mercoledì 29 giugno 2005

stati mentali e esperianza visiva cosciente

lescienze.it 29 giugno 2005
Meditazione buddista e rivalità percettiva
Lo stato mentale può influire sull'esperienza visiva cosciente


Con un'insolita ma fruttuosa collaborazione fra monaci tibetani buddisti e neuroscienziati, alcuni ricercatori hanno svelato indizi su come gli stati mentali - e i meccanismi neurali che vi stanno alla base - possono influire sull'esperienza visiva cosciente. Nello studio, pubblicato sul numero del 7 giugno della rivista "Current Biology", Olivia Carter e Jack Pettigrew dell'Università del Queensland hanno trovato le prove che le capacità sviluppate dai monaci buddisti nella loro pratica di un certo tipo di meditazione può influenzare fortemente la loro esperienza di un fenomeno, chiamato "rivalità percettiva", che ha a che fare con l'attenzione e la consapevolezza.
La rivalità percettiva ha origine normalmente quando a ciascun occhio vengono presentate due differenti immagini, e si manifesta come una fluttuazione - di solito nell'arco di pochi secondi - nell'immagine "dominante" che viene percepita coscientemente. Gli eventi neurali alla base della rivalità percettiva non sono ancora del tutto compresi, ma si ritiene che siano coinvolti i meccanismi cerebrali che regolano l'attenzione e la consapevolezza.
Alcuni studi precedenti avevano suggerito che la meditazione potesse alterare determinati aspetti dell'attività neurale dl cervello. Ora, con il beneplacito del Dalai Lama, 76 monaci tibetani hanno partecipato a uno studio condotto presso i loro ritiri montuosi nell'Himalaya e in India. L'addestramento meditativo dei monaci variava da 5 a 54 anni, e fra di essi ce n'erano tre con almeno 20 anni di esperienza di totale isolamento.
Misurando la rivalità percettiva dei monaci durante la pratica di due tipi di meditazione, gli scienziati hanno scoperto che alcuni di essi presentavano una completa stabilità visiva superiore ai soggetti di controllo.
I risultati suggeriscono che i processi particolarmente associati con il tipo di meditazione nel quale si mantiene l'attenzione su un singolo oggetto o pensiero contribuiscono alla prolungata stabilità percettiva sperimentata dai monaci. Gli individui addestrati alla meditazione possono alterare considerevolmente le normali fluttuazioni nello stato conscio che vengono indotte dalla rivalità percettiva. Lo studio, dunque, confermerebbe che la rivalità percettiva possa essere modulata da influenze neurali top-down di alto livello.

O. L. Carter, D. E. Presti, A. Callistemon, Y. Ungerer, G. B. Liu, J. D. Pettigrew, "Meditation alters perceptual rivalry in Tibetan Buddhist monks". Current Biology, Vol. 15, pp. R412-R413 (7 giugno 2005).

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neocon franco-tedeschi all'attacco
ma Heidegger fu senza dubbio un nazista

Corriere della Sera 29.6.05
In Francia e Germania appelli pro e contro il celebre filosofo tedesco che avrebbe redatto i discorsi di Hitler
Heidegger «nazista»: gli intellettuali vanno alla guerra
Frediano Sessi

