(segnalato da Sergio Grom)
La Repubblica 13.11.03
Un convegno e un sondaggio tra i vescovi sull'angoscia moderna
Il Papa: depressione killer, "è una malattia da curare"
di MARCO POLITI
CITTÀ DEL VATICANO - Sul capezzale di trecentoquaranta milioni di depressi si china ora Santa Madre Chiesa. Il lettino degli psicanalisti ha sempre suscitato sospetti nei monsignori, ma il confessionale - strumento classico per guidare e rianimare gli spiriti - non basta più. Giovanni Paolo II ha chiesto al suo ministero della Sanità (il Consiglio pontificio per la pastorale sanitaria) di prendere di petto anche le «malattie emergenti» e il cardinale Javier Lozano Barragan, che ne è presidente, esordisce con un convegno internazionale di tre giorni dedicato alla depressione e al disagio mentale. «L'"uomo potente" dell'era contemporanea - spiega il neoporporato - è anche l'"uomo pauroso" che ha un´angoscia immensa anche se spesso non osa confessarla». Meno di un quarto dei depressi, specifica, hanno accesso ad un trattamento efficace.
L'obiettivo del convegno, secondo Lozano, è di sviscerare tre temi. Cos'è la depressione? Come la vede Dio? Cosa possiamo fare?
Il fenomeno è diventato talmente importante tra le vecchi e le nuove generazioni, nelle metropoli come nelle bidonville, che persino i suicidi sono giudicati in maniera diversa dalla Chiesa. Niente cerimonia religiosa, niente sepoltura in terra benedetta si diceva una volta. La norma resta, perché togliersi la vita «è peccato grave», ma chi può dire se il depresso era capace e libero di compiere una scelta? Per questo la Chiesa oggi nella prassi è molto meno punitiva verso la memoria del suicida.
Al convegno, che si apre stamane nell'Aula Nervi, verrà presentata una ricerca svolta interrogando centoventisette vescovi responsabili della pastorale sanitaria in 121 nazioni. È un primo sondaggio per capire la cause di questa malattia «killer della nostra epoca», come la definisce il cardinal Lozano. Dalle risposte multiple emerge un panorama preoccupante. Predominano fra le cause sociali - Marx esclamerebbe «l'avevo detto!» - le angosce derivate dalla povertà, dalla precarietà del lavoro, dal disgregarsi delle reti di solidarietà, dai processi di emarginazione, dalle diseguaglianze prodotte da politiche economiche, sociali e sanitarie che lasciano allo sbando fette consistenti di popolazione. Ma giocano anche altri fattori: la diseducazione alla gestione dei sentimenti, pesano ansia, frustrazione, delusione, carenza di autostima, dipendenza dall´alcol e da stupefacenti. Alta l'incidenza dell'insicurezza originata dalla mancanza delle figure dei genitori e dallo sgretolarsi dei tradizionali valori di riferimento. Un'impennata di risposte suscita anche la voce «edonismo» come aspetto sociale che può influire sull´origine e la diffusione di malattie mentali.
La ricerca si conclude con un rilevamento sull'esistenza o meno nelle Chiese locali di programmi dedicati al problema della salute mentale. Due terzi degli interrogati rispondono di no: segno che c'è ancora moltissimo da fare, notano i curatori del sondaggio, che suggeriscono al Vaticano di formare «agenti pastorali» capaci non solo di accompagnare il singolo, ma di individuare strategie anche per premere sui politici affinché vengano messi in atto programmi di prevenzione, riabilitazione e difesa dei diritti del malato. Tra i seicentoquattordici partecipanti al convegno ci sono oltre a sei cardinali anche esponenti ebrei, islamici, buddisti e induisti per un'analisi interreligiosa.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»
L'ASSOCIAZIONE CULTURALE
giovedì 13 novembre 2003
medici e fatture
Il Sole – 24ore
Sabato 1 Novembre 2003 – pagina 19
Modifiche a due velocità
di Ernesto Longobardi
Il concordato preventivo, dopo il passaggio al Senato, ha subito con il maxi emendamento alcuni miglioramenti, ma nel nuovo testo si registrano anche modifiche decisamente peggiorative e poco comprensibili.
