domenica 25 gennaio 2004

il sogno nel Medioevo
citato al Lunedì

Repubblica 25.1.04
COME SOGNAVA IL MEDIOEVO

un fiorire di interpretazioni nel XII secolo
Averroè si interessa alla psiche di chi sogna
la lettura che ne dà Ildegarda di Bingen
Una casistica onirica classifica il sogno in vari modi, includendo il lato religioso
La rinascita civile si manifesta anche attraverso il rinnovamento di certe teorie
di JACQUES LE GOFF


Pubblichiamo parte della voce "Sogni" scritta da all´interno del II volume del "Dizionario dell´Occidente medievale" a cura di Le Goff e Jean-Claude Schmitt (Einaudi, pagg. XVIII, 589-1314, euro 75) tra pochi giorni in libreria.
Il XII secolo può essere considerato un´epoca di riconquista del sogno da parte della cultura e della mentalità medievali. In breve, si può dire che il diavolo faccia marcia indietro a vantaggio di Dio e soprattutto che si dilati il campo del sogno «neutro», del somnium, più strettamente legato alla psicologia dell´uomo. Questa relazione fra sogno e corpo, questo sbilanciamento dell´oniromanzia verso la medicina e la psicologia si realizzerà nel XIII secolo con Alberto Magno e in seguito con Arnaldo di Villanova. Nello stesso momento in cui si desacralizza il sogno si democratizza. Semplici chierici - in attesa dei semplici laici - hanno il privilegio di fare sogni significativi.
La rinascita del XII secolo si manifesta attraverso un grande rinnovamento delle teorie riguardanti il sogno e la sua interpretazione. Il De spiritu et anima, attribuito dai medievali a sant´Agostino, riprende la classificazione in cinque specie di sogni fatta da Macrobio, ma insiste poi sulla diversità dei sogni legata alla varietà dei tipi di individui, che possono sognare. Il sogno (somnium) diviene largamente indipendente dalla visione (visio) venuta dall´alto; si tratta d´un fenomeno umano. Se si può e si deve ricercare il suo significato nascosto, rivelatore, premonitore o simbolico, questo significato deve essere ottenuto, in quanto portatore di senso, a partire dalle caratteristiche degli individui, tutti ugualmente «veicoli» di sogni da interpretare. Se questa interpretazione deve tener conto delle corrispondenze fra l´uomo-microcosmo e l´universo-macrocosmo e, in particolare, del momento del «tempo» durante il quale si produce il sogno (giorno o notte, stagione particolare), esso, tuttavia, «rientra nel ciclo psicologico dell´individuo» (M. Fattori). Il tipo di umore dominante nel sognatore riveste un´importanza particolare per la natura e il trattamento dei sogni: sanguigno, collerico, flemmatico, malinconico. Sogno e struttura fisica sono inoltre strettamente legati nel trattato De pronosticatione somniorum di Guglielmo d´Aragona.
La famosa badessa visionaria Ildegarda di Bingen, che fornisce una vera e propria teoria psicofisiologica del sogno nel suo trattato Causae et curae, presenta il sogno (somnium), in opposizione all´incubo, come un fenomeno normale dell´«uomo di buon carattere». La diffusione in latino delle opere dei grandi filosofi arabi, Avicenna e Averroè, giungerà a confortare questa relazione dei sogni con la psicologia dei sognatori. Per Averroè, «gli uomini i cui sogni sono "veri" sono soprattutto quelli di complessione moderata». S´afferma così il rinnovamento d´un legame tradizionale - almeno a partire da Ippocrate - fra sogno e medicina. Attraverso numerose figure, fra cui una delle più importanti è, nel XIII secolo, il santo domenicano Alberto Magno, questo legame si affermerà, nella svolta dal XIII al XIV secolo, con il celebre medico spagnolo Arnaldo di Villanova.
Già Pascalis Romanus, nel suo Liber thesauri occulti composto a Costantinopoli nel 1165, testimonia il mutato atteggiamento cristiano nei confronti dei sogni. Egli rivendica uno statuto scientifico per l´interpretazione dei sogni insistendo sull´importanza delle loro cause fisiche naturali, in virtù delle quali essi rappresentano una precisa indicazione per i medici nella diagnosi delle malattie, e afferma che «anche i sogni che sembrano illusori insegnano molte cose all´uomo riguardo al suo stato futuro». Aggiunge inoltre che questa scienza dei sogni richiede la conoscenza della tradizione classica, latina e greca, inerente il sapere dei maghi e dei filosofi «caldei, persiani, faraonici» considerandola ausilio della «scrittura divina e umana», dell´«uso sperimentale» e della «ragione».
Una delle figure maggiori dell´umanesimo di Chartres nel XII secolo, l´inglese Giovanni di Salisbury, nel suo grande trattato il Policraticus (1159), riserva un posto privilegiato al sogno all´interno di una vera e propria semiologia del sapere. Egli insiste sulla molteplicità di significati di cui sono portatori i sogni e definisce con chiarezza i principi d´una oniromanzia cristiana: «Essa manifesta al livello più alto l´arte della congettura, nel caso sappia distinguere accuratamente le differenze fra le cose sotto la similitudine dei segni», se si sforza di cogliere l´enigma dei sogni e la loro ambiguità situando correttamente i simboli onirici nei loro legami precisi con i temperamenti e i tipi di clima, con le condizioni storiche e lo statuto sociale del sognatore (Tullio Gregory). Certamente la oniromanzia cristiana deve rifiutare di andare troppo oltre nel penetrare il mistero dei rapporti fra Provvidenza divina e libertà umana.