Martin Heidegger suggeritore, addirittura estensore di alcuni discorsi pubblici di Adolf Hitler? L’ipotesi, sostenuta dal filosofo Emmanuel Faye in un saggio pubblicato dall’editrice francese Albin Michel (L’introduzione del nazismo nella filosofia, presentato sul Corriere del 3 giugno, con un intervento di Carlo Augusto Viano il 4), suscita polemiche in Francia e Germania, dove il voluminoso studio ha creato due fazioni in conflitto. Da una parte coloro che denunciano, anche in modo offensivo e volgare, il «delirio» dell’autore, proponendo un «eterno e universale omaggio» al maestro della filosofia contemporanea (tale è l’appello, tradotto in tredici lingue e inviato dallo scrittore Stéphane Zagdanski a migliaia di persone nel mondo); dall’altra coloro che sostengono la serietà del lavoro di ricerca di Faye e ne difendono l’operato. In particolare, viste le tesi del libro, dimostrate da un’ampia documentazione inedita, che vedono Heidegger e i suoi lavori filosofici, compreso Essere e Tempo, compromessi con le posizioni antisemite, guerrafondaie ed eliminazioniste di Hitler, una buona parte degli heideggeriani radicali (francesi e tedeschi), ha tentato di infierire sul saggio, gettando discredito sul suo autore; sia con attacchi diffamatori diffusi su Internet, sia sostenendo, sui maggiori giornali e media, la falsità della nuova documentazione raccolta. Da qui una petizione a favore del volume e in difesa del suo autore, firmata da molti intellettuali e germanisti che, tra l’altro, scrivono come esso «ripercorra l’impegno di parte a favore della politica hitleriana del pensatore tedesco, e metta in luce in modo puntuale, documentato e argomentato, i legami profondi tra l’opera di Heidegger e la dottrina nazista, in particolare nei seminari inediti del 1933-1935». «Noi pensiamo - aggiungono - che la ricerca critica sull’opera di Heidegger, quanto al suo rapporto con il nazismo, debba proseguire e approfondirsi; auspichiamo inoltre che sia data una larga diffusione internazionale ai nuovi elementi della ricerca scientifica apportati da questo saggio di Faye, e al dibattito di fondo che ne dovrebbe seguire». Tra i firmatari, filosofi e saggisti come Jacques Brunschwig, Claude Imbert, Richard Wolin, ma anche intellettuali del calibro di Jean-Pierre Vernant, noto per i suoi fondamentali studi sul mito, Pierre Vidal-Naquet, storico e autore di importanti studi sul genocidio nazista, Serge Klarsfeld, avvocato e filosofo, animatore del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Parigi e cacciatore di criminali nazisti, iniziatore delle ricerche sui Libri della memoria; e ancora André Jacob, autore di saggi sulla cultura occidentale, Jean-Claude Margolin, insigne studioso del Rinascimento e di Erasmo, Georges-Arthur Goldschmidt, scrittore e saggista di fama, Arno Munster, filosofo e teologo, Paul Veyne, filosofo e studioso del mondo antico, e altri ancora. Una petizione in difesa della ricerca, contro i pregiudizi e gli steccati delle scuole di pensiero, dietro i quali, è probabile che si nascondano ancora tanti heideggeriani italiani, fermi nel loro proposito di diffondere tra le schiere di studenti dei nostri atenei il pensiero «sacro» del filosofo tedesco, come se, in questi anni, nulla fosse accaduto.
Secondo quanto afferma Stéphane Zagdanski, «questo giovanotto minaccioso (Faye) ha beneficiato del sostegno dei più incompetenti salariati mediatici. È il piccolo personale del giornalismo - coloro che Nietzsche soprannominava già gli schiavi della carta stampata -, che muove la coda fremendo di gioia malsana, all’idea di postillare queste sciocchezze».
Dunque i difensori a oltranza di Martin Heidegger alzano ancora una volta le spalle. Hitler era profondamente ispirato da Sein und Zeit? Il maestro di Friburgo era un militante convinto del progetto nazista? Poco male. Non è forse vero che il «Linguaggio» è un «Grande Mentitore»? Non sarebbe sbagliato, in ogni caso, cominciare a pensare che una filosofia dovrebbe anche farsi interprete delle sofferenze, delle ingiustizie e dell’orrore patito; o, più in generale, dei «sentimenti dei vivi» e, insieme, del grido dei «sommersi» come suggeriva Heinrich Böll.

quale fu il filosofo più grande di tutti?

Corriere della Sera 29.6.05
Sondaggio online della Bbc. L’Economist si mette alla guida del fronte pro Hume: «È l’unico che può fermarlo»
Il filosofo più grande? Marx in testa. E i liberali si mobilitano
di
STEFANO MONTEFIORI

Karl Marx è in testa al sondaggio della Bbc, la radio-tv pubblica britannica, sul «più grande filosofo della storia». Il concorso è stato organizzato dal programma radiofonico In Our Time, che dopo una fase preliminare ha individuato 20 filosofi finalisti: chiunque, anche dall’Italia, può votare su Internet il suo pensatore favorito (www. bbc.co.uk/radio4/). Nella classifica provvisoria, dietro Marx il logico Wittgenstein e l’empirista Hume, seguiti da Platone e Kant. Ultimi l’esistenzialista Heidegger, Epicuro e Hobbes. «Votano Marx perché è un vecchio con la barba bianca ed è così che la gente si immagina un filosofo», «E’ solo il nome più familiare per i radical chic del servizio pubblico», protestano gli intellettuali. Lo storico comunista Hobsbawm difende il pensatore tedesco - «È stato capace di predire la globalizzazione» -, mentre l’ Economist lancia una campagna elettorale a favore di David Hume: «È l’unico che può fermare Marx».
Questi che seguono sono i commenti di Luciano Canfora e Giulio Giorello

