venerdì 27 febbraio 2004


a proposito delle scelte culturali di Repubblica:

oggi venerdì 27.2.04, si può leggere sul giornale un articolo di Umberto Galimberti dal titolo
"IL CONFINE FRA NOI E L´ANIMALE schizofrenia e normalità"
chi volesse vederlo può richiederlo a questo indirizzo; lo riceverà per e-mail

la chiesa cattolica recluta gli psichiatri per battere il maligno

L'Adige 27.2.04
Tra psichiatri ed esorcisti sdemonizziamo il mondo
psichiatria e religione
Il ritorno del diavolo
di SERGIO ARTINI


La notizia è recente (e se ne parlerà stasera a «Enigma», alle 21, su Raitre) e segnala il rilevante interesse della società odierna per i fenomeni demoniaci: a Genova il cardinale Tarcisio Bertone ha istituito una commissione mista, composta da sacerdoti, psichiatri e psicologi, incaricata di valutare per certi pazienti, con manifestazioni "malefiche" ritenute inspiegabili scientificamente e attribuibili a possessione diabolica, l´opportunità di ricorrere ad un esorcista.
Di esorcisti in Italia ne esistono circa 300 e sono tutti sacerdoti espressamente nominati dai vescovi.
Da un punto di vista empirico la collaborazione tra esorcisti e psichiatri esiste da tempo, perché la premessa, condivisa nella Chiesa Cattolica, è che prima dell´affidamento al "Rito dell´esorcismo" risulta indispensabile inquadrare clinicamente il paziente e studiare se la sua patologia possa essere spiegabile e curabile nell´ambito degli interventi psicologici, psichiatrici e farmacologici. Dai tempi oscuri del trattamento delle malattie mentali, che venivano considerate castighi di Dio o del demonio, si è passati ad uno stadio razionale e di medicalizzazione del problema. D´altro canto risulta sempre suggestivo per la mentalità popolare immaginare forze oscure dall´aldilà che giustifichino le manifestazioni della malattia mentale.
Eppure, nella nostra civiltà occidentale, che vive una fase scientifica e tecnologica, si segnala la diffusione dei fenomeni di satanismo (riti neri, sette sataniche, pratiche demoniache) e del ricorso ai maghi e all´occultismo deviante. Il demoniaco, spesso nelle manifestazioni dell´horror, viene enfa tizzato dai media e cavalcato proficuamente dalla cinematografia di tutto il mondo: dove le soluzioni pseudoscientifiche correlate non cambiano questo senso di regressione ad una concezione magica e retrograda. Anche la domanda non è in calo: gente che si ritrova alterata nell´equilibrio psico-affettivo, che si sente vittima di forze ed eventi soprannaturali o addirittura posseduta dal demonio, non si fida della medicina ufficiale ma non sa più a chi ricorrere, spesso finendo preda di plagi e di sfruttamenti. E proprio la nostra epoca, così frenetica e accelerata nei mutamenti, assiste ad una esplosione di patologie che spaziano dalle nevrosi alle psicosi maggiori.
In genere la Chiesa Cattolica, che si trova a "gestire"il soprannaturale, si muove con estrema prudenza e cautela, sia per ciò che si riferisce all´aspetto speculativo e teologico (la rivelazione e la presenza dei demoni), sia per gli interventi nel campo etico e sociale. Soprattutto si impegna a prendere le distanze dalle superstizioni, dalle pratiche magiche, da ogni occultismo e dagli eccessi mitologizzanti.
Paolo VI, in un discorso del 1972, affermava la necessità per i credenti di evitare il duplice pericolo, da una parte quello di ridurre gli angeli e i demoni a "miti" in cui si manifesterebbe una realtà esclusivamente umana, dall´altra quello di riconoscere nel Demonio un principio di male equivalente e contrapposto al Principio del Bene che è Dio, secondo quella rigida concezione dualistica manichea, tanto avversata da Sant´Agostino.
È evidente come il problema del demoniaco rimandi a quello dell´esistenza del male e del peccato, compreso il Peccato di Origine. Molte eresie sono divampate su questi temi del male, increato, creato da Dio ma non voluto, sperimentato, in forme diverse, dagli Angeli Caduti e dagli uomini.
