domenica 11 aprile 2004

il sacro Graal

La Stampa Tuttolibri 10 Aprile 2004
Nella trappola del sacro Graal

HIMMLER APPREZZO’ LA SUA «CROCIATA», IL VISIONARIO
AUTORE SEMBRAVA DESTINATO A UNA VITA DI ONORI, MA UNA
DEBOLEZZA LO TRADI’, FORSE FAVORENDONE IL RISCATTO
«Il mito che uccide» di Mario Baudino
La storia di Otto Rahn, che negli Anni Trenta
si trasferì in Linguadoca a cercare il tesoro dei
Catari, l’impresa si inserisce in un clima di esoterismo
e occultismo che contagia, insieme ai ciarlatani, gli ambienti intellettuali
di Germania e di Francia
di Lorenzo Mondo


APRI "Il mito che uccide" di Mario Baudino e, dati i precedenti dell'autore (nel romanzo, nella poesia), pensi di trovarti davanti a un libro d'invenzione: una idea confortata dalla presa immediata del tema, dall'affacciarsi di un protagonista che sembra nascere da una forte, e sia pure torbida, immaginazione. Indulgendo all'equivoco, immagini a tua volta che potrebbe trattarsi della ricognizione critico-narrativa sul testo di uno scrittore accertato. E invece l'indagine di Baudino si esercita su una storia vera che, nota agli specialisti, appare pressoché incredibile, da evocare il demonismo di un Dostoevskij o di un Conrad.
Otto Rahn è un laureato in romanistica che, piegando la filologia alla fantasticheria, fra il 1930 e il 1932 si trasferisce in Linguadoca a cercare il tesoro dei Catari. E' voce infatti che gli ultimi eretici asserragliati sulla vetta di Montségur, prima di arrendersi ai Crociati e affrontare il rogo, lo avessero nascosto nelle caverne dei dintorni. L'impresa di Rahn si inserisce in un clima diffuso di esoterismo e occultismo che contagia, insieme ai ciarlatani correnti, gli ambienti intellettuali di Germania e di Francia. Lui che pretende di appartenere a una schiatta di pagani e di eretici, vuole rivendicare la memoria dei Catari, celebrare una cultura libertaria e tollerante sopraffatta brutalmente dalle forze congiunte del Papato e del Re di Francia. Ma questo "equilibrista del mito e della letteratura" si abbandona a un azzardato cortocircuito. Basandosi su presunti indizi che rinviene in un famoso poema di Wolfram von Eschenbach, Parzival, attribuisce alla Linguadoca una eredità germanica. I Catari diventano per lui i custodi del leggendario Graal, si ricollegano addirittura a Goti, Burgundi, Vandali, a una razza umiliata dai conquistatori romani e dagli inquisitori papali.
Alle falde di Montségur non troverà il tesoro, ma il pretesto di un libro visionario, La Crociata contro il Graal che, oltre a procurargli qualche notorietà e risolvere momentaneamente il suo cronico bisogno di denaro, farà scattare, al ritorno in patria, una trappola infernale. Il suo libro è apprezzato da Heinrich Himmler, il sodale di Hitler, che sogna di ricondurre la Germania nazificata alle sue origini ariane e pagane. Rahn, al quale viene concessa la divisa delle SS, si trova investito di delicate e stravaganti missioni, tra ricerche genealogiche e scavi archeologici in Islanda. Il potente protettore gli commissiona un libro più oltranzista e decisamente razzista, La corte di Lucifero. Rahn sembra ormai destinato a una vita di agi e onori. Ma è una debolezza a tradirlo, forse in qualche misura a riscattarlo. Punito per alcolismo, è costretto a prestare un "servizio di disciplina" a Dachau. Una esperienza di guardiano ripetuta per qualche mese a Buchenwald all'indomani della "Notte dei cristalli". Sembra (tutto appare incerto e lacunoso nella sua vita persa) che sia rimasto sconvolto dalle atrocità perpetrate contro gli ebrei nel famigerato campo. E' certa invece la sua richiesta di dimissioni dal corpo delle SS. Che viene accettata, quando è appena morto. E' accaduto nel marzo del 1939, sulle montagne del Tirolo, in un giorno di bufera e in circostanze misteriose. L'ipotesi più accreditata da testimoni e studiosi è che sia stato costretto al suicidio.
Si conclude così la sua confusa, sinistra e paradossale parabola, nella più fonda disperazione per avere contratto un patto col Diavolo, l'ingannatore. Mosso in origine dal desiderio di rendere giustizia ai Catari, alla loro mitezza, aveva finito per "consegnarli" al nazismo, per farli complici delle sue nefandezze.
E' questo il filo di una trama ideale sottesa al racconto, che Baudino conduce alla brava, ricorrendo a tutte le possibili fonti, convocando testimoni diretti e indiretti, anche di gran nome: Denis de Rougemont e Adolf Frisé (lo "scopritore" di Musil), Julius Evola e Henry Miller... Una storia apparentemente marginale, che avvicina tuttavia al cuore di un mondo terrificante per inaudita crudeltà e follia, che appartiene appena al nostro barbarico ieri.