CON MARX
Genio antidogmatico Nessuno storico può prescindere da lui
di
LUCIANO CANFORA

Karl Marx proveniva da una famiglia di ebrei renani per i quali la tradizione ebraica aveva avuto un rilievo importante. Studiò la filosofia partendo, come è ovvio, dai greci e continuò a leggere i greci per tutta la sua intensa vita di intellettuale battagliero e non accademico. Epicuro ed Appiano di Alessandria furono tra i suoi autori prediletti. Ha scritto François Furet che Marx potrebbe considerarsi soprattutto uno storico della società inglese tra Sette e Ottocento. Il che equivale a dire che fu il maggiore interprete della dirompente fioritura del capitalismo ottocentesco. Ma fu anche molto altro. La sua intuizione geniale secondo cui la storia dell’Occidente è stata sin qui scandita dal succedersi drammatico di «modi di produzione», e dunque dal costante conflitto di classi in lotta, ha insegnato a tutti - reazionari e conservatori, progressisti e rivoluzionari, studiosi degli antichi e studiosi dei moderni - a capire il movimento storico nel suo incessante divenire. Nessuno storico può prescindere da lui. Fu polemista sferzante e talvolta sprezzante, demolitore antidogmatico di pregiudizi, ostico ad ogni ortodossia ed autorità precostituita. Il «potere temporale» creato in suo nome gli nocque ma senza quel fardello è ovvio che giganteggi di fronte ai conflitti smisurati del mondo attuale

CON HUME
Lo scettico spensierato
di GIULIO GIORELLO

Non è la Rai ma la Bbc: la classifica dei filosofi dell’emittente britannica non vede in testa pensatori da salotto, bensì agitatori di popolo (Karl Marx) o purificatori del linguaggio (Ludwig Wittgenstein). Io preferisco il terzo della lista, lo scozzese David Hume, che rappresenta il tentativo più audace e coerente di indagare la natura umana senza nulla concedere alle chimere della metafisica, e di guardare al corso degli eventi senza ricorrere alle consolazioni della Provvidenza. Ben sapeva che non sempre il futuro sarà simile al passato (anche se dai tempi del mitico Adamo l’umanità ha constatato ogni mattina il sorgere del sole, nulla esclude che questo un giorno possa spegnersi), e che non poche delle nostre costruzioni intellettuali non sono che proiezioni delle nostre speranze o delle nostre paure. La ragione non è signora, ma «schiava» delle passioni. Eppure, la critica riesce a dissolvere i fantasmi che evochiamo per compiacere o intimorire gli altri. Con la distinzione tra ciò che è e quel che vorremmo che fosse Hume ha tolto (in anticipo) la terra sotto i piedi a chi, come Marx, pretenderà di risolvere scientificamente l’enigma della storia. E con l’elegante impiego degli esempi ha dato vita a un’analisi che non ha avuto bisogno di denunciare le trappole del linguaggio per essere rigorosa. Lui stesso si definiva «uno scettico spensierato», capace di «diffidare non solo delle sue convinzioni più radicate, ma dei suoi stessi dubbi». Amici - filosofi e non - stavolta non astenetevi: votate per lui.

Il concorso organizzato dal programma «In Our Time»
L'Economist: «Meglio Mill, ma votate per l’empirista scozzese contro l’autore del Capitale»
«Solo Hume può fermare Marx»
Alla Bbc la sfida sui grandi filosofi

