venerdì 3 marzo 2006

a proposito di "Left":
due lettere a Giulietto Chiesa... più una

dal sito www.giuliettochiesa.it
chi voglia conoscere le risposte del giornalista le troverà a questo stesso indirizzo

Lettera Firmata - 2-3-06
Anch'io evidentemente - oltre ai maggiori azionisti di Left - sono riuscita a leggere ciò che Lei definisce l'autopanegirico di quel signore a me sconosciuto e mi è parso che si trattasse di linguaggio poetico, più che di frasi di difficilissima decifrazione come sempre Lei afferma. Linguaggio poetico con un grande contenuto di speranza per una sinistra nuova. Forse è perché conosco il dott. Massimo Fagioli dal 1980 come noto psichiatra - autore di Istinto di morte e conoscenza; professore universitario, regista cinematografico nonché autore di varie opere architettoniche. Lo conosco io, ma ho verificato nel tempo che lo conoscono proprio tutti e non solo in Italia. E mi pare strano che per Lei, direttore di un giornale, fosse un signore sconosciuto e rappresentasse uno scoglio insuperabile per la gestione del giornale stesso, perché gli era stata assegnata una rubrica settimanale; tanto da non chiedersi neppure se per caso l'immediato successo del nuovo Left-Avvenimenti fosse dovuto anche al fatto che Fagioli vi scrivesse! Presumo che invece Lei conoscerà certamente il sig. Galimberti, per esempio, che tiene una rubrica su Donna di Repubblica da una ventina d'anni, senza che nessun direttore e vicedirettore si scomponga. Ma certo, lui non propone una sinistra nuova. Una sinistra fatta finalmente di persone capaci di scrollarsi di dosso l'ideologia, per aprirsi alle idee.

Lettera Firmata - 1-3-06
Gentile Giulietto Chiesa, da anni La stimo e La seguo con attenzione; mi spello le mani per applaudirla alle riunioni del Cantiere di Roma, dove non manco quasi mai. Ho sempre apprezzato la Sua chiarezza di idee e il Suo rigore politico, specialmente in questi ultimi anni che hanno visto un'Italia alla deriva con l'assenza di un'opposizione che rasenta la connivenza. Ma su questa vicenda di Left e del professor Fagioli non la seguo più. Leggo la sua lettera pubblicata sul sito "Megachip" e le parole: " (...) Siamo dunque partiti (riferendosi alla prima uscita di Left). E, appena partiti, ci siamo accorti che qualcosa di grave stava succedendo. Intanto l'apparizione sul primo numero della firma, corredata con foto, di un signore a me sconosciuto, tale Massimo Fagioli. Articolo che non avevo visto in precedenza, che non mi era stato annunciato e che, alla prima lettura, risultava incomprensibile: un coarcevo di parole pressoché senza senso comune. (...) Ora, io non posso e non voglio entrare nel merito dei problemi con la redazione, con i proprietari della rivista e quant'altro, nè voglio approfondire il discorso sul professor Fagioli, che non è questo il luogo, ma le Sue parole mi hanno colpito: "qualcosa di grave sava succedendo"... Pubblicare un articolo di Massimo Fagioli davvero Lei pensa sia qualcosa di grave? E perché? Siamo sommersi tutti i giorni da cose che non ci piacciono, in TV e sui giornali; io personalmente ho imparato a girare pagina se un articolo non è di mio gradimento. Mi scusi se insisto, ma la parola "grave" non Le sembra un pò eccessiva? Lei inoltre afferma di non conoscere Massimo Fagioli; mi scusi l'ardire, ma non Le credo: un giornalista attento come è Lei non può non conoscere questo psichiatra che, come si muove, scatena le reazioni isteriche della stampa, per cui, nel corso degli anni (tanti!) centinaia di volte i giornali si sono occupati di lui. E ancora, Lei definisce l'articolo su Left (il primo) di Fagioli, "un coarcevo di parole incomprensibili"...mi perdoni se La contraddico, ma io invece l'ho capito benissimo, e aggiungo: se davanti a tutte le cose che a una prima lettura non capiamo reagissimo con una chiusura definitiva, chissà quante cose inetressanti e belle ci perderemmo! Se una donna La guarda negli occhi, Lei quello sguardo lo sa sempre comprendere a una prima lettura? Un caro saluto.

un'altra lettera sul tema, apparsa sul sito de "il barbiere della sera" (qui), è stata segnalata da Gianpaolo Conti:

lettera aperta
Fleurs - 02.03.2006
Segue lettera aperta a Giulietto Chiesa e alle compagni e compagne della sinistra.
Grazie per l'attenzione,
Gianluca

Cortese Giulietto Chiesa,
chi le scrive è 'semplicemente' un giovane uomo poco più che ventenne, di quelli che vengono detti 'di sinistra', di mestiere faccio il cameriere in un ristorante (contratto precarissimo!) e il compositore di musica (niente contratti!), e cerco di vivere il mio tempo con occhi aperti e sensibilità possibilmente affinata. Vivo in Sicilia.

Le scrivo a proposito dell'affaire sorto, così pare leggendo tutti i giornali, sui rapporti tra Massimo Fagioli, la sua teoria e prassi, e la bella iniziativa editoriale di LEFT.

Ho comprato LEFT fin dal primo numero e continuerò a comprarla: l'ho trovata una eccellente rivista, cui auguro florida e lunga vita.
La lettura dell'editoriale programmatico sul primo numero mi dice di un movimento originale a sinistra, nuovo e diverso, di una ricerca certo difficile ma importante e appassionante.

Già nel primo numero ho trovato, tra altre stimolanti opinioni e chiari articoli e note sui fatti del mondo, un intervento di Massimo Fagioli. Ne sono stato contento: è un bell'intervento, appassionato e non freddo e, a mio modesto avviso, affatto comprensibile.
Ora, io non ho mai incontrato il professor Fagioli, ma so per essermi documentato che da 4 decenni buoni la sua ricerca e quella della Analisi Collettiva a lui legata, ricerca scientifica quindi politica, è una presenza viva e originale nella cultura italiana e non solo; so anche che detta ricerca è un movimento originale nella sinistra, nella sua elaborazione teorica e di prassi. Queste cose le so non perché io sia un dotto Umberto libresco-pretesco su cui tutto riecheggia, ma perché negli ultimi tempi questo movimento di ricerca nella sinistra mi ha appassionato e poi incuriosito (a partire da Genova e dal rifiuto della violenza), quindi è stato naturale documentarmi e fare un po' di storia.
Dunque, mi è sembrato bello trovare un intervento di Fagioli in un giornale come LEFT.
Del pari sono stato contento di leggere sul quotidiano Liberazione nel corso degli ultimi mesi gli interventi del professore e varii altri articoli e lettere di compagne e compagni, nei quali si profila per la sinistra una ricerca che ritengo (credo di non essere il solo, visto che nascono riviste come LEFT!) fondamentale.

