Il Gazzettino di Venezia Martedì, 17 Giugno 2003
MEDICINA
E' genetica la pazzia dei... geni
Londra. È stato individuato il gene che causa le forme maniaco-depressive, facendo sperare che si possa in futuro individuare la cura per una delle più devastanti forme di malattia mentale. Quella che ha colpito anche Vincent van Gogh, Charles Dickens ed Ernest Hamingway, alimentandone allo stesso tempo la geniale creatività. Un singolo gene anomalo è responsabile direttamente del 10\% dei casi di questa malattia conosciuta anche più propriamente come disordine bipolare, che porta ad estremi cambi di umore e colpisce in media una persona su 200.La ricerca, fatta da studiosi dell'University of California di San Diego, è stata pubblicata in parte sulla rivista specializzata Journal Molecular Psychiatry e ripresa poi dal quotidiano britannico Times.La mutazione del gene in questione rende le cellule cerebrali particolarmente sensibili ai segnali dei neutrasmettitori che controllano l'umore, scatenando eccitazione e depressione.Il gene chiamato "G proteina receptochinase 3" (Grk3) è stato individuato nel corso dell'analisi del Dna di 400 persone appartenenti a famiglie con casi di disordine bipolare.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»
L'ASSOCIAZIONE CULTURALE
martedì 17 giugno 2003
contro la depressione? Facile, basta imparare a respirare...
Il Messaggero Lunedì 16 Giugno 2003
LA VIA ALTERNATIVA
Contro la depressione l’arma del respiro
Summit di psichiatri a Bari: il male oscuro si combatte anche con tecniche di rilassamento e meditazione
di CARLA MASSI
LA MEDITAZIONE e la concentrazione sul respiro come “arma” per convivere (e vincere) le ricadute della depressione. Ma anche il dolore cronico e gli effetti di una chemioterapia. Niente santoni, né maghi, né cialtroni che si approfittano dei mali altrui. Ora sono psichiatri e psicologi a scendere in campo, utilizzando le millenarie tecniche di rilassamento e meditazione trascendentale. Le hanno adattate come si adatta una terapia, modulate secondo il bisogno del paziente, affiancate alle normali cure e poi hanno valutato gli effetti che producono. I risultati, oggi, sono evidenti. Secondo i rigorosi parametri della scienza. Sono riscontrabili dagli studi compiuti sui malati seguiti negli ospedali e negli ambulatori.
Di queste esperienze, come se gli addetti ai lavori si fossero messi d’accordo, sono venuti a parlare in Italia i massimi esperti: due i convegni che si stanno svolgendo in questi giorni, uno a Bari e uno ad Assisi.
Nella città pugliese si sono dati appuntamento oltre ottocento psichiatri da tutto il mondo. L’incontro è stato organizzato dalla Società internazionale per lo sviluppo del costruttivismo nelle scienze umane. I seminari dimostreranno come sia possibile, mixando la terapia farmacologica con la meditazione zen, fermare le ricadute depressive. Evitare ad una persona cioè, di ripiombare nel buio più assoluto dopo essere riuscita ad uscirne. Gli studi che saranno presentati, mutuati dal lavoro dello statunitense Jon Kabat-Zin (sarà a Bari) che per primo si è applicato sulla meditazione con i malati cronici, hanno il valore di una vittoria insperata. Tutti gli psichiatri, almeno per due anni, hanno sperimentato la tecnica su loro stessi. «Solo così - spiega Guido Bondolfi, libero docente in Psichiatria a Ginevra che a Bari illustrerà i risultati della terapia - possiamo lavorare con i pazienti. Insegnare loro come concentrarsi sul dolore, come “tirarsi fuori” e respirare nel modo corretto per sgombrare la mente e fissarsi solo sul dolore. Puntiamo sul respiro perché ci resta fedele qualsiasi cosa accada al nostro organismo. Su questo si può lavorare per entrare in contatto in un modo diverso con il male. Sia fisico che psichico». Una volta imparato a meditare, laicamente senza nessun riferimento religioso, si deve ripetere la pratica almeno tre quarti d’ora ogni giorno. Ma, assicurano gli psichiatri, bastano anche solo tre minuti per concentrarsi “tirarsi fuori” dalla situazione che stringe. Per liberare la mente e tenere lontani i presupposti di un possibile nuovo attacco depressivo.
Ad Assisi, (...) Conclusione: basta un respiro “giusto” come una matita nelle mani il giorno “giusto” per aiutare chi soffre ad andare avanti. E, magari, sorridere.
