giovedì 20 novembre 2003

i dati sulla violenza in famiglia sui bambini

La Repubblica 20.11.03
I BAMBINI
Il bilancio di Telefono Azzurro
Duecentomila maltrattati dai genitori


ROMA - Sono state 194.340 le telefonate complessivamente accolte da Telefono Azzurro tramite le linee del Centro Nazionale di Ascolto, nel periodo gennaio-giugno 2003. Quasi 200 mila minori in difficoltà. A chiedere aiuto sono soprattutto le bambine e le ragazze (57,8% contro il 42,2% dei maschi); più numerosi i bambini tra 11 e 14 anni (43,0%), seguiti da quelli fino a 10 (41,3%) e, infine, da quanti arrivano alla maggiore età (15,7%). Classificando le richieste di aiuto in base alla loro provenienza geografica, sono le regioni settentrionali a occupare la prima posizione per numero di chiamate (39,9%), seguite dal meridione (28,1%), dalle regioni centrali (19,5%) e da quelle insulari (12,5%). Non a caso disaggregando il dato a livello regionale la classifica si ripete: infatti, le regioni da cui provengono maggiori richieste sono la Lombardia (14,6%), il Lazio (12,3%) e la Campania (11,9%), ovvero una del Nord, una del Centro e una del Sud. Di particolare interesse risulta l'analisi delle problematiche che hanno spinto bambini a chiamare Telefono Azzurro. In generale sono i problemi di tipo relazionale a costituire le principali difficoltà. In particolare emergono i problemi relazionali con i genitori (34,1%), i problemi relazionali generici (13,3%). Emerge inoltre un 16,3% di problematiche legate alla separazione dei genitori. Sostanzialmente gravi le situazioni legate all'abuso: il 14,8% delle consulenze interviene su disagi provocati alle botte, all'abuso fisico, l'8,8% su situazioni di abuso psicologico, l'8,3% su situazioni di trascuratezza e il 6,7% per abuso di tipo sessuale: le vittime sono soprattutto le bambine, anche in famiglia.

secondo una sentenza della terza sezione penale
della Corte di Cassazione

il Tempo 20.11.03
La pedofilia non è malattia mentale


ROMA — La pedofilia, di per sé, non esclude né attenua la capacità di intendere e volere. Insomma non è una malattia mentale in virtù della quale i pedofili possono ottenere sconti di pena - tramite la concessione delle attenuanti per la diminuita capacità psichica - sostenendo che la loro volontà era offuscata, o scemata, nel momento dell'abuso sessuale sui minori. Lo sottolinea la terza sezione penale della Cassazione con la sentenza 43135. In particolare, con questo verdetto, la suprema corte ha rigettato la tesi di un imputato - Aurelio M. condannato a 8 anni di reclusione dalla corte d'appello di Perugia per aver violentato, per 12 anni, un minore - che protestava per la mancata concessione dell'attenuante. L'uomo aveva chiesto ai supremi giudici di pronunciarsi a favore di una pena più mite dal momento che la perizia di parte aveva riscontrato, in lui, un deficit delle capacità intellettive e volitive avvalorato anche dai precedenti episodi di pedofilia che avevano arricchito la sua fedina penale. Ma piazza Cavour ha bocciato la tesi per cui i pedofili abituali sarebbero una sorta di minorati mentali che non sanno quel che fanno.

...e La Gazzetta del Sud, sempre di oggi, precisa:

[...]
...Piazza Cavour ha bocciato la tesi per cui i pedofili abituali sarebbero una sorta di minorati mentali che non sanno quel che fanno. Rilevano in proposito gli ermellini che «se è vero che la pedofilia, come modifica dell'oggetto sessuale in direzione dei minori, presenta ordinariamente carattere di abitualità, ai fini penali questa condizione non esclude né attenua la capacità di intendere e volere e, di conseguenza, la penale responsabilità per abusi sessuali contro i minori». Spiega la Cassazione che non c'è alcun motivo di equiparare, tout court, e a priori, i pedofili agli incapaci. A questa conclusione – prosegue il Palazzaccio – può arrivare solo il giudice di merito sulla «base dell'esame dei test psicologici e psichiatrici, dei colloqui clinici e di altri elementi» qualora «ricorrano le condizioni di una vera e propria malattia in grado di escludere o grandemente scemare la capacità di intendere e volere». Tale circostanza, però, avvertono i magistrati di legittimità, non ricorre in presenza di un qualsivoglia disturbo caratteriale.