Anche un cistercense quale il renano Cesario di Heisterbach, agli inizi del XIII secolo, nel suo Dialogus miraculorum, trattato di dottrina cristiana a uso dei predicatori e della massa dei fedeli, si crede obbligato, in un capitolo in cui mostra l´importanza delle visioni, a presentare una lista delle origini dei sogni riprendendo distinzioni antiche e tradizionali, ma insistendo in maniera moderna sulla «diversità» dei sogni.
Questo fiorire di testi, dichiarazioni e discussioni intorno ai sogni è assai segnato dalla scienza antica greca e ellenistica trasmessa da Bizantini, Ebrei e Arabi, i quali vi hanno tutti aggiunto il peso delle proprie ricerche e produzioni scientifiche e culturali. All´interno del grande pensiero filosofico e teologico, le idee di Avicenna, poi di Averroè e di Aristotele sono state di particolare efficacia per lo sviluppo del pensiero e della cultura cristiani nel XII e XIII secolo. Ne è risultata, oltre alle traduzioni dei trattati di oniromanzia orientali in latino e ben presto, per alcuni testi, in volgare, la loro imitazione in opere come il Liber thesauri occulti composto da un cristiano latino a Costantinopoli, o la produzione di testi e pratiche più rudimentali, che manifestano l´ibridazione fra cultura dotta e cultura popolare, e la diffusione sociale del discorso sui sogni. Lo dimostra il successo di numerose «chiavi dei sogni», il cui prototipo è la traduzione, a opera di Leone il Toscano, nel 1177, della chiave dei sogni araba di Ahmad. A tutto ciò bisogna aggiungere la volgarizzazione della pratica del «salterio onirico», forse esistente da lungo tempo ma impiegata sempre più apertamente: un sognatore confida il proprio sogno a un sacerdote, il quale apre a caso un salterio e una frase della pagina in cui si è (misteriosamente, provvidenzialmente?) aperto il libro fornisce, attraverso l´intermediazione del sacerdote, il significato del sogno.
Il sogno estende la sua funzione nel campo culturale e politico. Gioca il proprio ruolo nel recupero della cultura antica: sogni della sibilla, premonitori del cristianesimo, sogni dei grandi intellettuali precursori della religione cristiana, Socrate, Platone, Virgilio. Si tratta dell´energia onirica d´una nuova storia delle civiltà e della salvezza. Il sogno ritrova, modernizzato, il ruolo che aveva ricoperto nella tarda Antichità per giustificare l´accettazione d´una eredità culturale da parte del cristianesimo e alcune conversioni alla nuova religione. In uno stupefacente testo autobiografico, l´Ebreo convertito Hermann fa del sogno l´artefice della sua conversione.
Il sogno diventa uno dei motori della creazione letteraria, dà l´avvio e struttura l´intrigo delle chansons de geste e dei romanzi cortesi. «L´idea del sogno generatore di poesia si ritrova in forma decisamente compiuta nel XIII secolo in Guillaume de Lorris il quale, presentando il suo Roman de la Rose come il racconto d´un sogno, ne fa il prototipo della letteratura onirica cortese (...). Il giardino onirico in cui l´amante-poeta crede di penetrare non è unicamente il luogo chiuso e interiorizzato in cui si "sceglie", sotto le sembianze della rosa, l´oggetto sempre distante del desiderio (...). La letteratura sogna solamente se stessa» (Herman Braet). La letteratura, inoltre, testimonia della comparsa dell´uomo semplice che gode del privilegio di fare sogni premonitori. Nel poema in antico tedesco (XII secolo) Meier Helmbrecht, a forte contenuto sociale, Helmbrecht padre, un semplice contadino ma sottomesso alla sua condizione per rispetto dell´ordine sociale voluto da Dio, vede in quattro sogni successivi il tragico destino di suo figlio, il quale si è ribellato a tale ordine ed è caduto in una condizione di decadenza morale.
Nell´arte, le rappresentazioni dei sogni si moltiplicano, dando nascita a un topos gestuale onirico: «il dormiente che sogna è rappresentato, nella maggior parte dei casi, coricato sul fianco, con gli occhi chiusi e la mano che sostiene il capo». Ma questo gesto tecnico è significativo: è, al tempo stesso, il risorgere d´una pratica molto antica e affermazione della nuova autonomia della creazione artistica. Riporta alla luce il gesto rituale dell´incubazione, ma lo sposta «dalla parte della scrittura». Il sogno, sotto forma della visione, gioca inoltre un ruolo chiave nell´evoluzione del sentimento religioso. Forma significativa del viaggio nell´aldilà sempre più in voga, il sogno contribuisce in modo decisivo all´invenzione del terzo luogo dell´aldilà: il purgatorio, nel quale una visione trasporta fedeli sempre più numerosi. Esso è un essenziale strumento di nuovi scambi fra i vivi e i morti che il purgatorio crea o rianima. Nel XII e XIII secolo il sogno è divenuto un´«esperienza totale» che implica corpo e anima, l´individuo, i suoi rapporti con la collettività dei cristiani e le sue possibilità di salvezza.

