Yahoo! Salute martedì 14 dicembre 2004 - Il Pensiero Scientifico Editore
Pediatria
Iperattività: le guerre ideologiche non giovano
di Antonella Sagone
Le scuole americane non potranno più imporre agli studenti “difficili” terapie farmacologiche come condizione per essere ammessi alle lezioni: lo dice una recente disposizione legislativa. Questo emendamento ha segnato un punto a favore della guerra in corso fra fautori del Ritalin e nemici della psichiatria. Fra queste due trincee, le famiglie dei bambini con disturbi dell’attenzione e iperattività attendono ancora risposte ai loro problemi.
Il disturbo dell’attenzione e iperattività, noto con la sigla ADHD, è una patologia comportamentale infantile caratterizzata da difficoltà di concentrazione, irrequietezza, irritabilità e continua agitazione motoria. Molto si è detto, a volte a sproposito, sulle cause di questo disturbo, che negli anni è stato alternativamente imputato a cause congenite, patologie relazionali, allergie, disfunzioni del rapporto madre-figlio, anomalie neurologiche. Spesso madri e padri si sono sentiti colpevolizzare per il comportamento dei loro bambini, a volte letto con superficialità come semplicemente da bambino “viziato”, e la componente morale e giudicante di chi conosce questo problema solo dall’esterno è pesata sulle vite e l’autostima dei genitori. Ma come sa chi ha questo problema in famiglia ma ha più di un figlio, esiste una differenza che rende questi bambini agitati anche a prescindere dal modo in cui vengono educati o trattati.
L’accumularsi di osservazioni e studi ha permesso di cominciare a inserire qualche tessera del puzzle che compone l’enigma ADHD; questi bambini non solo hanno una reattività elevata, ma reagiscono in modo paradossale e caratteristico a determinate sostanze psicoattive (stimolanti e psicofarmaci). Insomma c’è una base organica che spiega il loro comportamento; e anche se questo non significa ancora aver chiarito le cause primarie, dà spazio alle ipotesi di terapia che negli anni sono state sperimentate, fra entusiasmi e polemiche, su questi bambini. L’approccio attuale consiste nell’affiancare a una terapia farmacologica il sostegno psicologico per il bambino e la famiglia, per aiutare entrambi a gestire le specifiche difficoltà create dalla loro condizione.
La parabola della vicenda americana, che inizia la sua fase discendente, offre importanti spunti per valutare quella italiana, che invece è nella fase ascendente della curva. Mentre da noi è recentemente stato riammesso il farmaco d’elezione per questo disturbo, negli Stati Uniti infatti dopo un periodo di uso e anche di abuso tanto della diagnosi di ADHD quanto degli psicofarmaci somministrati ai bambini si sta generando un’ovvia reazione contraria, con polemiche infuocate e, da parte di diverse associazioni di cittadini, posizioni estreme di rifiuto di ogni terapia farmacologica per i disturbi psichici infantili. La legge che vieta alle scuole di porre, come condizione per la riammissione in aula, il trattamento farmacologico obbligatorio per i bambini con disturbi comportamentali si inserisce in questo quadro conflittuale, nel quale le posizioni sfumate e ragionate hanno poco spazio.
Il fronte anti-Ritalin è quanto mai eterogeneo, raccogliendo sette potenti come Scientology, che ne fanno il loro cavallo di battaglia per una loro personale guerra incondizionata alla psichiatria, accanto a movimenti di opinione e associazioni di genitori grandi e piccole e di diversa estrazione. Le argomentazioni del fronte anti-farmaci sollevano problemi autentici e basilari, quali la valutazione di costi e benefici conseguente al trattamento precoce e prolungato con psicofarmaci di soggetti il cui organismo è in pieno sviluppo fisico, cognitivo ed affettivo; l’opportunità e la liceità di effettuare o meno screening generalizzati della popolazione infantile per individuare e trattare i casi a rischio; l’obbligatorietà o meno dei trattamenti e a chi debba essere attribuita la competenza e il diritto di diagnosticare e decidere se e come affrontare le difficoltà di un bambino con disturbi del comportamento.
La radicalizzazione del dibattito in corso non fa tuttavia che passare sopra le teste delle famiglie in difficoltà e ostacolare la ricerca delle soluzioni. I singoli casi di abusi, il contenimento farmacologico dei bambini “difficili” tramite una a volte superficiale e troppo facile etichettatura psichiatrica, il bisogno di “normalizzazione” orwelliana che in certe situazioni e contesti ha contaminato un problema (che dovrebbe essere solo medico) con aspetti legati alla società e alla cultura, e infine gli enormi interessi commerciali che possono essere mossi dall’una o l’altra scelta di politica sanitaria: tutto questo non deve essere utilizzato in modo strumentale per alimentare un rifiuto e una diffidenza generalizzata contro ogni pratica diagnostica e terapeutica della psichiatria infantile. Le famiglie di questi bambini hanno un problema reale e necessità di sostegno, e anche lo stesso bambino affetto da iperattività vive un disagio oggettivo causato dalla sua condizione. Occorre discriminare attentamente i casi realmente a rischio e, mentre vanno arginate sul nascere le tendenze al ricorso alla soluzione “facile”, la cultura della pasticca per risolvere ogni difficoltà e superare ogni incompetenza a gestire i problemi, dall’altro lato non bisogna temere di continuare la ricerca di ogni mezzo, compresi quelli farmacologici, per comprendere e superare le disfunzioni create da questa patologia.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»
L'ASSOCIAZIONE CULTURALE
martedì 14 dicembre 2004
il complesso di Pollicino
Il Mattino 14/12/2004
«Di piccolo c’è solo il cervello»
Per gli andrologi i maschi italiani hanno il complesso di pollicino: ma le misure sono regolari e il problema è soprattutto psicologico
da.li.
Ben il 23 per cento degli intervistati soffre del . Si tratta soprattutto di uomini fra i 50 e i 69 anni, ma confessano di essere convinti di non avere i centimetri giusti anche i giovani. «E senza che questo risponda a verità. Come è stato confermato dai controlli effettuati. Una sindrome che può essere paragonata a un’anoressia sessuale» afferma l’andrologo Ciro Basile Fasolo, dipartimento di Psichiatria dell’Università di Pisa. Il maschio italiano è sempre più in crisi? «Certamente nel campione esaminato è stata verificata una diffusa ansia di prestazione. Tengo a dire che questo è stata la prima indagine effettuata su 20mila persone, in tre anni, realizzata attraverso interviste dal vivo e accurate visite specialistiche. Ebbene, un dato per tutti: ben il 16 per cento degli uomini intervistati ha confessato di non avere alcuna attività sessuale mentre il 52,7 per cento, invece, ha affermato di avere rapporti solo una o due volte al mese. Da questo dato sembra, quindi, di intravedere comportamenti abbastanza ridotti rispetto al mito del maschio italiano». Il complesso di Pollicino rappresenta un ulteriore segnale di insoddisfazione verso se stessi? «È il segnale di un forte malessere. Nel gruppo di persone che vivono nell’incubo di non avere le misure giuste, per esempio, l’ansia di prestazione sale al 20 per cento. La loro percezione, in genere, non risponde a verità: di piccolo hanno solo il cervello, nient’altro. Si tratta di una sindrome che dipende dal loro vissuto soggettivo: a volte è legata alla paura o all’ansia generata dal primo rapporto, altre volte a motivi organici, altre ancora a una fobia sociale. Il loro stato di sofferenza psicologica generato dalla difficoltà nei rapporti interpersonali, la loro insoddisfazione causata da insicurezza, tutto viene riversato nella convinzione di non avere il pene delle dimensioni giuste. Uno stato di disagio che porta a non essere soddisfatti di un range che è, invece, normale e che li porta a rovinarsi un’intera vita». Quanto influisce, anche su questo complesso maschile, il fatto di sentirsi inadeguati rispetto alle donne di oggi? «La pressione sociale può essere uno dei fattori dietro il complesso di Pollicino o sindrome dello spogliatoio, ma non l’unico. L’approccio in casi di questo genere deve essere di tipo psicosessuologico. Bisogna, infatti, indagare nelle ragioni, diverse per ognuno, che generano il problema».
«Di piccolo c’è solo il cervello»
Per gli andrologi i maschi italiani hanno il complesso di pollicino: ma le misure sono regolari e il problema è soprattutto psicologico
da.li.
Ben il 23 per cento degli intervistati soffre del . Si tratta soprattutto di uomini fra i 50 e i 69 anni, ma confessano di essere convinti di non avere i centimetri giusti anche i giovani. «E senza che questo risponda a verità. Come è stato confermato dai controlli effettuati. Una sindrome che può essere paragonata a un’anoressia sessuale» afferma l’andrologo Ciro Basile Fasolo, dipartimento di Psichiatria dell’Università di Pisa. Il maschio italiano è sempre più in crisi? «Certamente nel campione esaminato è stata verificata una diffusa ansia di prestazione. Tengo a dire che questo è stata la prima indagine effettuata su 20mila persone, in tre anni, realizzata attraverso interviste dal vivo e accurate visite specialistiche. Ebbene, un dato per tutti: ben il 16 per cento degli uomini intervistati ha confessato di non avere alcuna attività sessuale mentre il 52,7 per cento, invece, ha affermato di avere rapporti solo una o due volte al mese. Da questo dato sembra, quindi, di intravedere comportamenti abbastanza ridotti rispetto al mito del maschio italiano». Il complesso di Pollicino rappresenta un ulteriore segnale di insoddisfazione verso se stessi? «È il segnale di un forte malessere. Nel gruppo di persone che vivono nell’incubo di non avere le misure giuste, per esempio, l’ansia di prestazione sale al 20 per cento. La loro percezione, in genere, non risponde a verità: di piccolo hanno solo il cervello, nient’altro. Si tratta di una sindrome che dipende dal loro vissuto soggettivo: a volte è legata alla paura o all’ansia generata dal primo rapporto, altre volte a motivi organici, altre ancora a una fobia sociale. Il loro stato di sofferenza psicologica generato dalla difficoltà nei rapporti interpersonali, la loro insoddisfazione causata da insicurezza, tutto viene riversato nella convinzione di non avere il pene delle dimensioni giuste. Uno stato di disagio che porta a non essere soddisfatti di un range che è, invece, normale e che li porta a rovinarsi un’intera vita». Quanto influisce, anche su questo complesso maschile, il fatto di sentirsi inadeguati rispetto alle donne di oggi? «La pressione sociale può essere uno dei fattori dietro il complesso di Pollicino o sindrome dello spogliatoio, ma non l’unico. L’approccio in casi di questo genere deve essere di tipo psicosessuologico. Bisogna, infatti, indagare nelle ragioni, diverse per ognuno, che generano il problema».
scuole statali
una nuova trovata filo-cattolica della signora Moratti
L'Unità 14.12.04
Segno dei tempi
ADDIO PAGELLA LAICA ARRIVA L'ORA DI RELIGIONE
r.m.
