«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»
L'ASSOCIAZIONE CULTURALE
giovedì 23 febbraio 2006
Adriano Mazzacrelli ha inviato a "segnalazioni" l'articolo dal Corriere della Sera del 21 u.s. segnalato ieri da Marco Pettini
Corriere della Sera 21.2.06
Nelle grotte dipinte c'è la mano di Eva
La differente lunghezza del dito indice rivela le impronte delle donne
Scoperta di un antropologo francese impegnato nello studio di antiche pitture nelle caverne del Borneo
Viviano Domenici
Donne sciamane, donne artiste. Dobbiamo abituarci a pensarle così quando si parla di preistoria. S'è infatti scoperto che le donne erano protagoniste attive nelle cerimonie che si svolgevano nelle grotte e questo rende del tutto plausibile l'ipotesi che fossero anche autrici di molti dei dipinti di animali che ornano le pareti delle antiche caverne. A rivelare questa realtà inaspettata è stata la scoperta di impronte di mani femminili nelle grotte preistoriche. Finora, data anche l'impossibilità di distinguere le mani maschili da quelle femminili, si dava per scontato che appartenessero tutte a uomini e quando una mano appariva decisamente minuta e sottile si parlava di adolescenti. L'idea che anche le donne potessero comunicare col mondo metafisico partecipando a rituali in cui lasciavano il loro «segno» veniva semplicemente ignorata. Ora sappiamo che le cose non stavano proprio così. Autore di questa scoperta, che apre nuove prospettive per gli studi sul ruolo femminile nelle società preistoriche, è Jean-Michel Chazine, etno-antropologo del Cnrs francese, impegnato da anni in una ricerca sulle migliaia di impronte presenti nelle grotte di Gua Masri II, nel Borneo orientale, in Indonesia. Chazine ha esaminato le immagini di mani applicando il cosiddetto «indice Manning», un metodo che distingue le mani femminili da quelle maschili sulla base della differenza di lunghezza tra le diverse dita. Nel 2002, il biologo inglese John T. Manning aveva infatti dimostrato, grazie a un'indagine effettuata su vasta scala su persone di diverse etnie, che la maggioranza degli uomini ha l'anulare leggermente più lungo dell' indice (4%), mentre nella maggior parte delle donne le due dita hanno pressoché la stessa lunghezza. Convinto dell'esattezza dell'«indice di Manning», Jean-Michel Chazine ha chiesto ad Arnaud Noury, informatico ed ex studioso di preistoria, di mettere a punto uno specifico software per indagare le immagini dipinte 10 mila anni fa nelle caverne indonesiane. L'intuizione era giusta e le mani colorate hanno cominciato a rivelare chi le lasciò sulla pietra. Ora per gli specialisti sarà possibile verificare il rapporto statistico tra maschi e femmine, capire se esistevano zone di pittura separate, se uomini e donne usavano colori diversi, e tanti altri aspetti ancora. Tra questi, anche il mistero delle mani con dita mozze presenti in diverse grotte. L' ipotesi è che si tratti di vere mutilazioni come quelle osservate presso alcune tribù contemporanee dove si ricorre alla pratica dell' amputazione di una o più falangi in segno di dolore (la morte del re) o per implorare qualche grazia. La «foto» lasciata in un luogo sacro avrebbe avuto la funzione di testimoniare l'avvenuto sacrificio. Altro enigma è rappresentato dalle mani della Grotta di Gargas, in Francia. In questa caverna dei Pirenei, vi sono circa 150 impronte di mani di cui ben 124 sinistre, e questo è stato interpretato come la prova che anche nella preistoria il mancinismo fosse un'eccezione (la destra era impegnata nell' esecuzione). Qualcuno ritiene però che tanta disparità nasconda motivazioni di carattere rituale e questo sembra provato anche dal fatto che le mani sinistre si trovano tutte sulle pareti di sinistra - rispetto a chi entra nella caverna -, mentre le destre sono sulle pareti di destra. A tale proposito alcuni hanno fatto notare che in molte culture la mano sinistra è associata al femminile e la destra al maschile. L'applicazione dell'«indice di Manning» potrà dire se furono le donne le protagoniste dei riti che si svolgevano nella grotta di Gargas. Il primo problema da risolvere, comunque, è capire il messaggio vero delle mani in generale. Sono preghiere, richieste di aiuto, testimonianze di presenza in luoghi sacri, ex voto? Gli specialisti non hanno risposte certe e ritengono che sia impossibile fornire un'unica interpretazione per immagini che si trovano in tutti i continenti e furono eseguite in un arco temporale di quasi trentamila anni. Tra le più recenti testimonianze in questo senso vi sono quelle medievali (di mani o di piedi) lasciate da cavalieri crociati che, prima di partire per la Terrasanta, visitavano i santuari per invocare la protezione divina: lasciavano un'impronta graffita su un muro e se tornavano sani e salvi, andavano a incidere la seconda per grazia ricevuta. Secondo Jean Clottes, conservatore generale del patrimonio preistorico francese, non era tanto il risultato del dipinto che interessava a chi lasciava l'immagine, ma piuttosto la magia che scaturiva dell'operazione: la mano e la pietra, ricoperte dallo stesso pigmento, facevano corpo unico, diventavano la stessa materia; poi, quando la persona toglieva la mano dalla parete, l'immagine della sua mano - l'icona stessa dell'individuo - sembrava passare dall'altra parte della roccia, per entrare nel mondo degli spiriti. Un'ipotesi suggestiva che sembra bene interpretare il sottile sortilegio insito in quel gesto: basta guardare l'espressione stupita dei bambini quando disegnano su un foglio la silhouette della loro mano, e poi la tolgono.