Ho trovato anche sul secondo numero di LEFT un nuovo più esteso intervento del professor Fagioli, con annuncio di futuri articoli, e ho pensato: 'ma che bella cosa! Allora è proprio vero che a sinistra, finalmente, c'è un rinnovato movimento, che si dibattono le idee e le parole senza chiudersi nella politichetta da due soldi borghesina stitichina! Ben venga tutto ciò!'

Poi, subito dopo, leggo sui giornali che pare sia successo il finimondo proprio a causa del movimento bello e della nascita di LEFT.

Leggo di una incomprensibilità degli interventi di Fagioli, proprio quelli che a me era parso d'aver se non inteso almeno intuito, soprattutto sentito.
Leggo poi di 'sogni' di collaborazioni tra LEFT e Liberazione profilate nel secondo intervento di Fagioli, penso che ho letto male l'articolo incriminato perché non ricordo indicazioni nè tampoco diktat in proposito; vado a rileggere l'articolo in questione e non trovo traccia alcuna di quello che si dice sui giornali, piuttosto mi pare che Fagioli dica di una ricerca generale, comune alla sinistra (di cui fino a prova contraria tanto Liberazione quanto LEFT sono parte), e che solo a sinistra possa e dovrebbe darsi.
Leggo ancora sui giornali di rivendicazioni sull'ispirazione di linee editoriali da parte di Fagioli, e di nuovo vado a rileggere gli articoli del Nostro e non trovo nulla più che la semplice costatazione di una ricerca a sinistra che certo non è, o non pare, estranea a quella scientifica quindi politica del professore e della Analisi Collettiva. A me era parso evidente sin dall'editoriale sul primo numero di LEFT, dov'è lo scandalo?

Già, dov'è lo scandalo? Dov'è la pietra che fa inciampare? Perché da qualche parte deve esserci una pietra su cui si cade, visto che quanto leggo sui giornali di sinistra (per adesso Liberazione tace...), ove non si tratti solo di gossip scemo, quanto è scritto finora a me pare pretestuoso, nel senso che non ha proprio riscontro nei testi.

Cerco questa pietra e mi chiedo: 'che sia proprio nelle proposte di ricerca la pietra?'
Massimo Fagioli dice, non da oggi, cose effettivamente pesanti come pietre, e come pietre solide però.
Dice di un vuoto teorico, del resto 'confessato' ormai apertamente a sinistra e in molti casi anche dolorosamente evidente.
Dice di rapporto uomo donna quando ancora la formulazione, standardizzata e astratta, più in voga a sinistra è la frase, orrenda davvero, 'conflitto fra i sessi'.
Dice di irrazionalità senza che sembri parlare del demonio e delle bestie feroci.
E, a me sembra giustamente e naturalmente, propone la sua ricerca visto che peraltro gli è stato chiesto negli ultimi anni a più riprese da più parti (penso, esempio tra i vari possibili, all'incontro con Pietro Ingrao e Fausto Bertinotti nel 2004)
Dov'è dunque lo scandalo? Per favore, mi dia una risposta, magari solleciti altri compagni a darmela, se lei non ha tempo e voglia. Non mi intendo di giornalismo e di regole e, ripeto, non mi sembra che il succo della vexata faccenda risieda nelle regole, a me pare che la sostanza stia altrove, che la questione sia su una ricerca possibile e sui contenuti di essa ricerca.
Potrebbe, compagno Chiesa, rispondermi, a questo proposito?

Cordialmente,
Gianluca

infine c'è un riferimento a tutta la faccenda anche sul sito di peacereporter, guarda qui
tre "lanci" AGI, i più recenti che ci sono pervenuti:

AGI (CRO) - 02/03/2006 - 14.57.00

LEFT: MINUCCI E CHITI, INDIGNATI ALLIBITI TURBATI PER FAGIOLI

ZCZC AGI2320 3 CRO 0 R01 / LEFT: MINUCCI E CHITI, INDIGNATI ALLIBITI TURBATI PER FAGIOLI = (AGI) - Roma, 2 feb. - Indignati, allibiti, turbati ma rispettosi per la persona Massimo Fagioli e la sua storia, per quello strano fenomeno chiamato Analisi Collettiva, i seminari di psicoterapia di gruppo che da trent'anni per quattro giorni la settimana, dal lunedi' al giovedi', sono frequentati da migliaia di persone di ogni eta' e status sociale. Cosi' Adalberto Minucci e Vannino Chiti, coordinatore dei Ds parlano del caso 'Left' il settimanale ex-Avvenimenti salito alle cronache per il cambio al vertice della direzione tra Minucci, il suo condirettore Giulietto Chiesa e l'attuale direttore in carica Pino Di Maula deciso dal CdA del settimanale "in quanto - spiega il direttore editoriale, Luca Bonaccorsi - era venuto meno il rapporto fiduciario che deve sussistere immancabilmente nella relazione tra editore e direttore". Non solo Minucci e Chiti sono indignati, allibiti e turbati ma anche Giovanni Berlinguer e Diego Novelli che forse lo e' un po' piu' degli altri: "e' un caso clinico" dice l'ex-sindaco di Torino, ex-garante dei lettori del settimanale. "Siamo indignati, preoccupati per il saccheggio consumato di un settimanale di sinistra - afferma Chiti - due giornalisti e di che valore sono stati esautorati per aver chiesto chiarezza sulla sulla presenza dello psichiatra Fagioli o meglio per aver voluto discutere tale presenza sono stati messi alla porta dall'editore: una prassi autoritaria e contro le norme contrattuali visto che spetta alla direzione ogni decisione sulla pubblicazione degli articoli, contributi, commenti". Chiti ricorda, "il settimanale era punto di riflessione e pluralismo", poi precisa, "non c'e' nulla contro lo psichiatra Fagioli, la persona': c'e' che si sono violate le norme contrattuali". E Berlinguer chiosa, "si sono cacciati due direttori senza giusta causa". Il diretto interessato Minucci e' provato, stanco e sembra non darsi pace. "Non capisco come tanta gente, giovani e non, vada dietro a Fagioli che poi tra l'altro e' stato espulso trent'anni fa dalla societa' di psicanalisi..". Nel 1976 per aver scritto nel '71 'Istinto di Morte e Conoscenza', i seminari erano iniziati spontaneamente alla fine del '75 a Villa Massimo. Minucci ci sta pero' a raccontare la storia. "La cosa seria e' che questi sono entrati come nuovi soci e hanno portato fondi che sono serviti per investimenti e crediti", dice riferendosi a Ivan Gardini e Luca Bonaccorsi, i due nuovi soci. "Gradualmente pero' hanno preteso di gestire il settimanale loro e - aggiunge - con un atteggiamento padronale si sono impossessati della testata mettendo di fatto ai margini me e Giulietto Chiesa contrariamente a quanto prevede il contratto di lavoro dei giornalisti per cui spetta al direttore decidere su articoli, rubriche, commenti". Ne e' nata cosi', "una contrapposizione ed il conflitto conseguente si e' esteso al corpo redazionale e - nota - alcuni collaboratori di prestigio (Vauro, Emergency, Della Chiesa) se ne sono andati". Dunque, tutto e' dovuto alla rubrica di Fagioli che ha gia' scritto due articoli sui primi due numeri di 'Left'? "A decidere chi e se affidare una rubrica dev'essere la direzione - risponde Minucci - Sbaglio o e' il contratto che lo prevede?". Insomma e' lo psichiatra che non va bene? "Non ho da ridire sulla persona", risponde Minucci. Poi di getto "il secondo articolo di Fagioli - osserva - e' pieno di autoesaltazione, tanto da far credere che e' lui che decide impaginazione, forma e contenuti degli articoli e poi francamente non si capisce granche' di quel che scrive in un italiano...". Quindi torna indietro nel tempo a fine maggio, all'incontro inaspettato con Fagioli. "Avvenimenti organizzo' un dibattito sul referendum: c'erano Berlinguer, la Turco, Flamigni e a mia insaputa Fagioli tra il folto pubblico in sala - ricorda Minucci - Quel che mi colpi' fu la lettura di una intervista a Fagioli fatta alternativamente da quattro cinque ragazze, una leggeva la domanda l'altra leggeva la risposta: un alternarsi da una all'altra e il pubblico applaudiva". Ci sono possibilita' di riconciliazione? "No, non credo - risponde - Mi dispiace per come e' finita". E Chiesa? "Mi pare che gli sia stata offerta una rubrica da Micromega", afferma. Pensa di ricorrere al giudice del lavoro? "Non lo so, voglio pensarci", conclude. E domani nonostante tutto, sotto la guida del neo-direttore Di Maula, 'Left' sara' in edicola. "Il CdA ha ritirato il mandato al direttore - osserva Bonaccorsi, direttore editoriale - Minucci in quanto era venuto meno il rapporto fiduciario che deve esserci tra editore e direttore: tale fiducia e' venuta meno nel momento in cui - precisa - si sono attribuiti falsamente comportamenti di rilevante gravita' ad alcuni membri del CdA stesso". (AGI) Pat (Segue) 021455 MAR 06 NNNN