Il sondaggio appassiona la Gran Bretagna. In testa il pensatore comunista
«Lo votano perché è un vecchio con la barba bianca ed è così che la gente si immagina un filosofo», protesta la professoressa Lisa Jardine dell’università di Londra. «Era solo un giornalista che sapeva di economia, non dovrebbe neppure partecipare alla gara», dice la parlamentare conservatrice Ann Widdecombe. In ogni caso Karl Marx è in testa al sondaggio della Bbc sul «più grande filosofo della storia» e si avvia a vincere una libera - se non regolare - elezione, privilegio in genere non toccato ai suoi epigoni. Il concorso è stato organizzato dal programma In Our Time di Bbc Radio 4, che dopo una lunga fase preliminare ha indicato il 5 giugno scorso i 20 filosofi finalisti: chiunque può votare su Internet il suo pensatore favorito (www.bbc.co.uk/radio4/). L’andamento del sondaggio doveva restare segreto ma è stato lo stesso conduttore del programma, Melvyn Bragg, a lasciare trapelare nella sua newsletter che in testa c’è l’autore del Capitale e non - come sperava - l’amato Kant, padre dell’etica europea. La mossa ha funzionato, l’interesse è cresciuto finché il Sunday Times è riuscito a ricostruire buona parte della classifica provvisoria: Marx davanti al logico Wittgenstein e all’empirista Hume, seguiti da Platone e Kant. Ultimi l’esistenzialista Heidegger, Epicuro e Hobbes. Nelle posizioni centrali, San Tommaso, Aristotele, Cartesio, Kierkegaard, Mill, Nietzsche, Popper, Russell, Sartre, Schopenhauer, Socrate, Spinoza. Il gioco per gli ascoltatori di Radio 4 diventa passione nazionale, con storici e intellettuali impegnati nella campagna elettorale per fermare Karl Marx.
«Uno spettro si aggira per la Bbc», titola l’Economist, anche perché nel 1999 un altro sondaggio online del servizio pubblico aveva suscitato polemiche incoronando Marx «massimo pensatore del millennio» davanti a Einstein e Newton. Madsen Pirie, presidente del think-tank liberale Adam Smith Institute, se la prende con l’audience della Bbc - «Radical chic sempre più separati dalla realtà» - ma Eric Hobsbawm, celebre storico comunista, ricorda che «Marx ha predetto la globalizzazione; e poi il suo pensiero ora è libero dall’incarnazione nell’Unione Sovietica».
La democrazia elettronica della Bbc permette di votare ogni giorno e così l’Economist si getta nella contesa: «Non è da noi suggerire scorrettezze, nonostante il talento dei marxisti per i brogli; piuttosto, offriamo un consiglio tattico. Al posto del nostro preferito Mill, che purtroppo si trova a fondo classifica, raccomandiamo un liberale scettico con buone chance di vittoria: amici lettori, fermate Marx e votate David Hume». La lobby a favore di Hume guadagna posizioni, il filosofo Julian Baggini sul Sunday Herald invoca il voto a favore dell’«unico capace di sconfiggere lo scetticismo della nostra epoca senza ricorrere ai dogmi». L’empirista di Edinburgo contro il materialista di Treviri: il sondaggio sembra ormai una gara a due. C’è tempo fino al 7 giugno per deciderla, anche dall’Italia.

il manifesto, Liberazione, Vittorio Foa: troppo poco
"disagio" a sinistra su Radetzky

Corriere della Sera 29.6.05
«Dubbi su Ratzinger: è intervenuto su questioni politiche»
Maria Latella