L'ora di religione resta facoltativa, ma la valutazione è espressamente indicata nelle schede che il ministero dell'Istruzione propone alle scuole in sostituzione delle pagelle. Prima la «pagella» era laica. Questo tipo di valutazione era affidata ad una speciale «nota» che veniva consegnata alle famiglie degli studenti che avevano deciso per questo insegnamento. Ora, invece, è menzionata tra le altre materie obbligatorie. E' una delle novità introdotte dalla circolare ministeriale n.85 emanata dalla Moratti lo scorso 3 dicembre 2004. Lo denuncia il Comitato nazionale Scuola e Costituzione che sottolinea l'illegittimità della decisione. «L'art.309 del T.U. della legislazione scolastica affermano - stabilisce con chiarezza che "viene redatta" e comunicata alla famiglia una speciale nota, da consegnare unitamente alla scheda o alla pagella». Una «nota separata» già prevista in una legge del 1930 e confermata in seguito, per tutelare «il principio di non discriminazione previsto sia dal nuovo Concordato, sia dalle Intese con le altre confessioni religiose per tutti gli allievi, frequentino o no l'insegnamento di religione cattolica». È stata, si sottolinea, una decisione assunta in modo consapevole dal ministero e questo rappresenta «un ulteriore gravissimo episodio di aggiramento della legge per via amministrativa». «Una prassi - viene rilevato - adottata largamente dal Ministero dell'Istruzione», e particolarmente frequente «in tutto ciò che concerne la normativa relativa all'insegnamento della religione cattolica». «La scuola pubblica italiana da oggi e meno laica» commenta il segretario della Cgil-Scuola, Enrico Panini visto che ora «saranno gli studenti e le famiglie che oggi desidereranno non avvalersi dell'ora di religione cattolica ad essere discriminati».
Segno dei tempi
ADDIO PAGELLA LAICA ARRIVA L'ORA DI RELIGIONE
r.m.
L'ora di religione resta facoltativa, ma la valutazione è espressamente indicata nelle schede che il ministero dell'Istruzione propone alle scuole in sostituzione delle pagelle. Prima la «pagella» era laica. Questo tipo di valutazione era affidata ad una speciale «nota» che veniva consegnata alle famiglie degli studenti che avevano deciso per questo insegnamento. Ora, invece, è menzionata tra le altre materie obbligatorie. E' una delle novità introdotte dalla circolare ministeriale n.85 emanata dalla Moratti lo scorso 3 dicembre 2004. Lo denuncia il Comitato nazionale Scuola e Costituzione che sottolinea l'illegittimità della decisione. «L'art.309 del T.U. della legislazione scolastica affermano - stabilisce con chiarezza che "viene redatta" e comunicata alla famiglia una speciale nota, da consegnare unitamente alla scheda o alla pagella». Una «nota separata» già prevista in una legge del 1930 e confermata in seguito, per tutelare «il principio di non discriminazione previsto sia dal nuovo Concordato, sia dalle Intese con le altre confessioni religiose per tutti gli allievi, frequentino o no l'insegnamento di religione cattolica». È stata, si sottolinea, una decisione assunta in modo consapevole dal ministero e questo rappresenta «un ulteriore gravissimo episodio di aggiramento della legge per via amministrativa». «Una prassi - viene rilevato - adottata largamente dal Ministero dell'Istruzione», e particolarmente frequente «in tutto ciò che concerne la normativa relativa all'insegnamento della religione cattolica». «La scuola pubblica italiana da oggi e meno laica» commenta il segretario della Cgil-Scuola, Enrico Panini visto che ora «saranno gli studenti e le famiglie che oggi desidereranno non avvalersi dell'ora di religione cattolica ad essere discriminati».
santa alleanza
Marcello Pera e il cardinale Ratzinger uniti sull'embrione
Il Manifesto 14.12.04
EUROPA, TORNA LA SANTA ALLEANZA
Marcello Pera e il cardinale Ratzinger invocano alla pontificia università lateranense un patto fra laici e cattolici nel nome della cristianità e della salvezza dell'embrione
di Ida Dominijanni
Correva il giorno 12 maggio 2004 quando Marcello Pera - filosofo e presidente del Senato, dunque seconda autorità dello stato (laico) italiano - tenne alla pontificia università lateranense una lectio magistralis gettando benzina sul fuoco dello scontro di civiltà in nome della lotta contro il relativismo culturale e la crisi d'identità dell'Europa. Correva il giorno 13 maggio quando il cardinale Ratzinger - teologo e prefetto della congregazione per la dottrina della fede - tenne nella sala delcapitolo del Senato una conferenza sui fondamenti spirituali dell'Europa, ovvero sulle radici cristiane del continente tagliate dal trattato costituzionale dell'Unione. Questi due sacri testi, com'è il caso di chiamarli, accompagnati da uno scambio epistolare fra gli autori, sono diventati un libretto blu, copertina rigida tipo Bibbia, titolo Senza radici, sottotitolo (modesto) Europa, relativismo, cristianesimo. Islam, ovviamente Mondadori, che già in questa forma della coppia autoriale trasmette il suo messaggio principale, questo: finita l'epoca degli scontri fra laici e cattolici, è arrivato il tempo di una sacra alleanza, sotto l'egida della comune identità cristiana, anzi cristiano-europea. E' di nuovo l'università lateranense, aula magna e pompa magna, a fornire la cornice per il solenne annuncio, con Pera eRatzinger in cattedra, Cossiga e Letta in prima fila, Pigi Battista nella parte dell'animatore e un pubblico folto e festante.
Movente comune della sacra alleanza è la preoccupazione per un'Europa in crisi di identità, preda del relativismo culturale, dell'indifferentismo morale, della «neolingua», come la chiama Pera, del politically correct. Un'Europa, argomenta il presidente del Senato, che predica il dialogo ma non sa più pronunciare il pronome «io»; una cultura, argomenta il filosofo laico, corrotta dal contestualismo di Wittgenstein e dal decostruzionismo di Nietzsche e Derrida, e minacciata da un senso di colpa di cui non v'è ragione. Col risultato che non siamo più capaci, noi europei, di dirci orgogliosamente migliori dell'Islam; e che per paura di tuffarci nello scontro di civiltà non prendiamo atto della guerra che l'islam ci ha già dichiarato. Così Pera. Ratzinger ci mette un po' a scendere sulla terra della politica e indugia di più nel cielo dei valori: il problema è che la laicità è diventata laicismo ideologico, e la ragione, da figlia qual era del dio cristiano che è Dio-Logos, ha preteso di emanciparsene e autonomizzarsene, diventando ragione amorale, utilitaristica, calcolante, tecnica, pura tecnica, al servizio di questo e quell'interesse. Bisogna ridare alla ragione le sue radici divine, e all'illuminismo europeo le sue radici cristiane: checché ne scriva il trattato costituzionale dell'Unione.
Ma quando Pigi Battista domanda quale sia mai l'urgenza che ha fatto precipitare queste questioni, non certo nuove, nel dibattito pubblico, i giochi si fanno più stretti. Non tanto per Ratzinger, che con finezza risponde: è stato l'89 e il crollo del comunismo, perché prima, anche nel pieno del sovversivo '68, la chiesa aveva nel marxismo un'ideologia nemica ma simile a sé nella struttura redentiva e escatologica, mentre dopo l'89 non è rimasto altro che relativismo e tecnica. Quanto per Pera, che candidamente ammette: l'urgenza viene dalla guerra in Iraq, che costringe l'occidente a interrogarsi sulla propria identità per difendersi da quella islamica; dall'immigrazione, che obbliga gli abitatori della tranquilla provincia italiana a rassegnarsi alle moschee; e soprattutto dalla legiferazione sulla procreazione assistita, che obbliga tutti a stabilire se l'embrione è sostanza o accidente, materia o persona. E come facciamo a stabilirlo, senza un credo morale certo e certificato?
Atroce dilemma per il presidente filosofo laico, che dalla sua, a differenza del cardinale, non ha la grazia della fede e non può appoggiarsi alla Verità rivelata. Una cosa però ce l'ha, la facoltà del giudizio. E sull'embrione, dunque, fa la sua «scelta di valore»: «l'embrione è persona, fin dal concepimento». Punto. E non gli si propongano, al presidente filosofo, mediazioni come quelle che s'inventa il sottile Giuliano Amato quando parla di pre-embrione: «convenzioni strumentali» inaccettabili. Accettabile sarebbe invece la mediazione che si può fare fra ilvalore dell'embrione-persona e il valore della salute della donna, nel caso dell'aborto terapeutico, o il valore della felicità di coppia, in ristretti casi di fecondazione artificiale: non prima di aver colpevolizzato, pardon responsabilizzato i cittadini sulla soppressione di embrioni-persone di cui si fanno comunque rei. E qui di nuovo il cardinale riesce a battere il filosofo in finezza e furbizia. L'embrione è certamente individuo ma forse non persona, il che lascia aperto lo spiraglio a qualche alchemico compromesso morale. Il quale non dovrà fare appello a nessuna Verità rivelata, perché alla chiesa basta qualcosa in meno: ritrovare una «ragione naturale» contro la ragione calcolante, e un diritto naturale contro il diritto positivo. Il senso dell'essere e della creaturalità, con ma anche senza fede in Dio. Di cui più dei cattolici sono evidentemente e paradossalmente i laici teocon ad avere urgenza di armarsi.
EUROPA, TORNA LA SANTA ALLEANZA
Marcello Pera e il cardinale Ratzinger invocano alla pontificia università lateranense un patto fra laici e cattolici nel nome della cristianità e della salvezza dell'embrione
di Ida Dominijanni
Correva il giorno 12 maggio 2004 quando Marcello Pera - filosofo e presidente del Senato, dunque seconda autorità dello stato (laico) italiano - tenne alla pontificia università lateranense una lectio magistralis gettando benzina sul fuoco dello scontro di civiltà in nome della lotta contro il relativismo culturale e la crisi d'identità dell'Europa. Correva il giorno 13 maggio quando il cardinale Ratzinger - teologo e prefetto della congregazione per la dottrina della fede - tenne nella sala delcapitolo del Senato una conferenza sui fondamenti spirituali dell'Europa, ovvero sulle radici cristiane del continente tagliate dal trattato costituzionale dell'Unione. Questi due sacri testi, com'è il caso di chiamarli, accompagnati da uno scambio epistolare fra gli autori, sono diventati un libretto blu, copertina rigida tipo Bibbia, titolo Senza radici, sottotitolo (modesto) Europa, relativismo, cristianesimo. Islam, ovviamente Mondadori, che già in questa forma della coppia autoriale trasmette il suo messaggio principale, questo: finita l'epoca degli scontri fra laici e cattolici, è arrivato il tempo di una sacra alleanza, sotto l'egida della comune identità cristiana, anzi cristiano-europea. E' di nuovo l'università lateranense, aula magna e pompa magna, a fornire la cornice per il solenne annuncio, con Pera eRatzinger in cattedra, Cossiga e Letta in prima fila, Pigi Battista nella parte dell'animatore e un pubblico folto e festante.
Movente comune della sacra alleanza è la preoccupazione per un'Europa in crisi di identità, preda del relativismo culturale, dell'indifferentismo morale, della «neolingua», come la chiama Pera, del politically correct. Un'Europa, argomenta il presidente del Senato, che predica il dialogo ma non sa più pronunciare il pronome «io»; una cultura, argomenta il filosofo laico, corrotta dal contestualismo di Wittgenstein e dal decostruzionismo di Nietzsche e Derrida, e minacciata da un senso di colpa di cui non v'è ragione. Col risultato che non siamo più capaci, noi europei, di dirci orgogliosamente migliori dell'Islam; e che per paura di tuffarci nello scontro di civiltà non prendiamo atto della guerra che l'islam ci ha già dichiarato. Così Pera. Ratzinger ci mette un po' a scendere sulla terra della politica e indugia di più nel cielo dei valori: il problema è che la laicità è diventata laicismo ideologico, e la ragione, da figlia qual era del dio cristiano che è Dio-Logos, ha preteso di emanciparsene e autonomizzarsene, diventando ragione amorale, utilitaristica, calcolante, tecnica, pura tecnica, al servizio di questo e quell'interesse. Bisogna ridare alla ragione le sue radici divine, e all'illuminismo europeo le sue radici cristiane: checché ne scriva il trattato costituzionale dell'Unione.