AGI (CRO) - 02/03/2006 - 16.12.00
LEFT: MINUCCI E CHITI, INDIGNATI ALLIBITI TURBATI PER FAGIOLI

ZCZC AGI2444 3 CRO 0 R01 / (Segue 2320) LEFT: MINUCCI E CHITI, INDIGNATI ALLIBITI TURBATI PER FAGIOLI = (AGI) - Roma, 2 feb. - Il contenzioso tra Minucci e Chiesa da una parte e dall'altra Bonaccorsi e Gardini riguarda Fagioli ma pure altro. "C'e' stato un tentativo da parte dei due di comprimere la libera determinazione del CdA - aggiunge Bonaccorsi - nella sua formazione collegiale. in altri termini ordinavano di rispondere immediatamente alle loro accuse e di ripristinare immediatamente le normali condizioni di lavoro". Minucci e Chiesa, infatti, non hanno digerito che il direttore editoriale sia intervenuto per la pubblicazione degli articoli di Fagioli. "Ma i due stavano poche ore in redazione la settimana, anzi erano assenti per cui dovevo provvedere - replica Bonaccorsi - se volevo che 'Left' uscisse in un certo modo, nuovo e originale: poi Chiesa a luglio scorso e' stato nominato condirettore senza che il CdA ne venisse investito e ratificasse la nomina". Insomma, la via giudiziale e' segnata? "Il CdA si riserva - conclude Bonaccorsi - di agire nelle sedi legali competenti". E Gardini? "Sono stupito per le reazioni di questi giorni: ridurre lo scontro alla presenza della rubrica di Fagioli e' fuorviante - risponde - cosi' come creare, da questo, un 'caso'". Poi, "sono convinto che tutti abbiano il diritto di esprimere il loro pensiero - osserva - e difendero' sempre questo diritto: la cosa piu' sgradevole? aver scoperto che la passata dirigenza aveva l'idea di trovare semplicemente finanziatori che ripianassero i debiti senza che ci fosse riconosciuto - conclude Gardini - il diritto di pensiero e di parola". Nonostante tutto, compreso lo stato di agitazione della redazione che ha chiesto "al CdA e al nuovo direttore di ribadire alla redazione e ai suoi lettori - si legge in una nota nel numero di domani - il rispetto delle regole e la scelta di fare di Left un settimanale autonomo che ha scelto come valore fondamentale l'informazione libera e onesta", domani il settimanale sara' in edicola. Soddisfattissimo il neo-direttore, Di Maula. "A fare una informazione libera ed onesta, e aggiungo e pulita, ci sto, sta nel mio dna", afferma Di Maula atteso da una bella sfida. "Sono pronto", conclude Di Maula e il suo primo numero e' dedicato alla donna per l'8 marzo e poi al nuovo soggetto politico, la Rosa nel Pugno. (AGI) Pat (Segue) 021611 MAR 06 NNNN

AGI (CRO) - 02/03/2006 - 16.40.00
LEFT: CAPEZZONE, POLITICA COMPRENDA LINGUAGGIO FAGIOLI

ZCZC AGI2487 3 CRO 0 R01 / (Rif. 2444) LEFT: CAPEZZONE, POLITICA COMPRENDA LINGUAGGIO FAGIOLI = (AGI) - Roma, 2 feb. - Se Massimo Fagioli ha suscitato polemiche e commenti di vario genere rispetto al passato quando erano solo insulti gratuiti un passo avanti c'e' stato: "bisogna pero' che la politica e la cultura comprendano il suo linguaggio e il senso delle sue riflessioni". Lo afferma il segretario dei Radicali, esponente della 'Rosa nel Pugno', Daniele Capezzone che guarda con non celata simpatia allo psichiatra romano. "Le cose migliori che Fausto Bertinotti ha fatto in questi anni sono state alcune scelte lessicali di linguaggio che collego direttamente alle riflessioni di Fagioli: parole come speranza, attesa, vissuto - spiega Capezzone - come anche trasformazione fanno parte del patrimonio fagioliano". Per non citare poi la 'non violenza'. "Mentre pero' per Bertinotti l'uso di tali parole e' stato un fatto d'immagine, per noi quelle stesse parole sono parte della nostra storia, della nostra identita': per noi sono piu' contenuto che forma". Insomma, le cose sono cambiate, non si e' piu' a venti, trent'anni fa. (AGI) Pat 021638 MAR 06 NNNN

citato al giovedì

Liberazione 2 Marzo 06 prima pagina
Rassegna dei partiti dell’Unione
I radicali: diritti civili e moderatismo
La rosa e il pugno
di Rina Gagliardi

Strana, questa campagna elettorale - anche quella dell’Unione, dove ogni forza procede per conto proprio, a caccia di voti (e di candidati), possibilmente nell’orto del vicino. Dove, soprattutto, ognuno tende o ad ignorare o a svalutare o a minimizzare il programma comune, solennemente varato appena pochi giorni fa, e procede a reinventarsi una sua politica - estera, per esempio, filoatlantica e antiaraba, come ha fatto Francesco Rutelli. Dove, insomma, la soggettività politica dello schieramento antiberlusconiano, la fisionomia strategica di chi si candida a sostituire la destra al governo del Paese, rischia di essere - per ora lo è - il Grande Assente.