Maria Burani Procaccini

La Repubblica - Salute 20.11.03
PSICHIATRIA
"Dimenticata la depressione"
Burani Procaccini (Fi): "Nuove integrazioni, a fine novembre un testo"
di Maurizio Paganelli


Giace in Parlamento da due anni la "riforma della legge sulla psichiatria" (la 180 del ‘78, conosciuta come legge Basaglia, dal nome dello psichiatra triestino che ne fu l’alfiere): 4 proposte concorrenti, una relatrice, Maria Burani Procaccini (Forza Italia, giornalista pubblicista) che vorrebbe arrivare ad un testo base condiviso. «Non voglio forzare, basta con crociate ideologiche, dopo 25 anni, tant’è che parlo di integrazione alla legge 180», dice il deputato, «Ora entro fine novembre vorrei presentare una nuova sintesi con altre iniziative più recenti in tema psichiatrico. E in particolare quella sulla depressione, specialmente la proposta dei deputati del Polo» (prevede un’Agenzia nazionale e dipartimenti specifici delle Asl scorporati dai servizi psichiatrici e diretti da soli medici).
«Resta chiaro che l’ospedale, insieme al territorio, è centrale, perché una diagnosi corretta e precoce è essenziale. Per questo si prevede che solo medici possano ricoprire il ruolo di direttore di dipartimento». Appare una visione "custodialista" e "medicalizzata" a molti, ma il deputato nega con forza: «Per il recupero è determinante il territorio, chi lo nega, ma è diagnosi e cura che dobbiamo salvaguardare in primis. Per il resto, contro ogni stigma, va ribadito che è una malattia come qualsiasi altra». E su Regioni e fondi? «E’ falso che solo le Regioni "rosse" siano sensibili al tema, basta parlare con i familiari dei malati. I soldi arriveranno se li mettiamo nella legge: quel 5 per cento della spesa sanitaria alla psichiatria e indirizzi chiari con centri anche per i bambini. Mi piace sottolinearlo oggi, 20 novembre, giornata mondiale dell’infanzia».

"Buongiorno, notte" è in tutta Europa

Cineuropa.it 20.11.03
Vendite – Francia
I bei risultati del Mifed


Una settimana dopo il ritorno dal Mifed di Milano, le società francesi di vendita di film hanno avuto grandi soddisfazioni. Tra queste, Celluloid Dreams, Gémini Films, StudioCanal e Wild Bunch hanno rivelato a Cineuropa i propri risultati.

Per quanto riguarda Celluloid Dreams è stato soprattutto un film italiano a creare l’avvenimento. Secondo Tanja Meissner dell’equipe di vendite internazionali : “Buongiorno, notte di Marco Bellocchio, è stato venduto dappertutto in Europa (Svezia, Regno Unito, Polonia, Russia, Belgio, Paesi Bassi) e le negoziazioni sono sulla buona strada buona per la Germania e la Spagna”.
(...)

stalking

Panorama 18.11.03
Grandi molestatori crescono
di  Paola Ciccioli


Gli esperti li chiamano «stalker». Cioè persone che, come cacciatori, braccano la loro preda e la insidiano fino all'ossessione. Arrivando, in casi estremi, anche alla violenza fisica. Un fenomeno che fa sempre più vittime. Ecco le loro terribili storie, raccolte da Panorama.

«Era settembre, mi pare. Ho preso la macchina e sono andata nella sua casa di campagna. Mi ricordavo dov'era: c'eravamo stati insieme, una volta.
Non avevo la chiave e allora ho chiesto al fabbro del paese di forzare la serratura. L'ho convinto dicendogli che ero io la proprietaria. Quando mi sono trovata lì, sola, ho scritto un biglietto: "Aspetto che arrivi per i chiarimenti che dobbiamo avere noi due".
Sono tornata a Modena e ho infilato il foglio nella sua cassetta della posta. Poi sono salita di nuovo in macchina e mi sono messa ad aspettarlo nella casa di campagna. Ma lui non è venuto e sono arrivati i carabinieri».