LA VIA ALTERNATIVA
Contro la depressione l’arma del respiro
Summit di psichiatri a Bari: il male oscuro si combatte anche con tecniche di rilassamento e meditazione
di CARLA MASSI
LA MEDITAZIONE e la concentrazione sul respiro come “arma” per convivere (e vincere) le ricadute della depressione. Ma anche il dolore cronico e gli effetti di una chemioterapia. Niente santoni, né maghi, né cialtroni che si approfittano dei mali altrui. Ora sono psichiatri e psicologi a scendere in campo, utilizzando le millenarie tecniche di rilassamento e meditazione trascendentale. Le hanno adattate come si adatta una terapia, modulate secondo il bisogno del paziente, affiancate alle normali cure e poi hanno valutato gli effetti che producono. I risultati, oggi, sono evidenti. Secondo i rigorosi parametri della scienza. Sono riscontrabili dagli studi compiuti sui malati seguiti negli ospedali e negli ambulatori.
Di queste esperienze, come se gli addetti ai lavori si fossero messi d’accordo, sono venuti a parlare in Italia i massimi esperti: due i convegni che si stanno svolgendo in questi giorni, uno a Bari e uno ad Assisi.
Nella città pugliese si sono dati appuntamento oltre ottocento psichiatri da tutto il mondo. L’incontro è stato organizzato dalla Società internazionale per lo sviluppo del costruttivismo nelle scienze umane. I seminari dimostreranno come sia possibile, mixando la terapia farmacologica con la meditazione zen, fermare le ricadute depressive. Evitare ad una persona cioè, di ripiombare nel buio più assoluto dopo essere riuscita ad uscirne. Gli studi che saranno presentati, mutuati dal lavoro dello statunitense Jon Kabat-Zin (sarà a Bari) che per primo si è applicato sulla meditazione con i malati cronici, hanno il valore di una vittoria insperata. Tutti gli psichiatri, almeno per due anni, hanno sperimentato la tecnica su loro stessi. «Solo così - spiega Guido Bondolfi, libero docente in Psichiatria a Ginevra che a Bari illustrerà i risultati della terapia - possiamo lavorare con i pazienti. Insegnare loro come concentrarsi sul dolore, come “tirarsi fuori” e respirare nel modo corretto per sgombrare la mente e fissarsi solo sul dolore. Puntiamo sul respiro perché ci resta fedele qualsiasi cosa accada al nostro organismo. Su questo si può lavorare per entrare in contatto in un modo diverso con il male. Sia fisico che psichico». Una volta imparato a meditare, laicamente senza nessun riferimento religioso, si deve ripetere la pratica almeno tre quarti d’ora ogni giorno. Ma, assicurano gli psichiatri, bastano anche solo tre minuti per concentrarsi “tirarsi fuori” dalla situazione che stringe. Per liberare la mente e tenere lontani i presupposti di un possibile nuovo attacco depressivo.
Ad Assisi, (...) Conclusione: basta un respiro “giusto” come una matita nelle mani il giorno “giusto” per aiutare chi soffre ad andare avanti. E, magari, sorridere.
cinema
Il Giornale del popolo di Lugano 17.6.03
Le novità italiane al cinema
Antonioni, Bellocchio, Bertolucci e gli altri...
Il cinema italiano si prepara compatto all'assalto della nuova stagione cinematografica. Il più atteso è “I sognatori” di Bernardo Bertolucci che racconta la storia dell'iniziazione politica, sessuale e sociale di tre giovani nella Parigi del '68. Protagonisti, Eva Green, Louis Garrel (figlio del regista francese Philippe) e Michael Pitt. “I sognatori” è tra i papabili per la prossima Mostra del Cinema di Venezia, insieme al film di Marco Bellocchio dedicato al caso Moro, “Buongiorno notte”. Sarà di sicuro in sala a ottobre, “Cantando dietro i paraventi” di Ermanno Olmi, una storia cinese ambientata a fine '800. E poi ritorna Michelangelo Antonioni, a otto anni di distanza da “Al di la' delle nuvole”. Il regista è autore del primo capitolo di “Eros”, il film collettivo in tre episodi, diretto anche da Steven Soderbergh e Wong Kar-Way. L'episodio firmato da Antonioni, “Il filo pericoloso delle cose”, si ispira a un racconto scritto dalla stesso Antonioni e contenuto nella raccolta “Quel Bowling sul Tevere”.