Abolizione degli scontrini. Il nuovo testo modifica due punti: la sospensione dell’obbligo di emissione viene limitata a scontrini e ricevute e non comprende le fatture emesse nei confronti di “privati” non soggetti IVA; viene inoltre mantenuto l’obbligo di emissione nel caso di richiesta da parte del cliente. Mentre su questo secondo aspetto non si può che concordare, la prima modifica desta notevoli perplessità, in quanto crea una frattura ingiustificabile nella platea dei soggetti a contatto coi consumatori finali, cui si rivolge essenzialmente il concordato. D’altra parte, l’eliminazione dell’obbligo di fatturare consentiva di affrontare finalmente, anche se limitatamente ai concordatari, alcuni gravi inconvenienti dell’attuale normativa. Pensiamo a quelli che da tempo si riscontrano in alcuni settori delle professioni e dei servizi particolarmente sensibili, dove l’obbligo di identificazione nominativa del destinatario della prestazione urta contro i diritti alla riservatezza garantiti dal nostro ordinamento: è il caso, ma non solo, di talune prestazioni mediche, dove, tra l’altro, la necessità di subordinare la prestazione della cura alla disponibilità del paziente ad essere identificato urta contro fondamentali principi di deontologia professionale. Ma pensiamo anche a tutte le prestazioni, non rare nel mondo delle arti e delle professioni, rivolte simultaneamente a gruppi di soggetti, che è impossibile nei fatti identificare singolarmente.
Adeguamento per il 2004. Il testo del Dl limitava all’1 per cento la possibilità di adeguamento dei ricavi in dichiarazione per l’anno di imposta 2004. Il testo approvato dal Senato porta tale limite al 5 per cento. Se un certo incremento, rispetto all’1 per cento, poteva essere ragionevole, l’innalzamento di ben quattro punti urta con la filosofia del nuovo istituto, che è quella di spingere all’emersione i ricavi effettivi che finora sono sfuggiti al fisco, e frena la spinta alla registrazione regolare in corso d’anno, con effetti negativi sul gettito atteso dal concordato per il 2004.
L’IVA al consumo. Il nuovo testo cancella l’obbligo di indicare separatamente in dichiarazione le operazioni effettuate nei confronti di soggetti Iva rispetto a quelle verso consumatori finali. Si trattava di una piccola norma di grande importanza: senza un significativo costo di adempimento per il contribuente, avrebbe messo a disposizione dell’amministrazione e dei responsabili della politica tributaria un patrimonio informativo prezioso sia per il monitoraggio delle politiche di contrasto dell’evasione sia per il disegno delle politiche dell’Iva.
Chiusura dell’esercizio. Rispetto al DL, l’emendamento ha introdotto una diversa forma di inasprimento sanzionatorio per la mancata emissione di scontrini e ricevute da parte dei soggetti che non aderiranno al concordato. In luogo dell’inasprimento delle norme sulla chiusura dell’esercizio, viene ora previsto l’aumento della sanzione pecuniaria dal cento al centocinquanta per cento dell’imposta corrispondente all’importo non documentato. Si possono nutrire molti dubbi sulla maggiore efficacia deterrente della nuova disposizione rispetto a quella prevista dal Dl.
Sabato 1 Novembre 2003 – pagina 19
Modifiche a due velocità
di Ernesto Longobardi
Il concordato preventivo, dopo il passaggio al Senato, ha subito con il maxi emendamento alcuni miglioramenti, ma nel nuovo testo si registrano anche modifiche decisamente peggiorative e poco comprensibili.
Abolizione degli scontrini. Il nuovo testo modifica due punti: la sospensione dell’obbligo di emissione viene limitata a scontrini e ricevute e non comprende le fatture emesse nei confronti di “privati” non soggetti IVA; viene inoltre mantenuto l’obbligo di emissione nel caso di richiesta da parte del cliente. Mentre su questo secondo aspetto non si può che concordare, la prima modifica desta notevoli perplessità, in quanto crea una frattura ingiustificabile nella platea dei soggetti a contatto coi consumatori finali, cui si rivolge essenzialmente il concordato. D’altra parte, l’eliminazione dell’obbligo di fatturare consentiva di affrontare finalmente, anche se limitatamente ai concordatari, alcuni gravi inconvenienti dell’attuale normativa. Pensiamo a quelli che da tempo si riscontrano in alcuni settori delle professioni e dei servizi particolarmente sensibili, dove l’obbligo di identificazione nominativa del destinatario della prestazione urta contro i diritti alla riservatezza garantiti dal nostro ordinamento: è il caso, ma non solo, di talune prestazioni mediche, dove, tra l’altro, la necessità di subordinare la prestazione della cura alla disponibilità del paziente ad essere identificato urta contro fondamentali principi di deontologia professionale. Ma pensiamo anche a tutte le prestazioni, non rare nel mondo delle arti e delle professioni, rivolte simultaneamente a gruppi di soggetti, che è impossibile nei fatti identificare singolarmente.