Gli “esperti” dicono che la colpa è del nuovo sistema elettorale: poichè esso sarebbe “proporzionale”, non può che alimentare la concorrenza interna alle coalizioni e il bisogno spasmodico di visibilità delle forze più piccole. Sarà davvero questa la ragione che spinge a questa specie di bellum omnium contra omnes, a discapito della solidarietà comune e della centralità del programma? Non è detto, ma a questo stiamo.

Un esempio interessante, in proposito, ce lo offre la Rosa nel pugno, la nuova formazione radical-liberal-socialista che sta andando a mille, anche e soprattutto nella fortuna mediatica (un po’ meno nei sondaggi). Frutto di una convergenza “naturale” tra Sdi e Radicali, essa è riuscita a rinfrescare l’immagine un po’ logora dei primi e a rilanciare l’inventiva dei secondi, dopo la lunga stagione trascorsa nei paraggi del centrodestra. Un successo d’opinione - vedi la campagna-acquisti a spese dei Ds - costruito cavalcando la meritoria, sacrosanta battaglia per la laicità, privilegiando diritti civili come i Pacs, riproponendo la frontiera antiproibizionista: istanze condivise da una parte certo non piccola dell’elettorato di centrosinistra - e non solo.

Fino a qui, per dirla in due parole, un’operazione intelligente - e coerente. Ma poichè intelligenza e coerenza non bastano, da sole, a prendere i voti, la Rosa vi ha aggiunto un espediente tattico di grande furbizia: lo show di Emma Bonino, al tavolo dell’Unione, che ha sbattuto la porta e abbandonato i lavori accusando tutti di “cedimento” compromissorio, appunto sui Pacs e la laicità. Si badi bene.

La Rosa non ha rotto con l’Unione, non è stata neppure sfiorata dalla tentazione di andarsene davvero: ha fatto un classico coup de theatre teso a santificare di se stessa un’immagine autonoma, una fisionomia, in senso proprio “radicale”. Allo scopo di catturare i voti dei molti che vorrebbero dall’Unione, appunto, una “radicalità” più forte.

Tutto questo tende a far passare in secondo piano, o a far dimenticare - nei media e nell’immaginario - il profilo effettivo d’insieme della lista Pannella-Bonino-Boselli. Esso, politicamente parlando, è un profilo moderato, moderatissimo. Non lo diciamo certo per polemica, ma per completezza di informazione. Sulla politica internazionale, i radicalsocialisti hanno appoggiato la guerra, hanno avversato i grandi movimenti pacifisti, si sono configurati come il partito più filamericano e filoisraeliano che ci sia: su questo terreno, la sintonia con la Margherita di Rutelli, e con i centristi dell’Unione, è totale. E perchè, se no, Daniele Capezzone, il segretario radicale, sputerebbe sul programma internazionale dell’Unione? Sulla politica economica, per citare un’altra “quisquilia” politica, essi sono, in coerenza, iperliberisti, ipermonetaristi, iperdifensori del primato del mercato e della logica d’impresa: sognano insomma, come si è visto al tempo del referendum sull’articolo 18, una società modellata sugli Usa della rivoluzione conservatrice, con piena libertà di licenziamento (e “movimento”) e sindacati ridotti a tappetini.

Vogliamo dirla in sintesi? La Rosa nel pugno è la componente più avvertita della destra dell’Unione. Una destra laica e moderna, certo. Una destra “pulita”, con la quale sarà un piacere combattere insieme alcune battaglie di modernità - i Pacs, l’antiproibizinismo, la difesa della scuola pubblica - in una fase di incombente offensiva oscurantista. Ma una destra che cercherà per lo più di spostare la politica del governo Prodi nella direzione opposta a quella di una svolta vera sulle scelte generali: cioè la redistribuzione del reddito, il rilancio di salari, stipendi e pensioni, la riqualificazione dello Stato sociale, un fisco più equo, l’avvio di una nuova stagione d’intervento pubblico. Insomma, Pannella e Boselli hanno a che fare assai più col democristiano (e un o’ bigotto) Mastella che non con i movimenti di questi anni - con le speranze di sinistra.

Vogliamo dire, con tutto ciò, che la laicità è un optional? No di certo. In un’epoca così densa di pericoli regressivi - si pensi al “Manifesto” neoreazionario di Marcello Pera, una sorta di summa dell’integralismo cattolico e di un vero e proprio neoconfessionalismo - la laicità è un valore prioritario (purchè non si trasformi in una tenzone tra Laicisti e Cattolici, tra credenti e non credenti, la divisione in politica più sbagliata che ci sia). Ma di essa la Rosa non è nè il titolare unico, e nemmeno il supremo Guardiano. Se, nel prossimo parlamento e nella prossima fase politica, vogliamo davvero tentare di avanzare sul terreno dei diritti civili, non possiamo che cercare di costruire una maggioranza “trasversale” ai Poli e agli schieramenti. Non è avvenuto così in tutte le scelte di modernizzazione del Paese, in tutti i passaggi-chiave, come per esempio quelli che hanno portato, tanti anni fa, ad approvare la legge sul divorzio e otto anni dopo quella sull’aborto? Non è stato trasversale il pur minoritario schieramento che ha tentato di abbattere per via referendaria la sciagurata legge 40così come quello sconfitto sull’amnistia? Naturalmente, non mettiamo in discussione il diritto di ciascuno di far perno su un’identità, la più marcata possibile, per ottenere il massimo consenso. Sarebbe bene, però, che questa legittima pratica uscisse dalla sfera della manovra furba - dell’immagine - e fosse ricondotta alla sua sostanza politica. Magari, alla politica tout court , un’arte più difficile, da sempre, della buona propaganda.
Nereo Benussi segnala:
oltre al'uscita del terzo numero di Left, due lettere su Liberazione di questa mattina, di Loredana e di Lamberto

