mercoledì 23 ottobre 2013

QUESTO POMERIGGIO DAVANTI AL SENATO
CONTRO IL GOVERNO
PER LA COSTITUZIONE
PER LA DIFESA DELLA COSTITUZIONE !
CONTRO LA MODIFICA CHE IL GOVERNO LETTA ALFANO, CON UN PARLAMENTO DI "NOMINATI"
VUOLE APPORTARE OGGI ALL'ARTICOLO 138 DELLA CARTA

L'ASSOCIAZIONE PARTIGIANI INVITA TUTTI
AL PRESIDIO DAVANTI AL SENATO
QUESTO POMERIGGIO MERCOLEDI 23 A PARTIRE DALLE 17 !
LEGGI IL COMUNICATO STAMPA QUI DI SEGUITO E DIRETTAMENTE QUI


AI PRESIDENTI E SEGRETARI  DELLE SEZIONI DELL'ANPI PROVINCIALE DI ROMA
A TUTTI GLI ISCRITTI DELL'ANPI DI ROMA.
AI PARTITI, SINDACATI E MOVIMENTI.

L'ANPI indice un sit-in di protesta contro la modifica dell'Art. 138 della Costituzione, al momento della discussione in aula. La brusca accelerazione dei tempi d'approvazione ci costringe ad una convocazione certo tardiva.
Invitiamo pertanto tutti a partecipare e ad incentivare la massima partecipazione con striscioni, bandiere e simboli, a partire dalle ore 17.00 di mercoledì 23 ottebre p.v. davanti al Senato.

Comunicato Stampa. 
ANPI Roma: no alla modifica dell'art. 138 della Costituzione
L’ANPI di Roma e del Lazio, invita tutti a partecipare al presidio che si terrà mercoledì 23 ottobre dalle ore 17.00 davanti al Senato della Repubblica, per chiedere che non venga votata la proposta di modifica dell’Art. 138 della Costituzione.

L’ANPI è nettamente contrarietà ad ogni modifica dell’Art. 138 della Costituzione, alle progettate riforme che non siano coerenti con i princìpi della prima parte della Costituzione e con la stessa concezione che è alla base della struttura fondamentale della seconda. Netta è anche la contrarietà ai comitati di “saggi” costituiti all’esterno del Parlamento.
La difesa della Costituzione è uno dei compiti più importanti che la Storia abbia assegnato all’ANPI.
Per questo l’ANPI chiama a raccolta i democratici e gli antifascisti in nome della Costituzione nata dalla Resistenza, perchè sia difesa da ogni attacco e modifiche che non siano coerenti con la propria funzione originaria. Dobbiamo adoperarci perché resista ancora come l’unico faro capace di guidarci verso la costruzione di una vera cultura della democrazia e della legalità, perché questo nostro Stato ancora troppo debole e permeabile in alcune strutture, diventi quello Stato civile, democratico e antifascista che è disegnato dalla Costituzione e che è stato sognato dai Combattenti per la libertà.

Roma, 22 ottobre 2013

il Fatto 23.10.13
138, ultima chiamata al Pd: “Consentite il referendum sul ddl”
Oggi il Senato vota il testo che stravolge la Carta
Senza il sì dei 2/3 possibile la consultazione popolare
di Luca De Carolis

