ricevuti da Francesco Troccoli
17-09-04
The FDA said that it "generally supports" its advisory committees' conclusion that certain antidepressants may increase the risk of suicidal behaviour in children and adolescents, CBS MarketWatch and CNN report. Other recommendations from the advisory panels "included tough warnings for all antidepressants sold as well as a pamphlet in patient-friendly language to be handed out with every prescription," the agency said in a statement as reported in CNN. FDA's decision would apply to all antidepressant drugs including Eli Lilly's Prozac, CBS MarketWatch reports. Prozac is currently the only antidepressant approved by the agency for use in children. The antidepresssants studied in the panels' review included Lilly's Prozac, Pfizer's Zoloft, GlaxoSmithKline's Paxil and Wellbutrin, Forest Laboratories' Celexa, Wyeth's Effexor, Solvay's Luvox and Akzo Nobel's Remeron. The panels said its safety concerns applied to all the drugs reviewed. They also recommended that the stronger warnings should appear on older antidepressant drugs such as tricyclics. Not everyone is certain that the warnings, highlighting a small increase in risk associated with the drugs, are a positive step because they might discourage treatment for depression in teens and children, which in itself carries a risk of suicide. "We believe the biggest threat to a depressed child's well-being is to receive no care at all," the American Psychiatric Association said in a statement, as reported in CNN. Nonetheless, the agency's move is not as strong as that taken in other countries. Earlier in the year, the UK banned the use of most antidepressants in children and adolescents, CBS MarketWatch reports.
21-09-04
A British expert on psychiatric drugs who warned last year about the risk of suicidal behaviour among children who take antidepressants now says that UK regulators are ignoring evidence that SSRIs may make people aggressive and even homicidal, news sources report. Dr. David Healy, director of Cardiff University's North Wales department of psychological medicine, said Monday that data from clinical trials indicate that even healthy adult volunteers have had hostile reactions. "I think there is very clear evidence for all of the SSRI group of drugs that in addition to making people suicidal, they can make people homicidal or seriously aggressive," Healy is quoted as saying in The Guardian. "I'm not saying these drugs should be banned, but people should be warned about these risks when they are put on these pills." For example, Healy highlighted the results of a GlaxoSmithKline Seroxat trial, which is sold in the US as Paxil, from the late 1980s and early 1990s that showed that three of 271 healthy volunteers became hostile, compared with none on placebo, the news sources report. Healy contends that the 1.1 percent rate translates into a vast number of people considering that 50 million people worldwide have taken the drug over the last 15 years. A Glaxo spokesman said there is no compelling evidence showing that the drug causes hostility in adults. "When you put the results from all the clinical trials together, there is no difference between the rates of hostility for adult patients taking Seroxat and the patients taking dummy pills," he is quoted as saying by the BBC. "This data has been shared with regulators."
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»
L'ASSOCIAZIONE CULTURALE
giovedì 23 settembre 2004
da il manifesto:
una notizia "di sinistra"?