"neuroscienze":
il prof. Alberto Oliverio e gli americani

una segnalazione di Tonino Scrimenti

Repubblica delle donne-anno 9 n. 385 del 24 gennaio 2004
NEUROSCIENZE
NELLA TESTA DI UN RAGAZZO

Che cosa rende gli adolescenti tanto complicati e difficili? Quello che gli sta succedendo nel cervello, risponde un nuovo filone di ricerca: attraversano una fase di crescita neuronale paragonabile a quella di un bambini di due anni. La maturità arriva quando la corteccia prefrontale impara a dominare gli istinti.
di Daniela Condorelli


Cosa c'è alla base del comportamento irrequieto e a volte inspiegabile degli adolescenti? Rivoluzioni ormonali, cattive compagine, famiglie inadeguate... Forse, ma non solo questo. C'è, soprattutto, un cervello ancora in formazione, che non sa mettere freno agli istinti e non ha pienamente sviluppato l'area che presiede alla capacità di giudizio. A svelarlo è l'ultima frontiera delle neuroscienze, la disciplina in grado di leggere l'anatomia e i mutamenti cerebrali grazie a tecnologie di diagnostica per immagini. per esempio la risonanza magnetica. La recente scoperta, che rivoluziona le teorie dell'educazione, è questa: i cambiamenti nel cervello non si limitano, come si riteneva, ai primi sei anni di vita, ma proseguono almeno fino ai venti. Solo a quel punto, l'architettura dell'organo è completa.
Pioniere di questo nuovo filone, che spiega con le neuroscienze gli sconvolgimenti dell'adolescenza, è Jay Giedd del National Institute of Mental Health (di Bethesda. Giedd ha dimostrato che il cervello dei giovanissimi non è si ancora formato del lutto osservando la materia grigia di 145 bambini sani con la risonanza magnetica, a intervalli di due anni, Lo studio ha evidenziato che, appena prima della pubertà, vi é un'area del cervello, la corteccia prefrontale, in fervente attività di crescita. È un'area speciale: modula le emozioni, controlla le reazioni impulsive e regge le file della capacità di organizzazione. Non per niente è stata soprannominata l'area del ripensamento assennato". In particolare, la corteccia prefrontale tiene a bada un'altra area cerebrale, l'ippocampo, responsabile dei bisogni primari (per esempio mangiare o accoppiarsi) che non sempre vanno d'accordo con le esigenze e la morale della società. Solo quando la corteccia prefrontale matura, l'adolescente è in grado di controllare gli istinti e di esprimere giudizi. Ecco perché non é lecito aspettarsi da un teenager le stesse capacità di giudizio di un adulto. Ed ecco perché l'adolescenza è il periodo in cui si radicano comportamenti a rischio, come il fumo, o si contraggono più facilmente malattie sessualmente trasmissibili.
«Sapevamo che é un'età irrequieta», commenta lo psicobiologo Alberto Oliverio, docente all'Università La Sapienza di Roma «Ora, con queste ricerche, ne abbiamo le prove strutturali. II giudizio opera in termini di centesimi di secondo. bloccando le reazioni impulsive. Un'abilità che gli adolescenti difficilmente hanno». Si spiega così perché a volte un sedicenne non ci pensa due volte: prima di salir su un'auto guidata da un amico ubriaco. E a proposito di alcol: è proprio in questa fase di scarso controllo e mancanza di freni che. ironia della natura. il cervello e più vulnerabile agli effetti di droghe e superalcolici. Parlando con i giovanissimi, Giedd mostra toro le Immagini del cervello in evoluzione e spiega come, su una materia grigia ancora in crescita, l'effetto dì alcol e droghe non duri una sera o un week-end, ma tutta la vita.
Una corteccia prefrontale immatura significa anche non sapersi organizzare, non saper stabilire priorità: persino decidere se telefonare a un’amica o dipingersi prima le unghie diventa un problema. Non solo: le indagini di Giedd hanno dimostrato che, nella preadolescenza, vi è un periodo di sovrapproduzione di cellule cerebrali (neuroni) e di sinapsi (collegamenti tra di essi) simile a quello che caratterizza il cervello di un bambino di due anni. Le cose vanno così: l'organo del piccolo si sviluppa grazie a una vera e propria esplosione di nuovi contatti tra cellule cerebrali, seguito da un processo di "sfrondamento", che avviene intorno ai tre anni. Dopo il periodo di sovrapproduzione, infatti. si assiste a un'agguerrita competizione tra cellule cerebrali, che combattono per la sopravvivenza. Lo stesso avviene nella corteccia prefrontale di un preadolescente: a 11 anni in una ragazza e a 12 in un maschio, si verifica un boom di crescita neuronale. In seguito. si assiste a un ridimensionamento dei contatti.