Assalto alla Carta, ultimo atto in Senato. Con un’unica, flebile incognita (o ancora di salvezza): il numero dei votanti. Oggi Palazzo Madama approverà in seconda lettura il ddl costituzionale 813-b, che stravolge l’articolo 138, la “valvola di sicurezza” della Carta, e affida a un comitato di 42 parlamentari il compito di riscrivere almeno metà della Costituzione. Cifre alla mano, non c’è partita: a favore della riforma voteranno i partiti di governo più Lega Nord e gruppi sparsi. Contrari, solo Cinque Stelle e Sel. Ovvero, 57 senatori su 321. Insomma, il ddl che spalanca le porte alla riforma presidenzialista passerà di certo a Palazzo Madama.
RIMANE una speranza: ossia, che il testo non venga approvato dai dei due terzi dei suoi componenti (214 voti), così da rendere possibile un referendum sul testo, impossibile in caso di approvazione con maggioranza “qualificata”. I firmatari del manifesto in difesa della Carta, “Via Maestra”, hanno rivolto un appello pubblico a tutti i senatori: “Permettete anche ai semplici cittadini di dire la loro, rendete possibile il referendum”. Parole indirizzate innanzitutto al Pd, il gruppo più ampio a palazzo Madama con 108 senatori. Lo scorso 11 luglio, in occasione del primo passaggio in Senato, i Democratici votarono compatti sì al ddl. Con due eccezioni: Walter Tocci e Silvana Amati, astenuti. “La nostra generazione ha dimostrato abbondantemente l’inadeguatezza al compito costituente, pensare che possa compierlo ora è un ardimento senza responsabilità” spiegò Tocci in aula. Oggi potrebbe votare contro, assieme ad Amati e a Corradino Mineo, che ha anticipato al Fatto il suo no al ddl. Le indiscrezioni parlano di altri 3 o 4 malpancisti, in bilico tra astensione e voto contrario. Complicato pensare che il fronte dei contrari possa allargarsi. Anche e soprattutto perché si voterà con scrutinio palese. “Ma di appelli e inviti di ripensarci sul 138 ce ne arrivano tanti” ammetteva ieri un senatore dem. Sullo sfondo, un’altra ipotetica via d’uscita: le assenze nel Pdl (91 senatori). La scorsa volta, il ddl passò con “soli” 204 sì (con meno dei 2/3, quindi) proprio per i vuoti nel centrodestra. Mancava uno su quattro, nel partito di Berlusconi, che però proprio in quel giorno aveva fissato un delicato ufficio di presidenza. Oggi di motivi per assentarsi non dovrebbero essercene . Mentre un senatore Pdl riflette: “Se falchi e colombe vogliono farsi i dispetti, difficile che lo facciano a voto palese sulle riforme”. È però evidente come il tema Costituzione non appassioni a destra. E poi, ci sono le fibrillazioni in Scelta Civica (20 senatori, prima della bufera ). Tirate le somme, il quorum dei 2/3 è ampiamente alla portata della maggioranza. Ma qualche intoppo è possibile. Alberto Airola (M5S): “Comunque vada, è evidente che si aggrappano a questa riforma per tirare avanti. Sono i partiti che vanno cambiati, non la Costituzione”. Oggi in aula si inizia con la replica del governo e le dichiarazioni di voto. Poi lo scrutinio. Chiusa la partita in Senato, ultimo passaggio alla Camera a dicembre. Dove l’assalto alla Carta potrebbe diventare legge.
Repubblica 23.10.13
Riforma costituzionale, voce ai cittadini
di Stefano Rodotà