Ma quando Pigi Battista domanda quale sia mai l'urgenza che ha fatto precipitare queste questioni, non certo nuove, nel dibattito pubblico, i giochi si fanno più stretti. Non tanto per Ratzinger, che con finezza risponde: è stato l'89 e il crollo del comunismo, perché prima, anche nel pieno del sovversivo '68, la chiesa aveva nel marxismo un'ideologia nemica ma simile a sé nella struttura redentiva e escatologica, mentre dopo l'89 non è rimasto altro che relativismo e tecnica. Quanto per Pera, che candidamente ammette: l'urgenza viene dalla guerra in Iraq, che costringe l'occidente a interrogarsi sulla propria identità per difendersi da quella islamica; dall'immigrazione, che obbliga gli abitatori della tranquilla provincia italiana a rassegnarsi alle moschee; e soprattutto dalla legiferazione sulla procreazione assistita, che obbliga tutti a stabilire se l'embrione è sostanza o accidente, materia o persona. E come facciamo a stabilirlo, senza un credo morale certo e certificato?
Atroce dilemma per il presidente filosofo laico, che dalla sua, a differenza del cardinale, non ha la grazia della fede e non può appoggiarsi alla Verità rivelata. Una cosa però ce l'ha, la facoltà del giudizio. E sull'embrione, dunque, fa la sua «scelta di valore»: «l'embrione è persona, fin dal concepimento». Punto. E non gli si propongano, al presidente filosofo, mediazioni come quelle che s'inventa il sottile Giuliano Amato quando parla di pre-embrione: «convenzioni strumentali» inaccettabili. Accettabile sarebbe invece la mediazione che si può fare fra ilvalore dell'embrione-persona e il valore della salute della donna, nel caso dell'aborto terapeutico, o il valore della felicità di coppia, in ristretti casi di fecondazione artificiale: non prima di aver colpevolizzato, pardon responsabilizzato i cittadini sulla soppressione di embrioni-persone di cui si fanno comunque rei. E qui di nuovo il cardinale riesce a battere il filosofo in finezza e furbizia. L'embrione è certamente individuo ma forse non persona, il che lascia aperto lo spiraglio a qualche alchemico compromesso morale. Il quale non dovrà fare appello a nessuna Verità rivelata, perché alla chiesa basta qualcosa in meno: ritrovare una «ragione naturale» contro la ragione calcolante, e un diritto naturale contro il diritto positivo. Il senso dell'essere e della creaturalità, con ma anche senza fede in Dio. Di cui più dei cattolici sono evidentemente e paradossalmente i laici teocon ad avere urgenza di armarsi.
Federico Masini:
cinesi a Roma
Repubblica ed. di Roma 14.12.04
Grazie a un accordo programmatico tra le università potranno iscriversi nelle facoltà della Capitale. Un campus per stranieri
Dalla Cina matricole per Roma i tre atenei aprono le porte
ANNA MARIA LIGUORI
Sapienza, Tor Vergata e Roma Tre aprono le porte agli studenti cinesi. Anzi, sono i rettori delle università cinesi a chiedere con insistenza che Roma accolga, come da decenni fanno Parigi, Londra e Berlino, senza contare l´America e il Giappone, i loro giovani per un intero corso di laurea, master o dottorato compreso. Ma la capitale, come del resto quasi tutta l´Italia, fino a qualche mese fa rispondeva picche: nessuna struttura adeguata, zero possibilità di reggere un´immigrazione culturale massiccia dal paese asiatico. Ora invece i presupposti per un´inversione di rotta ci sono tutti.
Negli ultimi sei mesi si sono succedute decine di delegazioni e visite di docenti cinesi nei tre atenei romani. I contatti si sono stretti al punto tale che il ministero degli Affari esteri il 1° dicembre scorso ha inviato una lettera ai rettori in cui è espresso l´invito «di mettere a disposizione le informazioni sui corsi offerti, sulle accomodation, sulle infrastrutture turistiche e del tempo libero e quant´altro, tramite Internet. Di qui la rilevanza di rendere quanto prima disponibili tali informazioni, per accelerare i tempi, su web almeno in lingua inglese. Ciò consentirebbe ai potenziali studenti cinesi di orientarsi fin d´ora per le iscrizioni in Italia nell´anno accademico 2005-06». Una richiesta che va di pari passo con il protocollo d´intesa appena firmato a questo scopo dai rettori capitolini e cioè di fare «sforzi congiunti per garantire la possibilità alla maggior parte degli studenti cinesi di studiare nella capitale» e a quella del sindaco Walter Veltroni che ha annunciato, pochi giorni fa, l´allestimento di un campus per studenti stranieri, soprattutto asiatici, all´interno di un´area industriale dismessa. Guido Fabiani, rettore di Roma Tre, dice che «occorre entrare in una dimensione internazionale», mentre Alessandro Finazzi Agrò, rettore di Tor Vergata, è «interessato ad ospitare studenti cinesi».
Ma le università romane, anche senza seguire programmi ufficiali, da anni lavorano e costruiscono rapporti, anche d´eccellenza, con gli atenei cinesi. A maggio scorso il rettore uscente della Sapienza Giuseppe D´Ascenzo e un gruppo di docenti sono andati in visita ufficiale presso le università di Pechino, Nanchino, Shanghai e Xi´an per lo scambio di professori e studenti, l´elaborazione di ricerche e attività didattiche in comune. Il preside della facoltà Studi orientali, il sinologo Federico Masini elenca alcuni risultati dell´incontro: «Ho stipulato due accordi con le università di Beida e di Beijing di Pechino. Per quanto riguarda la nostra università l´anno prossimo è previsto l´arrivo di studenti cinesi che potranno scegliere la facoltà da frequentare. Si tratta del primo accordo per lo scambio di studenti in ambito extracomunitario. Attualmente i ragazzi cinesi che studiano in Italia hanno borse di studio del ministero degli Esteri».
A Tor Vergata invece lavora Sandro Schipani, docente di Diritto romano, il giurista italiano che ha curato la pubblicazione del maggior numero di libri in Cina e ha rapporti stretti con i cinesi, ha iniziato a collaborare con l´università di Giurisprudenza di Pechino 15 anni fa: «Ho avuto in questi anni numerosi studenti a livello post laurea alcuni hanno perso il dottorato di ricerca tutti sono adesso docenti in Cina. Abbiano tradotto testi di diritto romano dal latino al cinese insieme ai testi dei nostri codici civile penale e di procedura. Abbiamo pubblicato lì oltre 20 volumi, le nostre traduzione sono stati utili anche per la redazione della loro legge sui contratti. Anche noi traduciamo però le loro leggi in italiano».
Giampaolo Rossi, ordinario di diritto amministrativo a Roma Tre, ha invece cominciato la collaborazione un anno fa ma si è subito appassionato: «Sono appena stato all´università di Changchun, 7 milioni di abitanti, 65 mila studenti a tempo pieno e 25 mila a tempo parziale, dove ho tenuto tre lezioni. Ho proposto una convenzione quadro tra le due università, tra le facoltà di scienze politiche e di giurisprudenza. Un rapporto che spero sia proficuo e duraturo».
Grazie a un accordo programmatico tra le università potranno iscriversi nelle facoltà della Capitale. Un campus per stranieri
Dalla Cina matricole per Roma i tre atenei aprono le porte
ANNA MARIA LIGUORI
Sapienza, Tor Vergata e Roma Tre aprono le porte agli studenti cinesi. Anzi, sono i rettori delle università cinesi a chiedere con insistenza che Roma accolga, come da decenni fanno Parigi, Londra e Berlino, senza contare l´America e il Giappone, i loro giovani per un intero corso di laurea, master o dottorato compreso. Ma la capitale, come del resto quasi tutta l´Italia, fino a qualche mese fa rispondeva picche: nessuna struttura adeguata, zero possibilità di reggere un´immigrazione culturale massiccia dal paese asiatico. Ora invece i presupposti per un´inversione di rotta ci sono tutti.
Negli ultimi sei mesi si sono succedute decine di delegazioni e visite di docenti cinesi nei tre atenei romani. I contatti si sono stretti al punto tale che il ministero degli Affari esteri il 1° dicembre scorso ha inviato una lettera ai rettori in cui è espresso l´invito «di mettere a disposizione le informazioni sui corsi offerti, sulle accomodation, sulle infrastrutture turistiche e del tempo libero e quant´altro, tramite Internet. Di qui la rilevanza di rendere quanto prima disponibili tali informazioni, per accelerare i tempi, su web almeno in lingua inglese. Ciò consentirebbe ai potenziali studenti cinesi di orientarsi fin d´ora per le iscrizioni in Italia nell´anno accademico 2005-06». Una richiesta che va di pari passo con il protocollo d´intesa appena firmato a questo scopo dai rettori capitolini e cioè di fare «sforzi congiunti per garantire la possibilità alla maggior parte degli studenti cinesi di studiare nella capitale» e a quella del sindaco Walter Veltroni che ha annunciato, pochi giorni fa, l´allestimento di un campus per studenti stranieri, soprattutto asiatici, all´interno di un´area industriale dismessa. Guido Fabiani, rettore di Roma Tre, dice che «occorre entrare in una dimensione internazionale», mentre Alessandro Finazzi Agrò, rettore di Tor Vergata, è «interessato ad ospitare studenti cinesi».
Ma le università romane, anche senza seguire programmi ufficiali, da anni lavorano e costruiscono rapporti, anche d´eccellenza, con gli atenei cinesi. A maggio scorso il rettore uscente della Sapienza Giuseppe D´Ascenzo e un gruppo di docenti sono andati in visita ufficiale presso le università di Pechino, Nanchino, Shanghai e Xi´an per lo scambio di professori e studenti, l´elaborazione di ricerche e attività didattiche in comune. Il preside della facoltà Studi orientali, il sinologo Federico Masini elenca alcuni risultati dell´incontro: «Ho stipulato due accordi con le università di Beida e di Beijing di Pechino. Per quanto riguarda la nostra università l´anno prossimo è previsto l´arrivo di studenti cinesi che potranno scegliere la facoltà da frequentare. Si tratta del primo accordo per lo scambio di studenti in ambito extracomunitario. Attualmente i ragazzi cinesi che studiano in Italia hanno borse di studio del ministero degli Esteri».
A Tor Vergata invece lavora Sandro Schipani, docente di Diritto romano, il giurista italiano che ha curato la pubblicazione del maggior numero di libri in Cina e ha rapporti stretti con i cinesi, ha iniziato a collaborare con l´università di Giurisprudenza di Pechino 15 anni fa: «Ho avuto in questi anni numerosi studenti a livello post laurea alcuni hanno perso il dottorato di ricerca tutti sono adesso docenti in Cina. Abbiano tradotto testi di diritto romano dal latino al cinese insieme ai testi dei nostri codici civile penale e di procedura. Abbiamo pubblicato lì oltre 20 volumi, le nostre traduzione sono stati utili anche per la redazione della loro legge sui contratti. Anche noi traduciamo però le loro leggi in italiano».