ROMA - Un’intera pagina sul manifesto, totalmente devoluta ai rapporti tra Stato e Chiesa dopo la recente visita di papa Ratzinger al presidente Ciampi. «La laicità - scrive sul quotidiano Giovanni Miccoli - si basa sulla consapevolezza dei diversi protagonisti di rispettarne e attuarne fino in fondo i principi e i criteri. Principi e criteri costantemente messi alla prova», giacché «... la tradizione politica italiana presenta, non da oggi, una particolare fragilità». Anche Liberazione, quotidiano di Rifondazione comunista, affronta lo stesso tema con un accorato editoriale firmato da Rina Gagliardi. Comincia con un dubbio retorico, l’editoriale di Liberazione: «Sbaglieremo, chissà. Ma l’escalation della Chiesa cattolica, ovvero dei suoi massimi vertici, ci preoccupa e ci allarma». Termina con una cifra secca, una denuncia pesante e una condanna senz’appello: «Novecentotrentasei milioni di euro, estorti ai contribuenti italiani grazie alla truffa dell’otto per mille: tanto è costato a tutti noi il nuovo Catechismo».
A sinistra insomma, come scrive Rina Gagliardi, si vive con un misto di allarme e preoccupazione l’intenso attivismo della Chiesa, soprattutto in campo italiano. E dunque, vale la pena di ascoltare le riflessioni di Vittorio Foa, voce autorevole della sinistra che, a differenza di altri, non sempre sceglie di dare ragione alla sua parte. Quale opinione avrà, Foa, sull’argomento? Per citare una sua posizione eterodossa: nel ’93, quando i radical chic di casa nostra si guardavano bene dal considerare Gianfranco Fini un interlocutore, ebbene, nel ’93, Foa dichiarava che il Msi lo preoccupava meno della Lega e che dal giovane leader bolognese si sarebbe aspettato una Predappina, una svolta a imitazione della Bolognina di Occhetto. Previsione peraltro puntualmente avveratasi. A Fiuggi. Che cosa pensa, dunque, il non prevedibile Foa di quanto sta accadendo in Italia, tra Stato e Chiesa?
«In questo momento ho una preoccupazione più generale. E’ una preoccupazione che non riguarda soltanto la situazione italiana, ma la politica della Chiesa, in termini per l’appunto generali».
Qual è allora il suo punto di partenza?
«Penso a un problema che tocca tutto l’Occidente. Dobbiamo inviare a un miliardo di musulmani un messaggio semplice e limpido: non date al Corano un’autorità che non sia puramente religiosa. Non trasformate quella che è una legittima direttiva religiosa in una direttiva politica. Ci stiamo davvero affannando perché, nel mondo, lo Stato sia separato dalla Chiesa, da tutte le Chiese. E io trovo contraddittorio, rispetto alla generale necessità politica, che il Papa tedesco, il nuovo Papa, uomo di cultura estesa e raffinata, con una capacità di comunicazione interreligiosa importante, trovo contraddittorio - insomma - che Papa Ratzinger sia caduto lui stesso in una incredibile contraddizione».
Sta pensando agli interventi del Pontefice, quelli che hanno preceduto il voto sul referendum per la procreazione assistita?
«Papa Ratzinger è esplicitamente intervenuto, con autorità religiosa, in una questione politica italiana. Aggiungo che la questione nella quale il Papa è intervenuto riguardava perfino la tecnica della politica, vale a dire l’atteggiamento rispetto al referendum. Insomma, non si trattava nemmeno più di una questione di principio. Era tecnica politica. L’intervento del Papa mi ha stupito e la mia speranza... Posso dirlo?»
Certo che può.
«Ecco, la mia speranza è che il fenomeno non abbia seguito».
Non mi pare che gli interventi del nuovo Papa abbiano carattere estemporaneo. Pare, piuttosto, che tutto faccia capo a una strategia ben meditata.
«Tutto in papa Ratzinger è pensato. Questo è chiaro. Ma ci sono momenti in cui la politica si impone ed altri in cui invece si impone un pensiero più ampio, religioso. Io spero che nel nuovo Papa, forse anche per il fatto che è tedesco, possano prevalere ragioni che vanno ben oltre la politica italiana».
Anche il cardinal Ruini è molto presente sulla scena pubblica italiana, in qualità di presidente della Cei.
«Penso che le due azioni vadano distinte. Una cosa è Papa Ratzinger, un’altra il cardinal Ruini, legato mani e piedi alla politica italiana. Credo di essere un laico e proprio per questo rispetto profondamente la sfera religiosa del cardinal Ruini. Ma proprio per questo gli grido "W il presidente della Repubblica italiana, W Ciampi", che ha affermato con forza il carattere laico dello Stato».
E tuttavia, in alcuni non credenti italiani, per brevità ribattezzati teocon, e in alcuni politici, anche neoconvertiti, si avverte una totale solidarietà con gli interventi del cardinal Ruini...
«Può ben immaginare quale sia il mio giudizio su questa gente, su certi politici... In questo momento prevale in loro una visione che è diventata una moda: parlare senza riflettere troppo rispetto a quel che si dice. Le parole sono assai facili da pronunciare e molti le pronunciano senza pensarci».
Qualche settimana fa, in un dibattito dedicato al Partito d’azione, lei ha parlato di «irrilevanza del linguaggio». E’ a questo che si riferiva?
«C’è in Italia una preoccupante irrilevanza del linguaggio. E’ un male dal quale si può guarire. Io sono vecchio, ma su questo specifico terreno spero di poter dare, anzi voglio dare, il mio contributo. Bisogna guarire dal male dell’irrilevanza del linguaggio, una malattia che consente di poter dire qualsiasi cosa nella certezza che non lascerà traccia e che domani si potrà dire l’esatto contrario. Le parole sono un impegno. Devono tornare a essere un impegno».

