I super sviluppati
Vecchia agricoltura e boom di telefonini. Ecco come la Cina sta scalando la modernità, bruciando tutte le tappe. Le Olimpiadi del 2008 il nuovo biglietto da visita della repubblica popolare per le "ex" potenze occidentali
L’Italia scopre la Cina
di Federico Masini
Sembra finalmente che l’Italia abbia scoperto la Cina. Dopo anni di reticenza, di sporadici articoli di “grandi firme” sui quotidiani italiani o peggio ancora fugaci passaggi televisivi di giornalisti improvvisati, come accadde durante la crisi della SARS lo scorso anno, quotidiani, inserti settimanali, periodici e perfino i canali della televisione di stato, stanno iniziando a pubblicare con regolarità notizie sulla Cina, come forse non era mai accaduto in precedenza. A che cosa si deve questo improvviso, quanto tardivo interesse per la Cina? Perché la Cina adesso fa notizia?
Dopo decenni in cui la paura del crescente sviluppo cinese era stata esorcizzata con il totale disinteresse da parte del mondo politico e cultuale italiano, in primavera, in particolare dopo la visita a Roma del primo ministro cinese Wen Jiabao, si è assistito ad un pullulare di articoli sulla Cina, dedicati in primo luogo allo stupefacente sviluppo economico cinese. Lo sconcerto quindi ha lasciato il posto all’interesse, principalmente economico, del nostro paese verso il più grande mercato in espansione. Ormai da più parti si afferma che la ripresa economica degli USA dipende dall’effetto traino del gigante asiatico e la speranza che questa tocchi anche l’Europa dipende dalla nostra capacità di sfruttare le opportunità offerte dal mercato cinese. Dopo i primi articoli nei quali i nostri corrispondenti dalla Cina si sono affrettati a celebrare, o stigmatizzare, come il fenomeno della globalizzazione sia arrivato anche in Cina, a lungo andare anch’essi sembrano scoprire come la realtà cinese male si presta a facili generalizzazioni: Pechino e Shanghai pullulano di MacDonald e Kentucky Fried Chicken, le loro strade sono intasate di Audi, ma basta fare due ore di treno fuori da quelle città per scoprire come ci siano ancora contadini che trascinano a spalla l’aratro, sarchiando aride e ingrate terre. Cos’è la Cina? Il paese dove si vendono più cellulari al mondo o il continente agricolo più vasto al mondo. Anche noi finalmente ci accorgiamo come la Cina possa essere una realtà composita, fatta di contraddizioni e sperequazioni, come molti altri paesi al mondo, incluso il nostro.
Ciò che caratterizza meglio l’attuale fase che sta vivendo la Cina, e che credo si possa ben adattare a tutto il paese, è il dinamismo e la voglia di cambiamento: i cinesi hanno scoperto la possibilità di cambiare, tutto cambia in continuazione e con una rapidità a noi sconosciuta; cambia il paesaggio urbano: ovunque nelle città grandi o piccole nascono nuovi grattacieli e nelle campagne sorgono nuove costruzioni; cambiano le abitudini alimentari della popolazione: a Pechino o Shanghai si susseguono le mode culinarie, oggi sorgono ristoranti di “collo di anatra”, laddove sei mesi prima erano stati aperti negozi che vendevano “astice in salsa rossa”; la gente cambia lavoro o casa con una velocità impressionante: ovunque si vedono traslochi e spostamenti di mobili; le edicole ospitano ogni giorno giornali o riviste nuove, per lo più destinate a vita breve; le librerie tengono negli scaffali i volumi solo poche settimane, subito sostituiti da altri diversi e più nuovi. Tutto sembra cambiare con una rapidità impressionante, come se si assistesse al desiderio di rifarsi, in pochi lustri, di decenni di immobilità e stasi sociale e politica.
A giudicare dai resoconti dei commentatori nostrani, la Cina sembra cambiare solo nella sua realtà economica e sociale, ma non in quella politica; sembra che si attenda soltanto che la democrazia ed il suffragio universale possano un giorno giungere anche in Cina, per risolvere d’incanto tutti i suoi i problemi. In realtà anche la politica cinese cambia, anche se ad una velocità più ridotta: i governanti sembrano ora alternarsi in modo quasi indolore; come accaduto questa settimana, quando Jiang Zemin - già segretario del partito a Shanghai durante i fatti di Tian’anmen del 4 giugno 1989, richiamato a Pechino da Deng Xiaoping per sostituire il destituito Segretario del Partito Zhao Ziyang – si è finalmente fatto da parte, lasciando anche la sua ultima carica, quella di Presidente della Commissione Militare Centrale. Egli ha assicurato così una completa transizione verso una nuova generazione di governanti, conoscitori delle dinamiche internazionali, capaci di far crescere la posizione politica della Cina nel panorama internazionale, facendole giocare un ruolo nuovo, sia nella politica multilaterale dei consessi internazionali, sia rafforzando i legami con la Russia, nel tentativo di liberare lo scenario internazionale dal dominio americano.