Secondo Robert McGivern. neuroscienziato dell'Università di San Diego, questo periodo di iperattività e sovreccitazione fa sì che gli adolescenti abbiano meno risorse disponibili per la "sapienza sociale". E li lascia anche più vulnerabili agli sbalzi d'umore e persino alla depressione. In una ricerca pubblicata sulla rivista Brain and Cognition. McGivern ha dimostrato che gli adolescenti non sono in grado di identificare rapidamente le emozioni altrui (il test consisteva nell'associare una serie di volti con espressioni diverse all'emozione corrispondente). Come se il cervello avesse bisogno di concentrarsi su se stesso per consolidare e rinforzare le connessioni più importanti. "tagliando" quelle in sovrappiù (tra i 13 ed i 18 anni viene perso ogni anno I'1 per cento di materia grigia). Un processo che porta Giedd a sottolineare l'importanza del tipo di connessioni che vengono stimolate. Use or lose it, usalo o lo perderai. «La crescita del cervello durante la pubertà costituisce un immenso potenziale», ha dichiarato il ricercatore alla trasmissione di attualità Frontline, dell'americana Pbs, «Se un teenager suona, fa sport o studia, le connessioni relative verranno rinforzate. Se giace sul divano giocando con i videogames o guardando Mtv, saranno altre le cellule e; le connessioni destinate a sopravvivere»_
E qui entrano in causa i genitori che, rassicurati sulla normalità biologica del loro scapestrati teenager grazie alle spiegazioni fornite dall'anatomia cerebrale, continuano a domandarsi cosa fare. Per loro Dan Siegel, psichiatra. docente presso il Center for Culture. Brain and Development di Santa Monica, ha scritto Parents from inside out (edito da Hardcover). La novità di quest'ennesimo compendio di psicopedagogia per genitori in crisi è nell'approccio: l'autore è il padre di una nuova disciplina, denominata neuropsicologia interpersonale. L'idea è che le relazioni e la comunicazione tra persone abbiano un impatto diretto sullo sviluppo del cervello, il suo funzionamento e, di conseguenza, il comportamento. Dan Siegel è convinto che comprendere come è fatto e come funziona quest'organo possa aiutare le persone a migliorare le relazioni, la vita emotiva e la capacità di educare i figli. E il suo manuale è una guida per diventare genitori migliori a partire dalle nuove scoperte delle neuroscienze. Analizzato scientificamente il cervello dei ragazzi, infatti, la capacità di ascoltarli non solo rimane importante, ma risulta ancora più determinante. Gli adolescenti hanno bisogno di parlare, parlare e parlare, per fare il punto su emozioni e decisioni che non sono in grado di governare.
E il futuro? Secondo Giedd, porterà la comprensione di quali aspetti influenzano lo sviluppo del cervello: i genitori, il cibo, i geni, le attività? Per comprendere quali aree sono influenzate dal contesto e quali dai geni, i ricercatori hanno focalizzato l'attenzione sui gemelli, fotografando il loro cervello nell'infanzia, quando le attività dei due fratelli sono molto simili, e nell'adolescenza, quando cominciano differenziarsi. Hanno constatato che è il cervelletto la parte più diversa nei gemelli, quindi più facilmente influenzabile dall'ambiente. A che cosa serve? A coordinare i muscoli (se il cervelletto lavora bene sarai un buon atleta), ma anche il pensiero e i processi cognitivi. «Così come si può essere fisicamente goffi, lo si può essere mentalmente», commenta Jay Giedd. Nel cervelletto sembra risiedere quell'abilità a destreggiarsi tra le complessità della vita sociale che manca clamorosamente ai teenager. E attenzione: gli esperti pensano che sia l'esercizio fisica a influenzarne lo sviluppo. Correre, giocare, saltare. Allenare i pollici con i joystick dei videogames non è sufficiente.
Le scoperte di Giedd hanno scardinato le basi delle teorie educative tradizionali, secondo cui entro i primissimi anni di vita l'identità di un bambino è formata e il suo destino segnato. Negli Stati Uniti ha avuto grande seguito la convinzione che il periodo tra 0 a 3 anni fosse in assoluto il più importante per lo sviluppo della persona, tanto che negli anni '90 gli investimenti e gli sforzi educativi si sono concentrati quasi esclusivamente in questa direzione. Un esempio: nel '98 il governatore della Georgia ha stanziato 105 mila dollari per distribuire un cd di musica classica a tutte le neomamme. Adesso si chiede altrettanta attenzione (e investimenti) per giocare al meglio la carta dell'adolescenza. «Sì, i primi tre anni di vita sono fondamentali», avverte Jay Giedd. «ma i successivi 16 non sono da meno». E ai genitori che si aspettano maturità dal figlio quindicenne il consiglio è, ancora una volta: «Abbiate pazienza. Lavori in corso»