Lettere Liberazione 3 marzo 2006

"Liberazione"
Un grazie a Angela Azzaro
Caro direttore, titolo in prima pagina di "Liberazione" 28.02.2006: “L’origine dell’odio xenofobo è la donna”….bellissimo.
Questa Angela Azzaro questa volta batte tutti. Scriverò per ringraziarla, sperando di non essere cestinata questa volta, perché mi ha regalato un momento di gioia e di speranza in questo mondo così grigio. Finalmente un accenno alla verità:«La volontà di subordinare alla vita astratta, fondata sull’amore di dio, le vite reali, quelle delle donne (che rappresentano il massimo della diversità)»... e poi: «Quando il Papa dice: "L’embrione è persona" subordina la vita delle donne in carne e ossa alla difesa degli embrioni...»
[Vi avevo scritto due volte prima d’ora, con la prima riprendevo tutto il magnifico discorso scientifico fatto più volte da Giulia Ingrao, (mi ero sempre chiesta perchè fosse conoscenza ormai pubblica che per stabilire la diagnosi di morte di una persona fosse fondamentale la valutazione della presenza di funzionamento cerebrale, e lo stesso principio non fosse così chiaro per la diagnosi di inizio vita umana…tant’è che ne diventava un fatto politico..), - ed ora chiederei: quanto un politico, un giornalista ha il dovere di sapere la verità anche se per averla fosse necessario inerpicarsi in un approfondimento scientifico come ad esempio la geologia del sottosuolo per la TAV?
Nella seconda parlando di Gesù Cristo riflettevo sul messaggio all’umanità della figura di un uomo che solo con la sua morte poteva dare veramente qualcosa agli altri. Mi sono sempre ribellata perché so bene un fatto: per un bamino non è sopportabile sapere di essere, di esserci perché qualcun altro sta male..una vita mea- mors tua che proposta soprattutto quando l’essere umano è un bambino…può fare impazzire, impazzire dal dolore perché un bambino non è un perverso polimorfo.
Ratzinger che dice che una donna che abortisce secondo la legge 194 è un’assassina… “sei perché qualcun altro non c’è più”…e non è vero !!]
Queste parole: «Le donne che rappresentano il massimo della diversità subordinate alla vita astratta, fondata sull’amore di dio», le ripeto ancora perché sono bellissime e coraggiose, è la verità da secoli e secoli. Un meccanismo che non si arresta. All’“origine dell’odio xenofobo”, da secoli e secoli. Grazie Angela.
Loredana via e-mail

quanto qui sopra appare in corsivo e tra parentesi
non ha però trovato spazio sulla pagina delle Lettere di "Liberazione" di oggi

Modelli
“Striscia” un sorriso velenoso
Cara “Liberazione”, l’altro giorno discutendo in classe di Pirandello, siamo arrivati a parlare dei falsi modelli che molte trasmissioni propongono, e l’elenco potrebbe essere lungo: essere famosi, apparire, l’estetica, ecc.
Le trasmissioni incriminate erano “Uomini e donne”, “Saranno Famosi”, i vari reality, ma non nominavano quella che a mio parere è più violenta… Sì, penso che “Striscia la notizia” sia la più violenta. Perché? Mi aiuto con un testo di psichiatria dove, in un capitolo sull’esibizionismo, si parla di ebefrenia. E’ il sorriso del matto che ci guarda ci dice: «Sì, io sono matto, ma lo sei anche tu. Siamo tutti matti». “Striscia” fa uguale: «In quell’ospedale manca questo e quello»?, risate. «Questa opera pubblica non è stata finita e non si sa dove sono finiti i soldi»?, risate. Il messaggio è: sono tutti disonesti, ridiamo, sono tutti pazzi, ridiamo… Ora, per far capire cosa si intende per sorriso ebefrenico, dovrei fare qualche esempio di persona che ha un sorriso del genere e, sebbene abbia in mente una bocca con stampato sopra un sorriso, non mi viene in mente un volto preciso, solo come una grossa immagine che di sfuggita mi sfiora gli occhi mentre guido. Se qualcuno di voi ora ha sorriso, faccia la prova e verifichi se è lo stesso che a volte capita anche a me di avere mentre seguo “Striscia”, provi a togliere l’audio e si accorgerà del sibilo del serpente che ti inietta un veleno terribile perché indolore, non te ne accorgi. Ma se riesci a seguire ciò che dicono senza farti invadere dal sorriso ebefrenico, ti accorgi di una pantomima che invita a fregarsene del mondo e di tutto, tanto «siamo tutti matti, tutti disonesti, è così!» La vera forza è fregarsene, quella superiorità che diventa indifferenza verso tutto, compreso e forse soprattutto verso la politica. Infatti, per le nuove generazioni la politica è una cosa da tenere
lontana, sporca. Chissà chi avrà dato loro questo pensiero? Pirandello? Qualche disonesto? Il serpente strisciante per vendere i suoi valori made in Usa per cui è importante apparire, essere famosi? …
Lamberto Vaghetti via e-mail

Gabriella Cetroni segnala:

l'Unità 3.3.06 prima pagina e pagina 23
Ingrao: 1956, i miei errori nel nome di Lenin

«Altro che imperturbabilità! Appena rientrato in Italia Togliatti tacque e basta sul Rapporto segreto di Krusciov. E al Comitato centrale di li a poco, evocò i progressi dell’Urss e l’importanza del XX Congresso.Con qualche cenno al “culto della personalità”, e all’errore staliniano di aver ingigantito l’insidia dei nemico. Non senza elogi a Stalin, e senza riferirsi alla denuncia di Krusciov». Cìnquant’anni dal XX Congresso del Pcus e cinquanta dall’esplosione dell’«indimenticabile 56», celebre definizione coniata da Ingrao sulla scorta di un vecchio film sovietico (L'indimenticabile 1919).