Adeguamento per il 2004. Il testo del Dl limitava all’1 per cento la possibilità di adeguamento dei ricavi in dichiarazione per l’anno di imposta 2004. Il testo approvato dal Senato porta tale limite al 5 per cento. Se un certo incremento, rispetto all’1 per cento, poteva essere ragionevole, l’innalzamento di ben quattro punti urta con la filosofia del nuovo istituto, che è quella di spingere all’emersione i ricavi effettivi che finora sono sfuggiti al fisco, e frena la spinta alla registrazione regolare in corso d’anno, con effetti negativi sul gettito atteso dal concordato per il 2004.
L’IVA al consumo. Il nuovo testo cancella l’obbligo di indicare separatamente in dichiarazione le operazioni effettuate nei confronti di soggetti Iva rispetto a quelle verso consumatori finali. Si trattava di una piccola norma di grande importanza: senza un significativo costo di adempimento per il contribuente, avrebbe messo a disposizione dell’amministrazione e dei responsabili della politica tributaria un patrimonio informativo prezioso sia per il monitoraggio delle politiche di contrasto dell’evasione sia per il disegno delle politiche dell’Iva.
Chiusura dell’esercizio. Rispetto al DL, l’emendamento ha introdotto una diversa forma di inasprimento sanzionatorio per la mancata emissione di scontrini e ricevute da parte dei soggetti che non aderiranno al concordato. In luogo dell’inasprimento delle norme sulla chiusura dell’esercizio, viene ora previsto l’aumento della sanzione pecuniaria dal cento al centocinquanta per cento dell’imposta corrispondente all’importo non documentato. Si possono nutrire molti dubbi sulla maggiore efficacia deterrente della nuova disposizione rispetto a quella prevista dal Dl.
bulimia e anoressia, su clorofilla.it
clorofilla.it 12.11.03
la versione originale di questo articolo è disponibile QUI
«Soprattutto al Centrosud non ci sono strutture adeguate alla cura di malattie particolari come queste», dice a Clorofilla Emilia Costa, docente di psichiatria alla Sapienza. E aggiunge: «Sono patologie della mente ma creano anche gravi conseguenze fisiche»
Bulimia e anoressia, quei mali sospesi tra psiche e corpo...
di Lucia Ghebreghiorges
Roma - Malattie della mente ma anche del corpo, difficili da combattere perché spesso latenti. Bulimia nervosa, anoressia, disturbo da alimentazione incontrollata ed altre patologie affini che la medicina tenta sempre più di contrastare.
Se ne è parlato oggi a Roma al seminario “Disturbi delle condotte alimentari: un percorso pubblico di terapia integrata tra degenza, day hospital ed ambulatorio”, svoltosi in occasione dell’inaugurazione del reparto ristrutturato per i disturbi delle condotte alimentari del Policnico Umberto I. Bulimia e anoressia rientrano nell’area di competenza psichiatrica, ma poiché è proprio nel corpo che il disagio si manifesta con tutta la sua imponenza, spesso si deve necessariamente ricorrere ad interventi multidisciplinari. Ed è qui che entrano in gioco internisti, nutrizionisti, psicoteraputi e altri specialisti.
«Purtroppo in Italia, soprattutto al Centrosud vi è una carenza di strutture adeguate alla cura di patologie come queste – spiega a Clorofilla la professoressa Emilia Costa, titolare della prima cattedra di Psichiatria dell’Università della Sapienza, nonché direttore del reparto per i disturbi delle condotte alimentari appena rimesso a nuovo – I costi sanitari per poter garantire cure appropriate sono molto alti – continua – ed è per questo che le strutture mancano o non sono all’altezza della situazione. E ciò, naturalmente non fa altro che favorire il peggioramento delle malattie. Troppe volte, infatti, queste diventano recidive e si trascinano fino all’età adulta».
«Nel nostro reparto – aggiunge Costa – abbiamo un day hospital dove vengono effettuate diverse diagnosi e un servizio di degenza che prevede, in contemporanea, il recupero alimentare dei pazienti, la psicoterapia e i trattamenti farmaceutici. A tutto questo, inoltre, si aggiungono una sorta di corsi “educativi” rivolti ai familiari dei pazienti, al fine di rendere anche loro partecipi alla riabilitazione».
Ma che cosa s’intende quando si definiscono l’anoressia e la bulimia malattie dell’anima? Il dolore che avverte un’anoressica è lo stesso di quello che avverte una bulimica? «Innanzitutto – precisa l’esperta – si tratta di malattie dell’anima ma anche del corpo, visto che portano a gravi complicazioni fisiche. L’anoressia colpisce maggiormente durante l’adolescenza: questo periodo di crescita non facile con tutte le trasformazioni che implica, sia fisiche che psichiche, porta molte ragazze con problemi d’identità a dichiarare guerra al proprio corpo. Nella bulimia, invece, il cibo diventa una sorta di “sostituto” alle carenze affettive o a perdite familiari che non si riescono a superare. Per chi soffre di questa malattia – prosegue la professoressa – mangiare è un disperato tentativo di riempire un vuoto incolmabile. E poi non mancano, sia nell’una che nell’altra, i problemi con la società, con le incertezze che offre e allo stesso tempo con la perfezione che chiede. Elementi discordanti – conclude – che possono mettere in crisi giovani con una personalità non ancora ben definita».