La percezione del cambiamento è così forte che un viaggiatore, che avesse la fortuna di visitare la Cina, con gli occhi di due bambine, come è capitato a me questa estate, si renderebbe conto di quanto la Cina dei centri urbani possa sembrare il paese dei balocchi. Appena abbandonato il circuito dei grandi alberghi di lusso, i bambini occidentali, soprattutto se dagli colori cerulei, sono ancora visti come uno straordinario evento: ovunque, nei parchi come nei grandi magazzini, la gente si affolla per fermarli e poter scattare con loro una foto ricordo: famiglie intere li circondano nel desiderio di avere un’immagine dei fanciulli stranieri da riportare a casa, per mostrare agli amici il volto del biondo occidente. Un signore mi ferma per strada e mi chiede come ho fatto ad avere due figli, traduco alla prole la domanda, che le lascia basite; non sanno che avere due figli in Cina è il miglior status symbol, di ricchezza ed opulenza. Un vecchio amico mi viene a trovare con la sua fiammante Audi A6 con gli interni in pelle e, prima che io abbia modo di complimentarmi con lui, si affretta a far scendere dall’auto I suoi due figli, tanto vicini di età, da sembrare gemelli. Chiedo ad uno di loro se sono gemelli ed il padre raggiante mi risponde di no: è diventato così ricco da poter pagare la salatissima multa che gli ha permesso di tenere anche il secondo figlio. Perfino un tassista, uno di quegli autisti che guidano dodici ore al giorno, dividendo la macchina con un collega, in turni diurni o notturni, senza un giorno di riposo settimanale, si complimenta con me per la mia prole e mi dice raggiante che anche lui ha due figli e che ha potuto pagare la multa grazie al suo duro lavoro.
Nel desiderio di vedere quanto la Cina sia cambiata negli ultimi decenni, contatto i tanti amici, conosciuti oltre vent’anni fa, quando avevo vissuto in questa città come studente. Ritorno così nei posti della mia giovinezza: un lungo viale alberato, non completamente asfaltato, segnato ai bordi da un canale dove scorrevano le acque nere del quartiere, sovente dragato da un vecchietto maleodorante che raccoglieva I liquami per concimare gli attigui campi di verza. Quel viale è ora una autostrada a sei corsie per carreggiata, incrociato da una futuristica metropolitana sopraelevata. Provo a raccontare l’aspetto che aveva quel luogo solo vent’anni fai alle mie bambine che mi guardano stupite e mi chiedono con insistenza, se non avessi sbagliato posto. Andiamo poi a trovare un mio vecchio compagno di studi, che avevo salutato all’ingresso di un polveroso parco e del quale conservavo solo una sbiadita foto in bianco e nero, in cui eravamo entrambi ritratti vestiti “alla cinese” con scarpe di tela e casacca blu allacciata fino al collo. Ora è un uomo di successo, vive in una bella casa, con la colf, una contadina venuta dalla provincia. Mi parla a lungo della sua vita in questi decenni e il discorso cade, come spesso accade anche da noi, sull’educazione dei figli: la scuola, gli insegnati, le preoccupazioni per il futuro. La scuola dove va sua figlia Lulu è un’ottima scuola elementare, che si auspica possa consentire alla bambina di accedere ad una buona scuola media, che le schiuderà la possibilità di entrare in un buon liceo, da dove potrà partecipare al temutissimo esame statale per l’accesso all’università con qualche possibilità di successo. Come accadeva nell’antica Cina, l’accesso alle cariche dello stato, o alle grandi imprese statali o semiprivate, dipende infatti principalmente dalle scuole che si sono frequentate: le università cinesi sono rubricate in un rigido elenco nazionale, dalle prime della lista, Beida e Qinghua a Pechino, Fudan e Tongji a Shanghai, fino alle ultime arrivate nelle più sperdute campagne del profondo sud cinese. Il punteggio conseguito all’esame nazionale, che si svolge tutti gli anni ai primi di giugno contemporaneamente per oltre sette milioni di ragazzi appena usciti dalle scuole superiori, consente, secondo una rigida graduatoria, di accedere alle università. L’esame si svolge su quattro argomenti predefiniti a livello nazionale: politica, inglese, matematica e cinese. Pertanto, i genitori fin dai primi anni delle scuole elementari, costringono i piccoli allievi a subire corsi