Tom Cruise
se l'Apa se la prende tanto con uno di Scientology non sarà che ha la coda di paglia?

Reuters People, Tue June 28, 2005 8:14 AM GMT
Tom Cruise: "Psichiatria pseudoscienza", psichiatri insorgono

LOS ANGELES (Reuters) - L'American Psychiatric Association ha duramente criticato l'attore Tom Cruise, che in televisione ha definito la psichiatria una "pseudo-scienza" mettendo in discussione il valore dei farmaci antidepressivi.
"E' irresponsabile che il signor Cruise usi il tour pubblicitario del film per diffondere i sui personali punti di vista ideologici e dissuada le persone con problemi di salute mentale dall'usufruire delle cure di cui hanno bisogno", ha detto in una dichiarazione il presidente dell'Apa, dottor Steven Sharfstein.
Nel corso di interviste per promuovere il suo ultimo film, "La guerra dei mondi", Cruise ha parlato del suo profondo scetticismo sulla psichiatria per spiegare la sua fede negli insegnamenti della Chiesa di Scientology, fondata dallo scrittore di fantascienza L. Ron Hubbard.
In un'intervista venerdì scorso allo show di Nbc "Today", è stato chiesto a Cruise delle sue recenti critiche all'attrice Brooke Shields per aver rivelato di aver preso antidepressivi Paxil, per affrontare una depressione post parto.
"Prima di essere uno scientologista, non sono mai stato d'accordo con la psichiatria", ha detto Cruise. "E quando ho iniziato a studiare la storia della psichiatria, ho capito molto ma molto di più sul perchè non credo nella psicologia. ... E so che la psichiatria è una pseudo-scienza."
Contestando l'efficacia in genere degli antidepressivi, Cruise ha detto: "Tutto quel che fanno è mascherare il problema", ha aggiunto. "Non c'è nulla come uno squilibrio chimico".
Mentre il conduttore di "Today" Matt Lauer lo incalzava, l'attore 42enne ha ribattuto: "Qui sta il problema. Tu non conosci la storia della psichiatria. Io sì".
Nella sua replica l'Apa, che rappresenta circa 36.000 medici specializzati nella diagnosi e trattamento delle malattie mentali, ha contestato l'affermazione di Cruise secondo la quale la psichiatria non ha valore scientifico.
"Una ricerca rigorosa, resa pubblica e attentamente verificata ha dimostrato chiaramente che la cura (della malattia mentale) funziona", ha detto l'Apa. "E' una sfortuna che di fronte a questo rilevante progresso scientifico e clinico un piccolo gruppo di persone e gruppi insistano nel metterne in discussione la legittimità".

panico

Repubblica 29.6.05
Due milioni di italiani bloccati dalla paura di volare o di salire su una nave. Gli esperti: un disturbo che oggi si può curare
Il panico esiste, l'hanno fotografato
Ecco cosa succede nel cervello. "Sugli aerei è colpa dell'anidride carbonica"
Un'equipe italiana ha utilizzato la risonanza magnetica per vedere le reazioni nei pazienti
Nei luoghi chiusi e affollati è l'aria povera di ossigeno la prima causa dell'ansia
ELENA DUSI