Parla Pietro Ingrao. Il XX Congresso le tragedie di Polonia e Ungheria. Il dirigente comunista allora direttore de «l’Unità» racconta il dipanarsi degli eventi dopo il ritorno di Togliatti da Mosca e l’esplosione delle rivelazioni su Stalin.
Perciò, intervista «obbligata» Con Ingrao, testimone diretto degli eventi nel Pci e direttore de l'Unità nel 1956. Quello citato sopra è un frammento di una conversazione avvenuta in casa sua a Roma. impervia e un po’ tormentata. Perché Ingrao all’inizio non è affatto persuaso che l’intervista sia poi tanto obbligata: «Non sono così presuntuoso e sono cose di cui ho già parlato tante volte!». E poi Pietro - ipocrita darsi del lei davanti ai lettori - alla vigilia delle sue 91 primavere (31 marzo) ha un sacco da fare. Un’intervista sul cinema di Visconti. Una sulla musica classica («se dovessi bruciare tutto, salverei solo le cassette»). E l’infinita autobiografia che sta ultimando e che abbiamo sbirciato, quasi pronta per la stampa. Non molliamo la presa. E così, salite due volte le scale della sua casa dietro Piazza Bologna e dopo invio di traccia scritta, lo convinciamo. Ne nasce un colloquio fluviale, con dentro moltissime cose. Le emozioni e il clima delle rivelazioni su Stalin. L’iniziale muro di gomma di Togliatti e l’apertura delle cataratte. L’aspro confronto interno, inframmezzato dalle due «mazzate»: rivolta polacca e Ungberia. E poi ancora l’VIII Congresso del Pci, quello del caso Giolitti: «Aveva ragione sull’Ungheria - dice Ingrao - e per coerenza con la proclamazione del pluralismo avremmo dovuto riconoscere il suo diritto al dissenso». lngrao inoltre è convinto che quegli anni furono decisivi per aprire un ciclo di rinnovamento: «Portavamo sulle spalle i peccati dello stalinismo ma riuscimmo a non farci isolare, perché incarnammo grandi battaglie di progresso e libertà per milioni di persone».
Al suo rientro il segretario tacque sul Rapporto Segreto di Krusciov ma intanto Boffa da Mosca ci informava. Il che malgrado le occasioni mancate nel superare «l’appartenenenza di campo» - predispose il Pci agli «appuntamenti» del decennio successivo: centrosinistra, ripresa operaia, lotte del 1968. E pure di questo a lungo s’è parlato. Alla fine però decidiamo insieme di salvare solo il nocciolo iniziale del colloquio: il 1956. Che era poi il progetto originario dell’intervista. Ed ecco quel che Ingrao ci ha detto su quell’ anno fatale nel Pci.

Togliatti arriva a Roma alla stazione Termini,pochi giorni dopo la lettura del rapporto segreto di krusciov e la fine del XX Congresso del PCUS. E tu eri fra quelli che andarono a riceverlo. Quali erano i tuoi pensieri e quali le tue prime mosse al momento di incontrarlo?
«Al ritorno di Togliatti a Roma, in quel drammatico inverno dcl 1956- io ero ancora direttore dell’Unità - insistetti più volte, a lungo, per -avere da lui un’intervista sulle rivelazioni di Krusciov. Anche pcrch6 Boffa, il nostro corrispondente che da anni lavorava a Mosca, ci informava sul fermento che scuoteva quel paese: pensare che dopo anni uscivano dalle carceri, oltre che dai campi di concentramento, uomini e scrittori pieni di speranze, di timori e anche desideri di vendetta»

Insistenze disattese e frustrate?
«Alle mie richieste rispondeva sempre di no senza dare spiegazioni. Nel rapporto al Comitato Centrale parlò a lungo della nuova era che si apriva in Urss ma non disse parola sul rapporto segreto. A marzo la vicenda esplose in America - sul New York Times mi sembra- venne pubblicato il testo del rapporto segreto Gli americani lo avevano avuto dai, comunisti polacchi, felici forse di poter dare qualche fastidio a quegli uomini di Mosca che tante angherie avevano fatto a quel loro partito. Tornai ancora da Togliatti ad insistere per un’intervista, che ormai mi sembrava persino obbligata, necessaria. Rispose ancora di no. E noi dell’Unità ci limitammo a riprendere le notizie sconvolgenti che oramai viaggiavano su tutti i giornali borghesi. Mi sembrava impossibile che un giornale come l'Unità tacesse».

Eri persuaso che una discussione prima o poi si sarebbe aperta in quel partito scosso da tante rivelazioni sconvolgenti che colpivano al cuore il mito di Stalin?
«Avvenne di peggio. Per la primavera erano indette in ltalia le elezioni amministrative. Si può comprendere l’ansia con cui attendevamo - dopo le sconvolgenti vicende di Mosca i risultati di quel voto. In aprile, difatti, si tenne a Livorno un Comitato Centrale straordinario. Togliatti tenne in quell’incontro livornese una lunga. relazione di apertura, tutta dedicata alla vicenda. Senza nemmeno una parola sulle rivelazioni contenute nel rapporto di Krusciov. L’assemblea fu sconvolta e ferita da quel silenzio.
Alla fine del discorso, mentre scattavano gli applausi di rito, Amendola e Pajetta tennero ostentatamente le mani schiacciate sul loro• banco, a manifestare pubblicamente il loro dissenso. Poi nei corridoi che portavano alla scala si scatenarono nella massa dei compagni, commenti amari, proteste, interrogazioni smarrite. Nel pomeriggio parlarono all’assemblea Amendola e Pajetta e chiesero conto duramente di quel silenzio del capo. Nella sua replica finale Togliatti tacque ancora sugli eventi di Mosca. Disse solo alcune parole amarissime su ciò che aveva vissuto e patito nel suo soggiorno moscovita, al Komintem».

Finchè la situazione si sblocca, con la famosa intervista di Togliatti a Nuovi Argomenti. In cui parla di insufficienza della critica al “culto della personalità”.
Dopo Ie rivelazioni del New York Times l’Unità dette Infine la notizia della denuncia kruscioviana sulla questione di Stalin. E tira fuori il “Policentrismo” delle vie nazionali, con la logica dello stato-guida. Fu una svolta?
«Quel silenzio su Stalin non poteva durare più a lungo, di fronte alla tempesta politica che si era scatenata anche in Italia. E a giugno Togliatti concesse quell’intervista a Nuovi Argomenti. Contemporaneamente ne diede il testo anche a me. Ricordo le parole con cui accompagnò quei fogli. Mi disse: “Ecco il testo, non sono disposto a nessun cambiamento”; e la cosa era già evidente a tutti noi. L’intervista ebbe un’eco grande: in Italia e oltre frontiera. A luglio si tenne un Comitato Centrale già più sereno, in cui la riflessione sullo stalinismo si allargò, e si discusse anche delle iniziative possibili e della ricerca da impostare, compresa una rilettura della storia tormentata del Partito comunista italiano. E naturalmente subito tornò il nome di Gramsci. Presto però venne un grande mutamento di rotta».

La mazzata della rivolta di Poznan in Polonia, con decine e decine di morti….
«Scattò di nuovo la sanguinosa repressione sovietica sui moti sorti nella città di Poznan. E improvvisamente - credo senza consultazione con alcuno Togliatti scrisse un articolo che legittimava la repressione. E già il titolo posto a quello scritto era grave e significativo. Si intitolava: La presenza del nemico. Era il vecchio, finito argomento tante volte usato da regimi tirannici per legittimare la repressione. Era un brutto segnale, e io non seppi capirlo. Anzi, presto vennero errori miei gravi, che sono nmasti nella mia mente come un errore amarissimo».