Le novità italiane al cinema
Antonioni, Bellocchio, Bertolucci e gli altri...
Il cinema italiano si prepara compatto all'assalto della nuova stagione cinematografica. Il più atteso è “I sognatori” di Bernardo Bertolucci che racconta la storia dell'iniziazione politica, sessuale e sociale di tre giovani nella Parigi del '68. Protagonisti, Eva Green, Louis Garrel (figlio del regista francese Philippe) e Michael Pitt. “I sognatori” è tra i papabili per la prossima Mostra del Cinema di Venezia, insieme al film di Marco Bellocchio dedicato al caso Moro, “Buongiorno notte”. Sarà di sicuro in sala a ottobre, “Cantando dietro i paraventi” di Ermanno Olmi, una storia cinese ambientata a fine '800. E poi ritorna Michelangelo Antonioni, a otto anni di distanza da “Al di la' delle nuvole”. Il regista è autore del primo capitolo di “Eros”, il film collettivo in tre episodi, diretto anche da Steven Soderbergh e Wong Kar-Way. L'episodio firmato da Antonioni, “Il filo pericoloso delle cose”, si ispira a un racconto scritto dalla stesso Antonioni e contenuto nella raccolta “Quel Bowling sul Tevere”.
giovedì 19.6, a Roma: il convegno della destra di governo sulla psichiatria
comunicato stampa ARAP
Associazione Riforma Assistenza Psichiatrica-
" LEGGI PSICHIATRICHE E REGOLAMENTI IN EUROPA OGGI: realtà, prospettive e speranze"
Roma, giovedì 19 giugno 2003 Palazzo Marini - Via del Pozzetto ,158 ore 9.00- 18.00 con il patrocinio di PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI MINISTERO DELLA SALUTE
A venticinque anni dall'entrata in vigore della legge n.180 del 13 maggio 1978, nota come "legge Basaglia", che ha rappresentato una radicale innovazione nella storia delle istituzioni psichiatriche del nostro Paese, l'ARAP (Associazione Riforma Assistenza Psichiatrica) promuove un confronto tra la legislazione italiana vigente e quelle di alcuni Stati dell'Unione Europea: Finlandia, Francia, Gran Bretagna, Repubblica Federale Tedesca.
Giovedì 19 giugno la sala conferenze di Palazzo Marini in via del Pozzetto n.158, ROMA, dalle ore 9.00 alle ore 18.00 ospiterà il convegno.
L'apertura dei lavori è affidata al Ministro della Salute Girolamo Sirchia e al presidente dell'ARAP, dott.ssa M. Luisa Zardini. Nel dibattito mai terminato sulla interpretazione e applicazione della Riforma Psichiatrica del 1978, che negli ultimi mesi ha ripreso vigore per una serie di proposte di riforma della legge 180, il convegno organizzato dall'ARAP vuole essere una "finestra aperta" sulla realtà della legislazione psichiatrica in campo europeo, sulle tendenze comuni, sulle prospettive future e sulla possibilità di una normativa unica per tutti gli Stati membri dell'Unione. I lavori del convegno, coordinati da G.Anversa, sono presieduti nella sessione antimeridiana dal segretario generale della GAMIAN- Europe (Global Alliance of Mental Illness Advocacy Networks), prof. P. Morselli ; nella sessione pomeridiana dal presidente della Commissione Affari Sociali della Camera, on.le G. Palumbo, e dal presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, sen. A. Tomassini. Nel corso dell'incontro il direttore della clinica Psichiatrica dell'Università di Bordeaux, prof. M.L. Bourgeois; il vice direttore del Dipartimento di Psichiatria dell'Università di Dresda, prof. T. Kallert; il direttore del Dipartimento di Salute Mentale presso il Ministero della Sanità del Regno Unito, prof. A. Sheenan; il direttore del Progetto di Salute Mentale del Ministero della Sanità Finlandese, dott. H. Stoor, illustrano la situazione dell'assistenza psichiatrica nei loro rispettivi Paesi, confrontandosi con il direttore del Dipartimento di Salute Mentale AUSL di Bologna e vicepresidente della Società Italiana di Psichiatria, dott. M. Bassi ; con il presidente dell'Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici, prof. T. Cantelmi; con il direttore del programma Salute Mentale e dipendenze patologiche dell'AUSL di Rimini, dott. A. Fioritti. Sono previsti interventi di rappresentanti di altre Associazioni di Familiari, del presidente della Commissione Parlamentare Infanzia e membro della Commissione Affari Sociali della Camera, on.le sig.ra M. Burani Procaccini; del segretario della Commissione Affari Sociali della Camera, on.le sig.ra C. Moroni; del responsabile nazionale Sanità di A.N., on.le G. Conti.
