Repubblica edizione di Genova 7.3.04
La diagnosi dello psichiatra Andreoli al convegno dedicato al Navigatore
Colombo, un depresso di talento
"Molti personaggi che hanno cambiato la storia oggi verrebbero giudicati matti"
di Costantino Malatto
OGGI le chiamano "personalità maniaco depressive". Da momenti di esaltazione e di entusiasmo precipitano nella più cupa depressione. Cristoforo Colombo, dice lo psichiatra Vittorino Andreoli, fu proprio questo: un individuo bipolare, picchi creativi e disperazioni esistenziali. «Nel momento della "creazione" - afferma Andreoli, assurto a popolarità televisiva con le sue partecipazioni al talk-show di Maurizio Costanzo - la sua personalità doveva avere delle caratteristiche quasi deliranti, se per delirio intendiamo una sindrome in cui tutto il mondo viene ridotto a un´idea». L´idea delirante del navigatore genovese prese la forma di una scoperta che avrebbe cambiato la storia dell´uomo. «Ma questo - commenta lo psichiatra - non è un caso: molti dei personaggi che hanno fatto la storia oggi sarebbero classificati come "matti" e forse qualche mio collega li farebbe rinchiudere».
D´altra parte in Colombo, secondo lo psichiatra - che ha concluso con la sua relazione il convegno "Genova e Cristoforo Colombo" -, c´è una forte carica di rivalsa sociale. Caratteristica, in fondo, del membro di una famiglia «che veniva dai monti» - era originaria di Moconesi in Valfontanabuona - e che del montanaro manteneva in parte la furbizia e la capacità di cavarsela nella vita». Dal ritratto che tratteggia Andreoli emerge un personaggio contraddittorio, capace di grandi visioni e di piccole miserie umane. «Un uomo del Medioevo - lo definisce lo psichiatra - non del Rinascimento: non è in grado di capire il loro sentimento religioso, è il rappresentante di un cattolicesimo becero, non è un osservatore, più che la scienza lo colpisce la superstizione e il mito».
A ogni buon conto Andreoli mette subito le mani avanti ricordando che i dati personali sui quali uno psichiatra può basarsi per un´analisi della personalità del grande navigatore sono troppo scarni e scarsi. «Voi storici - scherza rivolgendosi ai correlatori del convegno organizzato da "A Compagna" e dal Comune con il patrocinio dell´Università - non ci fornite materiale sufficiente e noi siamo costretti a lavorare con quel poco che abbiamo». Ne nasce un ritratto in bilico tra l´analisi psichiatrica e lo scherzo: quello che Andreoli non può conoscere dai documenti e dagli altri dati cerca di immaginare e di ricostruire anche sulla base di una lunghissima esperienza e della capacità di "affabulare" la platea. «Una personalità come quella del giovane Cristoforo - afferma lo psichiatra - non può non essere stata profondamente influenzata dall´ambiente in cui è vissuto. La caratteristica della Genova di quei tempi era il viaggio, l´avventura, il futuro. La città era il luogo dove l´avventura era stata razionalizzata e organizzata. E in questa città il ragazzo impara, oltre che a leggere e scrivere, molte delle lezioni che gli serviranno nella sua vita futura. Apprenderà, per esempio, quanto sia importante l´appoggio del clero. E quanto lo sia quello delle famiglie nobili». Non a caso lungo tutta la sua vita Colombo manterrà stretti rapporti con i Fieschi, i Centurione, i Dinegro. Ma alla fine della sua vita prevarrà la disperazione: «La sua condizione - dice Andreoli - è quella che in termini psichiatrici si chiama "regressione depressiva". E così lui che ha scoperto il mondo fugge dal mondo».
Dalla città natale Cristoforo se ne va ancora giovane ma con essa mantiene legami intensi. «In molti si sono chiesti - dice Gabriella Airaldi, medievalista e promotrice dell´associazione culturale che presto prenderà vita nel nome di Paolo Emilio Taviani - perché Colombo non abbia chiesto finanziamenti della sua impresa alla città di Genova. Ma chi ha simili dubbi dimostra di non sapere che la storia di Genova non esiste, esiste la storia dei genovesi». Nel senso che lo Stato, il Comune genovese si limita - come si direbbe oggi - alla normale amministrazione. «Il vero potere - ricorda la studiosa - è quello del Banco di San Giorgio. Quello genovese è un sistema commerciale ed economico elastico, fatto di relazioni personali. Un network commerciale del quale del resto lo stesso Cristoforo ha fatto e fa parte».
Il convegno internazionale di Palazzo S. Giorgio - quale migliore sede per ospitarlo? -, così come l´intervista televisiva postuma su Colombo al senatore Taviani e la nascita di una nuova associazione colombiana, sembra partecipare alla riscoperta dell´ammiraglio genovese. Sulla sua figura e la sua impresa, rilanciata dalle celebrazioni ufficiali che da quest´anno diventeranno un appuntamento annuale, ha messo la penna e la voce anche un cantautore come Francesco Guccini nel suo ultimo disco. Ma dall´iniziativa dell´associazione "A Compagna" è emersa, più che la conoscenza di nuovi documenti, la consapevolezza che sulla figura di Colombo c´è ancora moltissimo da dire e da scoprire. «Cristoforo Colombo è un personaggio ancora da scoprire nella sua personalità, nella sua individualità. Per capire quanto abbia contato per la storia e per l´uomo bisogna liberarlo dagli abiti paludati dei quali è stato troppo spesso coperto e studiarlo nei contesti storici e antropologici che lo porranno sicuramente sotto una nuova luce».