Giampaolo Rossi, ordinario di diritto amministrativo a Roma Tre, ha invece cominciato la collaborazione un anno fa ma si è subito appassionato: «Sono appena stato all´università di Changchun, 7 milioni di abitanti, 65 mila studenti a tempo pieno e 25 mila a tempo parziale, dove ho tenuto tre lezioni. Ho proposto una convenzione quadro tra le due università, tra le facoltà di scienze politiche e di giurisprudenza. Un rapporto che spero sia proficuo e duraturo».
Marco Bellocchio
un'intervista a Sergio Castellitto su Il regista di matrimoni
Il Messaggero Lunedì 13 Dicembre 2004
Il regista-attore al “Courmayeur noir”, tra trionfi e cadute e i gemelli dopo il successo di Barcellona
Il Castellitto che verrà
Con Bellocchio in Sicilia, con Amelio in Cina e poi Zorro
dal nostro inviato FABIO FERZETTI
COURMAYEUR - Alle montagne russe Sergio Castellitto ha fatto il callo. Anzi si diverte un mondo. Ieri alle stelle per il successo di Non ti muovere. Oggi nella polvere per il fiasco del Maigret televisivo (che al Noir in Festival ha illustrato e difeso con onestà). Domani di nuovo sugli scudi per due film importanti: Il regista di matrimoni di Marco Bellocchio e La dismissione di Gianni Amelio.
«Che dire? Sono un uomo fortunato. Due volte Bellocchio in due anni, e ora l’incontro con Amelio. In Italia non si può chiedere di meglio: ma non è sempre così facile. Ho detto no anche a ruoli bellissimi che però non rientravano nella mia linea di “autore” di me stesso. E temo che rifiuterò, ma solo per ragione di date, il nuovo Fantasma dell’opera che Schlondorff girerà con Jeremy Irons nel ruolo del titolo».
Parliamo delle certezze. Chi è questo “regista di matrimoni”?
«Un uomo in fuga. Un regista in crisi, ma non certo un fallito, che lascia un set a Roma per scappare su un altro set in Sicilia. Di più non posso dire, ma sarà sicuramente un evento sul piano tragicomico. Bellocchio è uno dei registi più divertenti con cui abbia mai lavorato».
Bellocchio divertente?
«Assolutamente. Una sorpresa continua. Anche perché avendo vera autorità non teme la creatività degli attori e lascia il massimo spazio. Con lui il film si inventa momento per momento. Già leggere il copione è un’esperienza. Fra una battuta e l’altra scrive: “verificheremo in montaggio”. Oppure: “ne parlerò con lo scenografo”. Insomma lascia tutte le porte aperte. E lavorare con lui diventa molto giocoso».
Come si chiama il suo personaggio?
«Franco Elica. Già dal nome si indovina una parentela con l’Ernesto Picciafuoco dell’Ora di religione. Come se quel pittore, con tutti i suoi dubbi, diventasse regista. Niente di autobiografico, nessuno è meno in crisi del Bellocchio di questi anni! Però ha orrore di tutto ciò che è finito, concluso. Infatti non teme le sue fragilità ma le usa. Le butta nel carburatore del film, per così dire. In questo siamo simili».
A prima vista sembrereste molto diversi.
«Ah, senza dubbio! Lui per esempio è ateo, io non lo ero nemmeno quando credevo di esserlo per farmi accogliere da un mondo che predicava il rifiuto della fede. Ma Bellocchio è anche una delle persone più spirituali e integre che conosca. Come Amelio, del resto. Spero solo di avere due settimane di pausa fra un film e l’altro».
Con Bellocchio va in Sicilia. Con Amelio fino in Cina per dare un seguito a ”La dismissione” di Ermanno Rea.
«Sono un quadro dell’Italsider che affronta un viaggio estenuante per seguire il riassemblaggio degli impianti smontati in Campania, senza che nessuno glielo abbia chiesto, per una sua ossessione personale. L’ossessione del lavoro ben fatto. Sarà una vera avventura. Tre mesi filati tra Pechino, Shanghai, Wuhan, e non torni certo a casa per il week-end. Amelio mi ha già mostrato ore di sopralluoghi. Montagne, biciclette, fiumi, grattacieli, acciaierie... Sembra l’arrivo su un altro pianeta, il primo passo di Armstrong sulla luna. Ma l’idea di prolungare La dismissione in Cina è anche profetica, visto quanto sta accadendo. È come se i cinesi avessero trasferito la loro aggressività dal piano bellico a quello economico. Le conseguenze di questa scelta cominciamo appena oggi a intravederle... Curiosamente, il romanzo di Rea era in finale al Premio Strega quando vinse Non ti muovere, di mia moglie Margaret Mazzantini. Per una curiosa ironia interpreto entr ambi»
Già: e il Castellitto regista? Come si passa dal fiasco bruciante e immeritato di Libero Burro ai superincassi di Non ti muovere?
«Vent’anni fa avrei avuto paura. Oggi ho i muscoli per difendermi da successi e insuccessi. La prossima regia è ancora tutta da inventare. Forse sarà lo Zorro di mia moglie, forse una commedia. Per anni mi sono lamentato che in Italia le commedie le fanno i comici e non gli attori. È ora di provarci. Modelli? Tanti. Ma su tutti il lavoro di Agnès Jaoui e Jean Pierre Bacrì».
Il regista-attore al “Courmayeur noir”, tra trionfi e cadute e i gemelli dopo il successo di Barcellona
Il Castellitto che verrà
Con Bellocchio in Sicilia, con Amelio in Cina e poi Zorro
dal nostro inviato FABIO FERZETTI
COURMAYEUR - Alle montagne russe Sergio Castellitto ha fatto il callo. Anzi si diverte un mondo. Ieri alle stelle per il successo di Non ti muovere. Oggi nella polvere per il fiasco del Maigret televisivo (che al Noir in Festival ha illustrato e difeso con onestà). Domani di nuovo sugli scudi per due film importanti: Il regista di matrimoni di Marco Bellocchio e La dismissione di Gianni Amelio.
«Che dire? Sono un uomo fortunato. Due volte Bellocchio in due anni, e ora l’incontro con Amelio. In Italia non si può chiedere di meglio: ma non è sempre così facile. Ho detto no anche a ruoli bellissimi che però non rientravano nella mia linea di “autore” di me stesso. E temo che rifiuterò, ma solo per ragione di date, il nuovo Fantasma dell’opera che Schlondorff girerà con Jeremy Irons nel ruolo del titolo».
Parliamo delle certezze. Chi è questo “regista di matrimoni”?
«Un uomo in fuga. Un regista in crisi, ma non certo un fallito, che lascia un set a Roma per scappare su un altro set in Sicilia. Di più non posso dire, ma sarà sicuramente un evento sul piano tragicomico. Bellocchio è uno dei registi più divertenti con cui abbia mai lavorato».
Bellocchio divertente?
«Assolutamente. Una sorpresa continua. Anche perché avendo vera autorità non teme la creatività degli attori e lascia il massimo spazio. Con lui il film si inventa momento per momento. Già leggere il copione è un’esperienza. Fra una battuta e l’altra scrive: “verificheremo in montaggio”. Oppure: “ne parlerò con lo scenografo”. Insomma lascia tutte le porte aperte. E lavorare con lui diventa molto giocoso».
Come si chiama il suo personaggio?
«Franco Elica. Già dal nome si indovina una parentela con l’Ernesto Picciafuoco dell’Ora di religione. Come se quel pittore, con tutti i suoi dubbi, diventasse regista. Niente di autobiografico, nessuno è meno in crisi del Bellocchio di questi anni! Però ha orrore di tutto ciò che è finito, concluso. Infatti non teme le sue fragilità ma le usa. Le butta nel carburatore del film, per così dire. In questo siamo simili».
A prima vista sembrereste molto diversi.
«Ah, senza dubbio! Lui per esempio è ateo, io non lo ero nemmeno quando credevo di esserlo per farmi accogliere da un mondo che predicava il rifiuto della fede. Ma Bellocchio è anche una delle persone più spirituali e integre che conosca. Come Amelio, del resto. Spero solo di avere due settimane di pausa fra un film e l’altro».
Con Bellocchio va in Sicilia. Con Amelio fino in Cina per dare un seguito a ”La dismissione” di Ermanno Rea.
«Sono un quadro dell’Italsider che affronta un viaggio estenuante per seguire il riassemblaggio degli impianti smontati in Campania, senza che nessuno glielo abbia chiesto, per una sua ossessione personale. L’ossessione del lavoro ben fatto. Sarà una vera avventura. Tre mesi filati tra Pechino, Shanghai, Wuhan, e non torni certo a casa per il week-end. Amelio mi ha già mostrato ore di sopralluoghi. Montagne, biciclette, fiumi, grattacieli, acciaierie... Sembra l’arrivo su un altro pianeta, il primo passo di Armstrong sulla luna. Ma l’idea di prolungare La dismissione in Cina è anche profetica, visto quanto sta accadendo. È come se i cinesi avessero trasferito la loro aggressività dal piano bellico a quello economico. Le conseguenze di questa scelta cominciamo appena oggi a intravederle... Curiosamente, il romanzo di Rea era in finale al Premio Strega quando vinse Non ti muovere, di mia moglie Margaret Mazzantini. Per una curiosa ironia interpreto entr ambi»
Già: e il Castellitto regista? Come si passa dal fiasco bruciante e immeritato di Libero Burro ai superincassi di Non ti muovere?
«Vent’anni fa avrei avuto paura. Oggi ho i muscoli per difendermi da successi e insuccessi. La prossima regia è ancora tutta da inventare. Forse sarà lo Zorro di mia moglie, forse una commedia. Per anni mi sono lamentato che in Italia le commedie le fanno i comici e non gli attori. È ora di provarci. Modelli? Tanti. Ma su tutti il lavoro di Agnès Jaoui e Jean Pierre Bacrì».
psicotel
sestopotere.com Lunedì 13/12/2004 (12:10)
RICHIESTE DI AIUTO TELEFONICHE: PUBBLICATI I DATI REGIONALI DI PSICOTEL
(Sesto Potere) - Roma - 12 dicembre 2004 - Anche quest’anno Psicotel rende noti i dati statistici delle richieste di aiuto e orientamento arrivate al numero verde 800.52.97.06, l’unico Servizio nazionale d’informazione psicologica, indipendente, gratuito realizzato dall’AIPEP Associazione Italiana Psicologia e Psicoterapia Onlus, in collaborazione con il Ministero della Sanità. Con circa 12.000 contatti tra chiamate al Telefono Psicologico Italiano Psicotel e richieste on-line su www.aipep.com, nel periodico report delle richieste recepite dagli operatori dell’AIPEP, il primo dato che salta agli occhi è la riconferma della grande necessità di informazione da parte dei cittadini nel campo del disagio psicologico e psichiatrico. Emerge che le forme di disagio più sentite sono legate alla difficoltà di relazione con gli altri, che spesso provocano scatti di rabbia, violenza verbale e fisica. Le difficoltà relazionali sono vissute in gran parte nell'ambito lavorativo e familiare, creando conflitti spesso difficili da gestire, che generano ansia, abbandono dei rapporti e crisi depressive. Molte sono le richieste di aiuto per problemi legati all'ansia e alle crisi di panico, specialmente per i giovani che non riescono a vedere positivamente il loro futuro e che possono cercare soluzioni facili nell'abuso di sostanze psicotrope, lecite e non, e nella dipendenza dall'alcol. Sempre importante è la richiesta di aiuto per problemi depressivi, che aumentano tra gli adulti di mezza età, spesso in situazione di deprivazione affettiva per separazioni e crisi dei rapporti di coppia, e soprattutto nei giovani in età post-adolescenziale, nel momento della scelta lavorativa e professionale. Molto sentita da parte degli italiani è la carenza di supporto psicoterapico offerto dalle strutture pubbliche. Le richieste d'intervento sono numerose e la mancata disponibilità di risorse necessarie al loro accoglimento provoca la sfiducia nella possibilità di recupero e il sentimento della rinuncia e dell'abbandono. Le percentuali sui dati delle chiamate pervenute evidenziano che rispetto agli ultimi dati pubblicati c’è un importante aumento delle richieste per problemi legati all’ansia. Sempre importante è l’esigenza d’intervento per problemi depressivi e per le dipendenze e i disturbi alimentari, mentre sono in calo le richieste per problemi fobici e psichiatrici.