il manifesto 23.9.04
FRANCIA. Sì alle mamme gay
Riconosciuto l'affidamento congiunto a una coppia omosessuale. E' il primo caso
ANNA MARIA MERLO
PARIGI. Una sentenza di giustizia ha riconosciuto, per la prima volta in Francia, una famiglia omoparentale. La trafila giuridica è durata anni ma ora il legame giuridico delle due genitrici con le bambine è «come quello di una famiglia naturale o sposata». Carla e Marie-Laure hanno ottenuto l'affidamento congiunto delle loro tre figlie, Giulietta, Luana e Zelina (5, 7 e 10 anni). Le bambine sono figlie naturali di Marie-Laure, che ha fatto ricorso al'inseminazione artificiale (forse all'estero, visto che in Francia è proibita per le single). Già nel giugno del 2001, Carla aveva ottenuto l'adozione semplice delle tre figlie della sua compagna: una semplice cessione dell'autorità parentale, che permette di aggiungere un legame di filiazione, ma non crea una vera e propria famiglia. Il Pacs non permette l'adozione congiunta da parte di coppie omosessuali. Invece, con la sentenza dello scorso luglio - diventata operativa solo adesso - Carla e Marie-Laure hanno eguale autorità parentale sulle tre figlie. Il tribunale che ha emesso la sentenza, l'ha così giusitificata: la «domanda è conforme all'interesse dei bambini». Secondo l'opinione di un giurista, la sentenza «apre una breccia» nel diritto, ma non è detto che faccia giurisprudenza. La situazione delle famiglie omoparentali in Francia è un vero caos giuridico: ci sarebbero intorno alle 100mila famiglie con genitori dello stesso sesso non riconosciute dalla legge. La situazione più semplice è quella di una coppia che alleva dei figli di un primo matrimonio eterosessuale: in questo caso ci può essere l'adozione da parte dell'altro membro della coppia. Ma si tratta di una situazione minoritaria. D'altronde, dal `66 in Francia è possibile per un single di più di 28 anni adottare un bambino. Ma fatta eccezione per la regione parigina e qualche tribunale di provincia, normalmente i servizi amministrativi non danno il via libera all'adozione se scoprono che si tratta di omosessuali che vivono in coppia. Molte coppie hanno fatto come Carla e Marie-Laure: ricorso all'inseminazione arificiale, ma all'estero. Il Belgio è tra le tappe preferite dai francesi, grazie alla vicinanza, ai prezzi e alla facilità con cui è si può ricorrere alla procreazione assistita.
Per le coppie omosessuali maschili, il caso si complica, perché in questo caso è necessario il ricorso a una madre in affitto che rinunci all'autorità parentale. C'è poi la soluzione artigianale, quella di mettersi d'accordo tra due coppie omosessuali per avere un bambino.
Le associazioni di genitori gay hanno accolto positivamente la sentenza. «Le nostre famiglie esistono - afferma Eric Garnier dell'Associazione dei genitori gay e lesbiche - bisogna ormai tener conto di questa realtà». La sentenza è «a favore dell'interesse del bambino» e riconosce il ruolo del secondo genitore. Per il ginecologo Israël Nisand, «la letteratura medica sull'avvenire psicologico dei bambini di famiglie omosessuali non permette di individuare danni specifici».
FRANCIA. Sì alle mamme gay
Riconosciuto l'affidamento congiunto a una coppia omosessuale. E' il primo caso
ANNA MARIA MERLO
PARIGI. Una sentenza di giustizia ha riconosciuto, per la prima volta in Francia, una famiglia omoparentale. La trafila giuridica è durata anni ma ora il legame giuridico delle due genitrici con le bambine è «come quello di una famiglia naturale o sposata». Carla e Marie-Laure hanno ottenuto l'affidamento congiunto delle loro tre figlie, Giulietta, Luana e Zelina (5, 7 e 10 anni). Le bambine sono figlie naturali di Marie-Laure, che ha fatto ricorso al'inseminazione artificiale (forse all'estero, visto che in Francia è proibita per le single). Già nel giugno del 2001, Carla aveva ottenuto l'adozione semplice delle tre figlie della sua compagna: una semplice cessione dell'autorità parentale, che permette di aggiungere un legame di filiazione, ma non crea una vera e propria famiglia. Il Pacs non permette l'adozione congiunta da parte di coppie omosessuali. Invece, con la sentenza dello scorso luglio - diventata operativa solo adesso - Carla e Marie-Laure hanno eguale autorità parentale sulle tre figlie. Il tribunale che ha emesso la sentenza, l'ha così giusitificata: la «domanda è conforme all'interesse dei bambini». Secondo l'opinione di un giurista, la sentenza «apre una breccia» nel diritto, ma non è detto che faccia giurisprudenza. La situazione delle famiglie omoparentali in Francia è un vero caos giuridico: ci sarebbero intorno alle 100mila famiglie con genitori dello stesso sesso non riconosciute dalla legge. La situazione più semplice è quella di una coppia che alleva dei figli di un primo matrimonio eterosessuale: in questo caso ci può essere l'adozione da parte dell'altro membro della coppia. Ma si tratta di una situazione minoritaria. D'altronde, dal `66 in Francia è possibile per un single di più di 28 anni adottare un bambino. Ma fatta eccezione per la regione parigina e qualche tribunale di provincia, normalmente i servizi amministrativi non danno il via libera all'adozione se scoprono che si tratta di omosessuali che vivono in coppia. Molte coppie hanno fatto come Carla e Marie-Laure: ricorso all'inseminazione arificiale, ma all'estero. Il Belgio è tra le tappe preferite dai francesi, grazie alla vicinanza, ai prezzi e alla facilità con cui è si può ricorrere alla procreazione assistita.
