venerdì 9 aprile 2004

sul Corriere della Sera:
un articolo sulla libreria AMORE E PSICHE

Corriere della Sera 9.4.04
STORIE DI LIBRAI
«Amore e Psiche» qui, dove si sceglie
di PAOLO FALLAI


Chi l’ha detto che le soluzioni sono solo due? Che l’esperienza è bianca o nera? Che le librerie o sono supermercati spersonalizzati oppure piccole oasi volenterose, ma sfornite? A questi sapientoni che cercano di rifilarvi l’ultimo «aut aut» di una vita bicolore potete rispondere accompagnandoli in via Santa Caterina da Siena, al 61. Qui si respira insieme al «pulcin della Minerva», basta allungare una mano per toccare il Pantheon e se vi capita di cogliere un attimo di silenzio potete sentire il rumore di una delle grandi Feltrinelli. Eppure, entrando dentro «Amore e Psiche» si capisce che l’arcobaleno, oltre che sulla linea dell’orizzonte, certe volte abita in libreria. Qui vive e propaga benedetti bacilli di curiosità, un cenacolo di psichiatri, riunito intorno a Massimo Fagioli. È lui che ha ispirato la nascita di questa libreria, avvenuta il 12 aprile 1992, marcandone perfino le viscere e l’arredo: Caterina Calzini e Flavio Vitale si incaricarono di trovare linee e forme all’intuizione di un luogo di incontro, con «quattro passerelle a stella» un rincorrersi di archi e segni diagonali. Un centro che sfida la gravità, in tutti i sensi, offrendo una scelta accurata di volumi: dalla psichiatria all’arte, all’architettura, alla letteratura per ragazzi. Altro che «aut aut», altro che fiumi in piena dove bisogna avere una ciambella per non affogare tra i titoli. Qui si sceglie, eccome. Anzi i soci sono talmente attenti a questo aspetto che ogni mese si riuniscono, ognuno porta una proposta, ne legge una pagina, la argomenta e poi si vota. Aspetto tutt’altro che trascurabile per comprendere come certi titoli conquistano gli scaffali e altri non li troverete mai, neanche forzando la gentilezza di Lavinia, Stefania, Rosella e Ilaria che di «Amore e Psiche» si occupano. E solo qui, alla faccia dell’ordine alfabetico, si può trovare un pianoforte allestito con i libri sul sogno, con Freud, Calderon, Shakespeare e Tilde Giani Gallino: da Re Lear a «Quando ho imparato ad andare in bicicletta», tutto insieme, come nella vita.
pfallai@corriere.it


Libreria Amore e Psiche
via S.Caterina da Siena 61
tel. 06.6791580
Orario 10-20, chiusa lunedì mattina

Antonio Guidi:
«La legge Basaglia non si tocca»

Repubblica 9.4.04
Cernobbio, il sottosegretario difende la legge
Guidi: "La Basaglia non è in discussione"
"Pronto a dimettermi se si vuole cambiare"


CERNOBBIO - «La legge Basaglia non si tocca. Se venisse stravolta mi dimetterei. E chi nella maggioranza ha presentato progetti di cambiamento spacciandoli come disegni di legge del governo non s´illuda, non passeranno. Ci sono molte cose da fare: i manicomi criminali sono contro la Costituzione. Abbiamo elaborato le linee guida e ci confronteremo con le Regioni, per migliorare il sistema. A settembre apriremo un sportello al ministero dedicato a chi soffre di problemi psichiatrici». Così il sottosegretario alla Salute Antonio Guidi ha chiuso il Forum Sanità Futura a Cernobbio.
Nel 2002 è stato raggiunto l´obiettivo sognato nel '78 da Basaglia: negli ex ospedali psichiatrici i ricoverati sono passati dai 90 mila del 1963 a zero. Restano ancora 149 pazienti psichiatrici ospitati in 7 ospedali privati convenzionati. E nelle strutture residenziali vivono quasi 16mila persone che hanno vissuto la terribile esperienza dei manicomi. La tappa successiva è quella di potenziare i servizi sul territorio per le diagnosi precoci, gli interventi tempestivi per i disturbi mentali e recuperare i pazienti «dimenticati».