Ecco i dati percentuali di chiamate regione per regione: Lazio 26%, Sicilia 12 %, Lombardia 12 %, Campania 7 %, Piemonte 7 %, Puglia 5 %, Toscana 3 %, Veneto 3 %, Calabria 4 %, Friuli V. G. 3 %, Liguria 3 %, Sardegna 2 %, Emilia Romagna 4 %, Marche 2 %, Umbria 2 %, Abruzzo 1 %, Basilicata 1 %, Molise 1 %, Trentino A. Adige 1 %, Valle d’Aosta 1 %.(Sesto Potere)
RICHIESTE DI AIUTO TELEFONICHE: PUBBLICATI I DATI REGIONALI DI PSICOTEL
(Sesto Potere) - Roma - 12 dicembre 2004 - Anche quest’anno Psicotel rende noti i dati statistici delle richieste di aiuto e orientamento arrivate al numero verde 800.52.97.06, l’unico Servizio nazionale d’informazione psicologica, indipendente, gratuito realizzato dall’AIPEP Associazione Italiana Psicologia e Psicoterapia Onlus, in collaborazione con il Ministero della Sanità. Con circa 12.000 contatti tra chiamate al Telefono Psicologico Italiano Psicotel e richieste on-line su www.aipep.com, nel periodico report delle richieste recepite dagli operatori dell’AIPEP, il primo dato che salta agli occhi è la riconferma della grande necessità di informazione da parte dei cittadini nel campo del disagio psicologico e psichiatrico. Emerge che le forme di disagio più sentite sono legate alla difficoltà di relazione con gli altri, che spesso provocano scatti di rabbia, violenza verbale e fisica. Le difficoltà relazionali sono vissute in gran parte nell'ambito lavorativo e familiare, creando conflitti spesso difficili da gestire, che generano ansia, abbandono dei rapporti e crisi depressive. Molte sono le richieste di aiuto per problemi legati all'ansia e alle crisi di panico, specialmente per i giovani che non riescono a vedere positivamente il loro futuro e che possono cercare soluzioni facili nell'abuso di sostanze psicotrope, lecite e non, e nella dipendenza dall'alcol. Sempre importante è la richiesta di aiuto per problemi depressivi, che aumentano tra gli adulti di mezza età, spesso in situazione di deprivazione affettiva per separazioni e crisi dei rapporti di coppia, e soprattutto nei giovani in età post-adolescenziale, nel momento della scelta lavorativa e professionale. Molto sentita da parte degli italiani è la carenza di supporto psicoterapico offerto dalle strutture pubbliche. Le richieste d'intervento sono numerose e la mancata disponibilità di risorse necessarie al loro accoglimento provoca la sfiducia nella possibilità di recupero e il sentimento della rinuncia e dell'abbandono. Le percentuali sui dati delle chiamate pervenute evidenziano che rispetto agli ultimi dati pubblicati c’è un importante aumento delle richieste per problemi legati all’ansia. Sempre importante è l’esigenza d’intervento per problemi depressivi e per le dipendenze e i disturbi alimentari, mentre sono in calo le richieste per problemi fobici e psichiatrici.
Ecco i dati percentuali di chiamate regione per regione: Lazio 26%, Sicilia 12 %, Lombardia 12 %, Campania 7 %, Piemonte 7 %, Puglia 5 %, Toscana 3 %, Veneto 3 %, Calabria 4 %, Friuli V. G. 3 %, Liguria 3 %, Sardegna 2 %, Emilia Romagna 4 %, Marche 2 %, Umbria 2 %, Abruzzo 1 %, Basilicata 1 %, Molise 1 %, Trentino A. Adige 1 %, Valle d’Aosta 1 %.(Sesto Potere)
adolescenti anoressiche
Yahoo!Salute lunedì 13 dicembre 2004
Più controlli per le adolescenti anoressiche
Il Pensiero Scientifico Editore
Maggiori attenzioni e controlli clinici sarebbero opportuni per le adolescenti affette da anoressia nervosa, relativamente soprattutto alle analisi del sangue e al controllo della densità ossea. È questo il parere espresso dal rapporto pubblicato sul numero di dicembre della rivista Pediatrics.
L'anoressia nervosa è un disturbo del comportamento alimentare che implica nelle donne adulte una serie di ripercussioni sulla salute. Anche se sono ben note tali complicazioni, che includono alterazioni del sangue, dei parametri biochimici, della densità ossea e del metabolismo, non ci sono dati relativi alle conseguenze di questo disturbo nelle adolescenti. Un problema assai importante, dal momento che negli ultimi anni il numero di casi di anoressia nervosa tra le giovanissime è in netto aumento: negli Stati Uniti è il terzo disturbo cronico tra le adolescenti.
L'unica chiave possibile per affrontare il problema è un approccio multidisciplinare che veda l'interazione di un sostegno di tipo psichiatrico e medico, affiancato da quello del nutrizionista e da un counselling appropriato. " Sono necessari una diagnosi precoce, il controllo delle complicazioni e un intervento tempestivo ", dichiara Anne Klibanski, medico del Massachusetts General Hospital di Boston.
Anne Klibanski e i suoi colleghi hanno osservato in 118 ragazze adolescenti, di cui 60 con anoressia nervosa e 58 senza il disturbo, le complicazioni mediche riscontrate durante le visite di controllo. Dall'analisi è emerso un valore del rapporto tra età ossea ed età anagrafica molto basso nelle ragazze con anoressia nervosa, il che suggerisce un ritardo nella maturazione puberale. Tra le anoressiche è stata riscontrata una minore densità delle ossa, soprattutto nella zona lombare. La densità della massa ossea è un fattore direttamente correlato con peso, massa magra e grassa, ed è tanto maggiore quanto più precoce è l'età di inizio del periodo fertile. In molte ragazze anoressiche (circa il 94 per cento contro il 28 per cento del gruppo di controllo), l'età delle prime mestruazioni risulta in effetti spostata in avanti rispetto alla media della popolazione statunitense.
Al confronto con le altre, Nelle ragazze con anoressia il rapporto ha inoltre indicato valori piuttosto bassi del battito cardiaco, della pressione sistolica, della temperatura corporea e dei globuli bianchi: tra le ragazze con anoressia il 22 per cento è risultato anemico, il 22 per cento aveva pochi globuli bianchi, mentre nessuna era carente di potassio. Piuttosto bassi anche i livelli di estradiolo e ormone luteinizzante.
Queste complicazioni, soprattutto nelle pazienti adulte, sono ben note; comunque il disturbo va tenuto sotto controllo anche nelle adolescenti. "Le pazienti dovrebbero essere sottoposte a screening fin dai primi sintomi, soprattutto per tenere sotto controllo il rischio di disturbi metabolici e problemi legati alla densità ossea", commenta infatti Anne Klibanski. "La frequenza di questi controlli dovrebbe variare in proporzione alla gravità del disturbo e delle alterazioni riscontrate", continua. Uscire dall’anoressia può, di fatto, agire positivamente sulla maggior parte delle complicazioni, fatta eccezione della perdita di massa ossea. Infatti, come aggiunge la Klibanski, molte donne anoressiche non recuperano questo deficit, e possono avere conseguenze che persistono anche dopo miglioramenti dell'anoressia.
Più controlli per le adolescenti anoressiche
Il Pensiero Scientifico Editore
Maggiori attenzioni e controlli clinici sarebbero opportuni per le adolescenti affette da anoressia nervosa, relativamente soprattutto alle analisi del sangue e al controllo della densità ossea. È questo il parere espresso dal rapporto pubblicato sul numero di dicembre della rivista Pediatrics.
L'anoressia nervosa è un disturbo del comportamento alimentare che implica nelle donne adulte una serie di ripercussioni sulla salute. Anche se sono ben note tali complicazioni, che includono alterazioni del sangue, dei parametri biochimici, della densità ossea e del metabolismo, non ci sono dati relativi alle conseguenze di questo disturbo nelle adolescenti. Un problema assai importante, dal momento che negli ultimi anni il numero di casi di anoressia nervosa tra le giovanissime è in netto aumento: negli Stati Uniti è il terzo disturbo cronico tra le adolescenti.
L'unica chiave possibile per affrontare il problema è un approccio multidisciplinare che veda l'interazione di un sostegno di tipo psichiatrico e medico, affiancato da quello del nutrizionista e da un counselling appropriato. " Sono necessari una diagnosi precoce, il controllo delle complicazioni e un intervento tempestivo ", dichiara Anne Klibanski, medico del Massachusetts General Hospital di Boston.
Anne Klibanski e i suoi colleghi hanno osservato in 118 ragazze adolescenti, di cui 60 con anoressia nervosa e 58 senza il disturbo, le complicazioni mediche riscontrate durante le visite di controllo. Dall'analisi è emerso un valore del rapporto tra età ossea ed età anagrafica molto basso nelle ragazze con anoressia nervosa, il che suggerisce un ritardo nella maturazione puberale. Tra le anoressiche è stata riscontrata una minore densità delle ossa, soprattutto nella zona lombare. La densità della massa ossea è un fattore direttamente correlato con peso, massa magra e grassa, ed è tanto maggiore quanto più precoce è l'età di inizio del periodo fertile. In molte ragazze anoressiche (circa il 94 per cento contro il 28 per cento del gruppo di controllo), l'età delle prime mestruazioni risulta in effetti spostata in avanti rispetto alla media della popolazione statunitense.
Al confronto con le altre, Nelle ragazze con anoressia il rapporto ha inoltre indicato valori piuttosto bassi del battito cardiaco, della pressione sistolica, della temperatura corporea e dei globuli bianchi: tra le ragazze con anoressia il 22 per cento è risultato anemico, il 22 per cento aveva pochi globuli bianchi, mentre nessuna era carente di potassio. Piuttosto bassi anche i livelli di estradiolo e ormone luteinizzante.
Queste complicazioni, soprattutto nelle pazienti adulte, sono ben note; comunque il disturbo va tenuto sotto controllo anche nelle adolescenti. "Le pazienti dovrebbero essere sottoposte a screening fin dai primi sintomi, soprattutto per tenere sotto controllo il rischio di disturbi metabolici e problemi legati alla densità ossea", commenta infatti Anne Klibanski. "La frequenza di questi controlli dovrebbe variare in proporzione alla gravità del disturbo e delle alterazioni riscontrate", continua. Uscire dall’anoressia può, di fatto, agire positivamente sulla maggior parte delle complicazioni, fatta eccezione della perdita di massa ossea. Infatti, come aggiunge la Klibanski, molte donne anoressiche non recuperano questo deficit, e possono avere conseguenze che persistono anche dopo miglioramenti dell'anoressia.