ROMA - Per trentasette milioni di italiani è tempo di vacanze. E per altri due milioni è tempo di paura. Paura di partire: di prendere l'aereo prima di tutto, ma anche l'auto, la metropolitana, la nave. Sotto sotto c'è il terrore di cambiare le proprie abitudini e le certezze quotidiane, atterrando per le vacanze in un luogo sconosciuto, senza punti di riferimento. La paura di andare in vacanza, per quanto assurda possa sembrare, non è che una delle manifestazioni del "disturbo da attacchi di panico", una sindrome di cui soffre il 3 per cento della popolazione, con le donne che due volte più numerose rispetto agli uomini.
Ansie create dal nulla? In realtà il cervello durante gli attacchi di paura vive degli sconvolgimenti profondi. «Si attivano aree come la regione frontale inferiore, il giro del cingolo e l'ippocampo» spiega Stefano Bastianello, direttore del servizio di neuroradiologia dell'università di Pavia, che è riuscito con i suoi colleghi a fotografare un attacco di panico nel cervello, usando la risonanza magnetica funzionale. «Per chi soffre di attacchi di panico non basta molto: è sufficiente pensare alla causa della propria paure, per esempio immaginare di dover prendere un aereo, ed ecco scatenarsi tutte le alterazioni anatomiche e psicologiche come ansia, mancanza di respiro, vertigini, dolori al petto, sudorazione e tremore. In una parola, si tratta di una sensazione di morte imminente». Ai volontari sottoposti alla risonanza magnetica sono state proposte esattamente le immagini dei loro incubi. Dopo di ché ai medici è bastato osservare la cascata di reazioni che si innescava nel cervello impaurito, con l'attivazione del cosiddetto "sistema limbico", una rete di aree cerebrali coinvolte nell'attacco.
La paura di andare in vacanza non è dunque pura invenzione. Rosario Sorrentino, neurologo dell'Unità italiana attacchi di panico della Paideia, è convinto che a giocare un ruolo chiave sia l'anidride carbonica, il gas "di scarico" che immettiamo nell'aria con l'espirazione. «In luoghi affollati e chiusi come ascensori e metropolitane. O in luoghi pressurizzati come all'interno di un aereo, le concentrazioni di questo gas assumono valori molto più alti del normale. Alcuni recettori del nostro cervello registrano la cattiva qualità dell'aria e lanciano l'allarme, un codice rosso istantaneo».
Chi, prima di partire, suda freddo e cerca scuse come «Non voglio lasciare solo il cane», «Non ho soldi» o «Mi sento poco bene, non vorrei ammalarmi proprio in viaggio» non è dunque in preda a una semplice fissazione. Né valgono i semplici consigli di "farsi coraggio". «Le paure di queste persone - prosegue Sorrentino - non sempre hanno a che fare con la sicurezza dei mezzi che prendono. Il timore riguarda piuttosto il dover rinunciare alla quotidianità, ai riti che danno certezza. Si teme di andare verso l'ignoto, in luoghi dove non sarà garantita alcuna possibilità di fuga». Per scrollarsi di dosso questo disturbo si ricorre in genere ai farmaci a alla psicoterapia cognitivo-comportamentale. Anche se gli annunci di nuovi possibili attentati fanno il gioco di chi alle vacanze preferisce la tranquillizzante afa cittadina.

la pervicace lotta del Vaticano contro la sessualità
confusa a bella posta con ciò che sessualità non è

L'Adige 29.6.05
CITTÀ DEL VATICANO:
Adulterio, masturbazione, fornicazione


CITTÀ DEL VATICANO - Adulterio, masturbazione, fornicazione, pornografia, prostituzione, stupro, atti omosessuali. Sono (n. 492) i «principali peccati contro la castità», espressione del «vizio della lussuria». Il Compendio del catechismo della Chiesa cattolica se ne occupa nel capitolo dedicato al sesto comandamento, che parte dall´affermazione che (n. 487) «Dio ha creato l´uomo maschio e femmina, con eguale dignità personale, e ha iscritto in lui la vocazione dell´amore e della comunione». Il Compendio afferma che le autorità civili «sono tenute a promuovere il rispetto della dignità della persona» (n. 494), «anche impedendo, con leggi adeguate, la diffusione delle suddette gravi offese alla castità, per proteggere soprattutto i minori e i più deboli». Il capitolo si occupa anche dell´amore coniugale «santificato dal sacramento del Matrimonio», i beni del quale sono (n. 495) «unità, fedeltà indissolubilità e apertura alla fecondità». Ad «offendere» la dignità del matrimonio sono (n. 502) «adulterio, divorzio, poligamia, incesto, libera unione (convivenza, concubinato), l´atto sessuale prima o al di fuori del matrimonio». Ma è l´apertura alla fecondità a prevedere particolari possibili «comportamenti immorali». Tali sono (n. 498) «ogni azione, come, per esempio la sterilizzazione diretta o la contraccezione, che, o in previsione dell´atto coniugale o nel suo compimento o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione». Sono immorali anche inseminazione e fecondazione artificiali, perché (n. 499) «dissociano la procreazione dall´atto con cui gli sposi si donano mutualmente, instaurando così un dominio della tecnica sull´origine e sul destino della persona umana». Inoltre l´inseminazione e la fecondazione eterologa «ledono il diritto del figlio a nascere da un padre e da una madre conosciuti da lui, legati tra loro dal matrimonio e aventi il diritto esclusivo a diventare genitori soltanto l´uno attraverso l´altro».

