venerdì 31 ottobre 2003

"Addio al passato" di Marco Bellocchio
anche a Firenze e a Napoli

Libertà venerdì 31.10.03
"Addio del passato" - Il documentario girato a Piacenza verrà distribuito nei cinema italiani
Bellocchio: il film su Verdi in tour
di Daniela Bisogni


"Addio del passato", il documentario di Marco Bellocchio girato a Piacenza, in varie località cittadine (tra le quali il Teatro Municipale, la zona Infrangibile, e Villa Sant'Agata) tra gli amanti de La Traviata. Soprattutto, l'operazione ha visto protagonisti molti artisti, musicisti e addetti ai lavori piacentini. Il film è stato presentato al Festival di Venezia 2002 e sta godendo di una inaspettata e dignitosa distribuzione nelle sale. Lo hanno già proiettato il cinema Lumière di Bologna, il Politecnico Fandango di Roma, l'Anteo di Milano mentre al Massimo di Torino si vedrà a partire dalla fine di novembre.
«Il film di Bellocchio - ha rivelato Fabrizio Grosoli di Fandango, tra i promotori dell'iniziativa - rientra nella distribuzione di 25 documentari in una ventina sale italiane, che sono in continuo aumento. Abbiamo chiesto a Sergio Pelone della Filmalbatros di darci le copie del documentario di Bellocchio, concludendo un accordo in base alla percentuale degli incassi, senza minimi garantiti, come per la quasi maggioranza delle altre produzioni: cioè non non ci guadagnamo quasi nulla, proprio per promuovere l'iniziativa».
Le altre sale italiane che, a partire da fine novembre, proietteranno il film di Bellocchio sono: l'Abc di Bari, l'Ariston di Catania, lo Spaziouno di Firenze, il Sivori di Genova, l'Astra di Padova, il Modernissimo di Napoli, il Cinema Zero di Pordenone, l'Azzurra e l'Ariston di Trieste, il Giorgione di Venezia, il Santa Lucia di Lecce, la sala Truffaut di Modena, il Fulgor di Rimini e il Nuovo Filmstudio di Savona.
[...]

dal Ticino: effetti del Ritalin sui bambini

Ticino.news.ch (quotidiano online)
Farmaci ai bambini
Le nuove droghe delle multinazionali


Nel 1986, nel Massachussets, un ragazzo di 14 anni uccide a mazzate (da baseball) un suo compagno di scuola. Rod, questo il nome del ragazzo, era sotto effetto della stimolante droga psicotropa Ritalin, che prendeva da ben 7 anni. Sia i genitori di Rod che il loro avvocato erano certi che l’omicidio era una diretta conseguenza degli effetti collaterali del Ritalin. Si trattava dell’ennesimo bambino diagnosticato con “problemi mentali” alle quale i soliti addetti ai lavori hanno prescritto farmaci discutibili, molto discutibili. Un trend che sino ad oggi non ha dato cenni di voler terminare.

Il Ritalin è classificato dall’Amministrazione americana dei Cibi e dei Farmaci (Food and Drug Administration) sotto la stessa categoria di cocaina, morfina, e oppio (anfetamina). Questa classificazione, conosciuta come Scheda 2, di cui il Ritalin fa parte, viene indicata dalla FDA come “di alto potenziale per abusi” e che un “abuso di questa sostanza può portare a seria dipendenza”. Le droghe della Scheda 2 che possono essere legalmente prescritte, sono tra le più pericolose. Non è un caso che in Stati Uniti il Ritalin, usato in combinazione con il Talwin, in alcune città è maggiormente responsabile di crimini comuni che qualsiasi altra droga. Nonostante l’ammissione del fatto che si tratti di uno psicofarmaco pericoloso, viene comunemente prescritto anche alle nostre latitudini. Se alcuni pensassero che vi è una relazione diretta tra l’assunzione di psicofarmaci da parte di bambini e ragazzi, e le purtroppo famose stragi nelle scuole, beh, non sarebbe un peccato mortale..

A George e al suo fratello gemello di 11 anni fu prescritto di prendere lo psicofarmaco Ritalin, nel 1973, dopo che furono diagnosticati iperattivi. George disse che molto presto cominciò a sperimentare degli effetti collaterali, e dopo un mese smise semplicemente di prenderlo senza dirlo a nessuno. “Mi sentivo come uno zombi”, diceva, “dovevo semplicemente smettere”. Il fratello invece continuò a prendere il Ritalin per due anni, e George disse: “Mio fratello Jerry cominciava davvero ad essere depresso”. Poco tempo dopo, Jerry si impiccò. George disse che questò suicidio, addebitabile al Ritalin, creò notevole sconforto ai suoi 3 fratelli minori e alla familia. L’intera familia è stata resa vittima dalla psichiatria. Ed oggi non si è da meno, psichiatri per bambini, dottori che dovrebbero ristudiarsi la medicina, quella vera, e aitanti pedagoghi nelle scuole, si adoperano nello spacciare droghe per farmaci ai nostri bambini.