Per le coppie omosessuali maschili, il caso si complica, perché in questo caso è necessario il ricorso a una madre in affitto che rinunci all'autorità parentale. C'è poi la soluzione artigianale, quella di mettersi d'accordo tra due coppie omosessuali per avere un bambino.
Le associazioni di genitori gay hanno accolto positivamente la sentenza. «Le nostre famiglie esistono - afferma Eric Garnier dell'Associazione dei genitori gay e lesbiche - bisogna ormai tener conto di questa realtà». La sentenza è «a favore dell'interesse del bambino» e riconosce il ruolo del secondo genitore. Per il ginecologo Israël Nisand, «la letteratura medica sull'avvenire psicologico dei bambini di famiglie omosessuali non permette di individuare danni specifici».
OMS e Guidi
sul benessere psicologico dei bambini
Yahoo! Salute mercoledì 22 settembre 2004,
Psicologia Psichiatria Neurologia
Il Pensiero Scientifico Editore
OMS e benessere psicologico dei bambini
Si è conclusa ieri in Lussemburgo la conferenza preparatoria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dedicata alla salute mentale dei bambini e degli adolescenti. Un tema sempre più dibattuto e sempre più attuale in una società come quella attuale, che vive intense contraddizioni.
L’Onorevole Guidi, in rappresentanza dell’Italia, è intervenuto in apertura dei lavori. Il contributo italiano, in linea con il programma di azione comunitario approvato dall’Unione Europea, ha ribadito l’importanza della scientificità degli interventi, della loro valutazione e dell’implementazione delle buone pratiche. Particolare attenzione è stata dedicata alla tutela della salute dei bambini coinvolti direttamente o indirettamente dalla guerra. Molti peraltro i dati preoccupanti riportati dai Paesi europei, in cui si registra l’aumento del 70 per cento dei disturbi d’ansia e depressivi in questa fascia d’età.
“Non possiamo comunque dimenticare che per troppo tempo la nostra attenzione è stata rivolta solamente alle patologie”, ha sottolineato l’Onorevole Guidi, invitando gli esperti presenti a focalizzare l’attenzione anche sulla promozione della salute e sul benessere psicologico dei bambini. “Parliamo così spesso dei bambini”, ha concluso Guidi, “conoscendoli forse meno dei marziani”.
Psicologia Psichiatria Neurologia
Il Pensiero Scientifico Editore
OMS e benessere psicologico dei bambini
Si è conclusa ieri in Lussemburgo la conferenza preparatoria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dedicata alla salute mentale dei bambini e degli adolescenti. Un tema sempre più dibattuto e sempre più attuale in una società come quella attuale, che vive intense contraddizioni.
L’Onorevole Guidi, in rappresentanza dell’Italia, è intervenuto in apertura dei lavori. Il contributo italiano, in linea con il programma di azione comunitario approvato dall’Unione Europea, ha ribadito l’importanza della scientificità degli interventi, della loro valutazione e dell’implementazione delle buone pratiche. Particolare attenzione è stata dedicata alla tutela della salute dei bambini coinvolti direttamente o indirettamente dalla guerra. Molti peraltro i dati preoccupanti riportati dai Paesi europei, in cui si registra l’aumento del 70 per cento dei disturbi d’ansia e depressivi in questa fascia d’età.