Bibliografia. Misra M, Aggarwal A, Miller KK, et al. Effects of Anorexia Nervosa on Clinical, Hematologic, Biochemical, and Bone Density Parameters in Community-Dwelling Adolescent Girls. Pediatrics 2004;114;1574-1583.
stress
ilgiornaledivicenza.it Lunedì 13 Dicembre 2004
Settimana di prevenzione
Disturbi sessuali In aumento i casi dovuti allo stress
Crescono disfunzioni e ansia
(f. p.) Vicentini superattivi nel lavoro e sempre più disturbati nel sesso. L’equazione - secondo il primario di urologia prof. Andrea Tasca - non fa una grinza: lo stress è nemico giurato dell’amore. Il logorio di una vita ad alta competizione genera insicurezza, la defaillance amplifica la disistima e si entra in un circolo vizioso. Le ripercussioni sono evidenti. Aumentano i casi di disfunzione erettile fra le persone di mezza età ma anche fra i giovani. Eiaculazione e detumescenza precoci, ansia da prestazioni provocano problemi di coppia e il ricorso all’andrologo, anche se permangono reticenze e paure (spesso - spiega Tasca - sono le donne a spingere il partner in difficoltà al check-up specialistico) diventa sempre più frequente. L’aiuto di Tasca, il dott. Giuseppe Abatangelo, che segue in prima persona, assieme a un endocrinologo e a uno psicologo, l’ambulatorio di andrologia del S. Bortolo, vede una quindicina di vicentini la settimana, e la lista di attesa è lunga un mese. Infertilità, varicocele, e disturbi della sfera sessuale che possono essere di ordine organico, funzionale o psicogeno, le principali richieste di Sos. E da oggi fino a venerdì chi soffre di questi problemi e non ha avuto mai il coraggio o la voglia di andare dal medico può rimediare. L’occasione la offre la settimana della prevenzione andrologica promossa dalla Sia, la società italiana scientifica del settore, alla quale aderisce il reparto del prof. Tasca. Chiamando la segreteria al numero 0444-993849 (solo al mattino) si può prenotare una visita gratuita per capire perché la propria sessualità sia in crisi. Lo scorso anno, l’iniziativa - giunta alla quarta edizione - consentì di diagnosticare una serie di patologie congenite o acquisite che limitano la funzione sessuale, come la flogosi, il diabete, il colesterolo alto, l’ipertensione, l’insufficienza renale o anche uno stato di depressione. Ad avere problemi importanti sono le persone che hanno subìto interventi chirurgici demolitivi al piccolo bacino, al retto o alla prostata, ma ci sono pure i neurolesi, per lo più giovani, che restano paralizzati. Le soluzioni principali sono tre: la psicoterapia per scoprire dove si è inceppato il meccanismo, il supporto farmacologico, l’iniezione di prostaglandina, e, come extrema ratio, la protesi.
L’urologia vicentina è in Italia uno dei centri di eccellenza della chirurgia protesica. Lo scorso anno sono ricorse a questo "rimedio" 15 persone, il numero massimo consentito dalla Regione, visto che una protesi costa ben 10 mila euro. E per quest’anno la lista, 10 pazienti, è già esaurita. In grande aumento anche il consumo di farmaci delle tre famiglie del Vardenafil, del Saldenafil e del Tadalafil, più note come Viagra, Chalis, e altre pillole del genere, che hanno bisogno di ricetta medica e non sono mutuabili. «Anni fa - commenta Tasca - si faceva fatica a prescriverle. Erano tabù. La gente le considerava un’offesa alla propria virilità. Ora, invece, la domanda è alta. Si è tentato anche di demonizzarle, e invece sono sicure. Si possono prendere con tranquillità. Sono vietate solo ai cardiopatici che usino nitroderivati».
Repubblica 14.12.04
Gli andrologi: a causa dei pochi rapporti
Uomini, in aumento i problemi sessuali
ROMA - Meno desiderio e più problemi a letto per il maschio italiano che lamenta scarsi rapporti: il 52,7% ha 1-2 rapporti al mese, solo il 20% 2-3 alla settimana. I dati sono della Società italiana di andrologia che, in collaborazione con l´Istituto Mario Negri di Milano, ha coinvolto in una ricerca 20 mila uomini fra gli 11 e i 70 anni. Da questa analisi emerge che il 21,4% soffre di eiaculazione precoce e il 26,4% di disfunzione erettile.
Settimana di prevenzione
Disturbi sessuali In aumento i casi dovuti allo stress
Crescono disfunzioni e ansia
(f. p.) Vicentini superattivi nel lavoro e sempre più disturbati nel sesso. L’equazione - secondo il primario di urologia prof. Andrea Tasca - non fa una grinza: lo stress è nemico giurato dell’amore. Il logorio di una vita ad alta competizione genera insicurezza, la defaillance amplifica la disistima e si entra in un circolo vizioso. Le ripercussioni sono evidenti. Aumentano i casi di disfunzione erettile fra le persone di mezza età ma anche fra i giovani. Eiaculazione e detumescenza precoci, ansia da prestazioni provocano problemi di coppia e il ricorso all’andrologo, anche se permangono reticenze e paure (spesso - spiega Tasca - sono le donne a spingere il partner in difficoltà al check-up specialistico) diventa sempre più frequente. L’aiuto di Tasca, il dott. Giuseppe Abatangelo, che segue in prima persona, assieme a un endocrinologo e a uno psicologo, l’ambulatorio di andrologia del S. Bortolo, vede una quindicina di vicentini la settimana, e la lista di attesa è lunga un mese. Infertilità, varicocele, e disturbi della sfera sessuale che possono essere di ordine organico, funzionale o psicogeno, le principali richieste di Sos. E da oggi fino a venerdì chi soffre di questi problemi e non ha avuto mai il coraggio o la voglia di andare dal medico può rimediare. L’occasione la offre la settimana della prevenzione andrologica promossa dalla Sia, la società italiana scientifica del settore, alla quale aderisce il reparto del prof. Tasca. Chiamando la segreteria al numero 0444-993849 (solo al mattino) si può prenotare una visita gratuita per capire perché la propria sessualità sia in crisi. Lo scorso anno, l’iniziativa - giunta alla quarta edizione - consentì di diagnosticare una serie di patologie congenite o acquisite che limitano la funzione sessuale, come la flogosi, il diabete, il colesterolo alto, l’ipertensione, l’insufficienza renale o anche uno stato di depressione. Ad avere problemi importanti sono le persone che hanno subìto interventi chirurgici demolitivi al piccolo bacino, al retto o alla prostata, ma ci sono pure i neurolesi, per lo più giovani, che restano paralizzati. Le soluzioni principali sono tre: la psicoterapia per scoprire dove si è inceppato il meccanismo, il supporto farmacologico, l’iniezione di prostaglandina, e, come extrema ratio, la protesi.
L’urologia vicentina è in Italia uno dei centri di eccellenza della chirurgia protesica. Lo scorso anno sono ricorse a questo "rimedio" 15 persone, il numero massimo consentito dalla Regione, visto che una protesi costa ben 10 mila euro. E per quest’anno la lista, 10 pazienti, è già esaurita. In grande aumento anche il consumo di farmaci delle tre famiglie del Vardenafil, del Saldenafil e del Tadalafil, più note come Viagra, Chalis, e altre pillole del genere, che hanno bisogno di ricetta medica e non sono mutuabili. «Anni fa - commenta Tasca - si faceva fatica a prescriverle. Erano tabù. La gente le considerava un’offesa alla propria virilità. Ora, invece, la domanda è alta. Si è tentato anche di demonizzarle, e invece sono sicure. Si possono prendere con tranquillità. Sono vietate solo ai cardiopatici che usino nitroderivati».
Repubblica 14.12.04
Gli andrologi: a causa dei pochi rapporti
Uomini, in aumento i problemi sessuali
ROMA - Meno desiderio e più problemi a letto per il maschio italiano che lamenta scarsi rapporti: il 52,7% ha 1-2 rapporti al mese, solo il 20% 2-3 alla settimana. I dati sono della Società italiana di andrologia che, in collaborazione con l´Istituto Mario Negri di Milano, ha coinvolto in una ricerca 20 mila uomini fra gli 11 e i 70 anni. Da questa analisi emerge che il 21,4% soffre di eiaculazione precoce e il 26,4% di disfunzione erettile.
sinistra
Fausto Bertinotti
una segnalazione di Noemi Ghetti
Corriere della Sera lunedì, 13 dicembre, 2004
Regionali, Bertinotti pronto allo strappo
Il leader prc, in difficoltà nel partito, vuole disertare il vertice dell' Alleanza: qui decidono tutto Ds e Margherita
Pressing di Fassino e Prodi per convincerlo. Ma lui: al mio congresso non posso presentarmi in queste condizioni
di Meli Maria Teresa
ROMA - «Questa corsa è lunga, molto lunga, forse anche troppo lunga: un anno e mezzo...». Le apprensioni affidate da Romano Prodi ad alcuni leader del centrosinistra appaiono più che giustificate. Essere costretti a una campagna elettorale che durerà mesi e mesi, giacché, di fatto, si è già aperta, e, nel contempo, tentare di metter pace dentro una coalizione ancora non ben rodata, può essere logorante. Basti pensare alla giornata che attende oggi Prodi per rendersene conto. Fausto Bertinotti è intenzionato a non partecipare al vertice della Gad che si terrà nello studio (finalmente ristrutturato) dell' ex presidente della Commissione europea. Salvo tentativi in extremis da parte del Professore per convincere il segretario di Rifondazione a cambiare idea, stamattina, al suo posto, dovrebbe esserci il capogruppo del Prc alla Camera Franco Giordano. E' altamente probabile che fino a stamattina (il summit è per mezzogiorno) il "pressing" di Prodi e di Piero Fassino nei confronti di Bertinotti sarà fortissimo. Nel frattempo, per evitare di amplificare i problemi dell' Alleanza, si è comunque deciso di giustificare ufficialmente quest' assenza con un "classico" della politica italiana. Se il leader del Prc insisterà sulla sua posizione si dirà che Bertinotti aveva «precedenti impegni». La realtà è ben diversa. E non sono in gioco solo le beghe delle candidature alle Regionali: la posta è più alta. Tant' è vero che anche se alla fine il segretario del Prc dovesse cedere alle insistenze di Prodi ciò non significherebbe che la situazione si è sbloccata. Perché il problema è di quelli non da poco. Formalmente tutto si riduce alla richiesta di Bertinotti di candidare Niki Vendola in Puglia. E al conseguente "altolà" di Massimo D' Alema. Secondo il presidente della Quercia, infatti, occorre scegliere un personaggio con maggiore "appeal" e non dare per scontato che in Puglia si perde. D' Alema ha parlato a lungo di questo problema con lo stesso Prodi nell' incontro che i due hanno avuto la settimana scorsa a Roma. Derubricare la contesa in atto a una questione di poltrone, però, sarebbe improprio. Il problema è un altro. Ed è da giorni che Bertinotti cerca di spiegarlo all' ex presidente della Commissione europea. «Non è che io sto in questa alleanza perché non so dove andare o con chi andare - è il ragionamento del leader di Rifondazione -. Io ci sto convinto, ma allora deve essere chiara una cosa: le decisioni non possono essere prese solo dai Ds e dalla Margherita». Lo stesso vale per i candidati alla presidenza delle Regioni: non possono appartenere esclusivamente a questi due partiti. «In più - ed è l' altra riflessione che fa Bertinotti - io ho il congresso e non posso presentarmi a un appuntamento del genere a queste condizioni». Già. La linea del leader, sebbene per motivi opposti, viene contestata dalle diverse minoranze del partito e anche da una fetta della sua stessa maggioranza. Senza contare che Prodi non è certamente il "candidato ideale" dell' elettorato del Prc. Persino il neo direttore di Liberazione Piero Sansonetti, domenica, ha definito «arretrato» il discorso del candidato premier della Gad al Palalido. Perciò un Bertinotti al congresso che si presentasse a mani vuote, con il "candidato" Vendola bocciato dagli alleati, rischierebbe molto. Rischierebbe addirittura di perdere le assise (visto che attualmente ha con sé sicuramente solo il 53 per cento circa del partito). Un esito del genere, per la Gad, sarebbe una rovina. Con un altro segretario e un' altra Rifondazione - posizionata sulla linea dell' opposizione dura e pura e poco incline a un' alleanza programmatica con le altre forze del centrosinistra - diventerebbero problematiche non solo le elezioni regionali, ma anche quelle politiche. Dunque, quello di Bertinotti è un nodo che in qualche modo va risolto. Certamente non con l' offerta di una manciata di vice presidenze regionali. Questo tentativo è già stato fatto sia da Prodi che da Fassino, ma il segretario di Rifondazione ha risposto con un «no grazie». Anche Franco Marini si sta adoperando per risolvere la questione. L' ex segretario del Ppi è convinto che «occorra dare la Puglia a Vendola», anche perché altrimenti il Prc non appoggerà i candidati del centrosinistra in Abruzzo e in Piemonte. Un punto a suo favore, però, Bertinotti lo ha segnato. Il nuovo simbolo della Gad sarà sprovvisto dell' Ulivo. La scelta, infatti, dovrebbe cadere sulla colomba disegnata da Folon. [...]