E l´umanità dei credenti, gettata nella tragedia dell´esistenza, si è interrogata sui perché del male ontologico e morale e, volta a volta, l´ha interpretato come dovuto alla frattura primordiale tra Dio e la Natura, al peccato originale, alla Onnipotenza sacrificata a favore della libertà concessa all´uomo, alla assenza di Dio nei riguardi della Natura mentre è la Redenzione di Cristo che pone la salvezza.
In queste concezioni di ottimismo tragico "il male nasce già vinto" e non è che Dio lo voglia, lo subisce, proprio in nome della libertà per l´uomo, la onnipotenza di Dio non interviene in modo coercitivo ma permette all´uomo stesso di camminare verso la salvezza.
L´opposizione angelo (messaggero) - diavolo (avversario) attraversa la storia dell´uomo e tocca quasi tutte le esperienze religiose. Nell´Antico testamento si parla poco di diavoli. Nel Nuovo si narra di Gesù che scaccia i demoni, libera indemoniati, vince nel deserto le tentazioni di Satana e lotta sino alla fine contro il Maligno.
Anche l´uomo d´oggi si trova a giocare su questo terreno. Il demoniaco viene evocato quando siamo di fronte ad un «male che sembra trascendere la capacità meramente umana o che comunque la sa potenziare fino a farle raggiungere livelli inimmaginabili», come scrive Silvano Zucal che alla dimensione demonologica, nell´ambito della angelologia, ha dedicato ricerche esaustive.
Basti ricordare i campi di concentramento, le pulizie etniche, i genocidi, i massacri tribali, le persecuzioni e gli stermini politici. Ma anche le devianze dei singoli fanno evocare il diavolo: ecco gli squartatori di uomini, i nuovi cannibali, i seviziatori, i pervertiti, i sadici.
Il demoniaco non è mai scomparso dall´orizzonte dell´umanità - non è stato ancora vinto. Può venire visto e vissuto in modi diversi, rappresentato con i toni grotteschi, horror, perfino seducenti, pensato, via via, come persona, come assenza, come simbolo, come mito, come metafora. Nella politica come nell´arte, il male e il demoniaco continuano a venire strumentalizzati e interpretati.
Ma, paradossalmente, ciò che l´uomo crede e capisce attraverso la nozione del demoniaco, lo può fare anche senza di esso. Ed allora dovrebbe cercare proprio di sdemonizzare il male nel mondo, limitando ed emarginando le (presunte) ingerenze demoniache, il che non vuol dire tout court negare Satana, ma pensare ed agire come se non ci fosse o, meglio ancora, perché non ci sia. Ridurlo all´assenza.
In questo ci può aiutare l´avanzamento culturale, che guadagna sempre maggiori ambiti di comprensione e che, così, dovrebbe non solo correggere il gusto per il satanismo ma sradicare i compiacimenti e le pericolose sequele imitative del demoniaco.
Ben vengano, dunque, le commissioni miste e i pool di esperti a decidere sull´esorcismo: ma più che nel senso propositivo e impositivo questi dovrebbero assumere anzi tutto un ruolo adatto a sdemonizzare tutto quello che è possibile attraverso le spiegazioni scientifiche e filosofiche per poi proporre trattamenti clinici adeguati.
Se vale la scommessa pascaliana su Dio, sul demonio la scommessa deve contare al negativo. Anche se l´umanità, in un certo senso, dovrà sempre fare i conti col diavolo e l´acqua santa.
L´adolescente protagonista del film danese «Lilja 4- ever», alle prese con i quotidiani demoni dentro e fuori di lei, non manca di riferirsi poeticamente al suo angelo custode, raffigurato in quella semplice icona che porta sempre con sé, nei traslochi, nelle fughe e nei ritorni e che finisce col prender parte al suo dramma esistenziale.
Per i più esigenti ci si può sempre riferire all´Angelus Novus di Benjamin, che è sì rivolto verso le catastrofi e le rovine del passato, ma che è attratto, dentro la tempesta dal paradiso, verso il futuro. Questo enigmatico e suggestivo passo ben si adatta a spiegare quel faticoso sforzo di superamento che dovrebbe caratterizzare il progresso dell´uomo.