intensivi e di recupero, anche al di fuori del normale orario scolastico, spesso il sabato e la domenica, così da permettere agli alunni di essere competitivi nelle prove scolastiche. Poi, nel caso in cui ciò non fosse sufficiente, viene in aiuto il denaro: in modo ormai quasi istituzionalizzato i genitori infatti possono compensare I debiti formativi degli alunni versando ingenti somme agli insegnanti che in questo modo chiudono un occhio sulle manchevolezze degli scolari. Il sistema è così perverso, che il denaro sta diventando sempre più fattore discriminante per far progredire gli studenti nel curriculum scolastico. Accadeva così anche nell’antica Cina, dove la severità del sistema nazionale degli esami era accompagnata da un complesso sistema di retribuzioni in denaro che le famiglie versavano ad insegnati ed esaminatori per mantenere agli studi i propri rampolli e consentire loro di superare le varie prove concorsuali, che schiudevano loro, a quel tempo, la carriera mandarinale. Sotto questo riguardo la Cina sembra cambiata assai poco, tuttavia l’abnegazione nello studio, anche in un tale sistema di corruzione generalizzata, consente spesso ai più meritevoli di accedere alle migliori università del paese.
La scadenza annuale degli esami per l’accesso all’università è un momento così importante per tutto il paese, al punto che quest’anno è stata perfino spostata la visita a Pechino del Comitato Olimpico Internazionale poiché cadeva proprio durante la fatidica data delle prove per l’accesso all’università, quando tutta la Cina, dai ministri fino ai più modesti impiegati, si ferma per fornire assistenza ai propri figli che partecipano alle prove.
Altro argomento prediletto, in particolare dal popolo dei tassisti che affollano le strade di Pechino, sono le Olimpiadi del 2008, la grande occasione che la Cina è riuscita a costruirsi per imporsi definitivamente all’attenzione del mondo occidentale. Nell’agosto del 2008 tutto dovrà essere finito, le centinaia di grattacieli in costruzione dovranno essere terminati, le centinaia di migliaia di contadini, riconvertiti ai lavori edili, che si sono riversati nei cantieri della capitale, dovranno fare ritorno alle loro campagne, tutte le strade principali saranno asfaltate di fresco e la Cina intera tratterrà il respiro per evitare di inquinare ulteriormente l’aria della capitale. Il nuovo villaggio olimpico è già in fase avanzata di costruzione e tutto sembra così avanti nell’organizzazione che, se per un impossibile scherzo del destino, i giochi olimpici dovessero svolgersi con due anni di anticipo, questo non costituirebbe alcun problema. Le stesse Olimpiadi di Atene, viste a Pechino, erano presentate come una prova generale in vista del grande evento del 2008, chi aveva perso la medaglia veniva consolato in televisione con l’auspicio che potesse vincere a Pechino, chi invece l’aveva vinta veniva salutato con l’auspicio di ripetere l’impresa anche in Cina. La partita Italia-Cina di pallacanestro, trasmessa in diretta, è stata interrotta, poco sportivamente e senza preavviso, quando si è capito che l’Italia stava vincendo, e al suo posto è stata trasmessa a ripetizione la vincita della medaglia d’oro da parte di una mastodontica e mascolina sollevatrice di pesi.
La Cina si presenta così al viaggiatore più paziente come un mondo in tumulto, in continua lotta per il cambiamento, dove tuttavia restano saldi alcuni ferrei legami con il suo passato, comunista o addirittura imperiale: il sistema educativo, i riti della politica comunista, anche se leggermente snelliti e rielaborati, la sudditanza politica delle campagne nei confronti delle città, il controllo sui mezzi di informazione, ora liberi come mai nella storia millenaria della Cina, ma sempre impediti nella libera circolazione di idee e opinioni sui temi caldi quali il Tibet, i diritti umani, la pena di morte, la politica verso Taiwan, il connaturato ed atavico disinteresse dei cinesi per ogni questione attinente la religione, ecc. Questa miscela di cambiamento e conservazione rendono così la Cina, o meglio Pechino, un mondo ancora sconosciuto e così diverso dalla vecchia Europa, tanto da riuscire ad inumidire gli occhi perfino a due smaliziate bambine italiane sulla via del ritorno.