Un'immagine in mente

Le neuroscienze sono una disciplina giovane. Negli ultimi 25 anni i ricercatori hanno svelato l'architettura del cervello e il suo funzionamento, con un occhio di riguardo a malattie come la schizofrenia e ai meccanismi che le causano. Con l'avvento delle nuove tecnologie a immagini, è stato possibile monitorare l'attività di diverse aree cerebrali nella vita quotidiana. "Oggi esistono tecniche che permettono di focalizzare l'attenzione su un singolo neurone e vedere, dopo 15 giorni. come si sono modificate le sinapsi", spiega Alberto Oliverio. psicobiologo alla Sapienza di Roma. "É così possibile valutare l'influenza di un ambiente arricchito da determinati stimoli sullo sviluppo cerebrale". Con la risonanza magnetica i ricercatori vedono quale parte del cervello lavora quando si sta compiendo un esercizio, o di fronte a specifiche immagini. Grazie ai costi sempre più ridotti. le tecnologie si stanno diffondendo al di là della medicina. I pubblicitari le usano per capire cosa seduce i consumatori. Così è nato il neuromarketing: si occupa di identificare l'attività del cervello di una persona che sta valutando un prodotto, una confezione o una pubblicità. Paul Zak del Centro di neuroeconomia della Claremont Graduate University (California) ha usato la risonanza magnetica su commissione di un'industria casearia. Come? Fotografando il cervello di un gruppo diamanti della bevanda mentre la assaporano, e trovando stimoli che stimolano la stessa area cerebrale. Se, per esempio, l'area attivata mentre si beve latte è la stessa che si "illumina" di fronte a oggetti che riconducono all'infanzia. la pubblicità punterà su questo genere di ricordi.