La Gazzetta del Mezzogiorno 7.3.04
Ma Colombo era figlio di un papa?
Mentre a Genova è in corso il convegno «Genova e Cristoforo Colombo», all'Università di Pavia, dove in una teca sono conservate le presunte ceneri del grande navigatore, è giunta la richiesta di poter procedere all'esame del Dna. L'hanno avanzata due studiosi colombiani, gli storici romani Lioniero Boccianti e Renato Biagioli, convinti di poter dimostrare le vere origini di Colombo. «Il convegno di Genova non aggiunge nulla alle tesi ufficiali affermate da molto tempo, noi, invece, possediamo documenti che provano un'altra verità e al momento opportuno li presenteremo - hanno detto i due storici - Restiamo convinti che Cristoforo Colombo sia figlio di Papa Innocenzo VIII, al secolo il genovese Giovan Battista Cybo, e non del commerciante di lane Domenico Colombo e che sua madre sia una nobildonna romana». (...)
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»
L'ASSOCIAZIONE CULTURALE
domenica 7 marzo 2004
Cina
Apcom) 06/03/2004 - 18:55
CINA: GOVERNO IN LOTTA CONTRO SURRISCALDAMENTO ECONOMICO
di Maria Weber
docente di Relazioni internazionali e Politica comparata all'università Bocconi
Roma, 6 mar. (Apcom) - Cifre da fare invidia a qualunque ministro delle Finanze. Sono quelle rese note oggi dal ministro cinese Jin Reqing e da Ma Kai, capo della commissione per lo Sviluppo economico; i due, rivolgendosi all'Assemblea Nazionale del Popolo, hanno annunciato che nel 2004 il pil della Repubblica popolare sarà in crescita del 7%, il deficit rimarrà stabile, le spese per l'agricoltura aumenteranno del 20% e quelle per la difesa dell'11,6%. L'espansione economica cinese procede quindi a grandi falcate, suscitando più di qualche preoccupazione presso i rappresentanti delle altre grandi economie del mondo. Ma in che modo si articola questa ascesa? E in che direzione si muove il governo cinese? Maria Weber, docente di Relazioni internazionali e Politica comparata all'università Bocconi, collaboratrice del sito Lavoce.info e autrice di numerosi scritti sulla Cina, ravvisa due punti fondamentali nelle scelte dell'esecutivo: il tentativo di evitare il 'surriscaldamento della crescita' e l'esigenza, impellente, di risolvere la grave questione della disoccupazione.
"Negli ultimi anni - spiega Weber - la crescita si è fatta sempre più tumultuosa, e nel 2003 ha raggiunto il 9%. Il premier vuole arginare alcuni aspetti di questo fenomeno, in primis l'incremento del credito interno legato al settore edile, che si sta espandendo a ritmi rapidissimi sulla scia del forte sviluppo urbanistico. Inoltre bisogna rilevare che c'è un forte squilibrio tra l'entroterra del paese e la costa, e il divario diventa addirittura spaventoso se si confrontano le zone rurali e quelle urbane. Almeno due terzi degli 800 milioni di abitanti nelle zone rurali vive infatti al di sotto della soglia di povertà, ossia con meno di un dollaro al giorno. Il premier vuole rimediare a questa situazione detassando i contadini e investendo in modo massiccio nell'agricoltura".
"Il secondo aspetto - prosegue la studiosa - riguarda la disoccupazione, soprattutto presso gli ex dipendenti delle aziende di Stato. Esistono delle aziende statali che sono state rinnovate bene, soprattutto nei settori strategici come le telecomunicazioni, ma altre hanno prodotto solo disoccupazione: si calcola che 70 milioni di ex dipendenti statali siano rimasti senza lavoro. Un numero impressionante - osserva -, ma occorre ricordare che ogni anno bisognerebbe creare 30 milioni di nuovi posti solo per assorbire i giovani che entrano nel mercato del lavoro. Il disoccupato statale è molto spesso sull'orlo della pensione e ha un livello di formazione e di specializzazione molto basso, per cui è difficile che riesca a trovare un nuovo collocamento. Il governo sta quindi cercando di introdurre dei sistemi, che io chiamo "camere di compensazione", che al posto degli ammortizzatori sociali consentano un livello minimo di sussistenza, poiché ci sono delle regioni in cui tre lavoratori su cinque sono disoccupati".
Finanziamento a difesa non ha finalità offensiva
Roma, 6 mar. (Apcom) - In primo piano spicca inoltre la questione del sistema bancario, "ancora molto controllato dallo Stato", che "negli anni '90 ha dovuto finanziare numerose aziende statali in perdita, al punto che nel 2003 la banca centrale ha stanziato 45 miliardi di dollari per risollevare le banche, che avevano accumulato una quantità enorme di non performing loans". Uno dei problemi maggiori dei leader cinesi è quindi quello dei prestiti in sofferenza, che ammontano a 240 miliardi di dollari.