CITTÀ DEL VATICANO - Cerimonia nella Clementina con consegna delle copie ai fedeli. Appello a pregare anche in latino, la lingua dell´unità della Chiesa. Affidamento «ideale» del testo non solo ai credenti ma «a tutti gli uomini di buona volontà» che cercano «la verità». Il Papa ha solennizzato in ogni modo la presentazione del compendio del catechismo della chiesa cattolica, che riassume, senza modificare, nè aggiungere nè togliere nulla, il catechismo del ´92.
In 598 domande con le relative risposte il compendio espone ciò che la chiesa suggerisce ai fedeli per orientarne i comportamenti concreti in campo personale, sociale, sessuale. La forma dialogica è stata scelta per semplificare il testo, e la diffusione vuole essere popolare: il libro è stato diffuso in oltre 150.000 copie dell´edizione tascabile anche nei supermercati, autogrill, aeroporti. Nel compendio ci sono tutti i no della morale sessuale e c´è il richiamo ad ogni persona ad accettare la «propria identità sessuale», posto che «Dio ha creato l´uomo maschio e femmina».
Una ampia sezione è quella sui confini del non uccidere, viene ribadito il no della dottrina cattolica ad omicidio, aborto, distruzione di embrioni ed eutanasia, ma anche il no «pratico» alla pena di morte ed all´accanimento terapeutico. Sulla pena di morte, avendo presente la enciclica Evangelium vitae del ´94, quindi successiva al catechismo, il compendio riafferma che «oggi, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere il crimine rendendo inoffensivo il colpevole, i casi di assoluta necessità di pena di morte "sono ormai molto rari se non addirittura praticamente inesistenti"».
La dottrina sociale della chiesa viene ribadita sui temi del lavoro e dell´economia. Si afferma che la pace «non è solo assenza di guerra», e il dovere di tutti di contribuire alla pace nel mondo, si condanna il mercato incontrollato delle armi, si ribadiscono le condizioni per l´uso internazionale della forza militare. L´inferno c´è, riafferma il compendio, e la pena maggiore è la «lontananza eterna da Dio». E ci sarà il giudizio finale, alla fine del mondo, «di cui solo Dio conosce il giorno e l´ora». Si stigmatizza inoltre il «culto del corpo e gli eccessi» salutistici.
Il testo è diviso in quattro sezioni e ha un´ appendice con le preghiere comuni. Le quattro sezioni riguardano: La professione della fede, La celebrazione del mistero cristiano, La vita in Cristo e La preghiera cristiana. Voluto da papa Wojtyla, che affidò la direzione dei lavori all´allora cardinale Joseph Ratzinger, il compendio è preceduto da un Motu proprio di Ratzinger divenuto Benedetto XVI, che spiega genesi e scopi del documento. Il segretario della Congregazione per la dottrina della fede mons.
Angelo Amato spiega che il compendio intende anche «risvegliare l´interesse dei fedeli» per la dottrina e vuole essere un «utile sussidio per soddisfare la fame di verità soprattutto dei giovani», per questo suggerisce di diffonderlo soprattutto alla Gmg di Colonia, il prossimo agosto.
Nel compendio c´è anche uno spiacevole errore: papa Wojtyla viene definito di «venerata memoria», cioè considerato morto, in una introduzione datata 20 marzo 2005, quando era ancora vivo. Giovanni Paolo II infatti è morto il 2 aprile alle 21,37.
L´errore ha una spiegazione abbastanza semplice: l´introduzione del 20 marzo è quella in cui il cardinale Joseph Ratzinger, capo della commissione per la stesura del compendio, spiega la genesi del testo. Una volta divenuto Papa, nella stesura definitiva qualche estensore zelante deve aver aggiunto «di venerata memoria» alla citazione di papa Wojtyla quale «committente» del compendio, senza rendersi conto che in quella data Giovanni Paolo II era ancora vivo. È sicuro che il Vaticano si è accorto dell´errore, perchè «di venerata memoria» è stato cancellato nella introduzione su carta diffusa ai giornalisti, ma cancellarlo dalle centinaia di migliaia di copie in circolazione evidentemente è risultato antieconomico.