Corriere della Sera lunedì, 13 dicembre, 2004
Regionali, Bertinotti pronto allo strappo
Il leader prc, in difficoltà nel partito, vuole disertare il vertice dell' Alleanza: qui decidono tutto Ds e Margherita
Pressing di Fassino e Prodi per convincerlo. Ma lui: al mio congresso non posso presentarmi in queste condizioni
di Meli Maria Teresa
ROMA - «Questa corsa è lunga, molto lunga, forse anche troppo lunga: un anno e mezzo...». Le apprensioni affidate da Romano Prodi ad alcuni leader del centrosinistra appaiono più che giustificate. Essere costretti a una campagna elettorale che durerà mesi e mesi, giacché, di fatto, si è già aperta, e, nel contempo, tentare di metter pace dentro una coalizione ancora non ben rodata, può essere logorante. Basti pensare alla giornata che attende oggi Prodi per rendersene conto. Fausto Bertinotti è intenzionato a non partecipare al vertice della Gad che si terrà nello studio (finalmente ristrutturato) dell' ex presidente della Commissione europea. Salvo tentativi in extremis da parte del Professore per convincere il segretario di Rifondazione a cambiare idea, stamattina, al suo posto, dovrebbe esserci il capogruppo del Prc alla Camera Franco Giordano. E' altamente probabile che fino a stamattina (il summit è per mezzogiorno) il "pressing" di Prodi e di Piero Fassino nei confronti di Bertinotti sarà fortissimo. Nel frattempo, per evitare di amplificare i problemi dell' Alleanza, si è comunque deciso di giustificare ufficialmente quest' assenza con un "classico" della politica italiana. Se il leader del Prc insisterà sulla sua posizione si dirà che Bertinotti aveva «precedenti impegni». La realtà è ben diversa. E non sono in gioco solo le beghe delle candidature alle Regionali: la posta è più alta. Tant' è vero che anche se alla fine il segretario del Prc dovesse cedere alle insistenze di Prodi ciò non significherebbe che la situazione si è sbloccata. Perché il problema è di quelli non da poco. Formalmente tutto si riduce alla richiesta di Bertinotti di candidare Niki Vendola in Puglia. E al conseguente "altolà" di Massimo D' Alema. Secondo il presidente della Quercia, infatti, occorre scegliere un personaggio con maggiore "appeal" e non dare per scontato che in Puglia si perde. D' Alema ha parlato a lungo di questo problema con lo stesso Prodi nell' incontro che i due hanno avuto la settimana scorsa a Roma. Derubricare la contesa in atto a una questione di poltrone, però, sarebbe improprio. Il problema è un altro. Ed è da giorni che Bertinotti cerca di spiegarlo all' ex presidente della Commissione europea. «Non è che io sto in questa alleanza perché non so dove andare o con chi andare - è il ragionamento del leader di Rifondazione -. Io ci sto convinto, ma allora deve essere chiara una cosa: le decisioni non possono essere prese solo dai Ds e dalla Margherita». Lo stesso vale per i candidati alla presidenza delle Regioni: non possono appartenere esclusivamente a questi due partiti. «In più - ed è l' altra riflessione che fa Bertinotti - io ho il congresso e non posso presentarmi a un appuntamento del genere a queste condizioni». Già. La linea del leader, sebbene per motivi opposti, viene contestata dalle diverse minoranze del partito e anche da una fetta della sua stessa maggioranza. Senza contare che Prodi non è certamente il "candidato ideale" dell' elettorato del Prc. Persino il neo direttore di Liberazione Piero Sansonetti, domenica, ha definito «arretrato» il discorso del candidato premier della Gad al Palalido. Perciò un Bertinotti al congresso che si presentasse a mani vuote, con il "candidato" Vendola bocciato dagli alleati, rischierebbe molto. Rischierebbe addirittura di perdere le assise (visto che attualmente ha con sé sicuramente solo il 53 per cento circa del partito). Un esito del genere, per la Gad, sarebbe una rovina. Con un altro segretario e un' altra Rifondazione - posizionata sulla linea dell' opposizione dura e pura e poco incline a un' alleanza programmatica con le altre forze del centrosinistra - diventerebbero problematiche non solo le elezioni regionali, ma anche quelle politiche. Dunque, quello di Bertinotti è un nodo che in qualche modo va risolto. Certamente non con l' offerta di una manciata di vice presidenze regionali. Questo tentativo è già stato fatto sia da Prodi che da Fassino, ma il segretario di Rifondazione ha risposto con un «no grazie». Anche Franco Marini si sta adoperando per risolvere la questione. L' ex segretario del Ppi è convinto che «occorra dare la Puglia a Vendola», anche perché altrimenti il Prc non appoggerà i candidati del centrosinistra in Abruzzo e in Piemonte. Un punto a suo favore, però, Bertinotti lo ha segnato. Il nuovo simbolo della Gad sarà sprovvisto dell' Ulivo. La scelta, infatti, dovrebbe cadere sulla colomba disegnata da Folon. [...]
Oscar Niemeyer
una segnalazione di Sergio Grom
Corriere della Sera 12.12.04
NIEMEYER
Intervista esclusiva con il leggendario architetto
"Ho costruito forme morbide come corpi di donna"
intervista di Stefano Bucci
L'ultima cosa che viene in mente, parlando con Oscar Niemeyer, è che l'architetto che creò Brasilia sta per compiere 97 anni essendo nato il 15 dicembre 1907 a Rio de Janeiro. Perché, anche davanti all'interlocutore più agguerrito, sembra essere sempre e solo lui a condurre il gioco.
Così, nel suo piccolo studio affacciato sull'Avenida Atlantica, è lui che sceglie di parlare in francese ("in inglese rischierei di fare troppi errori") o che chiede di avvicinarsi di più alla sua sedia ("comincio ad essere un po' sordo"). E' ancora lui che a pranzo, dopo un involtino alla carne e un gelato all'avocado, domanda di Kakà e racconta della passione per il cinema di Visconti, Pasolini, Scola. Ed è sempre lui che mostra con orgoglio i suoi progetti vecchi e nuovi: dal Museo d'arte contemporanea di Niterói al Caminho che a Rio prenderà il suo nome, dal Memoriale dell'America Latina di San Paolo al palazzo per il governatore di Minas Gerais, dalla Mondadori di Segrate al Memorial Oswaldo Aranha di Alegrete. Passando naturalmente per un sogno chiamato Brasilia, più o meno realizzato secondo alcuni critici, al quale Niemeyer ha lavorato come "soprintendente tecnico" dal 1956.
Oscar Ribeiro de Almeida de Niemeyer Soares, questo il suo nome per esteso, non è però un uomo arrogante. Tutt'altro. E questo nonostante tutti i suoi premi (Praemium Imperiale, Pritzker, Riba) e nonostante la celebrità ("è come Pelè", è il minimo che ci si sente rispondere chiedendo di lui). Tanto che è lui stesso a rispondere al telefono ed è lui a riceverti, minuto ma elegantissimo nella camicia bianca con le cifre ON ricamate e le lucidissime scarpe marroni (sul tavolo c'è un flacone di Chanel pour homme), in uno studio microscopico tappezzato di tantissimi libri. Compreso il suo E agora? (E ora?) da poco uscito in Brasile: un racconto breve, e non un trattato di architettura, in cui Niemeyer narra la storia di Lucas, "un combattente di mille battaglie", un vecchio comunista che è quasi un suo alter ego e ch ha scelto come lui "di non rassegnarsi mai davanti alle brutture della vita".
D'altra parte come non credere nella vena sovversiva dell'architetto dal momento che uno dei pochi decori di queste stanze con vista sulla spiaggia di Copacabana è una sua massima incisa sui muri che recita "quando la miseria si moltiplica e la speranza fugge dall'uomo, è tempo di rivoluzione"? Una rivoluzione legata "al rifiuto di ogni forma di capitalismo" e che finisce per tradursi persino nel rigore degli arredi di Casa Ypiranga: poche poltrone di cuoio nero con tanto di pouf poggiapiedi, una chaise longue, una sedia a dondolo di metallo, in tavolo semplicissimo. Tutto firmato Niemeyer.
Lei ha sempre detto che la vita è molto più importante dell'architettura.
"La vita può cambiare l'architettura e non viceversa. L'architettura è soltanto uno dei tanti tasselli che compongono l'esistenza dell'uomo. Al pari dell'arte, della letteratura, della musica, della scienza o della politica".
Per questo lei sostiene che l'architetto non si deve limitare a progettare?
"L'architetto non deve essere solo un tecnico. Deve avere una cultura generale, deve conoscere i classici della letteratura come gli scrittori contemporanei, deve intendersi di Matisse e sapere di filosofia. Il motivo? In questo modo riesce a conoscere l'ambiente che lo circonda".
E la politica?
"Anche la politica è parte della vita dell'uomo. Ed è una parte importante, almeno per me. Una parte che ho sempre vissuto sulla mia pelle: ho conosciuto Castro e ho fatto parte del Partito comunista brasiliano (più volte Niemeyer si è definito "l'ultimo comunista rimasto", ndr), sono stato in esilio a Parigi durante la dittatura militare e continuo a dichiararmi anticapitalista, un tempo ho protestato contro la guerra del Vietnam e oggi sono contro tutte le guerre".
Della guerra in Iraq cosa pensa?
"Bush ha invaso un Paese, lo ha oltraggiato e continua a oltraggiarlo. Questo per me è inammissibile. Ma la rielezione di Bush dimostra anche come siano ormai gli incapaci a governare il mondo".
Torniamo all'architettura: come giudica i suoi colleghi?
"Penso che ogni architetto sia capace di fare una buona architettura. Certo, quelli che possono dire di aver creato un'opera eccezionale non sono tanti, ma è un discorso che vale per tutte le forme della creatività: non tutti possono avere la capacità di progettare la chiesa di Conchamp come ha fatto Le Corbusier, dipingere Guernica come Picasso o elaborare la teoria della relatività come Einstein".