Marisa Malagoli Togliatti, psichiatra:
gli omicidi in famiglia non sono malattia mentale

Repubblica 9.4.04
LA PSICHIATRA
"Sono violenti per la perdita del dominio"
Identità fragili, non malati di mente
di MARIA STELLA CONTE


ROMA - Marisa Malagoli Togliatti, aumentano i casi di uomini che dopo la separazione uccidono le ex mogli, quando non i loro stessi figli, per vendetta. Pazzia, instabilità mentale, raptus... Di che si tratta?
«No, in generale direi che non si può parlare di raptus. Semmai di identità fragili, questo sì; ma - attenzione - non di malattia mentale. Sarebbe troppo facile. La separazione è un lutto che deve essere elaborato, richiede un percorso psicologico lento e delicato che fortunatamente, nella maggioranza dei casi, si compie. Quando questo non accade, possono esserci esplosioni di violenza anche a distanza di anni».
Però, e lo dicono anche i dati Eurispes, sono soprattutto i mariti a trasformarsi in assassini.
«Infatti. Allora dobbiamo partire da una riflessione che ci riporta un po´ indietro nel tempo per capire quel che succede ora: quando in Italia entra in vigore il divorzio, quasi contemporaneamente viene introdotto il nuovo diritto di famiglia: la donna quindi si trova, almeno formalmente, su un improvviso piano di parità giuridica, psicologica ed economica con l´uomo. Prima c´era la patria potestà, prima c´era il capofamiglia, prima c´era una gerarchia familiare rispettata anche dai figli; prima l´uomo si trovava in un ruolo di dominanza...».
Prima c´erano meno omicidi...
«Sì, ma c´era, tra le mura domestiche, una violenza che non usciva mai allo scoperto; una sofferenza che non trovava vie di fuga; c´era, per moltissime donne, una non-vita: non essendoci il divorzio, le loro erano esistenze congelate in storie, talvolta terrificanti, nelle quali l´uomo ribadiva il proprio ruolo egemone di padre e marito, la propria identità di maschio dominante. Un´identità di ruolo che negli anni Settanta viene messa i discussione in base a leggi che, appunto, proponevano una situazione più paritaria. Ma i tempi della legge non necessariamente coincidono con quelli umani. Così, nel momento in cui oggi una donna ha consapevolezza della cattiva qualità del rapporto coniugale può decidere, e di fatto decide più spesso lei di lui, di interrompere il matrimonio. Il che viene vissuto, da alcuni, come un gravissimo atto di insubordinazione: è proprio nei momenti di difficoltà che ci rifà ai modelli tradizionali, quelli dei propri padri».
Un atto di insubordinazione tale da meritare la morte?
«Per alcuni - e insisto, solo per una minoranza - essere lasciati è una ferita narcisistica grave e dunque, perdita di autostima. Per ritrovare la quale si compie un gesto estremo di violenza che ribadisce la predominanza del ruolo. Non a caso, anche se certo non solo per questo, in generale sono gli uomini quelli che più frequentemente si risposano; a differenza delle donne che hanno un più forte senso di identità».

le scelte culturali di Repubblica
Sica: un "reichiano" e "bioenergetico"

Repubblica 9.4.04
I SEGRETI DEL CORPO
intervista a Alexander Lowen analista "bioenergetico"

Il terapeuta a suo modo fa le veci del genitore
ci vuole metà della vita per diventare degli esperti
Allievo di Wilhelm Reich, lo studioso ha oggi novantaquattro anni ma lavora sempre
"Se un paziente si presenta nel mio studio lo osservo, lo guardo negli occhi, lo tocco, la parola viene dopo"
di LUCIANA SICA


