martedì 11 giugno 2013





























LA VIGNETTA DI STAINO COMPARE IN PRIMA PAGINA SULL'UNITÀ DI OGGI


L’astensione in tutto il Paese è stata del 51,5% e a Roma quasi del 55%.
A Roma abbiamo votato per Ignazio Marino in 664.490 donne e uomini sui 2.359.119 che avrebbero avuto diritto a farlo.
Il risultato per Marino rappresenta solo il 28% dei consensi delle elettrici e degli elettori romani.
Marino ha preso meno voti di quanti ne ebbe Rutelli quando perse contro Alemanno quattro anni fa...
Berlusconi ha perso catastroficamente a Roma e ovunque in Italia.
Ma Letta ha dichiarato - davvero genialmente! - che il risultato delle elezioni conferma il governo delle “larghe intese”...
Mah!

l’Unità 11.6.13
La democrazia malata
di Carlo Galli

su spogli

Repubblica 11.6.13 
L’amaca
di Michele Serra

Niente di personale contro Gianni Alemanno, ma che a Roma non ci sia più un sindaco che viene dal neofascismo è una notizia di rilievo mondiale. Roma — come New York, Parigi, Londra e pochissime altre — è città che appartiene al mondo, e non solamente alla nostra precaria e smemorata democrazia, che aveva riportato i saluti romani sugli scaloni del Campidoglio. Che a Treviso sia stato sindaco un figuro che inveiva contro “i negri” fa parte solo della miserabile (e anche ridicola) cronaca locale, e al di là del confine a nessuno poteva importare qualcosa. Ma Roma è Roma, e l’esito nero delle amministrative precedenti (dopo la ricandidatura suicida di Rutelli) è stata una delle catastrofi simboliche della sinistra italiana. Ora speriamo che Ignazio Marino, eletto da tanti dei pochi romani che sono andati a votare, non consenta al Pd di equivocare sul risultato, magari attribuendolo all'avvenuta digestione delle “larghe intese” da parte di un elettorato sempre prono. Marino era un candidato anomalo, poco partitico, molto irrequieto sul fronte della riforma della politica. Tenga duro perché adesso molti di quelli che persero Roma cinque anni fa cercheranno di attribuirsi il merito della sua vittoria.
il Fatto 11.6.13
Casse vuote urne vuote
di Antonio Padellaro

su spogli

il Fatto 11.6.13
Dinastie. Nel giorno della “cacciata”, la moglie finisce al Viminale con Alfano
Lacrime e casta, così saluta il sindaco
Fino all’ultimo Alemanno: licenziato lui, sistemata lei
di Fabrizio d’Esposito

su spogli

Corriere 11.6.13
La Chiesa pragmatica «Molto dipende da quello che farà»
Tarquinio: ha fatto un discorso misurato
di Aldo Cazzullo

su spogli

il Fatto 11.6.13
Disgusto e critica: gli italiani non votano
di Marco Palombi

su spogli
L’Huffington Post 10.6.13
L’astensionismo è forma di opposizione al sistema corrotto
di Carlo Patrignani

qui

il Fatto 11.6.13
Corazzieri e aiutanti di campo
Scusaci, Macaluso, se noi siamo liberi

Infastidito dall’esistenza di un giornale libero che impedisce all’inciucio Pdl-Pdl patrocinato dal suo santo protettore Napolitano di avere il 100% della stampa ai suoi piedi, Emanuele Macaluso accusa il Fatto, sulla fu Unità, di fare “il gioco sporco”. L’aiutante di campo ad honorem di Re Giorgio ce l’ha con Furio Colombo (che ha chiesto indietro il suo voto al Pd) e Barbara Spinelli (che osa farsi intervistare dal Fatto). Non capisce “perché Colombo parli a nome di 10 milioni di elettori del Pd” (forse perché i 10 milioni di elettori del Pd han votato contro B., sennò votavano Pdl). E non è stupito dal “fatto che i Grillo e i Travaglio giochino con le istituzioni. Stupisce invece che, con la loro storia di democratici moderati, giochino a cambiare le carte in tavola”. In realtà l’unica Carta cambiata è quella costituzionale, stravolta dall’idolo di Macaluso. Che, lui sì, gioca con le istituzioni per patrocinare l’inciucio salva-Silvio. Ma Macaluso vuole farci credere che Napolitano è rimasto sul Colle contro lo spirito e la prassi costituzionale per “sacrificio personale e senso del dovere”, per “salvare il salvabile”. E il governo Pdl-Pd non aveva “altre alternative” (sic) perché i 5Stelle han bocciato l’appetitosa offerta di un governo Bersani “col sostegno di pezzi del gruppo dei grillini”. Ecco: il Pd chiede ai 5Stelle che hanno appena vinto le elezioni se abbiano niente in contrario ad andare in “pezzi” e scilipotizzarsi per sostenere il monocolore di chi le elezioni le ha perse, e quelli non si eccitano neanche un po’. Che strana gente. Naturalmente Macaluso sa benissimo che l’alternativa c’era eccome. Specie con la candidatura Rodotà al Quirinale: bastava che il Pd lo votasse, e il governo sarebbe nato l’indomani, come dissero Grillo e la Lombardi. Ma per Macaluso “è una balla” perché “i franchi tiratori del Pd sarebbero stati 250”. E di chi è la colpa se il partito di centrosinistra non vuol saperne di votare un presidente di centrosinistra? Del Fatto.

il Fatto 11.6.13
Web. Rodotà e Boldrini contro gli insulti in Rete
su spogli













il Fatto 11.6.13
Sicilia, notte ai seggi Pdl disintegrato e grillini in picchiata
di Sandra Rizza

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La Stampa 11.6.13
M5S
Ieri l’assemblea a Montecitorio
Tregua dei dissidenti “Veniamoci incontro”
Ma i fuoriusciti avvertono: presto altri addii

L’obiettivo dei dialoganti è di ribaltare i rapporti di forza per mettere in minoranza i fedelissimi

di Andrea Malaguti
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Corriere 11.6.13
M5S
«Nuovi allontanamenti? Tutto è possibile»
Crimi: per la prima volta parliamo con chiarezza su alcuni atteggiamenti
di Emanuele Buzzi

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Repubblica 11.6.13
Tutti i perché del caso Italia
Un saggio curato da Ilvo Diamanti sul voto e sul fenomeno Grillo
di Sebastiano Messina

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Repubblica 11.6.13
Golpe contro la Costituzione
Obama non ha giustificazioni
di Daniel Ellsberg

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il Fatto 11.6.13
Iris: storie di cinema
Il genio di Antonioni non fu profeta in patria
di Patrizia Simonetti

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La Stampa 11.6.13
Norman Mailer
Il demonio esiste: dico sul serio
di John Freeman

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Corriere 11.6.13
Già la guerra civile di Atene «arruolava» i suoi storici
I fautori dell'oligarchia contro i partigiani democratici
di Paolo Mieli

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