lunedì 3 marzo 2003

Corriere della Sera 3.3.03
I ricercatori sottoporranno a test oltre duecento giovani
Trovato il filtro d’amore E’ un ormone del cervello
Favorisce il rapporto di coppia. Un’altra sostanza scatena la passione

ROMA - Il segreto dell’amore è la serotonina, la stessa sostanza del cervello che scatena certe forme di follia. Il livello cala con l’avvio della passione. Quindi la fatidica frase sussurrata da lui o lei «Sono pazzo di te», non è un semplice modo di dire, ma è giustificata da una reazione biochimica. Lo avevano rivelato i ricercatori dell’università di Pisa. Non si sono fermati qui. Hanno al contrario formulato una nuova ipotesi, presentata al congresso della società italiana di psicopatologia, la Sopsi, che si è concluso ieri a Roma, titolo «Dal disturbo alla malattia». Dipende da un meccanismo neurobiologico anche l’attaccamento, vero e proprio collante della coppia quando la passione amorosa sfuma. La sostanza sospettata di far scattare l’ingranaggio è l’ossitocina.
Della seconda fase del rapporto amoroso ha parlato Donatella Marazziti, psichiatra e biochimica, da anni è impegnata nel dimostrare «l’aspetto biologico dei sentimenti». L’obiettivo è dimostrare che nell’uomo, come nel topo, esista una stretta correlazione tra solidità sentimentale e ossitocina. Se l’ipotesi verrà confermata l’ossitocina, prodotta già adesso in forma sintetica, potrebbe essere utilizzata come filtro d’amore «per offrire un aiuto chimico ai partner sorretti dalla volontà di costruire un futuro assieme».
Spiega la neurobiologa: «L’oggetto della nostra ricerca è una piccola sostanza composta da appena nove aminoacidi, liberata dall’ipotalamo. Si è visto che nei topi della prateria e in alcune scimmie favorisce le unioni monogame e, più in generale, il mantenimento dei legami sociali inclusi i rapporti amorosi. Entro l’anno intendiamo dimostrare che lo stesso avviene nell’uomo e che tanto più il livello di ossitocina è alto, tanto più l’unione è stabile e gratificante».
L’appropriatezza di questa formula verrà verificata su un centinaio di fidanzati o coniugi che abbiano una relazione amorosa positiva, estranea a tormenti, da almeno un anno. I partner verranno sottoposti a un questionario per valutare la stabilità reale del legame. Quindi si vedrà se esiste una correlazione tra l’esito del test e i livelli di ossitocina rilevabili con un semplice esame del sangue. «L’innamoramento non dura più di due, tre anni, o anche meno. Poi si trasforma in un nuovo sentimento - racconta la scienziata delle emozioni -. Un autore americano ha ipotizzato che quando si decide di stare con una persona, il cosiddetto viraggio monogamico, ci sia una massiccia liberazione di ossitocina nel cervello. È come se la natura intendesse darci un aiuto. Non dimentichiamo che lo stesso ormone entra in gioco durante il parto». Il gruppo pisano spera di arrivare alle conclusioni entro l’anno. La fase più difficile è il reclutamento di coppie stabili.
Nel ’99 lo stesso dipartimento aveva sfornato lo studio sull’innamoramento e il meccanismo che lo innesca, l’attrazione. Sono stati verificati nelle coppie pazze d’amore alterazioni nei livelli di serotonina paragonabili a quelle che si osservano in certi disturbi psichiatrici di tipo ossessivo-compulsivo. Se l’attaccamento può durare una vita intera, la passione amorosa che caratterizza l’inizio di ogni rapporto svanisce. Già dopo 18-24 mesi i livelli di serotonina cominciano a tornare normali. E se il sentimento ha spessore entra in gioco l’ossitocina.
mdebac@corriere.it
Margherita De Bac
Corriere della Sera 3.3.03
Dalla normalità al delirio: i 4 stadi della gelosia
Ne soffrono in modo uguale uomini e donne: «E’ un’alterazione della personalità»

ROMA - Perseguitano il partner con telefonate, pedinamenti, regali, interrogatori, fino a «punirlo» con piccole ritorsioni. Esempio: gomme dell’automobile tagliate. Gelosi ossessivi, secondo gli psichiatri. Passione dai risvolti drammatici e morbosi esplorata da Vittorio Volterra, università di Bologna, al convegno della Società italiana di psicopatologia: «La gelosia fa parte dell’essere umano, nel bene e nel male. Non è mai espressione d’amore e affetto, né segno di stima, fiducia, tolleranza e tantomeno riconoscimento della personalità altrui. È un sentimento negativo per vittima e carnefice». Possono essere identificate 4 forme. C’è la gelosia normale che tradisce quel minimo desiderio «di mantenere per sé le persone della propria sociosfera». Assume i contorni di un disturbo più serio la gelosia espressa dalla necessità di continue verifiche sulla vita del compagno. «Dipende da alterazioni della personalità, tratti di narcisismo, il pretendere che l’attenzione sia concentrata su se stessi. È spesso la proiezione della nostra infedeltà e della nostra insicurezza che si trasferiscono sul malcapitato». Gli ultimi due stadi sconfinano nel patologico. Il geloso ossessivo è preda «della follia del dubbio», molesta il partner a forza di pedinamenti, lo aspetta davanti al portone, lo sommerge di lettere e fax. In termini tecnici si parla di stalking . Infine la forma delirante che compare spesso negli anziani e scaturisce dall’immaginazione. La gelosia non ha sesso, ma dal punto di vista delle ritorsioni è più dura quella maschile.
M. D. B.