"Una novità di rilievo - prosegue Maria Weber - riguarda invece le forme di tutela della proprietà privata, che andrebbero a modificare la Costituzione del 1949. Non è altro che una presa di coscienza, da parte della politica, di ciò che avviene nella realtà, anche se le aziende non statali non sono necessariamente private, e talvolta sono organizzate come cooperative. La crescita economica è stata quindi trainata dalla crescita delle imprese non statali, che oggi sono 2 milioni e 400 e impiegano 130 milioni di lavoratori".
L'annunciato aumento delle spese riservate alla difesa riflette, per Weber, la "consapevolezza della necessità di un esercito moderno, e non, come alcuni pensano, una volontà offensiva. Non bisogna dedurne che la Cina voglia diventare aggressiva oppure attaccare Taiwan. Una cosa, quest'ultima, che a mio avviso non farà mai, anche perchè la convergenza economica tra Cina e Taiwan è ormai tale da rendere molto improbabile qualunque soluzione armata dell'annosa controversia tra le due entità cinesi".
Infine, in materia di politica monetaria, "il cambio fisso tra yuan e dollaro esiste da 10 anni, nonostante le forti pressioni esercitate per ottenere almeno delle bande d'oscillazione più ampie. Lo yuan - spiega la studiosa - è sottovalutato, secondo alcuni esperti tra il 20 e il 40%, e ciò risulta comodo per le aziende che producono in Cina per poi esportare. Il governo è sempre stato attento a non lasciare un'oscillazione troppo ampia sul dollaro, e men che meno ha contemplato l'ipotesi della convertibilità. Bisogna ricordare - conclude - che la Cina è il secondo paese al mondo per riserve in valuta estera, dopo il Giappone, che proprio oggi ha annunciato di aver raggiunto la quota di 770 miliardi di dollari".
copyright @ 2004 APCOM
CINA: GOVERNO IN LOTTA CONTRO SURRISCALDAMENTO ECONOMICO
di Maria Weber
docente di Relazioni internazionali e Politica comparata all'università Bocconi
Roma, 6 mar. (Apcom) - Cifre da fare invidia a qualunque ministro delle Finanze. Sono quelle rese note oggi dal ministro cinese Jin Reqing e da Ma Kai, capo della commissione per lo Sviluppo economico; i due, rivolgendosi all'Assemblea Nazionale del Popolo, hanno annunciato che nel 2004 il pil della Repubblica popolare sarà in crescita del 7%, il deficit rimarrà stabile, le spese per l'agricoltura aumenteranno del 20% e quelle per la difesa dell'11,6%. L'espansione economica cinese procede quindi a grandi falcate, suscitando più di qualche preoccupazione presso i rappresentanti delle altre grandi economie del mondo. Ma in che modo si articola questa ascesa? E in che direzione si muove il governo cinese? Maria Weber, docente di Relazioni internazionali e Politica comparata all'università Bocconi, collaboratrice del sito Lavoce.info e autrice di numerosi scritti sulla Cina, ravvisa due punti fondamentali nelle scelte dell'esecutivo: il tentativo di evitare il 'surriscaldamento della crescita' e l'esigenza, impellente, di risolvere la grave questione della disoccupazione.
"Negli ultimi anni - spiega Weber - la crescita si è fatta sempre più tumultuosa, e nel 2003 ha raggiunto il 9%. Il premier vuole arginare alcuni aspetti di questo fenomeno, in primis l'incremento del credito interno legato al settore edile, che si sta espandendo a ritmi rapidissimi sulla scia del forte sviluppo urbanistico. Inoltre bisogna rilevare che c'è un forte squilibrio tra l'entroterra del paese e la costa, e il divario diventa addirittura spaventoso se si confrontano le zone rurali e quelle urbane. Almeno due terzi degli 800 milioni di abitanti nelle zone rurali vive infatti al di sotto della soglia di povertà, ossia con meno di un dollaro al giorno. Il premier vuole rimediare a questa situazione detassando i contadini e investendo in modo massiccio nell'agricoltura".
"Il secondo aspetto - prosegue la studiosa - riguarda la disoccupazione, soprattutto presso gli ex dipendenti delle aziende di Stato. Esistono delle aziende statali che sono state rinnovate bene, soprattutto nei settori strategici come le telecomunicazioni, ma altre hanno prodotto solo disoccupazione: si calcola che 70 milioni di ex dipendenti statali siano rimasti senza lavoro. Un numero impressionante - osserva -, ma occorre ricordare che ogni anno bisognerebbe creare 30 milioni di nuovi posti solo per assorbire i giovani che entrano nel mercato del lavoro. Il disoccupato statale è molto spesso sull'orlo della pensione e ha un livello di formazione e di specializzazione molto basso, per cui è difficile che riesca a trovare un nuovo collocamento. Il governo sta quindi cercando di introdurre dei sistemi, che io chiamo "camere di compensazione", che al posto degli ammortizzatori sociali consentano un livello minimo di sussistenza, poiché ci sono delle regioni in cui tre lavoratori su cinque sono disoccupati".
Finanziamento a difesa non ha finalità offensiva
Roma, 6 mar. (Apcom) - In primo piano spicca inoltre la questione del sistema bancario, "ancora molto controllato dallo Stato", che "negli anni '90 ha dovuto finanziare numerose aziende statali in perdita, al punto che nel 2003 la banca centrale ha stanziato 45 miliardi di dollari per risollevare le banche, che avevano accumulato una quantità enorme di non performing loans". Uno dei problemi maggiori dei leader cinesi è quindi quello dei prestiti in sofferenza, che ammontano a 240 miliardi di dollari.