Questa scena Anna Maria la ricorda bene. Perché da quel giorno i suoi tentativi di avere un contatto con l'uomo che ha inseguito e, sostengono i magistrati, perseguitato per oltre due anni, sono finiti. «Non so più niente di lui, buio completo» dic , trattenendo un po' di quel buio nello sguardo.
Anna Maria prima è finita in carcere, poi ha ottenuto gli arresti domiciliari e ora è stata affidata alle cure degli psichiatri nel centro La Madonnina di Modena. Ed è qui che ha accettato di raccontare la propria storia a Panorama.
La storia di una stalker.
Perché questa donna di 44 anni, dall'aspetto delicato, dal 21 ottobre del 2001 al 25 maggio di quest'anno non ha dato tregua all'uomo con cui aveva avuto una brevissima relazione. Forse un unico incontro d'amore, forse due, in quella casa di campagna «che ricordavo dov'era perché ci eravamo stati insieme».

«Sapevo che era sposato, che aveva un figlio e che la moglie ne stava aspettando un altro» racconta. «Poi persone stimabilissime hanno cominciato a dirmi che non era vero niente e allora andavo da lui per chiedere spiegazioni». È tutto chiaro nella mente di Anna Maria, tutto giustificabile: «Ero innamorata».
E questa convinzione l'ha trasformata nella Glenn Close del film Attrazione fatale, spingendola a violare il domicilio dell'ex amante e non solo in un'occasione. Ad andare a suonare al suo campanello ogni notte e per un anno intero. Ad aspettarlo accanto al portone di sera, a telefonare ai colleghi di lavoro della sua vittima, a costringerlo a rifugiarsi nel garage per evitare gli incontri.
E più lui fuggiva e più lei alzava il tiro. Il 14 febbraio del 2002 si è travestita, ha infilato un cappuccio e si è arrampicata sul suo balcone per lasciargli un bigliettino pieno di frasi dolcissime. Voleva, a ogni costo, che anche per lei fosse il giorno di San Valentino.

Amore o follia? «Lo stalking è una chiave di lettura di tante situazioni diverse». Il professor Paolo Curci schiva la domanda. Ordinario di psichiatria all'università di Modena e Reggio Emilia, è un esperto di questi comportamenti che vengono riassunti nel verbo inglese «to stalk», usato dai cacciatori quando vogliono dire braccare, fare la posta.
E se il fenomeno dello stalking in America, Australia, Inghilterra è quantificato e penalmente perseguito, in Italia magistrati e forze dell'ordine fanno ancora fatica a riconoscere e contenere quella a cui il professor Curci e la sua équipe hanno dato un nome italiano: cioè sindrome delle molestie assillanti.
Tema del documentatissimo saggio appena pubblicato da Bollati Boringhieri e scritto da Curci insieme con i ricercatori Gian Maria Galeazzi e Cesare Secchi.


MA LA LEGGE È INADEGUATA

To stalk: dall'inglese fare la posta, braccare, pedinare.
Si calcola che negli Stati Uniti, ogni anno, almeno un milione e 400 mila persone siano «preda» di molestatori, cioè stalker, che assillano le loro vittime con telefonate, appostamenti, invasioni della privacy. E molto spesso questo tipo di molestie sfocia in aggressione e violenza fisica.
Secondo il primo studio europeo sull'argomento (condotto nel 2000 dal British Home Office) l'11,8% degli adulti con più di 16 anni ha subito attenzioni insistenti e indesiderate.
Gli stalker sono per lo più uomini (81%), mentre le prede sono in prevalenza donne (73%), in particolare le giovanissime sotto i 20 anni e senza un partner stabile.
La maggior parte delle vittime è tormentata da persone conosciute: nel 29% dei casi dopo una relazione affettiva, nel 32% da parte di conoscenti. Nel 34% lo stalker è uno sconosciuto.
La legislazione italiana è inadeguata ad affrontare questo tipo di reato e per i casi di stalking viene applicato l'articolo 660 del Codice penale che sanziona le molestie e i disturbi causati a una persona in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero con il telefono, per petulanza o per «altro biasimevole motivo».
Fonte: La sindrome delle molestie assillanti (Stalking), di Paolo Curci, Gian Maria Galeazzi e Cesare Secchi (Bollati Boringhieri)