In Italia l’incidenza di questi disturbi è in costante aumento, soprattutto per quanto riguarda l’anoressia: nove volte su dieci si ammalano ragazze tra i 12 e i 25 anni. Sempre nove volte su dieci, questi flagelli colpiscono donne. E tra loro, purtroppo, ancora troppe (il 20%) non ce la fanno.
la versione originale di questo articolo è disponibile QUI
«Soprattutto al Centrosud non ci sono strutture adeguate alla cura di malattie particolari come queste», dice a Clorofilla Emilia Costa, docente di psichiatria alla Sapienza. E aggiunge: «Sono patologie della mente ma creano anche gravi conseguenze fisiche»
Bulimia e anoressia, quei mali sospesi tra psiche e corpo...
di Lucia Ghebreghiorges
Roma - Malattie della mente ma anche del corpo, difficili da combattere perché spesso latenti. Bulimia nervosa, anoressia, disturbo da alimentazione incontrollata ed altre patologie affini che la medicina tenta sempre più di contrastare.
Se ne è parlato oggi a Roma al seminario “Disturbi delle condotte alimentari: un percorso pubblico di terapia integrata tra degenza, day hospital ed ambulatorio”, svoltosi in occasione dell’inaugurazione del reparto ristrutturato per i disturbi delle condotte alimentari del Policnico Umberto I. Bulimia e anoressia rientrano nell’area di competenza psichiatrica, ma poiché è proprio nel corpo che il disagio si manifesta con tutta la sua imponenza, spesso si deve necessariamente ricorrere ad interventi multidisciplinari. Ed è qui che entrano in gioco internisti, nutrizionisti, psicoteraputi e altri specialisti.
«Purtroppo in Italia, soprattutto al Centrosud vi è una carenza di strutture adeguate alla cura di patologie come queste – spiega a Clorofilla la professoressa Emilia Costa, titolare della prima cattedra di Psichiatria dell’Università della Sapienza, nonché direttore del reparto per i disturbi delle condotte alimentari appena rimesso a nuovo – I costi sanitari per poter garantire cure appropriate sono molto alti – continua – ed è per questo che le strutture mancano o non sono all’altezza della situazione. E ciò, naturalmente non fa altro che favorire il peggioramento delle malattie. Troppe volte, infatti, queste diventano recidive e si trascinano fino all’età adulta».
«Nel nostro reparto – aggiunge Costa – abbiamo un day hospital dove vengono effettuate diverse diagnosi e un servizio di degenza che prevede, in contemporanea, il recupero alimentare dei pazienti, la psicoterapia e i trattamenti farmaceutici. A tutto questo, inoltre, si aggiungono una sorta di corsi “educativi” rivolti ai familiari dei pazienti, al fine di rendere anche loro partecipi alla riabilitazione».
Ma che cosa s’intende quando si definiscono l’anoressia e la bulimia malattie dell’anima? Il dolore che avverte un’anoressica è lo stesso di quello che avverte una bulimica? «Innanzitutto – precisa l’esperta – si tratta di malattie dell’anima ma anche del corpo, visto che portano a gravi complicazioni fisiche. L’anoressia colpisce maggiormente durante l’adolescenza: questo periodo di crescita non facile con tutte le trasformazioni che implica, sia fisiche che psichiche, porta molte ragazze con problemi d’identità a dichiarare guerra al proprio corpo. Nella bulimia, invece, il cibo diventa una sorta di “sostituto” alle carenze affettive o a perdite familiari che non si riescono a superare. Per chi soffre di questa malattia – prosegue la professoressa – mangiare è un disperato tentativo di riempire un vuoto incolmabile. E poi non mancano, sia nell’una che nell’altra, i problemi con la società, con le incertezze che offre e allo stesso tempo con la perfezione che chiede. Elementi discordanti – conclude – che possono mettere in crisi giovani con una personalità non ancora ben definita».
In Italia l’incidenza di questi disturbi è in costante aumento, soprattutto per quanto riguarda l’anoressia: nove volte su dieci si ammalano ragazze tra i 12 e i 25 anni. Sempre nove volte su dieci, questi flagelli colpiscono donne. E tra loro, purtroppo, ancora troppe (il 20%) non ce la fanno.
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