"Una novità di rilievo - prosegue Maria Weber - riguarda invece le forme di tutela della proprietà privata, che andrebbero a modificare la Costituzione del 1949. Non è altro che una presa di coscienza, da parte della politica, di ciò che avviene nella realtà, anche se le aziende non statali non sono necessariamente private, e talvolta sono organizzate come cooperative. La crescita economica è stata quindi trainata dalla crescita delle imprese non statali, che oggi sono 2 milioni e 400 e impiegano 130 milioni di lavoratori".
L'annunciato aumento delle spese riservate alla difesa riflette, per Weber, la "consapevolezza della necessità di un esercito moderno, e non, come alcuni pensano, una volontà offensiva. Non bisogna dedurne che la Cina voglia diventare aggressiva oppure attaccare Taiwan. Una cosa, quest'ultima, che a mio avviso non farà mai, anche perchè la convergenza economica tra Cina e Taiwan è ormai tale da rendere molto improbabile qualunque soluzione armata dell'annosa controversia tra le due entità cinesi".
Infine, in materia di politica monetaria, "il cambio fisso tra yuan e dollaro esiste da 10 anni, nonostante le forti pressioni esercitate per ottenere almeno delle bande d'oscillazione più ampie. Lo yuan - spiega la studiosa - è sottovalutato, secondo alcuni esperti tra il 20 e il 40%, e ciò risulta comodo per le aziende che producono in Cina per poi esportare. Il governo è sempre stato attento a non lasciare un'oscillazione troppo ampia sul dollaro, e men che meno ha contemplato l'ipotesi della convertibilità. Bisogna ricordare - conclude - che la Cina è il secondo paese al mondo per riserve in valuta estera, dopo il Giappone, che proprio oggi ha annunciato di aver raggiunto la quota di 770 miliardi di dollari".
copyright @ 2004 APCOM
due poeti
Repubblica, edizione di Firenze 7.3.04
Alla esposizione del manoscritto anche il presidente della Cassa Benedetti. Mercoledì incontro per partecipare all´asta
Così Luzi ritrovò Campana
"Con i suoi versi innovatori mi sono formato"
L'autografo portato nella casa del poeta fiorentino in omaggio ai suoi novanta anni: "Una emozione grandissima"
"È importante che rimanga a disposizione della comunità. Anche se in questa epoca di barbarie politica tutto può accadere"
"Dalla perdita di queste pagine forse dipese la sua follia. Quanta fatica per noi ermetici far riconoscere il suo genio all'Italia anni Trenta"
di FULVIO PALOSCIA
C´è silenzio nel piccolo attico che si affaccia su via di Bellariva: solo il muto frusciare di pagine antiche e un po´ ingiallite. Le mani di Mario Luzi sfogliano con delicatezza, quasi con timore il manoscritto de Il più lungo giorno di Dino Campana, «mi colpisce l´impaginazione così ordinata, precisa. E questa calligrafia: nelle prime pagine è delicata, poi di colpo si stanca e diventa più tormentata, veloce». Luzi lo dice più volte, sottovoce: «Che emozione... un´emozione grandissima: per questo manoscritto Campana ci ha rimesso la vita, forse non ha torto chi sostiene che la sua follia sia dipesa dallo smarrimento di questo quaderno». Anche se il prezioso documento, che il 18 marzo sarà battuto all´asta a Roma da Christie´s e che ieri mattina è stato presentazione alle istituzioni culturali fiorentine, dove la casa d´aste auspica di trovare un acquirente pubblico che offra degna conservazione. Qualcosa si sta muovendo: ieri mattina, infatti, c´erano tutti; Vieusseux, Biblioteca Nazionale, Marucelliana, Fondazione Conti, il vicesindaco Matulli in rappresentanza del Comune. E soprattutto c´era Aureliano Benedetti, presidente della Cassa di Risparmio, che si è dichiarato interessato ad aiutare il Comune nell´acquisto del manoscritto: mercoledì incontrerà l´assessore alla cultura Siliani.
Nel pomeriggio, Il più lungo giorno è stato portato a casa di Luzi come «dono simbolico» per i suoi 90 anni: lui aveva già studiato quel prezioso documento nel 1971 quando fu ritrovato dagli eredi di Soffici, che lo aveva smarrito nel 1914; «lo tenni per una settimana proprio qui, a Bellariva. Fu la figlia, Valeria Soffici, a portarmelo. Lo lessi più volte, giungendo ad una conclusione che mi sento di sottoscrivere ancora oggi: il ripensamento, la ricostruzione mnemonica de Il più lungo giorno dopo lo smarrimento da parte di Soffici, ha senza dubbio giovato a questi versi. Le disperazione, i crucci provocati dalla scomparsa di questo quaderno dettero i loro frutti: questi versi sono meno intensi dei futuri Canti Orfici, soprattutto dal punto di vista linguistico». L´articolo di Luzi con la notizia del ritrovamento, apparso sul Corriere della Sera, provocò una curiosità smodata: «L´attesa della ricomparsa di questo manoscritto, fino ad allora latente, esplose tutta insieme - racconta - da Palermo si fecero vivi gli eredi di Campana, il documento tornò a loro anche se auspicai la sua conservazione non tra le carte di una casa privata, ma presso un´istituzione pubblica. Da allora non ne ho saputo più niente». Il manoscritto è scomparso una seconda volta fino a quando altri eredi del poeta non hanno deciso di metterlo all´asta.