eutanasia

La Stampa 27 Febbraio 2004
FA DISCUTERE LA RICERCA PRESENTATA AL CONGRESSO DELLA SOCIETA’ DI PSICOPATOLOGIA
Eutanasia, otto italiani su 10 dicono sì
«Giusto aiutare a morire i malati terminali, ma non serve una legge specifica»
di
Daniela Daniele

ROMA. Due temi forti, ieri, al congresso della Società italiana di psicopatologia: amore (nella variante gelosia) e morte (nel dibattito su eutanasia).
Ha fatto scalpore una ricerca, condotta da Alessandra Sannella, della facoltà di sociologia della Sapienza di Roma, dalla quale risulta che il 78,6% degli italiani è d'accordo con la possibilità di aiutare a morire malati allo stadio terminale, ma solo il 37,1% ritiene necessaria una legge ad hoc. Lo studio si è basato su un campione di 500 individui, di età compresa tra i 26 e i 65 anni. A dire sì a eutanasia e suicidio assistito sono state soprattutto le donne (56%) e, in generale, i soggetti con un grado di istruzione superiore.
Tra i giovani, il 37% ritiene che si tratti di una scelta personale. Si è invece dichiarato «assolutamente contrario» il 35% del campione. Ma se la maggioranza degli italiani si mostra favorevole all'eutanasia, in determinate situazioni, e il 59,4% afferma che sarebbe d'accordo con questa soluzione in caso di malattia terminale di un familiare, meno della metà sente il bisogno di una legge al riguardo.
«C'è poi un altro dato interessante - ha sottolineato Alessandra Sannella -: il 20% di quelli che si dicono d'accordo con l'aborto non lo sono invece con l'eutanasia. Questo perchè entrano in gioco due diverse concezioni dell'individuo. Nel caso dell'aborto, il feto non è ancora considerato un soggetto a tutti gli effetti, mentre nell'eutanasia a essere colpito sarebbe un individuo pienamente inserito e riconosciuto nel contesto sociale». Un dato che dimostra anche, ha fatto notare la sociologa, come «il fattore religioso non sia determinante in relazione alle scelte di fine della vita».
Tuttavia, tra i contrari all'eutanasia, il 47% dice di esserlo proprio per motivi religiosi, mentre il 17% rivela che continuerebbe a sperare in un miracolo fino alla fine. Dalla ricerca emerge anche una dura critica al mondo dell'informazione: l'80% degli intervistati ritiene l'informazione dei media sull’argomento «frammentaria e poco comprensibile», tanto che «è difficile formarsi un'opinione in merito». Un ultimo dato: il 20%, una volta messo al corrente del tema della ricerca, si è rifiutato di rispondere. «Un elemento - ne ha dedotto Sannella - che indica chiaramente come l'eutanasia rappresenti ancora nella nostra società un tabù».
Altra pagina: la gelosia in amore. Un sentimento che, come spiega la psichiatra Donatella Marazziti dell'Università di Pisa, è naturale e da non demonizzare, purchè non oltrepassi i limiti. «Nel corso della storia - ha spiegato - ha rivestito una grande importanza, poichè mira alla conservazione della specie e alla stabilità della coppia: nei maschi è legata alla sicurezza della paternità e, quindi, alla certezza di provvedere a figli propri; nel sesso femminile, invece, è alla necessità di tenere legato un partner in grado di assicurare cibo e protezione alla prole».
Il problema, però, è che non sempre è facile tracciare il confine tra la gelosia normale e quella patologica, «come ad esempio il delirio di gelosia, che può portare anche ad atti cruenti». Da numerosi studi effettuati la psichiatra e la sua équipe sono arrivate a determinare un limite indicativo di soglia tra gelosia normale e patologica: 60 minuti al giorno. Se in una giornata si pensa insistentemente e con sofferenza all'eventuale tradimento da parte del partner per più di un'ora, questo deve essere considerato un campanello d'allarme.

accade in Svizzera

una segnalazione di Peppe Cancellieri

Giornale del popolo quotidiano della Svizzera italiana 27.2.04
PEDOFILIA Un’interrogazione mette in discussione lo psicologo canadese
Audizioni dei minori scontro sul metodo
«Van Gijeseghem non è adatto per tenere quel corso»