Non solo biologia

È dai tempi di Freud che si cercano spiegazioni biologiche a suffragio delle teorie psicoanalitiche, antropologiche e sociologiche. E le scoperte neuroscientifiche sul cervello degli adolescenti vanno in questa direzione. A parlare è Gustavo Pietropolli Charmet, massimo esperto di adolescenza in Italia (è in questi giorni in libreria il suo Crisi center. il tentato suicidio in adolescenza (Franco Angeli). «Un cervello in fase evolutiva spiega bene un'età in cui, semestre dopo semestre, si sviluppano abilità e competenze diverse».
Dall'identità di genere maschile o femminile al pensiero ipotetico-deduttivo, dal processo dì individuazione-separazione alla spinta verso l'accoppiamento. Non per niente l'adolescenza viene definita una "seconda nascita": la nascita sociale. «Ora sarà interessante vedere come si inseriscono i fattori ambientali su queste basi biologiche". continua Charmet. Sì, perché la tentazione, forte ma rischiosa, è di voler semplificare tutto, ridurlo a una questìone di geni. Viene dalla biologia, è vero, la spinta interiore a diventare individuo. a socializzare, ad accoppiarsi. A crescere. Ma tutto ciò si confronta con il cosiddetto ambiente. Più di tutti con i coetanei. di gruppo è I'alter ego sociale, spiega Charmet: «accompagna, esorta, indica la strada, individua idoli e ideali, offre strumenti». Judith Rich Harris. nel suo Non è colpa dei genitori (Oscar Mondadori), spiega perché i figlì imparano più dagli amici che dalla famiglia. Ma attenzione agli azzardi: il contesto in cui vive un adolescente è fatto di adulti e coetanei, così come la spiegazione dei suo comportamento va cercata nel dialogo tra neurobiologia e scienze sociali.

Emanuele Severino:
la filosofia come consolazione

Corriere della Sera 25.1.04
INIZIATIVA / Un nuovo ciclo alla Triennale con nove protagonisti, da Natoli a Cacciari
Consolazioni filosofiche
Severino: «Cerchiamo risposte per sopportare ansia e dolore»
di Ida Bozzi


La cultura non fa più paura: basti pensare al recente successo di Sermonti e dei suoi commenti danteschi, a quello delle lezioni di storia dell'arte di Daverio, e al numero crescente di incontri letterari che riempiono le serate di riposo dei teatri, il lunedì. E proprio «I lunedì filosofici» è il titolo di una nuova iniziativa organizzata da Pier Lombardo Culture e dedicata alla filosofia, che prende il via domani sera ma che registra quasi il tutto esaurito già alla vigilia della prima lezione: solo una cinquantina i posti ormai disponibili, anche se gli incontri sono stati spostati in una sede più ampia, alla Triennale. Argomenti? Complessi: si va dalla filosofia della felicità, con Salvatore Natoli, alle «aporie della libertà» con Massimo Cacciari, fino alla «Gloria» di Emanuele Severino, il filosofo che terrà domani la prima lezione (ore 18.30, viale Alemagna 6, prenotaz. tel. 02.59.99.52.18, ogni incontro 8 euro).
«Forse comincia a emergere - spiega Severino, docente di filosofia teoretica a Venezia - che c'è una forma di sapere che si rivolge ai temi che interessano l'uomo, cioè dolore, morte e così via, però con il rigore della ragione. È la filosofia. Insomma, c'è una relazione tra l'incertezza dell'uomo contemporaneo, e questa nuova ricerca di risposte nella cultura, e nella filosofia».
Prosegue Severino: «Soprattutto il mondo latino - meno l'anglosassone - si sente deluso di fronte agli orrori che l'integralismo religioso produce nel mondo, da una parte, e insoddisfatto delle risposte della scienza, che intorno ai grandi problemi dell'uomo, alla sofferenza, dice poco».
Si fa largo così una terza strada, la filosofia. Proprio di questo parlerà domani sera il filosofo, autore di testi come «Destino della necessità», «L'anello del ritorno» e il recente «La Gloria». «Diciamo una frase che è subito equivocata - spiega Severino - e cioè che la terra è destinata alla Gloria e noi siamo destinati alla vita eterna. Però ognuna di queste parole ha un senso diverso da quello che ha nel contesto religioso. Bisogna cioè capire che cosa significa "noi", "destino" ed "eternità". Ecco quello che la filosofia mette in discussione; e concretamente, perché tutti siamo interessati al dolore che patiamo. E la filosofia nasce proprio dal tentativo di rendere sopportabile il dolore, e di capire se il nostro rapporto col dolore, che per noi comincia con i greci 2500 anni fa, sia autentico, oppure no».