Corriere della Sera 21.2.06
Nelle grotte dipinte c'è la mano di Eva
La differente lunghezza del dito indice rivela le impronte delle donne
Scoperta di un antropologo francese impegnato nello studio di antiche pitture nelle caverne del Borneo
Viviano Domenici
Donne sciamane, donne artiste. Dobbiamo abituarci a pensarle così quando si parla di preistoria. S'è infatti scoperto che le donne erano protagoniste attive nelle cerimonie che si svolgevano nelle grotte e questo rende del tutto plausibile l'ipotesi che fossero anche autrici di molti dei dipinti di animali che ornano le pareti delle antiche caverne. A rivelare questa realtà inaspettata è stata la scoperta di impronte di mani femminili nelle grotte preistoriche. Finora, data anche l'impossibilità di distinguere le mani maschili da quelle femminili, si dava per scontato che appartenessero tutte a uomini e quando una mano appariva decisamente minuta e sottile si parlava di adolescenti. L'idea che anche le donne potessero comunicare col mondo metafisico partecipando a rituali in cui lasciavano il loro «segno» veniva semplicemente ignorata. Ora sappiamo che le cose non stavano proprio così. Autore di questa scoperta, che apre nuove prospettive per gli studi sul ruolo femminile nelle società preistoriche, è Jean-Michel Chazine, etno-antropologo del Cnrs francese, impegnato da anni in una ricerca sulle migliaia di impronte presenti nelle grotte di Gua Masri II, nel Borneo orientale, in Indonesia. Chazine ha esaminato le immagini di mani applicando il cosiddetto «indice Manning», un metodo che distingue le mani femminili da quelle maschili sulla base della differenza di lunghezza tra le diverse dita. Nel 2002, il biologo inglese John T. Manning aveva infatti dimostrato, grazie a un'indagine effettuata su vasta scala su persone di diverse etnie, che la maggioranza degli uomini ha l'anulare leggermente più lungo dell' indice (4%), mentre nella maggior parte delle donne le due dita hanno pressoché la stessa lunghezza. Convinto dell'esattezza dell'«indice di Manning», Jean-Michel Chazine ha chiesto ad Arnaud Noury, informatico ed ex studioso di preistoria, di mettere a punto uno specifico software per indagare le immagini dipinte 10 mila anni fa nelle caverne indonesiane. L'intuizione era giusta e le mani colorate hanno cominciato a rivelare chi le lasciò sulla pietra. Ora per gli specialisti sarà possibile verificare il rapporto statistico tra maschi e femmine, capire se esistevano zone di pittura separate, se uomini e donne usavano colori diversi, e tanti altri aspetti ancora. Tra questi, anche il mistero delle mani con dita mozze presenti in diverse grotte. L' ipotesi è che si tratti di vere mutilazioni come quelle osservate presso alcune tribù contemporanee dove si ricorre alla pratica dell' amputazione di una o più falangi in segno di dolore (la morte del re) o per implorare qualche grazia. La «foto» lasciata in un luogo sacro avrebbe avuto la funzione di testimoniare l'avvenuto sacrificio. Altro enigma è rappresentato dalle mani della Grotta di Gargas, in Francia. In questa caverna dei Pirenei, vi sono circa 150 impronte di mani di cui ben 124 sinistre, e questo è stato interpretato come la prova che anche nella preistoria il mancinismo fosse un'eccezione (la destra era impegnata nell' esecuzione). Qualcuno ritiene però che tanta disparità nasconda motivazioni di carattere rituale e questo sembra provato anche dal fatto che le mani sinistre si trovano tutte sulle pareti di sinistra - rispetto a chi entra nella caverna -, mentre le destre sono sulle pareti di destra. A tale proposito alcuni hanno fatto notare che in molte culture la mano sinistra è associata al femminile e la destra al maschile. L'applicazione dell'«indice di Manning» potrà dire se furono le donne le protagoniste dei riti che si svolgevano nella grotta di Gargas. Il primo problema da risolvere, comunque, è capire il messaggio vero delle mani in generale. Sono preghiere, richieste di aiuto, testimonianze di presenza in luoghi sacri, ex voto? Gli specialisti non hanno risposte certe e ritengono che sia impossibile fornire un'unica interpretazione per immagini che si trovano in tutti i continenti e furono eseguite in un arco temporale di quasi trentamila anni. Tra le più recenti testimonianze in questo senso vi sono quelle medievali (di mani o di piedi) lasciate da cavalieri crociati che, prima di partire per la Terrasanta, visitavano i santuari per invocare la protezione divina: lasciavano un'impronta graffita su un muro e se tornavano sani e salvi, andavano a incidere la seconda per grazia ricevuta. Secondo Jean Clottes, conservatore generale del patrimonio preistorico francese, non era tanto il risultato del dipinto che interessava a chi lasciava l'immagine, ma piuttosto la magia che scaturiva dell'operazione: la mano e la pietra, ricoperte dallo stesso pigmento, facevano corpo unico, diventavano la stessa materia; poi, quando la persona toglieva la mano dalla parete, l'immagine della sua mano - l'icona stessa dell'individuo - sembrava passare dall'altra parte della roccia, per entrare nel mondo degli spiriti. Un'ipotesi suggestiva che sembra bene interpretare il sottile sortilegio insito in quel gesto: basta guardare l'espressione stupita dei bambini quando disegnano su un foglio la silhouette della loro mano, e poi la tolgono.
Iscriviti a:
Post (Atom)