Ha conosciuto e lavorato con Le Corbusier. Che ricordo ne ha?
"Un maestro, anche se condividevo certe sue scelte.Umanamente era invece molto sfuggente e non abbiamo legato molto".
Chi sceglierebbe come modelli?
"Palladio e Alvaar Aalto sono stati fondamentali nella mia formazione".
Soltanto loro?
"No, anche l'invenzione del cemento è stata per me altrettanto fondamentale".
L'hanno spesso definita "razionalista sensuale". Perché?
"Non ho mai amato le linee rette e neppure gli angoli rigidi e inflessibili creati dall'uomo: li trovo innaturali. Sono sempre stato attratto dalle forme morbide e fluttuanti. Per questo i miei progetti nascono spesso da una forma curva come è curva la silhouette di una bella donna. Dunque un tratto semplice ma anche sensuale. Forse da questa miscela nasce l'idea del razionalista sensuale".
Che ricordo conserva del cantiere per la Mondadori di Segrate...
"Quella con Giorgio Mondadori è stata una bellissima esperienza, anche dal punto di vista umano. All'inizio non era quello che Mondadori avrebbe voluto, ma poi il risultato finale l'ha convinto".
Quando si parla di lei, impossibile non pensare subito a Brasilia. Come vede oggi quel progetto?
"Come un sogno realizzato: il sogno di dimostrare che il Brasile poteva essere capace di fare grandi progetti, di creare addirittura una città. Certo, anche i sogni possono dare problemi. E i problemi a Brasilia sono quelli, ad esempio, di edifici che si degradano o di una manutenzione difficile. Ma direi che può andare bene così".
Ma il Brasile non è solo il sogno di Brasilia...
"Oggi è anche violenza e povertà. E' un Paese di grandezze e di miserie, il Paese di Ipanema e delle favelas. E' un Paese per il quale bisogna continuare a combattere senza arrendersi mai. Anche se forse, davanti a questa realtà, viene da pensare che il progetto messo in pratica da Fidel Castro a Cuba sia l'unico che abbia dato risultati positivi. Almeno in tutto il Sudamerica".
Perché ha votato Lula?
"In realtà avevo scelto Ciro Gomes, ma non aveva alcuna possibilità di diventare presidente. Così ho ripiegato su Lula, che però mi sembra che si stia muovendo bene. E così, come dice Lucas il protagonista della mia novella E agora?, la rivoluzione per ora può attendere".
Dell'Italia cosa pensa?
"Un bellissimo Paese soprattutto perché in Italia ho tanti amici (d'origine italiana era anche Annita, la moglie di Niemeyer scomparsa all'inizio di ottobre, ndr)".
E della sua architettura?
Meglio quella classica, del Palladio, appunto".
A gennaio si deciderà la sorte del suo auditorium per Ravello, un progetto che ha suscitato molte polemiche...
"Credo che ci siano state incomprensioni. Continuo a giudicarlo un buon progetto, ma il modo con cui è stato sviluppato non è esattamente quello che pensavo".
Architetto, cosa si prova a essere definito un maestro?
"Niente. Continuo ad andare in studio tutte le mattine alle dieci e a progettare come ho sempre fatto, ma continuo anche a leggere, disegnare, scrivere".
Ma il suo studio nonostante i tanti lavori in corso non è poi così grande...
"E perché mai dovrebbe esserlo? Per progettare basto io".
Corriere della Sera 12.12.04
NIEMEYER
Intervista esclusiva con il leggendario architetto
"Ho costruito forme morbide come corpi di donna"
intervista di Stefano Bucci
L'ultima cosa che viene in mente, parlando con Oscar Niemeyer, è che l'architetto che creò Brasilia sta per compiere 97 anni essendo nato il 15 dicembre 1907 a Rio de Janeiro. Perché, anche davanti all'interlocutore più agguerrito, sembra essere sempre e solo lui a condurre il gioco.
Così, nel suo piccolo studio affacciato sull'Avenida Atlantica, è lui che sceglie di parlare in francese ("in inglese rischierei di fare troppi errori") o che chiede di avvicinarsi di più alla sua sedia ("comincio ad essere un po' sordo"). E' ancora lui che a pranzo, dopo un involtino alla carne e un gelato all'avocado, domanda di Kakà e racconta della passione per il cinema di Visconti, Pasolini, Scola. Ed è sempre lui che mostra con orgoglio i suoi progetti vecchi e nuovi: dal Museo d'arte contemporanea di Niterói al Caminho che a Rio prenderà il suo nome, dal Memoriale dell'America Latina di San Paolo al palazzo per il governatore di Minas Gerais, dalla Mondadori di Segrate al Memorial Oswaldo Aranha di Alegrete. Passando naturalmente per un sogno chiamato Brasilia, più o meno realizzato secondo alcuni critici, al quale Niemeyer ha lavorato come "soprintendente tecnico" dal 1956.
Oscar Ribeiro de Almeida de Niemeyer Soares, questo il suo nome per esteso, non è però un uomo arrogante. Tutt'altro. E questo nonostante tutti i suoi premi (Praemium Imperiale, Pritzker, Riba) e nonostante la celebrità ("è come Pelè", è il minimo che ci si sente rispondere chiedendo di lui). Tanto che è lui stesso a rispondere al telefono ed è lui a riceverti, minuto ma elegantissimo nella camicia bianca con le cifre ON ricamate e le lucidissime scarpe marroni (sul tavolo c'è un flacone di Chanel pour homme), in uno studio microscopico tappezzato di tantissimi libri. Compreso il suo E agora? (E ora?) da poco uscito in Brasile: un racconto breve, e non un trattato di architettura, in cui Niemeyer narra la storia di Lucas, "un combattente di mille battaglie", un vecchio comunista che è quasi un suo alter ego e ch ha scelto come lui "di non rassegnarsi mai davanti alle brutture della vita".
D'altra parte come non credere nella vena sovversiva dell'architetto dal momento che uno dei pochi decori di queste stanze con vista sulla spiaggia di Copacabana è una sua massima incisa sui muri che recita "quando la miseria si moltiplica e la speranza fugge dall'uomo, è tempo di rivoluzione"? Una rivoluzione legata "al rifiuto di ogni forma di capitalismo" e che finisce per tradursi persino nel rigore degli arredi di Casa Ypiranga: poche poltrone di cuoio nero con tanto di pouf poggiapiedi, una chaise longue, una sedia a dondolo di metallo, in tavolo semplicissimo. Tutto firmato Niemeyer.
Lei ha sempre detto che la vita è molto più importante dell'architettura.
"La vita può cambiare l'architettura e non viceversa. L'architettura è soltanto uno dei tanti tasselli che compongono l'esistenza dell'uomo. Al pari dell'arte, della letteratura, della musica, della scienza o della politica".
Per questo lei sostiene che l'architetto non si deve limitare a progettare?
"L'architetto non deve essere solo un tecnico. Deve avere una cultura generale, deve conoscere i classici della letteratura come gli scrittori contemporanei, deve intendersi di Matisse e sapere di filosofia. Il motivo? In questo modo riesce a conoscere l'ambiente che lo circonda".
E la politica?
"Anche la politica è parte della vita dell'uomo. Ed è una parte importante, almeno per me. Una parte che ho sempre vissuto sulla mia pelle: ho conosciuto Castro e ho fatto parte del Partito comunista brasiliano (più volte Niemeyer si è definito "l'ultimo comunista rimasto", ndr), sono stato in esilio a Parigi durante la dittatura militare e continuo a dichiararmi anticapitalista, un tempo ho protestato contro la guerra del Vietnam e oggi sono contro tutte le guerre".
Della guerra in Iraq cosa pensa?
"Bush ha invaso un Paese, lo ha oltraggiato e continua a oltraggiarlo. Questo per me è inammissibile. Ma la rielezione di Bush dimostra anche come siano ormai gli incapaci a governare il mondo".
Torniamo all'architettura: come giudica i suoi colleghi?
"Penso che ogni architetto sia capace di fare una buona architettura. Certo, quelli che possono dire di aver creato un'opera eccezionale non sono tanti, ma è un discorso che vale per tutte le forme della creatività: non tutti possono avere la capacità di progettare la chiesa di Conchamp come ha fatto Le Corbusier, dipingere Guernica come Picasso o elaborare la teoria della relatività come Einstein".
Ha conosciuto e lavorato con Le Corbusier. Che ricordo ne ha?
"Un maestro, anche se condividevo certe sue scelte.Umanamente era invece molto sfuggente e non abbiamo legato molto".
Chi sceglierebbe come modelli?
"Palladio e Alvaar Aalto sono stati fondamentali nella mia formazione".
Soltanto loro?
"No, anche l'invenzione del cemento è stata per me altrettanto fondamentale".
L'hanno spesso definita "razionalista sensuale". Perché?
"Non ho mai amato le linee rette e neppure gli angoli rigidi e inflessibili creati dall'uomo: li trovo innaturali. Sono sempre stato attratto dalle forme morbide e fluttuanti. Per questo i miei progetti nascono spesso da una forma curva come è curva la silhouette di una bella donna. Dunque un tratto semplice ma anche sensuale. Forse da questa miscela nasce l'idea del razionalista sensuale".
Che ricordo conserva del cantiere per la Mondadori di Segrate...
"Quella con Giorgio Mondadori è stata una bellissima esperienza, anche dal punto di vista umano. All'inizio non era quello che Mondadori avrebbe voluto, ma poi il risultato finale l'ha convinto".
Quando si parla di lei, impossibile non pensare subito a Brasilia. Come vede oggi quel progetto?
"Come un sogno realizzato: il sogno di dimostrare che il Brasile poteva essere capace di fare grandi progetti, di creare addirittura una città. Certo, anche i sogni possono dare problemi. E i problemi a Brasilia sono quelli, ad esempio, di edifici che si degradano o di una manutenzione difficile. Ma direi che può andare bene così".
Ma il Brasile non è solo il sogno di Brasilia...
"Oggi è anche violenza e povertà. E' un Paese di grandezze e di miserie, il Paese di Ipanema e delle favelas. E' un Paese per il quale bisogna continuare a combattere senza arrendersi mai. Anche se forse, davanti a questa realtà, viene da pensare che il progetto messo in pratica da Fidel Castro a Cuba sia l'unico che abbia dato risultati positivi. Almeno in tutto il Sudamerica".
Perché ha votato Lula?
"In realtà avevo scelto Ciro Gomes, ma non aveva alcuna possibilità di diventare presidente. Così ho ripiegato su Lula, che però mi sembra che si stia muovendo bene. E così, come dice Lucas il protagonista della mia novella E agora?, la rivoluzione per ora può attendere".
Dell'Italia cosa pensa?
"Un bellissimo Paese soprattutto perché in Italia ho tanti amici (d'origine italiana era anche Annita, la moglie di Niemeyer scomparsa all'inizio di ottobre, ndr)".
E della sua architettura?
Meglio quella classica, del Palladio, appunto".
A gennaio si deciderà la sorte del suo auditorium per Ravello, un progetto che ha suscitato molte polemiche...
"Credo che ci siano state incomprensioni. Continuo a giudicarlo un buon progetto, ma il modo con cui è stato sviluppato non è esattamente quello che pensavo".
Architetto, cosa si prova a essere definito un maestro?
"Niente. Continuo ad andare in studio tutte le mattine alle dieci e a progettare come ho sempre fatto, ma continuo anche a leggere, disegnare, scrivere".
Ma il suo studio nonostante i tanti lavori in corso non è poi così grande...
"E perché mai dovrebbe esserlo? Per progettare basto io".
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