effetti, sarebbe potuta succedere. Non andare sino in fondo però ha penalizzato il risultato degli incontri, che non avevano come obiettivo un progetto terapeutico, ma la valutazione di uno stato di mente».

Edoardo Boncinelli non sa delle scoperte sulla rétina

Corriere della Sera 26.1.05
Embrioni Non esiste l’ora X
di EDOARDO BONCINELLI


Non avrei mai immaginato che qualcuno si potesse interessare tanto al dettaglio cronologico delle prime fasi della formazione dell'embrione. Ma sento e leggo di continue dispute sull'argomento, tanto più accese quanto più confuse. Ci si chiede quando inizia la vita umana; se due giorni dopo la fecondazione si può già parlare di essere umano oppure no; oppure se occorre per questo aspettare la fine della seconda settimana; se l'embrione è un individuo in potenza o in atto e via discorrendo.
Antonio Socci, in un’intervista pubblicata dal Corriere lunedì scorso, vuole sapere in quale momento preciso l’embrione diventa essere umano («Da anni - dice Socci - noi cattolici poniamo una domanda: se l’embrione al primo stadio non è un essere umano, qualcuno dovrebbe dire in quale momento preciso lo diventa e non così, per convenzione, ma con un certo appiglio scientifico»). Si mischiano e si confondono in queste polemiche concetti molto diversi come quello di vita, di essere umano, di concepito, di embrione, di individuo e di persona, umana o giuridica.
Alcuni di questi termini hanno una definizione scientifica, altri sono di origine scientifica ma sono usati quasi quotidianamente nel parlare corrente, altri sono decisamente extrascientifici. Cercherò di chiarire alcuni punti, almeno quelli di più stretta pertinenza scientifica.
Cominciamo con l'inizio della vita di un organismo. Non c'è dubbio che la vita di un organismo specifico - ranocchio, gatto o uomo - inizia con la fecondazione, cioè con la congiunzione di un gamete maschile, lo spermatozoo, e uno femminile, la cellula-uovo o ovocita maturo.
Il processo dura diverse ore, per cui non è facile dire esattamente quando inizi la nuova vita, ma certamente una condizione necessaria per poter parlare di un nuovo organismo è che si combinino tra loro i Dna dei due genomi, quello paterno e quello materno, per dar vita ad un genoma nuovo e molto probabilmente unico.
L’uovo fecondato prende il nome tecnico di zigote. È una singola cellula, ma si mette subito in moto per duplicarsi e dare due cellule, poi quattro, poi otto, poi sedici. Fino a questo punto il tutto ha la forma di una minuscola mora e prende non a caso il nome di morula. A partire dallo stadio di 32 cellule, all’interno della massa compatta della morula si forma una minuscola cavità. Si è passati così allo stadio di blastula o più precisamente di blastocisti. Il numero di cellule continua a crescere, anche se lentamente; la cavità si espande e verso il quarto giorno al suo interno comincia a vedersi una masserella di cellule. Questa masserella è chiamata massa cellulare interna dagli autori anglosassoni mentre da noi viene detto in genere embrioblasto o, in una fase leggermente più avanzata, bottone embrionale. Da questa masserella e solo da questa trarrà origine il futuro embrione, mentre tutto quello che c’era prima e che c’è intorno ad essa a questo stadio contribuirà soltanto a formare le membrane delle quali l’embrione avrà bisogno per nutrirsi durante la gestazione, ma che alla fine del parto verranno gettate via. Occorre notare che questa caratteristica riguarda solo i mammiferi, mentre non ha l’uguale in altre categorie di animali. Sarebbe molto interessante soffermarsi su questa osservazione, ma non è ora il caso. Può accadere in questo stadio che all’interno della stessa blastocisti, di masserelle cellulari interne se ne formino due (o tre) invece di una sola. In questo caso si giungerà ad avere due (o tre) gemelli, cosiddetti identici, invece di un solo individuo.
Fino a questo punto tutto è avvenuto all’interno della tuba e la blastocisti è ancora libera di vagare. Non sopravvivrebbe però a lungo se non si impiantasse, attraverso una complessa successione di eventi, nel tessuto dell’utero materno, dal quale trarrà d’ora in poi il nutrimento. La fase dell’impianto nell’utero è una fase molto critica, passata la quale la blastocisti ce l’ha quasi fatta e l’embrioblasto che quella contiene può cominciare a nutrire qualche fiducia nella possibilità di dar luogo ad un bambino o ad una bambina.
È bene notare però che al suo interno l’embrioblasto non ha ancora una minima traccia di polarità. Non sa ancora, in parole povere, dove avrà la testa e dove la coda. I primi segni di questa polarità testa-coda compaiono all’interno dell’embrioblasto verso la fine della seconda settimana di gestazione. A circa tredici giorni si comincia a distinguere un asse corporeo principale e il giorno successivo, il quattordicesimo, i primi tenui segni di un sistema nervoso centrale e di una struttura spinale. A questo stadio il bottone embrionale, lungo poco più di un decimo di millimetro, comincia progressivamente a prendere una forma definita di embrione. Compariranno ancora altri organi e tutti quanti dovranno crescere di dimensioni e maturare, ma lo schema generale del corpo è già lì. Sullo sfondo di questa successione di eventi possiamo ora porci domande più specifiche.
Quando comincia la vita? Senza voler cavillare che la vita è cominciata una volta sola quasi quattro miliardi di anni fa, possiamo affermare, come già detto, che la vita di un particolare organismo comincia in condizioni normali con la fecondazione, cioè con l’unione del gamete paterno con quello materno. Non è un processo istantaneo per cui non ha senso chiedersi esattamente il momento di questa unione, ma certo questo cadrà all’interno delle ore della prima giornata. Lo zigote così ottenuto è un individuo? E, soprattutto, è un individuo la morula di otto o sedici cellule presente il giorno dopo, cioè il secondo giorno di gestazione, quando si può eseguire, volendo, una diagnosi preimpianto? È certamente un progetto di individuo, ma lo diverrà effettivamente soltanto nel 15-20% dei casi, perché la maggioranza delle morule non porterà, anche in condizioni normali, a nessun embrione e una percentuale non trascurabile di queste porteranno a due o più embrioni. È bene notare che è una fortuna che non tutte le morule giungano a dare un embrione. Si tratta infatti di un fondamentale «periodo di prova» durante il quale le morule che potrebbero dar luogo a embrioni difettosi vengono «saggiate» dalla natura e eventualmente scartate.
Quando comincia l’embrione? Se per embrione intendiamo l’insieme delle parti che formeranno il suo corpo, queste non compaiono prima del quarto-quinto giorno. Prima non ci sono e fino al dodicesimo giorno sono assolutamente informi. Quando è che l’embrione è un essere senziente? Non lo sappiamo con certezza, ma è difficile pensare che ciò possa accadere, anche solo potenzialmente, prima della comparsa di una minima traccia di sistema nervoso, comparsa che si registra il quattordicesimo giorno. Quando è che un embrione diventa persona e come tale gode dei diritti scritti e non scritti spettanti ad una persona? Questa è una domanda che esula dalla biologia e dalla scienza in generale e qui mi fermo. Ma non senza aver notato che alla fin fine è questa l’unica domanda rilevante, alla quale tutti siamo chiamati a dare una risposta, anche provvisoria e rivedibile. Per noi e per i nostri figli.
Dal punto di vista biologico non c’è in sostanza nessuna discontinuità dal concepimento alla nascita e oltre. Questo non significa che non si possano porre degli spartiacque, come quando si è deciso che a 18 anni una persona è maggiorenne. Non succede niente di particolare a 18 anni, ma la convenzione umana ha fissato questo limite e a volte lo ha anche cambiato. Una convenzione, appunto. Non possiamo chiedere alla natura o alla scienza di cavare le castagne dal fuoco al posto nostro. Occorre prenderci le nostre responsabilità e fissare dei limiti, che non potranno che avere una componente di convenzionalità. D’altra parte è una scelta che spetta all’uomo in una autentica prospettiva umanistica.
Le Scienze 24.01.2005
Combattere la depressione giovanile
Migliorando la qualità dei trattamenti, i sintomi diminuiscono più facilmente