Il Ritalin viene solitamente prescritto dagli psichiatri ai bambini diagnisticati iperattivi. Il “manuale” psichiatrico di diagnosi indica come sintomi iperattivi qualsiasi normale comportamento che un qualsiasi bambino ha e ha sempre avuto: 1.  2. ha difficoltà a restare seduto quando gli è richiesto, 3. viene facilmente distratto da stimoli esterni, 4. è impaziente nell’attendere il suo turno durante un gioco o in situazioni di gruppo, 5. spesso risponde alle domande prima che siano terminate del tutto, 6. ha difficoltà nel seguire insegnamenti dati da altri.., 7. ha difficoltà nel concentrare la sua attenzione giocando, 8. spesso va da un’attività incompleta all’altra, 9. ha difficoltà nel giocare quietamente, 10. spesso parla troppo, 11. spesso interrompe o invade attività di altri, o giochi di altri bambini, 12. spesso sembri non ascoltare quello che gli viene detto, 13. spesso perde cose utili ai suoi giochi o per la scuola, o per la casa, [...]
Il Manuale di diagnosi psichiatrico (DMS) indica che il bambino che ha otto o più di queste caratteristiche è un bambino iperattivo. A questo punto il Ritalin viene preso in considerazione per la “cura”. L’unica cosa che non viene presa in considerazione è che queste caratteristiche corrispondono al 99% dei bambini di questo mondo!  

A cura di Lucio La Chimia
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www.kulturapop.com

Margherita Hack:
«la maggioranza della gente in Italia se ne frega della religione»

l'Unità 30.10.2003
«Il principio della laicità dello Stato non è mai stato rispettato»


FIRENZE La decisione di togliere il crocifisso dalle scuole del giudice dell’Aquila ha dato inizio a una serie di reazioni a catena che sembrano non trovare fine. Con un generale sdegno del provvedimento che trova approvazione un po’ in tutte le parti politiche. Tra le voci contro c’è invece la scienziata Margherita Hack, tra l’altro membro del comitato di presidenza dell’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti. Per lei il provvedimento è un atto dovuto.
Perché?
«Ma perché mi pare che l’Italia sia uno stato laico e dunque è ovvio che non ci debba essere nessuno simbolo religioso nelle scuole: non c’è una religione di stato e dunque non ce ne deve essere nemmeno una preferita a un’altra. Tutt’al più ci dovrebbe essere una storia comparata di tutte le religioni, ma certamente non l’ora di religione cattolica. Oggi la società è cambiata, è diventata multietnica e multirazziale e non è un fatto che può essere ignorato».
Ma il crocifisso è il simbolo della nostra cultura.
«E questo cosa vuol dire! Anche se questa è la nostra cultura non si cancella mica se viene tolto un crocifisso. La cultura rimane, è qualcosa che viene assimilata fin da piccoli e rimane il fatto che a scuola si insegnano altre cose. Poi, se qualcuno vuole mandare i bambini a catechismo, o a scuole di religione, lo può sempre fare, non a caso gli ebrei e i musulmani hanno la loro scuola».
E i cattolici?
«Se la facciano. Ripeto, in Italia non esiste una religione di stato e non ci si può rifare a leggi del 1924 che poi sono state superate dal Concordato successivo e da altri articoli. Senza contare che la diversità della società di oggi rende impossibile qualsiasi raffronto con il passato. Oggi non c’è nessun motivo perché ci debba essere un simbolo religioso. Come succede in Francia, del resto, senza provocare lo sdegno di nessuno».
Piena solidarietà al giudice dunque.
«Assoluta. Ha agito benissimo e trovo assurde tutte queste critiche, così come trovo pazzesco che il ministro Castelli lo vada a sottoporre a un provvedimento disciplinare. È una vera pazzia».
C’è chi ci vede una questione di rispetto.
«Proprio non capisco. Nessuno vieta a chi è cristiano di rispettare il crocifisso, liberissimo di farlo, ma perché si deve imporre anche a chi non ci crede? Sono delusa anche per i politici che si sono affrettati subito a contestare questa decisione. Anche dai Ds mi aspettavo una reazione diversa».
Anche il presidente Ciampi ha preso una posizione netta.
«Sì, ma questo ormai non mi stupisce più. Con tutto il rispetto, il presidente Ciampi ha dimostrato più volte di essere debole di fronte a certi avvenimenti. Mi riferisco anche alla legge Cirami e al lodo Schifani. Che bisogno aveva di firmare subito?».
Comunque gli italiani che vanno all’estero rispettano la cultura del paese in cui si trovano.
«Già, ma questa gente lavora e vive qua. Questa è una questione di principio e in uno stato laico non ci devono essere simboli religiosi. Finché c’era una singola religione come nel ‘24 il crocifisso non dava noia a nessuno: tutta la popolazione era italiana, il 99% era cattolica e l’1% che rimaneva era comunque cristiano. Ma ora ci sono sempre più islamici, ebrei, buddisti, induisti e questa storia del simbolo religioso non ha più senso.
È vero che questa polemica è nata in un momento particolare.
«Esattamente. Questo tizio, poi, sembra anche abbastanza antipatico e arrogante. Ma il fatto in sé non deve distogliere dal problema reale che si pone».
Che fa nascere manifestazioni e dibattiti in tutto il paese.
«Mi sembra tutto così ridicolo, tanto più che la maggioranza della gente in Italia se ne frega della religione. Mi sembra piuttosto un’occasione per dare adito al razzismo, un pretesto che permette di scatenare le antipatie contro il diverso. E da questo punto di vista questo Smith non ha certo fatto un buon servizio alla sua comunità. Quanto meno lo poteva dire in un altro modo, ma almeno un vantaggio c’è stato».
Quale?
«Che finalmente è stato messo nero su bianco su un punto fondamentale: non è mai stato fatto rispettare il principio della laicità dello stato».