“Non possiamo comunque dimenticare che per troppo tempo la nostra attenzione è stata rivolta solamente alle patologie”, ha sottolineato l’Onorevole Guidi, invitando gli esperti presenti a focalizzare l’attenzione anche sulla promozione della salute e sul benessere psicologico dei bambini. “Parliamo così spesso dei bambini”, ha concluso Guidi, “conoscendoli forse meno dei marziani”.
le crociate
massacri e saccheggi
Corriere della Sera 23.9.04
L’esaltazione del pellegrinaggio come forma di purificazione dello spirito
di Cesare Segre
Di guerra santa e di crociate, ormai, si parla ogni giorno, a proposito e a sproposito. Ma sarebbe interessante sapere cosa ne pensavano, come le vivevano gli uomini del Medioevo. Ci aiuta ora a soddisfare questa curiosità un volume dei «Meridiani» Mondadori, Le crociate. Testi storici e poetici, a cura di Gioia Zaganelli. La Zaganelli ha raccolto o antologizzato, con traduzione italiana, i testi più importanti sull'argomento, dalla Chanson d'Antioche sino alla Conquête de Constantinople di Geoffroy de Villehardouin. Il corredo illustrativo è imponente: l'ottima introduzione generale è integrata da introduzioni ai singoli testi (della Zaganelli e di validi collaboratori, tra cui Alvaro Barbieri ed Eugenio Burgio), da un glossario dei termini d'uso medievale, da una ricca bibliografia, da indici dei nomi di persona e dei toponimi, preziosi per orientarsi tra la molteplicità delle designazioni, soprattutto romanze, greche e arabe, per i medesimi luoghi, e da cartine geografiche degli itinerari percorsi e delle città o regioni te
I primi testi letterari sulle crociate sono di carattere epico e opera di giullari; gli ultimi di carattere cronachistico, scritti da personaggi importanti, che alle crociate parteciparono anche in posizione eminente. Tra gli uni e gli altri c'è una forte differenza. Nelle composizioni epiche circola molta più fantasia e la realtà è spesso deformata o inventata. Il modello onnipresente è la Chanson de Roland, che poco avanti la prima crociata (1096-1098) aveva già lanciato il tema della guerra santa, della lotta contro tutto l'Islam. Raccontando una crociata reale, i giullari si rendono conto che non è facile strappare i principi dai loro possedimenti, i contadini e gli artigiani dal loro lavoro, per trascinarli, con una motivazione «spirituale», in Paesi stranieri e in una guerra d'aggressione. Perciò danno voce a Cristo, ai santi e ai fautori contemporanei della crociata, così da dedurre, con mezzi argomentativi, un'infondata rivendicazione territoriale (il diritto dei cristiani al dominio dei luoghi santi e non solo di quelli), da un innegabile evento religioso (la predicazione di Gesù).
Emergono dal contesto epico molte motivazioni di fondo. Per esempio l'esaltazione del pellegrinaggio, come forma di purificazione dello spirito. Pellegrinaggi in Terrasanta se ne facevano regolarmente. Ma ecco che le crociate furono assunte al ruolo di «pellegrinaggi guerrieri»: il sostantivo dava una copertura alle violenze implicate dall'attributo. La Chanson d'Antioche, per esempio, narra, senza attenuarli, episodi di terribile crudeltà a opera dei crociati. C'è poi la spinta, talora esplicita, della riscossa di classe: il bottino viene distribuito a tutti, ricchi e poveri, e anzi qualche cavaliere ambizioso crea battaglioni di «ribaldi», cioè di miserabili fuorilegge, che si fanno una sinistra fama come guastatori. Di fatto, nelle crociate vigevano una licenza, ma anche una mobilità sociale, impensabili nei Paesi d'origine: un'attrattiva non piccola in un mondo complessivamente cristallizzato.