*****
L'ARAP - Associazione Riforma Assistenza Psichiatrica- con sedi a Roma, Bologna, Catania, Nuoro e Trieste, presieduta da M. Luisa Zardini, è stata fondata nel 1981 da familiari di malati di mente allo scopo di sollecitare la modifica di alcuni punti della legge n. 180/833 del 1978. Tra gli obiettivi dell'ARAP il diritto alla cura del paziente psichiatrico, inconsapevole della propria patologia, con il conseguente abbattimento dello stigma nei confronti della malattia mentale; la prevenzione, per evitare la cronicizzazione della malattia; il supporto ai familiari sui quali non deve gravare l'isolamento.
ufficio stampa A.R.A.P. GIOVANNA MAZZARELLA 06 5818246 - 348 3805201 ANGELICA BIANCO 328 3185105
SI PREGA ACCREDITARSI PRESSO L'UFFICIO STAMPA DELLA CAMERA DEI DEPUTATI AL FAX 06 6783082
Associazione Riforma Assistenza Psichiatrica-
" LEGGI PSICHIATRICHE E REGOLAMENTI IN EUROPA OGGI: realtà, prospettive e speranze"
Roma, giovedì 19 giugno 2003 Palazzo Marini - Via del Pozzetto ,158 ore 9.00- 18.00 con il patrocinio di PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI MINISTERO DELLA SALUTE
A venticinque anni dall'entrata in vigore della legge n.180 del 13 maggio 1978, nota come "legge Basaglia", che ha rappresentato una radicale innovazione nella storia delle istituzioni psichiatriche del nostro Paese, l'ARAP (Associazione Riforma Assistenza Psichiatrica) promuove un confronto tra la legislazione italiana vigente e quelle di alcuni Stati dell'Unione Europea: Finlandia, Francia, Gran Bretagna, Repubblica Federale Tedesca.
Giovedì 19 giugno la sala conferenze di Palazzo Marini in via del Pozzetto n.158, ROMA, dalle ore 9.00 alle ore 18.00 ospiterà il convegno.
L'apertura dei lavori è affidata al Ministro della Salute Girolamo Sirchia e al presidente dell'ARAP, dott.ssa M. Luisa Zardini. Nel dibattito mai terminato sulla interpretazione e applicazione della Riforma Psichiatrica del 1978, che negli ultimi mesi ha ripreso vigore per una serie di proposte di riforma della legge 180, il convegno organizzato dall'ARAP vuole essere una "finestra aperta" sulla realtà della legislazione psichiatrica in campo europeo, sulle tendenze comuni, sulle prospettive future e sulla possibilità di una normativa unica per tutti gli Stati membri dell'Unione. I lavori del convegno, coordinati da G.Anversa, sono presieduti nella sessione antimeridiana dal segretario generale della GAMIAN- Europe (Global Alliance of Mental Illness Advocacy Networks), prof. P. Morselli ; nella sessione pomeridiana dal presidente della Commissione Affari Sociali della Camera, on.le G. Palumbo, e dal presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, sen. A. Tomassini. Nel corso dell'incontro il direttore della clinica Psichiatrica dell'Università di Bordeaux, prof. M.L. Bourgeois; il vice direttore del Dipartimento di Psichiatria dell'Università di Dresda, prof. T. Kallert; il direttore del Dipartimento di Salute Mentale presso il Ministero della Sanità del Regno Unito, prof. A. Sheenan; il direttore del Progetto di Salute Mentale del Ministero della Sanità Finlandese, dott. H. Stoor, illustrano la situazione dell'assistenza psichiatrica nei loro rispettivi Paesi, confrontandosi con il direttore del Dipartimento di Salute Mentale AUSL di Bologna e vicepresidente della Società Italiana di Psichiatria, dott. M. Bassi ; con il presidente dell'Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici, prof. T. Cantelmi; con il direttore del programma Salute Mentale e dipendenze patologiche dell'AUSL di Rimini, dott. A. Fioritti. Sono previsti interventi di rappresentanti di altre Associazioni di Familiari, del presidente della Commissione Parlamentare Infanzia e membro della Commissione Affari Sociali della Camera, on.le sig.ra M. Burani Procaccini; del segretario della Commissione Affari Sociali della Camera, on.le sig.ra C. Moroni; del responsabile nazionale Sanità di A.N., on.le G. Conti.