«Non aspettare di essere morto per lasciarti andare. Lasciati andare ora»: è una battuta di una qualche laica saggezza che ama ripetere Alexander Lowen, il fondatore dell´analisi bioenergetica, un signore nato a New York da una coppia di immigrati ebrei nel 1910. Oggi vive in una villa di campagna del Connecticut ed è stupefacente come continui a curare pazienti e a formare allievi, nonostante i suoi tanti anni: il prossimo dicembre ne avrà novantaquattro.
Bioenergetica s´intitola uno dei suoi libri di maggiore successo, uscito in America nel 1975 e da noi per la prima volta vent´anni fa, che ora Feltrinelli ripubblica in un´edizione economica (pagg. 320, euro 9). E´ un libro che ha già venduto ventimila copie, e del resto anche altri saggi di Lowen - da Il narcisismo a Il linguaggio del corpo, a Amore e orgasmo - hanno conquistato un pubblico di lettori ampio. Un interesse piuttosto insolito per una produzione saggistica, e non solo di natura intellettuale se intanto, anche sul versante clinico, si vanno sempre più diffondendo le tecniche terapeutiche che si rifanno, seppure in forme diverse, ai modelli teorici di Lowen.
Modelli molto distanti dal celebre divano freudiano, da un´impostazione che tradizionalmente privilegia la parola e la tendenza a mentalizzare i conflitti. Qui l´attenzione si sposta e si concentra nettamente sul corpo, sulle sue posture, le tensioni, le rigidità, fino a certi blocchi muscolari che spesso producono malattia. Un corpo che non è vuoto, un puro contenitore, ma un "luogo" capace di esprimere l´identità, anche quella più profonda, di manifestare i segni più vistosi dell´Io come le tracce più sottili dell´Inconscio, non solo la coscienza ma anche la memoria di un passato più o meno felice, più o meno doloroso, in ogni caso mai sepolto una volta per tutte.
Lowen è stato allievo di Wilhelm Reich, di un genio per molti versi, ma dalla personalità disturbata se nella parte finale della sua vita identificava sé stesso con un messia e l´energia sessuale con Dio. Quando Reich confidò a Einstein che molta gente lo considerava pazzo: «Davvero non esito a crederlo», fu la risposta raggelante del padre della relatività che gli voltò le spalle. Famoso e discusso, il pioniere della "rivoluzione sessuale", tra i discepoli (della seconda generazione) più brillanti di Freud, l´autore di Psicologia di massa del fascismo non meritava comunque di morire a sessant´anni in un carcere, dov´era finito dopo un´invenzione effettivamente pazzesca, la famosa scatola di legno che avrebbe dovuto funzionare come un accumulatore di vigore erotico, una specie di paradiso racchiuso in una cabina.
È nell´autunno del ?40 che Lowen s´iscrive a un corso tenuto da Reich sull´analisi del carattere, e più precisamente sul legame tra la tensione muscolare cronica - definita body armor, armatura corporea - e la personalità nevrotica. Sono teorie nuove, eterodosse rispetto all´impalcatura complessiva del pensiero freudiano, e Lowen ne è così affascinato da intraprendere una terapia con Reich che durerà tre anni, dal ?42 al ?45.
I rapporti tra i due, mai davvero stretti e mai apertamente conflittuali, non saranno comunque destinati a un lungo idillio intellettuale: mentre Reich si allontana dall´analisi del carattere, preso dai suoi esperimenti sull´"orgone", Lowen prende le distanze dal suo antico mentore, si laurea in medicina a Ginevra, continua la sua formazione personale e nel 1956 fonda l´International Institute for Bioenergetic Analysis di New York.
Signor Lowen, che cosa deve a Reich?
«Gli devo molto. E´ stato il mio maestro e il mio terapeuta. Non il solo, ma non sarei dove sono oggi, se non ci fosse stato lui? Alla fine della sua vita, non ci stava più tanto con la testa, su questo non c´è dubbio. Ma succede ai geni, e secondo me anche oggi ci vorrebbe un pazzo per vedere la follia della nostra cultura».
Direbbe che l´analisi bioenergetica sia stata il frutto del suo lavoro con Reich?
«Reich rimane il punto di partenza, ma fondamentalmente la mia terapia è stato un viaggio di autoscoperta: ho sviluppato l´analisi bioenergetica per applicarla a me stesso prima che ai miei pazienti. In fondo i problemi che avvertivo non erano così diversi da quelli di tanti altri?».
Problemi risolti?
«Mai del tutto, ma progressivamente mi sono sentito sempre più in pace con me stesso».
Un buon risultato. Ma, per lei, è questo che vuol dire stare bene?
«Non proprio, o almeno non solo? Per me, stare bene vuol dire soprattutto avere un senso di vitalità e di allegria nel corpo, sentirsi a proprio agio. Ma per ottenere un risultato del genere, occorre un lavoro molto lungo, e a volte non basta l´intera vita».