Secondo uno studio pubblicato sul numero del 19 gennaio 2004 della rivista "Journal of the American Medical Association", un particolare intervento mirato a migliorare la qualità dei trattamenti sarebbe efficace nel ridurre la depressione negli adolescenti.
La prevalenza della depressione grave nell'adolescenza è stimata dal 15 al 20 per cento, e il 28,3 per cento degli adolescenti riferisce di periodi, nell'anno precedente, caratterizzati da sintomi depressivi. Il disturbo, se non trattato, può condurre al suicidio (è la prima causa di morte fra i giovani di 15-24 anni) o avere altri sviluppi negativi, compreso l'abbandono scolastico, gravidanze indesiderate, l'abuso di droghe, e la depressione in età adulta.
Lo studio effettuato da Joan Rosenbaum Asarnow della David Geffen School of Medicine dell'Università della California di Los Angeles e colleghi intendeva determinare i risultati di un intervento di miglioramento della qualità dei trattamenti. Il trial è stato condotto fra il 1999 e il 2003 su 418 pazienti con sintomi depressivi, di età compresa fra i 13 e i 21 anni. L'intervento prevedeva la presenza di team di esperti presso i siti, care manager a sostegno dei medici nella valutazione dei pazienti, corsi di aggiornamento per il personale addetto ai trattamenti per la depressione, maggior scelta ai pazienti sul tipo di cura da seguire.
I sintomi della depressione sono stati misurati usando la scala CES-D del Center for Epidemiological Studies. Gli autori hanno valutato anche la qualità della vita associata alla salute mentale e la soddisfazione dei pazienti per il trattamento ricevuto.
I ricercatori hanno scoperto che i pazienti sottoposti all'intervento, sei mesi dopo la conclusione dei trattamenti, riferivano una quantità significativamente minore di sintomi depressivi (un punteggio CES-D medio di 19,0 contro 21,4), una qualità di vita superiore e una maggior soddisfazione per le cure ricevute. "Si tratta - commentano gli autori - della dimostrazione che migliorando la qualità dei trattamenti è possibile combattere meglio la depressione degli adolescenti".

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