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L'ARAP - Associazione Riforma Assistenza Psichiatrica- con sedi a Roma, Bologna, Catania, Nuoro e Trieste, presieduta da M. Luisa Zardini, è stata fondata nel 1981 da familiari di malati di mente allo scopo di sollecitare la modifica di alcuni punti della legge n. 180/833 del 1978. Tra gli obiettivi dell'ARAP il diritto alla cura del paziente psichiatrico, inconsapevole della propria patologia, con il conseguente abbattimento dello stigma nei confronti della malattia mentale; la prevenzione, per evitare la cronicizzazione della malattia; il supporto ai familiari sui quali non deve gravare l'isolamento.
ufficio stampa A.R.A.P. GIOVANNA MAZZARELLA 06 5818246 - 348 3805201 ANGELICA BIANCO 328 3185105
SI PREGA ACCREDITARSI PRESSO L'UFFICIO STAMPA DELLA CAMERA DEI DEPUTATI AL FAX 06 6783082
origini dell'uomo
Le Scienze 13.06.2003
Scoperto il più antico fossile di Homo sapiens
I reperti confermano l’ipotesi dell’evoluzione dell’uomo moderno in Africa e della successiva migrazione
Scienziati dell’Università della California di Berkeley, in collaborazione con ricercatori etiopi e di altri paesi, hanno scoperto fossili dei primi uomini moderni, Homo sapiens, la cui età è stimata fra 154.000 e 160.000 anni. Secondo gli studiosi, la scoperta fornisce forti prove a favore della coesistenza di Homo sapiens e Neanderthal, contraddicendo la teoria secondo cui i primi discendevano dai secondi.
In due articoli, pubblicati sul numero del 12 giugno della rivista “Nature”, gli autori descrivono i crani fossilizzati di due adulti e un bambino, scoperti presso il villaggio di Herto in Etiopia, circa 200 chilometri a nord-est di Addis Abeba. I reperti colmerebbero un grande buco nelle documentazioni di fossili umani.
“C’è una carenza di fossili intermedi fra i pre-umani e gli esseri umani moderni, ovvero fra 300.000 e 100.000 anni or sono, - spiega il paleoantropologo Tim D. White - Adesso finalmente anche i ritrovamenti sono compatibili con le prove molecolari”.
Secondo il biologo F. Clark Howell, co-autore dello studio, “i fossili di Herto sono senza ombra di dubbio non-Neanderthaliani, e mostrano che in Africa erano apparsi esseri umani moderni ben prima che i Neanderthal sparissero in Europa. Questo dimostra che i Neanderthal non sono mai stati una tappa della nostra evoluzione”.
© 1999 - 2003 Le Scienze S.p.A.
Scoperto il più antico fossile di Homo sapiens
I reperti confermano l’ipotesi dell’evoluzione dell’uomo moderno in Africa e della successiva migrazione
Scienziati dell’Università della California di Berkeley, in collaborazione con ricercatori etiopi e di altri paesi, hanno scoperto fossili dei primi uomini moderni, Homo sapiens, la cui età è stimata fra 154.000 e 160.000 anni. Secondo gli studiosi, la scoperta fornisce forti prove a favore della coesistenza di Homo sapiens e Neanderthal, contraddicendo la teoria secondo cui i primi discendevano dai secondi.
In due articoli, pubblicati sul numero del 12 giugno della rivista “Nature”, gli autori descrivono i crani fossilizzati di due adulti e un bambino, scoperti presso il villaggio di Herto in Etiopia, circa 200 chilometri a nord-est di Addis Abeba. I reperti colmerebbero un grande buco nelle documentazioni di fossili umani.
“C’è una carenza di fossili intermedi fra i pre-umani e gli esseri umani moderni, ovvero fra 300.000 e 100.000 anni or sono, - spiega il paleoantropologo Tim D. White - Adesso finalmente anche i ritrovamenti sono compatibili con le prove molecolari”.
Secondo il biologo F. Clark Howell, co-autore dello studio, “i fossili di Herto sono senza ombra di dubbio non-Neanderthaliani, e mostrano che in Africa erano apparsi esseri umani moderni ben prima che i Neanderthal sparissero in Europa. Questo dimostra che i Neanderthal non sono mai stati una tappa della nostra evoluzione”.