La clinica bioenergetica ha la caratteristica di non basarsi esclusivamente sulla parola, ma di coinvolgere il corpo. Lei come risponde ai critici che non considerano "etico" toccare il paziente?
«La nostra è una terapia che ha la componente analitica verbale e il lavoro corporeo, e tende ad armonizzarli. Il terapeuta, per certi aspetti, rappresenta il sostituto di un genitore. Si può essere dei bravi genitori se si ha paura di toccare i propri figli? Io non lo credo, ma si può essere pessimi genitori, estremamente distruttivi, se toccare i figli assume connotazioni sessuali? Ecco, il terapeuta che non sa controllare il modo in cui tocca un paziente non dovrebbe mai farlo. Se i pazienti possono fidarsi di te, allora il contatto fisico non è una violazione della fiducia, se invece non possono fidarsi di te, non li toccare!».
Secondo lei, i terapeuti che fanno bioenergetica sono tutti ben formati e qualificati?
«Sfortunatamente no, non è così. Uno dei motivi è che ci vuole metà della vita per imparare come si fa la bioenergetica: non sono consentite improvvisazioni. Servono diverse esperienze che si acquisiscono lentamente, innanzitutto con il lavoro davvero interminabile su sé stessi, sui propri problemi? In ogni caso, non potrei mai convincere i miei detrattori, perché in realtà nelle loro critiche proiettano un´ansia profonda, procurata dall´idea stessa del contatto fisico».
Magari non tutti si sentono votati a una teologia del corpo, non crede?
«No, credo ci sia soprattutto una resistenza alla dimensione della corporeità? Per quanto mi riguarda, è importante parlare poco, quanto basta per capirsi, e concentrare gli sforzi sugli esercizi fisici, a cominciare dal modo in cui il paziente respira. È fondamentale che lo faccia correttamente, per il rapporto strettissimo che esiste tra le inibizioni psichiche e l´insufficienza delle funzioni respiratorie? Un paziente può raccontarmi la sua storia per anni, parlare a lungo delle sue difficoltà emotive, ma non è detto che comprenda mai quali siano realmente queste sue difficoltà, né che sia io a comprenderle, questo è il punto?».
Qualcuno sta male e si presenta nel suo studio. Lei che fa?
«Certamente non gli chiedo qual è il suo problema, non subito ad ogni modo. Osservo il suo corpo per capirne l´assetto, se è sano o malato, se è vivo e vibrante oppure no. È questo che faccio, durante la prima seduta. Quando viene da me, il paziente parla, e intanto io lo studio. Cerco di localizzare i suoi problemi guardando i suoi occhi, il viso, le spalle, o anche i piedi, il modo in cui stabiliscono il legame col suolo, con la terra, quella che noi chiamiamo grounding che è la base stessa della vita, come le radici per l´albero».
Ma perché tutta questa diffidenza per la parola, per il Logos che non sarà forse alla base della vita, ma certamente della nostra cultura, e non è poco, non le pare?
«La nostra cultura non ci ha reso né più sani né più felici, e comunque se fosse possibile cambiare profondamente le persone con le parole, lo farei senz´altro, ma ho visto che le parole non bastano a trasformare le persone. Se stai male, puoi parlare quanto vuoi, ma è il tuo corpo che dovrà cambiare, con un lavoro che richiede molto, molto tempo. Solo se la tua energia corporea è più viva e forte, allora sì, è possibile un cambiamento».
L´ultima domanda è anche personale, ne faccia quindi l´uso che crede? Da qualche tempo lei ha perso Leslie, la donna che ha sposato a 32 anni, a cui ha dedicato molti dei suoi lavori. Siete sempre stati insieme. Le chiedo: cosa sorregge un essere umano di fronte a un lutto così grave? Insomma, che possiamo fare quando siamo davvero preda del dolore?
«Possiamo piangere. Anzi, dobbiamo farlo tutte le volte che avvertiamo un dolore, sia fisico che spirituale, perché altrimenti non ci liberiamo neanche un po´ dall´angoscia, e nulla potrà rendere meno acuto il dolore. L´unico modo immediato che abbiamo per superare gli eventi tragici della vita è piangere, esprimere il sentimento della sofferenza, liberare la tensione che è in noi, aumentando l´energia del nostro corpo? Ma non voglio sfuggire all´aspetto personale della sua domanda: è stato difficilissimo elaborare la perdita di mia moglie, capire che non le avevo dato abbastanza amore e sostegno durante il nostro matrimonio. Il dolore permane, ma nello stesso tempo oggi mi sento più consapevole e riesco a lavorare meglio su di me, sui miei sentimenti».

LA SUA SCUOLA IN ITALIA
A META´ degli anni Settanta, Alexander Lowen ha fondato a Roma la Società italiana di analisi bioenergetica (Siab), che oggi conta su oltre 200 terapeuti, ha corsi di formazione nelle principali città, e dal ´98 è presieduta da Patrizia Moselli. La Società è stata riconosciuta come scuola di specializzazione post-laurea.