Per Luzi, sfogliare quel quaderno significa tornare ancora più indietro di quel formidabile 1971: «Campana è il primo poeta che ho letto, da adolescente, nel 1928. Nei suoi versi vibra il sogno non solo del poeta, ma dell´Italia intera con i suoi miti, la sua cultura: un sogno che Campana da una consistenza lirica dove il passato confluisce in un desiderio di avventura poetica, stilistica mossa da un´ansia di rinnovamento, di sperimentazione: nei Canti Orfici c´è Carducci, c´è Pascoli, dai quali aveva ricavato la sua purezza d´anima». Campana sarebbe poi diventato la bandiera dei poeti della generazione degli anni Trenta del Novecento, quella appunto di Luzi: «Ce ne volle perché fosse accettato dai letterati italiani, che lo consideravano poco di più di un personaggio bizzarro. Eppure io, Bigongiari, Parronchi sentimmo in modo profondo il tema campaniano. E lo interiorizzammo con tale forza da ricrearlo e ravvivarlo. I letterati lombardi furono i più ostinati: non ce la facevano a superare l´anomalia letteraria di Campana, che loro vivevano come scandalo, mentre per noi era naturale». È anche per quest´affezione degli ermetici fiorentini a Campana che, oggi, Luzi invoca il ritorno del manoscritto - la cui base d´asta è la più alta battuta da Christie´s riguardo ai manoscritti italiani del Novecento: 180 mila euro - a Firenze, «epicentro dell´esistenza di Campana. Mi auguro che questo documento venga accolto da un´istituzione pubblica che lo metta a disposizione della comunità, visto che appartiene alla memoria storica e letteraria del paese. Ma mi rendo anche conto che in questi tempi di assoluta barbarie politica potrebbe accadere di tutto».
Alla esposizione del manoscritto anche il presidente della Cassa Benedetti. Mercoledì incontro per partecipare all´asta
Così Luzi ritrovò Campana
"Con i suoi versi innovatori mi sono formato"
L'autografo portato nella casa del poeta fiorentino in omaggio ai suoi novanta anni: "Una emozione grandissima"
"È importante che rimanga a disposizione della comunità. Anche se in questa epoca di barbarie politica tutto può accadere"
"Dalla perdita di queste pagine forse dipese la sua follia. Quanta fatica per noi ermetici far riconoscere il suo genio all'Italia anni Trenta"
di FULVIO PALOSCIA
C´è silenzio nel piccolo attico che si affaccia su via di Bellariva: solo il muto frusciare di pagine antiche e un po´ ingiallite. Le mani di Mario Luzi sfogliano con delicatezza, quasi con timore il manoscritto de Il più lungo giorno di Dino Campana, «mi colpisce l´impaginazione così ordinata, precisa. E questa calligrafia: nelle prime pagine è delicata, poi di colpo si stanca e diventa più tormentata, veloce». Luzi lo dice più volte, sottovoce: «Che emozione... un´emozione grandissima: per questo manoscritto Campana ci ha rimesso la vita, forse non ha torto chi sostiene che la sua follia sia dipesa dallo smarrimento di questo quaderno». Anche se il prezioso documento, che il 18 marzo sarà battuto all´asta a Roma da Christie´s e che ieri mattina è stato presentazione alle istituzioni culturali fiorentine, dove la casa d´aste auspica di trovare un acquirente pubblico che offra degna conservazione. Qualcosa si sta muovendo: ieri mattina, infatti, c´erano tutti; Vieusseux, Biblioteca Nazionale, Marucelliana, Fondazione Conti, il vicesindaco Matulli in rappresentanza del Comune. E soprattutto c´era Aureliano Benedetti, presidente della Cassa di Risparmio, che si è dichiarato interessato ad aiutare il Comune nell´acquisto del manoscritto: mercoledì incontrerà l´assessore alla cultura Siliani.
Nel pomeriggio, Il più lungo giorno è stato portato a casa di Luzi come «dono simbolico» per i suoi 90 anni: lui aveva già studiato quel prezioso documento nel 1971 quando fu ritrovato dagli eredi di Soffici, che lo aveva smarrito nel 1914; «lo tenni per una settimana proprio qui, a Bellariva. Fu la figlia, Valeria Soffici, a portarmelo. Lo lessi più volte, giungendo ad una conclusione che mi sento di sottoscrivere ancora oggi: il ripensamento, la ricostruzione mnemonica de Il più lungo giorno dopo lo smarrimento da parte di Soffici, ha senza dubbio giovato a questi versi. Le disperazione, i crucci provocati dalla scomparsa di questo quaderno dettero i loro frutti: questi versi sono meno intensi dei futuri Canti Orfici, soprattutto dal punto di vista linguistico». L´articolo di Luzi con la notizia del ritrovamento, apparso sul Corriere della Sera, provocò una curiosità smodata: «L´attesa della ricomparsa di questo manoscritto, fino ad allora latente, esplose tutta insieme - racconta - da Palermo si fecero vivi gli eredi di Campana, il documento tornò a loro anche se auspicai la sua conservazione non tra le carte di una casa privata, ma presso un´istituzione pubblica. Da allora non ne ho saputo più niente». Il manoscritto è scomparso una seconda volta fino a quando altri eredi del poeta non hanno deciso di metterlo all´asta.