Invece, nei testi dei protagonisti-scrittori, come Robert de Clari o Geoffroy de Villehardouin, i dati storici e geografici sono di solito esatti e la finalità non è più esortativa, ma apologetica: giustificare il comportamento proprio o della propria parte (Geoffroy era condottiero e diplomatico). In prima linea la spartizione e la gestione delle terre d'Oltremare fra i capi crociati, che spesso vantavano come titoli di merito i propri successi bellici. Congiure e lotte di successione erano all'ordine del giorno. Ma siamo ormai alla quarta crociata (1202-1204), intrapresa come spedizione in Egitto e presto trasformatasi in guerra per la conquista di Costantinopoli. Fu insomma una crociata contro i cristiani, sia pure scismatici, e forse anche più cruenta di altre.
Singoli gruppi di crociati avevano già lasciato dietro di sé, in Europa centrale, sangue e rovine. Ma contro Costantinopoli mossero, più ancora che con odio (certo c'erano già stati precedenti scontri, sempre per motivi politici o commerciali, fra latini e greci), con un'avidità stimolata dalla fama della «nuova Roma» e delle sue straordinarie ricchezze. La spedizione fu dunque coronata da un folle massacro e da un immenso saccheggio. In gran parte a opera dei singoli crociati, in parte minore di gruppi nazionali, come i veneziani, che raccolsero così molti dei tesori ancora conservati a Venezia. Non ultime tra le prede belliche, secondo lo spirito dei tempi, le reliquie venerate nella stupenda città: su questo tema, la Conquête de Constantinople di Robert de Clari sembra arieggiare lo spirito degli attestati medievali di autenticità dei «santi resti», tanta è la cura con cui l'autore descrive i reperti trasportati in Francia e donati all’abbazia di Corbie.
In queste vicende i veneziani, che provvedevano al trasporto marittimo dei crociati, ebbero purtroppo un ruolo decisivo. Si trattava, per loro, di difendere i traffici con l'Oriente, per i quali Costantinopoli era un crocevia irrinunciabile. Ma l'indebolimento dell'Impero d'Oriente, che protrasse ancora la sua lenta decadenza per un paio di secoli, aprì le porte all’espansionismo dei turchi ottomani: nel 1453 fu Maometto II a conquistare, e definitivamente, la grande città. Tante volte s'incominciano guerre senza pensare che le conseguenze possono essere diverse da quelle previste e predicate.
L’esaltazione del pellegrinaggio come forma di purificazione dello spirito
di Cesare Segre
Di guerra santa e di crociate, ormai, si parla ogni giorno, a proposito e a sproposito. Ma sarebbe interessante sapere cosa ne pensavano, come le vivevano gli uomini del Medioevo. Ci aiuta ora a soddisfare questa curiosità un volume dei «Meridiani» Mondadori, Le crociate. Testi storici e poetici, a cura di Gioia Zaganelli. La Zaganelli ha raccolto o antologizzato, con traduzione italiana, i testi più importanti sull'argomento, dalla Chanson d'Antioche sino alla Conquête de Constantinople di Geoffroy de Villehardouin. Il corredo illustrativo è imponente: l'ottima introduzione generale è integrata da introduzioni ai singoli testi (della Zaganelli e di validi collaboratori, tra cui Alvaro Barbieri ed Eugenio Burgio), da un glossario dei termini d'uso medievale, da una ricca bibliografia, da indici dei nomi di persona e dei toponimi, preziosi per orientarsi tra la molteplicità delle designazioni, soprattutto romanze, greche e arabe, per i medesimi luoghi, e da cartine geografiche degli itinerari percorsi e delle città o regioni te
I primi testi letterari sulle crociate sono di carattere epico e opera di giullari; gli ultimi di carattere cronachistico, scritti da personaggi importanti, che alle crociate parteciparono anche in posizione eminente. Tra gli uni e gli altri c'è una forte differenza. Nelle composizioni epiche circola molta più fantasia e la realtà è spesso deformata o inventata. Il modello onnipresente è la Chanson de Roland, che poco avanti la prima crociata (1096-1098) aveva già lanciato il tema della guerra santa, della lotta contro tutto l'Islam. Raccontando una crociata reale, i giullari si rendono conto che non è facile strappare i principi dai loro possedimenti, i contadini e gli artigiani dal loro lavoro, per trascinarli, con una motivazione «spirituale», in Paesi stranieri e in una guerra d'aggressione. Perciò danno voce a Cristo, ai santi e ai fautori contemporanei della crociata, così da dedurre, con mezzi argomentativi, un'infondata rivendicazione territoriale (il diritto dei cristiani al dominio dei luoghi santi e non solo di quelli), da un innegabile evento religioso (la predicazione di Gesù).