un videoclip di Marco Bellocchio domenica sera a Roma

Repubblica ed. di Roma 25.1.04
Comincia oggi la settimana dell´haute couture. Stasera gala inaugurale alla Galleria Sordi con modelle d'eccezione e videoclip
Moda al via con la grande notte fra cinema, performance e arte
[...]
di GIOVANNA VITALE


Apre oggi l'Alta Moda a Roma
[...]
[Il] gala inaugurale "La notte della grande moda" [è] in programma stasera all´ex Galleria Colonna
[...] Tema della serata, come di tutte le sfilate, il binomio moda e cinema: celebrato in sette videoclip nei quali gli attori Alessandro Gassman, Enrico Lo Verso, Elena Sofia Ricci e Stefano Accorsi, i registi Bellocchio, Ozpetek, Corsicato, Pontecorvo e i fratelli Vanzina raccontano la loro personale visione dell´eleganza.
[...]

presentato "Addio del passato" di Marco Bellocchio

Il Tempo 25.1.04
MARCO Bellocchio vira di 360 gradi l'obiettivo della sua cinepresa e ci sorprende piacevolmente con il suo amore per Verdi
di PAOLO CALCAGNO


È un Bellocchio che non ti aspetti, l'autore dell'apologo verdiano "Addio del passato", presentato al Festival internazionale dei programmi-tv di qualità (Fipa), accolto peraltro con un meritatissimo e caloroso applauso.
In gran forma, il regista del recente "Buongiorno notte", premio speciale della Giuria all'ultima Mostra di Venezia, stavolta ha privilegiato il sentimento e la gratitudine, rispetto alla sua nota e urticante visione critica del sociale, emersa fin dai tempi de "I pugni in tasca".
È un'affettuosa ricerca di Verdi, un riconoscente inchino all'impronta di autentica italianità stampata, indelebile, dal grande musicista e un felice abbandono al magico dondolio del bel canto, questo malinconico e appassionato "Addio del passato" (47 minuti), che ci auguriamo di vedere al più presto sulle reti Rai, magari non a tarda notte, dopo le sapide considerazioni marzulliane. Al centro del documentario c'è "La Traviata", la più celebre e apprezzata delle opere di Verdi. Bellocchio, alla fine del 2000 e con l'avvicinarsi del centenario della morte di Giuseppe Verdi, si è lanciato alla ricerca dei legami tra "La Traviata" e Piacenza, città di origine sua e dell'immortale compositore. Il regista, per rintracciare le melodie alle radici della musica verdiana, segue il cammino che lo porta a contatto con gli abitanti di Piacenza. Soprattutto, Bellocchio si sofferma nel ritrovo dove cantanti e coristi hanno l'abitudine di incontrarsi, spinti dalla passione per "La Traviata": "La Cooperativa Infrangibile", dove ogni martedì mattina i coristi si riuniscono per cantare.
Ma anche al Teatro lirico, nella storica cornice di Villanova D'Arda, al Conservatorio e, persino, fra i tavoli dei ristoranti.
[...]