Per Luzi, sfogliare quel quaderno significa tornare ancora più indietro di quel formidabile 1971: «Campana è il primo poeta che ho letto, da adolescente, nel 1928. Nei suoi versi vibra il sogno non solo del poeta, ma dell´Italia intera con i suoi miti, la sua cultura: un sogno che Campana da una consistenza lirica dove il passato confluisce in un desiderio di avventura poetica, stilistica mossa da un´ansia di rinnovamento, di sperimentazione: nei Canti Orfici c´è Carducci, c´è Pascoli, dai quali aveva ricavato la sua purezza d´anima». Campana sarebbe poi diventato la bandiera dei poeti della generazione degli anni Trenta del Novecento, quella appunto di Luzi: «Ce ne volle perché fosse accettato dai letterati italiani, che lo consideravano poco di più di un personaggio bizzarro. Eppure io, Bigongiari, Parronchi sentimmo in modo profondo il tema campaniano. E lo interiorizzammo con tale forza da ricrearlo e ravvivarlo. I letterati lombardi furono i più ostinati: non ce la facevano a superare l´anomalia letteraria di Campana, che loro vivevano come scandalo, mentre per noi era naturale». È anche per quest´affezione degli ermetici fiorentini a Campana che, oggi, Luzi invoca il ritorno del manoscritto - la cui base d´asta è la più alta battuta da Christie´s riguardo ai manoscritti italiani del Novecento: 180 mila euro - a Firenze, «epicentro dell´esistenza di Campana. Mi auguro che questo documento venga accolto da un´istituzione pubblica che lo metta a disposizione della comunità, visto che appartiene alla memoria storica e letteraria del paese. Ma mi rendo anche conto che in questi tempi di assoluta barbarie politica potrebbe accadere di tutto».
Irigaray: «l'umanità non è neutra»
Repubblica 7.3.04
Perché il pianeta donna non è stato ancora esplorato a fondo
La parità con gli uomini non è un traguardo
Anche la definizione della de Beauvoir, il secondo sesso, implica comunque una posizione subalterna
L'umanità non è neutra e la differenza sessuale ha un senso: proprio per questo serve la massima autonomia
di LUCE IRIGARAY
Non sono sicura che l´importanza della cosiddetta liberazione delle donne sia stata bene percepita. Eppure l´espansione così rapida delle lotte femminili in tutto il mondo ne è una testimonianza.
Ma siccome si tratta di un passaggio epocale della storia dell´umanità, la cosa è difficile da immaginare. Ognuna, ognuno ne coglie un aspetto solo, inoltre a partire da sé e da oggi. Bisognerebbe anzi saltare in un altro tempo, o anticipare il futuro. E non solo come nella fantascienza ma come un altro mondo possibile, non nell´aldilà ma quaggiù.
Diventare degli uomini. L´interpretazione più immediata della liberazione femminile corrisponde alla sua identificazione con l´uguaglianza all´uomo. Questo non ha bisogno di nessun cambiamento nel modo di pensare, di nessuna (r)evoluzione culturale. Basta far entrare la donna in una categoria esistente - gli operai, gli schiavi, gli oppressi. Rimaniamo così nella stessa logica padrone-schiavo, con il volere dello schiavo di diventare il padrone e, al massimo, con una certa accondiscendenza del padrone rispetto allo schiavo, a meno che accada un capovolgimento del rapporto. Ma siamo sempre nella stessa economia, un´economia a cui le donne accettano di partecipare, sacrificando la loro libertà per perpetuarla, e ricevere per questo qualche compenso dal padrone.
Ma lei non parla di uguaglianza - mi obietterete. Vi chiederò allora di dimostrare che la strada dell´uguaglianza possa sfuggire alla logica padrone-schiavo. Vi suggerirò anche di comprarvi, per festeggiare l´otto marzo, un album Mafalda (fumetti dello scrittore argentino Dino). Mafalda è una maestra in liberazione femminile! Se siete fortunati, troverete in questo album la risposta di Mafalda a suo padre che sostiene che «l´occhio di Dio ci vede tutti uguali»: «Ma chi è il suo oculista?» lei gli chiede.
Notate, in questa occasione, che, per argomentare a proposito dell´esistenza dell´uguaglianza, il padre ha bisogno di ricorrere a Dio - quello con cui la parità rimane sempre impossibile. In ogni caso, prendere l´uomo come modello della propria liberazione non è una scelta che testimonia una grande autonomia né immaginazione. Il successo dell´uguaglianza è basato sul fatto che il metodo già esiste, che fa parte di una cultura al maschile e che è mantenuto dal risentimento fuori da un reale cambiamento, cosa indispensabile per compiere la liberazione delle donne.