I carri Sovietici a Budapest e quel tuo articolo che tanto ti è stato rimproverato: “Da una parte della barricata” Oggi lo rinneghi e sostieni l’esatto contrario. Con quali argomenti ?
«In autunno scoppiò la rivolta ungherese. E presto si scatenò la repressione da parte di Mosca. Io allora scrissi sull’Unità quell’articolo pessimo. Giustificava l’intervento sovietico ed era un articolo fatuamente enfatico, che ricorreva a quell’immagine romantica, “da una parte della barricata”, simbolo di tutte le insorgenze... E dimenticava cbe a Budapest c’era un popolo oppresso che insorgeva e l’esercito straniero di una grande potenza che reprimeva sanguinosamente. Certo: a Budapest c’era Minszenty, quel cardinale reazionario, e anche gruppi oonservaton che tentavano una rivincita. Ma questo non poteva assolutamente giustificare la repressione armata condotta in quel paese da un esercito straniero. Pesava anche - dentro di me - la lettura sbagliata della rivoluzione proletaria non solo com’era stata interpretata sanguinosamente da Stalin, ma anche nella vicenda -del leninismo, che mentre invocava la liberazione del proletariato serrava il potere nelle mani di un gruppo d’avanguardia. Più tardi, e ancora incompiutamente, compresi che libera rione del proletariato non poteva esserci se il potere restava stretto in poche mani, e avallato con le armi. Veniva crudamente cancellata la verifica quotidiana delle masse popolari (per che non usare queste parole antichissime) misurandosi con tutti i rischi necessari che reca con sé il dibattito libero e l’apprendere fecondo che nasce dal confronto riconosciuto e cercato».

La tua critica nel tempo si è spostata da Stalin a Lenin, fino a scorgere nel leninismo il germe di tante tragedie posteriori. Come ci sei arrivato?
«Faticosamente, in seguito appresi a valutare anche tutti i limiti del leninismo: e come l’insorgenza eroica di una minoranza non valesse a cancellare la costruzione libera di un sentire comune. Compresi solo dopo che anche il disprezzo di Togliatti verso gli intellettuali di Irodalmi Ujsag era ingiusto e infecondo, perché si esprimeva in uno sbrigativo annullamento invece di misurarsi con la complessità:anche dell’avversario, del diverso da noi “rossi”, comunisti d’avanguardia. Tanto più che noi, in Italia ed altrove, non volevamo la liberazione di pochi, ma di molti, e dei più reietti, dei più bisognosi di interrogazione e di ascolto. Ma tutto questo cominciai a capirlo solo anni dopo».
(ringraziamo Giorgio Valentini per la scansione del testo)

Anselmo Teolis segnala:

Liberazione 3.3.06 Cultura pagina 3
Da Marx a Freud, il disagio
per un mondo feticcio
A centocinquanta anni dalla nascita non è solo la pratica del "sospetto" ad accomunare il fondatore della psicoanalisi con il filosofo tedesco. Il legame tra i due è lo scavo negli aspetti inquietanti del quotidiano

Left, e dintorni...

Annalina Ferrante invia il testo dell'articolo di Giulietto Chiesa per Micromega settimanale, per il quale si ringrazia Giorgio Valentini. I contenuti di questo testo erano comunque già circolati nei giorni scorsi sulla rete...

Micromega N.2 9 Marzo 2006
Left
Licenziato per “Leso Fagiolismo”
di Giulietto Chiesa

Sono appena stato licenziato dalla nuova proprietà di Left-Avvenimenti. Non mi era mai capitato nella vita di essere licenziato, sebbene alcune volte ci fossi andato vicino. Esperienza nuova. Che però, nel suo piccolo, è indice dei tempi di confusione in cui viviamo.
Avvenimenti, il progenitore, vendeva poco. Adalberto Minucci mi chiese se ero disposto a dare una mano, anzi a mettere il mio nome al servizio di un rilancio. Lo feci. Perché ero e sono convinto che ci fosse uno spazio per un settimanale dell’Italia democratica e di sinistra, laica e cattolica, che non è contenta di come le si presenta la sinistra, il centro-sinistra e in generale il modo con cui le forze progressiste, attraverso gli attuali partiti, la rappresentano nelle istituzioni e la difendono. Sono anche convinto — e lo sano bene quelli che conoscono e leggono il sito www.megachip.info — che in Italia c’è bisogno di un modo nuovo di fare informazione, che è poi quello vecchio del rispetto delle regole elementari del giornalismo, ormai dimenticate quasi da tutti. Cercavamo dunque gente disposta a dare una mano. Si sono presentati gli attuali miei licenziatori. Abbiamo discusso per tre mesi e passa di linea editoriale. Con — mi è parso — reciproca soddisfazione. Eravamo d’accordo su tutto, o quasi. Sul tipo di settimanale che volevamo fare, nuovo, giovanile, moderno nell’aspetto esteriore. Ma anche puntuto, d’inchiesta, spregiudicato, che non avrebbe fatto sconti a nessuno. Che avrebbe tatto parlare tutti e che a tutti avrebbe fatto, sempre, anche la «seconda domanda».
Siamo dunque partiti. E, appena partiti, ci siamo subito accorti che qualcosa di grave stava succedendo. Intanto l’apparizione sul primo numero della firma, corredata con foto, di un signore a me sconosciuto, tale Massimo Fagioli. Articolo che non avevo visto in precedenza, che non mi era stato annunciato e che, alla prima lettura, risultava incomprensibile: un coacervo di parole pressoché senza senso comune.
Chi aveva deciso? Sua maestà la Proprietà. Alle nostre rimostranze, mie e di Adalberto Minucci, direttore responsabile, si rispose mettendo in pagina, nel secondo numero, non una ma due pagine del signore a me sconosciuto, questa volta corredate con grande fotografia, nelle quali il signor Fagioli questa volta taceva di meglio: in mezzo a una valanga di frasi di difficilissima decifrazione, faceva capire non solo che la linea editoriale di Left-Avvenimenti l’aveva prefigurata lui alcuni mesi prima, ma proponeva ai lettori il suo «sogno», cioè di mettere in collegamento Left (senza Avvenimenti) con Liberazione.
In tal modo trasformando l’operazione del rilancio di Left-Avvenimenti in una affiliazione a un quotidiano di partito, più o meno mascherata.
Con tutto il rispetto per il mio amico Sansonetti, questo non era nei patti, cioè nella linea editoriale concordata.
Si dirà: ma, e il resto del giornale? Il resto — come si vedrà tra poco — non conta nulla, perché è stato cancellato dalla enorme ombra del signor Fagioli.
Infatti in calce all’autopanegirico di Fagioli, con fotografia, la Proprietà, senza consultare né il direttore responsabile, né il condirettore, annunciava che al suddetto veniva assegnata una rubrica settimanale, perché potesse raccontare ai lettori non le sue idee sulla psichiatria e la psicologia, ma niente meno che le sue idee sul 1789. Cioè la Proprietà, avendo letto, essa sola, l’autopanegirico del Fagioli, lo elevava a commentatore politico principale del giornale.
Tutti i successivi colloqui, riunioni, scambi epistolari tra la direzione del giornale e la Proprietà, per ripristinare le regole minime di correttezza, si sono scontrate con l’ostacolo, a quanto pare insormontabile per la Proprietà istessa, della rubrica, che non poteva non essere assegnata al detto Fagioli. A un certo punto uno dei proprietari mi ha chiesto: «Ma perché vi accanite a censurare il professor Fagioli?». Confesso che sono quasi caduto dalla sedia. Apprendevo così che il signor Fagioli è anche il professor Fagioli. Ho risposto che non volevo censurare nessuno, a parte il fatto che mi risultava difficile capire il contenuto dei suoi pezzi, e che avrei voluto poterli leggere prima che venissero stampati. E che ero pronto a far parlare decine di psicologi e psichiatri d’italia, insieme al professor Fagioli, ma che il professor Fagioli avrebbe dovuto aspettare il suo turno avendo già accumulato due pezzi.
Il lettore si chiederà come mai il professor Fagioli viene così ripetutamente nominato in questa rievocazione. Rispondo che è questa, purtroppo, la pura verità delle cose. E su questo scoglio insuperabile che io e Minucci siamo stati licenziati al secondo numero dal consiglio di amministrazione di un’azienda cooperativa di giornalisti che non ha al suo interno un solo giornalista. Noi pensavamo che avremmo fatto un settimanale di politica e di cultura: di «fatti», come gridavano tutti i manifesti nelle metropolitane. Invece abbiamo scoperto che, molto più dei fatti, contava «l’opinione» di un tale che neppure conoscevamo e che mandava i suoi articoli (?) direttamente alla Proprietà.

