Il Tempo domenica 26 ottobre 2003
FIGLI & PSICHE
di Enza Ferri
I NEONATI di ogni parte del mondo hanno gli occhi di cielo, blu profondo. Più tardi la formazione della melanina favorirà il colore individuale. Dal loro mondo intrauterino fatto di suoni ovattati, luce soffusa e quiete, vengono spinti in una nuova realtà accecante, fredda e rumorosa. Il loro primo vagito più che un saluto alla vita, è una richiesta di aiuto.
Il pianto, insieme alla suzione, ai movimenti oculari ed alla prensione della mano, sono il piccolo bagaglio di atti riflessi con i quali i neonati, da una completa dipendenza si avvieranno alla scoperta-assimilazione del mondo reale, affettivo ed emotivo circostante. Intorno alla culla di un neonato si prova un senso di mistero e meraviglia sempre nuova, perché in quella culla come in un seme, sono racchiuse tutte le potenzialità della vita. Il loro sbocciare dipenderà dal «terreno» emotivo che accoglierà quel seme. Il neonato non è in grado di andare verso la sua fonte di nutrimento e sicurezza ed è con il pianto che cerca di attirarla. Il pianto di base o di fame, di disagio e di paura sono segnali che indicano un bisogno di cibo o di attenzione e contatto. I piccoli, che poche ore prima si trovavano in un ambiente ovattato, dove percepivano la regolarità nel battito del cuore materno vivono, dopo la nascita, una sorta di solitudine e paura, per questo ricercano di essere «stretti al cuore» e non vale il non volerli «viziare». Piuttosto che «spezzare» l’insistenza della richiesta, basterà almeno il contatto della mano sul corpo per non lasciarli soli e per placare questo tipo di bisogno. Il primissimo periodo della vita del neonato, è di simbiosi con la madre e, sono i primi rapporti e contatti, che determineranno le future condotte di «fiducia-sfiducia». Non c’è un solo periodo dopo la nascita, in cui il lattante è un essere «amorfo», in realtà la sua crescita comincia con il nascere. Per questo, le due funzioni primitive del mangiare ed espellere sono tanto importanti, sia dal punto di vista della crescita che, attraverso l’amore e la cura, per quella emotiva. Il periodo che va dalla nascita allo sviluppo del linguaggio, è contraddistinto da uno sviluppo mentale straordinario e decisivo per la futura evoluzione psichica della personalità di base emotivo-affettiva. La prima intelligenza viene definita «senso-motoria», infatti i piccoli nel primo anno di vita riferiscono a sé tutto ciò che li circonda e, in questo egocentrismo naturale, la realtà è tutta da «succhiare», «toccare», «scuotere» e «gettare a terra».
Da questi elementari atti riflessi di «causa-effetto», si formeranno gesti più organizzati: la suzione volontaria del dito, volgere la testa verso un richiamo, mettere a fuoco le pupille verso un oggetto e afferrare quelli più vicini con movimenti sempre più precisi e coordinati. Il senso dell’udito sarà l’ultimo a svilupparsi ed i piccoli, mostreranno grande attenzione alle parole, ai suoni dolci, alle «nenie»... Il sorriso dell’adulto sarà uno dei segnali di sicurezza per i neonati e, dopo la quinta settimana di vita, il loro stesso sorriso comincerà ad esprimere socievolezza di fronte al volto di un adulto o alla voce dei genitori. Ma è il contatto, la più forte trasmissione biologica di sicurezza per i piccoli. Il massaggio del neonato (accarezzare con leggera pressione e con tutte e due le mani il viso, il corpo, le braccia, le mani, le gambe, i piedi), aumenterà il legame affettivo sia nel piccolo che nei genitori.
Anche se il primo legame dei piccoli sarà di simbiosi con la madre, importantissimo sarà quello con il padre, del quale riconosceranno il sorriso, la voce, l’odore, il contatto delle mani più grandi e da lui verrà sicurezza. Il neonato, adagiato nelle mani di papà, rivolto verso il suo viso che gli sorride mentre parla dolcemente, è in un «centro» di perfetta beatitudine. Sarà «un’impronta» e si rinnoverà ogni volta che quelle stesse mani, si poseranno sulle spalle del futuro ragazzo.