Diventare delle donne. La cosa è già più complessa perché difettiamo di mezzi culturali per compiere questa evoluzione. Inoltre essa richiede che le donne preferiscano essere donne e non uomini. E´ il primo, e più decisivo, passo per incamminarsi verso la propria liberazione. Ma poche donne l´hanno già superato, nemmeno sospettato. Per esempio, le famose parole di Simone de Beauvoir: non si nasce donna ma si diventa donna, non manifestano una grande stima per l´identità femminile, che sarebbe soltanto il risultato di stereotipi sociali imposti alle donne. Lo stesso vale nell´affermare che l´altro è necessariamente il secondo rispetto all´uno, come attesta il titolo Il secondo sesso. Non voglio con questo disprezzare il lavoro che Simone de Beauvoir ha compiuto ma dire che esso non basta per assicurare la liberazione della donna in quanto tale. E´ necessario capire che: se sono nata donna, devo anche diventare la donna che sono, e che questa donna è differente, ma non seconda, rispetto all´identità maschile. Certo, diventare donna, sviluppare un´altra identità umana non può ridursi a trasferire nei luoghi pubblici tutti gli affetti e passioni che avevano luogo in casa, in parte perché la donna non godeva di altri mezzi di espressione. Si tratta di elaborare un´identità culturale nuova, che permetta alla donna di fare sbocciare tutte le sue capacità, sia nell´intimità che nella vita pubblica. La prima mediazione indispensabile è il diritto a un´identità civile appropriata. E´ il mezzo che può assicurare la svolta dallo statuto naturale, in cui la donna è stata confinata, a uno statuto civile che consenta alla donna di essere riconosciuta come libera e autonoma nella vita pubblica - cioè che conferisce alla donna un diritto paritetico, pur essendo differente, alla cittadinanza. Una piattaforma civile appropriata alle donne è anche ciò che permette di costruire una democrazia mondiale al femminile.
Diventare degli umani. Questo passaggio dalla naturalità alla civiltà è pure necessario per superare la parte di animalità che troppo spesso regola le relazioni uomo(ini) donna(e). Se queste si fondano solo sull´istinto - sia a livello dell´attrazione sessuale che su quello della procreazione - non possono essere realmente umane. E´ vero nei rapporti amorosi e parentali ma anche nel resto della vita. E´ dunque decisivo che le donne sfuggano a uno stato di semplice naturalità non solo per loro ma per l´insieme dell´umanità. D´altronde chiedere cambiamenti a livello economico e sociale senza modificare i rapporti sessuali non conduce a un granché. Si constata, per esempio, che in certi paesi dove la parità sociale è migliore che altrove, le donne sono più violentate. Manca il riconoscimento della donna come persona, per di più portatrice di valori diversi.
Ma quali sono questi valori, domandano quelli e quelle che pensano che l´essere umano è unico e che la sua cultura è necessariamente al neutro (per non dire al maschile)? Per rispondere a questa interrogazione, ho raccolto tante parole e disegni di ragazze e ragazzi, di donne e uomini. L´analisi di questo materiale non permette nessun dubbio sul fatto che fra i sessi esiste una differenza. Questa differenza non è solo biologica o sociale, come si è immaginato. Si tratta piuttosto di un modo diverso di essere in relazione con sé, con l´altro, con il mondo.
Questa identità relazionale propria di ciascun sesso corrisponde a una maniera specifica di costruire passaggi fra natura e cultura. Non è il sintomo di un´alienazione, come ho sentito dire a proposito del discorso delle ragazze. Questo discorso si dimostra, d´altronde, molto più precoce e creativo che quello dei ragazzi, una ricchezza che si può spiegare per il fatto che la vita relazionale della ragazza è più vivace di quella del ragazzo. La differenza fra identità relazionali interviene nell´attrazione fra i sessi in un modo più umano che la semplice attrazione fisica. Essa rappresenta una fonte di energia, di creatività, di cultura che merita di essere considerata e coltivata per lo sviluppo e la felicità dell´umanità.
Perché il pianeta donna non è stato ancora esplorato a fondo
La parità con gli uomini non è un traguardo
Anche la definizione della de Beauvoir, il secondo sesso, implica comunque una posizione subalterna
L'umanità non è neutra e la differenza sessuale ha un senso: proprio per questo serve la massima autonomia
di LUCE IRIGARAY
Non sono sicura che l´importanza della cosiddetta liberazione delle donne sia stata bene percepita. Eppure l´espansione così rapida delle lotte femminili in tutto il mondo ne è una testimonianza.
Ma siccome si tratta di un passaggio epocale della storia dell´umanità, la cosa è difficile da immaginare. Ognuna, ognuno ne coglie un aspetto solo, inoltre a partire da sé e da oggi. Bisognerebbe anzi saltare in un altro tempo, o anticipare il futuro. E non solo come nella fantascienza ma come un altro mondo possibile, non nell´aldilà ma quaggiù.
Diventare degli uomini. L´interpretazione più immediata della liberazione femminile corrisponde alla sua identificazione con l´uguaglianza all´uomo. Questo non ha bisogno di nessun cambiamento nel modo di pensare, di nessuna (r)evoluzione culturale. Basta far entrare la donna in una categoria esistente - gli operai, gli schiavi, gli oppressi. Rimaniamo così nella stessa logica padrone-schiavo, con il volere dello schiavo di diventare il padrone e, al massimo, con una certa accondiscendenza del padrone rispetto allo schiavo, a meno che accada un capovolgimento del rapporto. Ma siamo sempre nella stessa economia, un´economia a cui le donne accettano di partecipare, sacrificando la loro libertà per perpetuarla, e ricevere per questo qualche compenso dal padrone.