I magistrati, gli agenti di polizia, i delegati alla protezione delle vittime e tutti coloro che a vario titolo hanno a che fare con delle presunte vittime di reati sessuali, si trovano di fronte a un interrogativo: quanto la vittima o presunta tale, è credibile? Queste domande diventano ancora più angoscianti quando i denuncianti sono fanciulli. Un’audizione sbagliata raccolta in sede d’inchiesta diventa un’arma a doppio taglio in mano ai difensori degli accusati da rivolgere contro le stesse vittime. Per questa ragione ben vengano momenti di formazione specifici destinati agli inquirenti per imparare a gestire questi interrogatori. Infatti, proprio lunedì prossimo inizierà un corso suddiviso in due tranches di tre giorni l’una teso a fornire gli strumenti adeguati a magistrati, poliziotti e membri delle Unità di intervento regionali (UIR) per interrogare i minorenni vittime di reato. Tali iniziative si sono rese necessarie dopo l’entrata in vigore, il 1 ° febbraio del 2002, della nuova Legge federale sull’aiuto alle vittime. Le nuove norme federali richiedono comunque una parziale modifica del Codice di procedura penale. Modifica che sta seguendo il normale iter parlamentare. Una delle principali novità consisterà nel fatto che le giovani vittime di reati commessi da adulti non saranno più interrogate dal Magistrato dei minorenni, ma da un procuratore pubblico appositamente formato. Tutto bene, allora? Non per il deputato socialista Bill Arigoni che a proposito di questo corso di formazione ha presentato un’interrogazione parlamentare corredata da una decina di articoli di giornale. Quello che a Bill Arigoni proprio non va giù di questa iniziativa è il nome del principale relatore, il professor Hubert Van Gijseghem, psicologo canadese ed esperto di questo genere di reati. «Che si preparino tutte le persone che dovranno intervenire in caso di abuso sessuale su minore è un fatto più che importante – ci dichiara Arigoni – perché alle piccole vittime deve essere dato tutto il sostegno possibile evitando che un’audizione sbagliata finisca per compromettere le prove a carico dell’accusato durante il processo». Arigoni, nell’atto parlamentare, si chiede come mai sia stato chiamato uno psicologo da così lontano e facendo una ricerca in internet ha trovato notizie che ritiene «sconcertanti». «Van Gijseghem – sostiene Arigoni – definisce umanisti due autori che arrivano a giustificare la pedofilia e, con uno di questi, collabora. Le sue tesi sono notoriamente utilizzate nelle aule penali per screditare la credibilità dei bambini e di chiunque testimoni a loro favore». A suffragio delle sue tesi Arigoni porta una decina di articoli pubblicati negli anni scorsi molto critici nei confronti del professor Humbert Van Gijseghem. Il professore non è comunque nuovo a queste latitudini. Già in ottobre aveva tenuto una conferenza a cui avevano partecipato magistrati e poliziotti e proprio in quell’occasione fu contattato per tenere questo corso di formazione. Da tenere presente che nell’ambito di inchieste così delicate, le teorie su come procedere durante le audizioni sono molto controverse. Van Gijseghem è un sostenitore dei cosiddetti “falsi positivi”. Cioè di quei casi che apparentemente sembrano episodi di abuso sessuale, ma in realtà, nella stragrande maggioranza, non lo sono. Una tesi contraria a quella che sostiene che i casi che emergono sono solo la punta dell’iceberg. Secondo quest’ultima tesi, il numero delle giovani vittime di reati sessuali in Svizzera sarebbe superiore alle 40 mila l’anno (1.500 per il Ticino). Nell’impossibilità di contattare il procuratore generale Bruno Balestra e il tenente Orlando Gnosca della polizia giudiziaria, abbiamo parlato con il cancelliere del Ministero pubblico, Giancarlo Soldati. «Van Gijseghem, da quello che sappiamo è una persona con una notevole formazione ed esperienza. Non credo sia stato chiamato a sproposito per tenere questo corso», ci ha dichiarato. (GENE)

omosessualità

una segnalazione di Paolo Izzo

Agenzia Radicale, News del 27-02-2004
http://www.quaderniradicali.it/agenzia/index.php?op=read&nid=608
Conversazione sull'omesessualità


A Macario Principe, membro associato della Società Psicoanalitica Italiana (SPI) e dirigente psicologo presso l’ASL Napoli 1, abbiamo posto alcune domande.

Lei fa differenza tra libertà sociale di comportarsi da omosessuale e tematica privata ed esistenziale dell’omosessualità ?

Io non ritengo che l’omosessualità vada considerata in una dimensione pubblica, ma che viceversa appartenga alla sfera delle libertà soggettive, e pertanto -nella misura in cui non entra in conflitto con le regole sociali- non vada nemmeno da considerare una sua eventuale normazione.

Da un punto di vista clinico e scientifico lei considera l’omosessualità una malattia ?

Rientra sicuramente in quella vasta problematica delle difficoltà delle “relazioni di oggetto” e più in particolare della scelta dell’oggetto sessuale. In quanto tale ritengo che l’omosessualità debba essere inquadrata clinicamente; però l’intervento terapeutico diviene opportuno unicamente quando tale scelta sessuale diventi fonte di sofferenza per il soggetto.

In un’ottica di diritto di cittadinanza va contemplata la prerogativa di matrimonio tra omosessuali?

In qualità di psicoanalista per me l’argomento non si pone; come cittadino ritengo che -tenuto fermo l’istituto della famiglia- vanno comunque individuate delle aree di garanzia alle quali queste coppie possano accedere.

Maurizio Mottola