© 1999 - 2003 Le Scienze S.p.A.
evoluzione: glabro è bello
Le Scienze 15.06.2003
Le origini della scimmia nuda
L’uomo avrebbe perso la pelliccia per sbarazzarsi di insetti e parassiti
Due scienziati britannici hanno formulato una nuova teoria per spiegare perché l’uomo è in gran parte privo di pelo, a differenza dai suoi parenti più prossimi, le scimmie.
L’ipotesi finora generalmente accettata afferma che la perdita della pelliccia sia stata una scelta evolutiva per permettere di controllare la temperatura del corpo nei climi caldi. Ma Mark Pagel dell’Università di Reading e Walter Bodmer dell’Università di Oxford sostengono che l’uomo abbia perso il pelo per sbarazzarsi di insetti e parassiti e per incrementare la propria capacità attrattiva sessuale.
La teoria sul controllo del calore, in effetti, presenta alcuni problemi quando gli scienziati prendono in considerazione situazioni dove fa molto caldo o molto freddo. Secondo Pagel e Bodmer, gli uomini del passato erano in grado di rispondere con flessibilità ed efficienza al loro ambiente producendo fuochi, ripari e vestiario. La perdita della pelliccia a quel punto divenne possibile e anzi desiderabile, visto che i vestiti, se infestati da parassiti, potevano essere puliti o cambiati.
In un articolo pubblicato sulla rivista “Biology Letters”, i due ricercatori affermano che la loro ipotesi spiega anche meglio il motivo delle differenze fra uomini e donne. “La perdita di pelo - sostengono - permetteva agli esseri umani di pubblicizzare in modo convincente la loro ridotta suscettibilità alle infezioni da parassiti. Questa caratteristica divenne pertanto un tratto desiderabile in un compagno: la maggiore perdita di peli nelle donne è dovuta a una selezione sessuale più forte esercitata da parte degli uomini”.
Pagel e Bodmer sono convinti che la loro teoria possa essere messa alla prova. “È ragionevole attendersi - affermano - che gli esseri umani la cui storia evolutiva si è svolta in regioni con maggiori concentrazioni di parassiti portatori di malattie, come i tropici, abbiamo meno peli corporei di altri”.
© 1999 - 2003 Le Scienze S.p.A.
Le origini della scimmia nuda
L’uomo avrebbe perso la pelliccia per sbarazzarsi di insetti e parassiti
Due scienziati britannici hanno formulato una nuova teoria per spiegare perché l’uomo è in gran parte privo di pelo, a differenza dai suoi parenti più prossimi, le scimmie.
L’ipotesi finora generalmente accettata afferma che la perdita della pelliccia sia stata una scelta evolutiva per permettere di controllare la temperatura del corpo nei climi caldi. Ma Mark Pagel dell’Università di Reading e Walter Bodmer dell’Università di Oxford sostengono che l’uomo abbia perso il pelo per sbarazzarsi di insetti e parassiti e per incrementare la propria capacità attrattiva sessuale.
La teoria sul controllo del calore, in effetti, presenta alcuni problemi quando gli scienziati prendono in considerazione situazioni dove fa molto caldo o molto freddo. Secondo Pagel e Bodmer, gli uomini del passato erano in grado di rispondere con flessibilità ed efficienza al loro ambiente producendo fuochi, ripari e vestiario. La perdita della pelliccia a quel punto divenne possibile e anzi desiderabile, visto che i vestiti, se infestati da parassiti, potevano essere puliti o cambiati.
In un articolo pubblicato sulla rivista “Biology Letters”, i due ricercatori affermano che la loro ipotesi spiega anche meglio il motivo delle differenze fra uomini e donne. “La perdita di pelo - sostengono - permetteva agli esseri umani di pubblicizzare in modo convincente la loro ridotta suscettibilità alle infezioni da parassiti. Questa caratteristica divenne pertanto un tratto desiderabile in un compagno: la maggiore perdita di peli nelle donne è dovuta a una selezione sessuale più forte esercitata da parte degli uomini”.
Pagel e Bodmer sono convinti che la loro teoria possa essere messa alla prova. “È ragionevole attendersi - affermano - che gli esseri umani la cui storia evolutiva si è svolta in regioni con maggiori concentrazioni di parassiti portatori di malattie, come i tropici, abbiamo meno peli corporei di altri”.
© 1999 - 2003 Le Scienze S.p.A.
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