Ma lei non parla di uguaglianza - mi obietterete. Vi chiederò allora di dimostrare che la strada dell´uguaglianza possa sfuggire alla logica padrone-schiavo. Vi suggerirò anche di comprarvi, per festeggiare l´otto marzo, un album Mafalda (fumetti dello scrittore argentino Dino). Mafalda è una maestra in liberazione femminile! Se siete fortunati, troverete in questo album la risposta di Mafalda a suo padre che sostiene che «l´occhio di Dio ci vede tutti uguali»: «Ma chi è il suo oculista?» lei gli chiede.
Notate, in questa occasione, che, per argomentare a proposito dell´esistenza dell´uguaglianza, il padre ha bisogno di ricorrere a Dio - quello con cui la parità rimane sempre impossibile. In ogni caso, prendere l´uomo come modello della propria liberazione non è una scelta che testimonia una grande autonomia né immaginazione. Il successo dell´uguaglianza è basato sul fatto che il metodo già esiste, che fa parte di una cultura al maschile e che è mantenuto dal risentimento fuori da un reale cambiamento, cosa indispensabile per compiere la liberazione delle donne.
Diventare delle donne. La cosa è già più complessa perché difettiamo di mezzi culturali per compiere questa evoluzione. Inoltre essa richiede che le donne preferiscano essere donne e non uomini. E´ il primo, e più decisivo, passo per incamminarsi verso la propria liberazione. Ma poche donne l´hanno già superato, nemmeno sospettato. Per esempio, le famose parole di Simone de Beauvoir: non si nasce donna ma si diventa donna, non manifestano una grande stima per l´identità femminile, che sarebbe soltanto il risultato di stereotipi sociali imposti alle donne. Lo stesso vale nell´affermare che l´altro è necessariamente il secondo rispetto all´uno, come attesta il titolo Il secondo sesso. Non voglio con questo disprezzare il lavoro che Simone de Beauvoir ha compiuto ma dire che esso non basta per assicurare la liberazione della donna in quanto tale. E´ necessario capire che: se sono nata donna, devo anche diventare la donna che sono, e che questa donna è differente, ma non seconda, rispetto all´identità maschile. Certo, diventare donna, sviluppare un´altra identità umana non può ridursi a trasferire nei luoghi pubblici tutti gli affetti e passioni che avevano luogo in casa, in parte perché la donna non godeva di altri mezzi di espressione. Si tratta di elaborare un´identità culturale nuova, che permetta alla donna di fare sbocciare tutte le sue capacità, sia nell´intimità che nella vita pubblica. La prima mediazione indispensabile è il diritto a un´identità civile appropriata. E´ il mezzo che può assicurare la svolta dallo statuto naturale, in cui la donna è stata confinata, a uno statuto civile che consenta alla donna di essere riconosciuta come libera e autonoma nella vita pubblica - cioè che conferisce alla donna un diritto paritetico, pur essendo differente, alla cittadinanza. Una piattaforma civile appropriata alle donne è anche ciò che permette di costruire una democrazia mondiale al femminile.
Diventare degli umani. Questo passaggio dalla naturalità alla civiltà è pure necessario per superare la parte di animalità che troppo spesso regola le relazioni uomo(ini) donna(e). Se queste si fondano solo sull´istinto - sia a livello dell´attrazione sessuale che su quello della procreazione - non possono essere realmente umane. E´ vero nei rapporti amorosi e parentali ma anche nel resto della vita. E´ dunque decisivo che le donne sfuggano a uno stato di semplice naturalità non solo per loro ma per l´insieme dell´umanità. D´altronde chiedere cambiamenti a livello economico e sociale senza modificare i rapporti sessuali non conduce a un granché. Si constata, per esempio, che in certi paesi dove la parità sociale è migliore che altrove, le donne sono più violentate. Manca il riconoscimento della donna come persona, per di più portatrice di valori diversi.
Ma quali sono questi valori, domandano quelli e quelle che pensano che l´essere umano è unico e che la sua cultura è necessariamente al neutro (per non dire al maschile)? Per rispondere a questa interrogazione, ho raccolto tante parole e disegni di ragazze e ragazzi, di donne e uomini. L´analisi di questo materiale non permette nessun dubbio sul fatto che fra i sessi esiste una differenza. Questa differenza non è solo biologica o sociale, come si è immaginato. Si tratta piuttosto di un modo diverso di essere in relazione con sé, con l´altro, con il mondo.
Questa identità relazionale propria di ciascun sesso corrisponde a una maniera specifica di costruire passaggi fra natura e cultura. Non è il sintomo di un´alienazione, come ho sentito dire a proposito del discorso delle ragazze. Questo discorso si dimostra, d´altronde, molto più precoce e creativo che quello dei ragazzi, una ricchezza che si può spiegare per il fatto che la vita relazionale della ragazza è più vivace di quella del ragazzo. La differenza fra identità relazionali interviene nell´attrazione fra i sessi in un modo più umano che la semplice attrazione fisica. Essa rappresenta una fonte di energia, di creatività, di cultura che merita di essere considerata e coltivata per lo sviluppo e la felicità dell´umanità.
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