Emergono dal contesto epico molte motivazioni di fondo. Per esempio l'esaltazione del pellegrinaggio, come forma di purificazione dello spirito. Pellegrinaggi in Terrasanta se ne facevano regolarmente. Ma ecco che le crociate furono assunte al ruolo di «pellegrinaggi guerrieri»: il sostantivo dava una copertura alle violenze implicate dall'attributo. La Chanson d'Antioche, per esempio, narra, senza attenuarli, episodi di terribile crudeltà a opera dei crociati. C'è poi la spinta, talora esplicita, della riscossa di classe: il bottino viene distribuito a tutti, ricchi e poveri, e anzi qualche cavaliere ambizioso crea battaglioni di «ribaldi», cioè di miserabili fuorilegge, che si fanno una sinistra fama come guastatori. Di fatto, nelle crociate vigevano una licenza, ma anche una mobilità sociale, impensabili nei Paesi d'origine: un'attrattiva non piccola in un mondo complessivamente cristallizzato.
Invece, nei testi dei protagonisti-scrittori, come Robert de Clari o Geoffroy de Villehardouin, i dati storici e geografici sono di solito esatti e la finalità non è più esortativa, ma apologetica: giustificare il comportamento proprio o della propria parte (Geoffroy era condottiero e diplomatico). In prima linea la spartizione e la gestione delle terre d'Oltremare fra i capi crociati, che spesso vantavano come titoli di merito i propri successi bellici. Congiure e lotte di successione erano all'ordine del giorno. Ma siamo ormai alla quarta crociata (1202-1204), intrapresa come spedizione in Egitto e presto trasformatasi in guerra per la conquista di Costantinopoli. Fu insomma una crociata contro i cristiani, sia pure scismatici, e forse anche più cruenta di altre.
Singoli gruppi di crociati avevano già lasciato dietro di sé, in Europa centrale, sangue e rovine. Ma contro Costantinopoli mossero, più ancora che con odio (certo c'erano già stati precedenti scontri, sempre per motivi politici o commerciali, fra latini e greci), con un'avidità stimolata dalla fama della «nuova Roma» e delle sue straordinarie ricchezze. La spedizione fu dunque coronata da un folle massacro e da un immenso saccheggio. In gran parte a opera dei singoli crociati, in parte minore di gruppi nazionali, come i veneziani, che raccolsero così molti dei tesori ancora conservati a Venezia. Non ultime tra le prede belliche, secondo lo spirito dei tempi, le reliquie venerate nella stupenda città: su questo tema, la Conquête de Constantinople di Robert de Clari sembra arieggiare lo spirito degli attestati medievali di autenticità dei «santi resti», tanta è la cura con cui l'autore descrive i reperti trasportati in Francia e donati all’abbazia di Corbie.
In queste vicende i veneziani, che provvedevano al trasporto marittimo dei crociati, ebbero purtroppo un ruolo decisivo. Si trattava, per loro, di difendere i traffici con l'Oriente, per i quali Costantinopoli era un crocevia irrinunciabile. Ma l'indebolimento dell'Impero d'Oriente, che protrasse ancora la sua lenta decadenza per un paio di secoli, aprì le porte all’espansionismo dei turchi ottomani: nel 1453 fu Maometto II a conquistare, e definitivamente, la grande città. Tante volte s'incominciano guerre senza pensare che le conseguenze possono essere diverse da quelle previste e predicate.
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