due "lanci" ANSA che non erano ancora apparsi sul blog:

Documento: 20060301 02199
ZCZC0582/SXA
R POL S0A QBXB

EDITORIA: LEFT; GARDINI,NON SIAMO FINANZIATORI SENZA DIRITTI
HO VISTO FAGIOLI IN POCHE OCCASIONI, SBAGLIATO FARNE UN 'CASO'
(ANSA) - ROMA, 1 mar - ''La mia idea di sinistra e' moderata e riformatrice, impossibile da assimilare anche concettualmente a posizioni di sinistra antagoniste e radicali. Forte di questa idea, ritengo naturale e doveroso ascoltare e dialogare con tutte le forze democratiche. Questa e' stata ed e' la sfida che ci siamo proposti, gia' dal primo incontro, il mio socio Luca Bonaccorsi ed io'', precisa Ivan Gardini per ''concludere le polemiche e per poter ritornare a lavorare serenamente''. '''Left - aggiunge - ha radici in 'Avvenimenti' ma vorrebbe essere la sua trasformazione in strumento di informazione moderno, laico e riformatore. Sono stupito dalle reazioni di questi giorni: ridurre lo scontro alla presenza della rubrica del professor Massimo Fagioli e' fuorviante cosi' come creare, da questo, un 'caso'. Ho incontrato il professor Fagioli in poche occasioni, non ho mai partecipato ai suoi seminari di analisi collettiva pur apprezzando la sua ricerca scientifica. Sono fermamente convinto - prosegue - che tutti abbiano il diritto di esprimere il loro pensiero e difendero' sempre questo diritto. La cosa piu' sgradevole di questi giorni e' stato scoprire che la passata dirigenza aveva l'idea di trovare semplicemente dei 'finanziatori' che ripianassero i pesanti debiti accumulati durante la loro gestione, senza che ci fosse riconosciuto alcun diritto di pensiero e parola. Questo diritto lo stiamo pagando in termini umani ed economici: alcuni collaboratori ci hanno lasciato con nostro grande dispiacere. Nell'informazione non esiste il delitto di lesa maesta', si puo' lavorare insieme pur avendo idee diverse''. ''A tutti i miei compagni di viaggio - conclude Gardini - voglio dire che il mio impegno in 'Left' esce rafforzato da questa vicenda''.(ANSA).

SN 01-MAR-06 17:42 NNNN

Documento: 20060301 02204
ZCZC0625/SXA
R POL S0A QBXB

EDITORIA: LEFT; LA REDAZIONE CHIEDE RISPETTO REGOLE PROSEGUE LO STATO DI AGITAZIONE
(ANSA) - ROMA, 1 mar - ''Chiediamo al Cda e al nuovo direttore di ribadire alla redazione e ai suoi lettori il rispetto delle regole e la scelta di fare di Left, come diceva il primo editoriale della nuova serie, un settimanale autonomo, che ha scelto come valore fondamentale 'l'informazione libera e onesta''': e' quanto si legge nel comunicato diffuso dalla redazione di left-Avvenimenti. ''La redazione di Left Avvenimenti - prosegue la nota - e' in stato di agitazione e esprime la sua forte preoccupazione per la revoca dei direttori Adalberto Minucci e Giulietto Chiesa da parte del Cda della Editrice dell'Altritalia. I nostri direttori sono stati finora, oltreche' la colonna portante della qualita' giornalistica, i garanti dell'autonomia della testata, del rispetto delle regole contrattuali e dell'applicazione del piano editoriale approvato a dicembre. La redazione giudica la revoca di Minucci e Chiesa una grave perdita, tanto piu' che essa avviene a causa del non riconoscimento dei poteri del direttore stabiliti dal contratto nazionale. Essa - conclude la redazione - ha gia' causato il ritiro di molti 'storici' e prestigiosi collaboratori, mettendo la testata a rischio di indebolirsi proprio nella sua fase di rilancio. A questo si aggiungono le polemiche a proposito dell'autonomia editoriale di Left Avvenimenti''. (ANSA).
SN 01-MAR-06 18:04 NNNN

una segnalazione di Paola Festari:
un'intervista di Articolo 21 a Giulietto Chiesa, volendo, può essere ascoltata collegandosi al seguente indirizzo:

http://www.articolo21.info/21minuti/capitacapita/giuliettochiesa010306.mp3

dalla Libreria Amore e Psiche

comunichiamo le date delle lezioni che il prof. Massimo Fagioli terrà a Chieti quest'anno:

Sabato 4 Marzo h.11,00

Sabato 18 Marzo h.11,00

Sabato 25 Marzo h.11,00

Sabato 8 Aprile h.11,00

Sabato 29 Aprile h.11,00

Sabato 13 Maggio h.11,00

Sabato 20 Maggio h.11,00

per info :
http://www.unich.it/