So bene quanto sia difficile, oggi in Italia, una discussione ispirata a criteri di ragione e rispetto. È quel che sta accadendo per il tema della riforma della Costituzione. Ma questo non deve indurre a ritrarsi da una discussione che trova talora toni sgradevoli. Impone, invece, di fare ogni sforzo perché una questione davvero fondamentale possa essere affrontata in modo rispettoso dei dati di realtà e delle diverse posizioni in campo.
Quel che si sta discutendo è l’assetto futuro della Repubblica, l’equilibrio tra i poteri, lo spazio stesso della politica, dunque il rapporto tra istituzioni e società delineato dalla Costituzione, il patto al quale sono consegnate le ragioni del nostro stare insieme. Tuttavia, prima di affrontare questioni così impegnative, è necessario ristabilire alcune minime verità. Nell’affannosa ricerca di argomenti a difesa della strada verso la revisione costituzionale scelta da governo e maggioranza, infatti, si sta operando un vero e proprio stravolgimento della posizione di alcuni critici di questa scelta. Premono le ragioni della propaganda e così si alzano i toni, con una mossa rivelatrice dell’intima debolezza delle proprie ragioni. Spiace che in questa operazione si sia fatto coinvolgere lo stesso presidente del Consiglio, che non perde occasione per additare i critici come quelli che vogliono rendere impossibile la riduzione del numero dei parlamentari, l’uscita dal bicameralismo paritario, la riscrittura dello sciagurato titolo V della Costituzione sui rapporti tra Stato e Regioni.
Ripeto: questa è una assoluta distorsione della realtà. Fin dall’inizio di questa vicenda, di fronte al “cronoprogramma” del governo era stato indicato un cammino diverso, che sottolineava proprio la possibilità di una rapida approvazione di riforme per le quali esisteva già un vasto consenso sociale, appunto quelle ricordate prima. Se governo e Parlamento avessero subito seguito questa indicazione, è ragionevole ritenere che saremmo già a buon punto, vicini ad una dignitosa riscrittura di norme della Costituzione concordemente ritenute bisognose di modifiche. Come si sa, è stata scelta una strada diversa, tortuosa e pericolosa, con variegate investiture di gruppi di “saggi” e con l’abbandono della procedura di revisione indicata dall’articolo 138della Costituzione. I tempi si sono allungati e i contrasti si sono fatti più acuti.
Questo non è un dettaglio, come vorrebbero farlo apparire quelli che, con sufficienza, invitano a guardare al merito delle proposte e a non impigliarsi in questioni meramente procedurali. Quando si tratta di garanzie, la regola sulla procedura è tutto, dà la certezza che un obiettivo così impegnativo, come la revisione costituzionale, non venga piegato a esigenze strumentali, a logiche congiunturali. È proprio quello che sta avvenendo, sì che non è arbitrario ritenere che la strada scelta nasconda un altro proposito – quello di agganciare a riforme condivise anche una forzatura, riguardante il cambiamento della forma di governo.
È caricaturale, e improprio, descrivere la discussione attuale come un conflitto tra conservatori e innovatori. Si stanno confrontando, e non da oggi, due linee di riforma. Di fronte a quella scelta da governo e maggioranza non v’è un arroccamento cieco, un pregiudiziale no a qualsiasi cambiamento. Vi è una proposta diversa, che può essere così riassunta: rispetto della procedura dell’articolo 138, avvio immediato delle tre specifiche riforme già citate, mantenimento della forma di governo parlamentare rivista negli aspetti che appaiono più deboli.
Torniamo, allora, alle questioni più generali. Da alcuni anni si è istituita una relazione perversa traemergenza economica, impotenza politica e cambiamenti della Costituzione. Con una accelerazione violenta, e senza una vera discussione pubblica, nel 2012 è stata approvata una modifica dell’articolo 81 della Costituzione, prevedendo il pareggio di bilancio. Allora si chiese, invano, ai parlamentari di non approvare quella riforma con la maggioranza dei due terzi, per consentire di promuovere eventualmente un referendum su un cambiamento tanto profondo. La ragione era chiara. Si parla molto di coinvolgimento dei cittadini e si dimentica che quella maggioranza era stata prevista quando la legge elettorale era proporzionale, dando così garanzie in Parlamento che sono state fortemente ridotte dal passaggio al maggioritario. Oggi la stessa richiesta viene rivolta ai senatori che si accingono a votare in seconda lettura la modifica dell’articolo 138. Vi sarà tra loro un gruppo dotato di sensibilità istituzionale che accoglierà questo invito, affidando anche ai cittadini il giudizio sulla sospensione di una procedura di garanzia che altri, in futuro, potrebbero utilizzare invocando qualche diversa urgenza o emergenza? Non basta, infatti, aver previsto un referendum alla fine dell’iter della riforma finale, se rimane un dubbio sulla correttezza del modo in cui quel cammino è cominciato. La discussione sul merito delle proposte assume significato diverso se queste non alterano l’impianto costituzionale e sono già sorrette da consenso sociale, come quelle più volte citate, o se invece implicano un mutamento della forma di governo. Per quest’ultima, nella relazione del Comitato dei “saggi” sono state fatte due operazioni. In via generale, sono state legittimate tre ipotesi tra loro ben diverse. E poi si è indicata tra queste una sorta di mediazione, definita come “forma di governo parlamentare del Primo Ministro”, che in realtà introduce un presidenzialismo mascherato, costituzionalizzando l’indicazione sulla scheda del candidato premier e ridimensionando così il potere di nomina da parte del presidente della Repubblica e quello del Parlamento di dare la fiducia. Ha detto bene Gaetano Azzariti sottolineando che così si realizza «l’indebolimento della forma di governo parlamentare e il definitivo approdo in Costituzione delle pulsioni presidenziali». Una politica debole cerca così una scorciatoia efficientista attraverso un accentramento/ personalizzazione dei poteri e sembra rassegnarsi ad una crisi dei partiti che, incapaci di presentarsi come effettivi rappresentanti dei cittadini, non sono più in grado di cogliere la pienezza del ruolo dell’istituzione in cui sono presenti, il Parlamento, alterando così gli equilibri costituzionali.
Ma l’assunzione della logica dell’emergenza e della pura efficienza svuota lo spazio costituzionale di tutto ciò che si presenta come “incompatibile” con essa. I diritti fondamentali sono respinti sullo sfondo e si perde il loro più profondo significato, in cui si esprime non solo il riconoscimento della persona nella sua integralità, ma un limite alla discrezionalità politica che, soprattutto in tempi di risorse scarse, deve costruire le sue priorità partendo proprio dalla garanzia di quei diritti. Sbagliano quelli che, con una mossa infastidita, dichiarano l’irrilevanza della discussione sulle riforme di fronte ai bisogni reali delle persone. Questi vengono sacrificati proprio perché la politica ha perduto la sua dimensione costituzionale, e fa venir meno garanzie in nome di un’efficienza tutta da dimostrare, come accade per il lavoro. Se non si coglie questo nesso, rischiano d’essere vane anche le iniziative su questioni specifiche, e i lineamenti della Repubblica verranno stravolti assai più di quanto possa accadere con un mutamento della forma di governo.











il Fatto 23.10.13
Le “panzane” di Napolitano
di Fabrizio d’Esposito

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il Fatto 23.10.13
Il giurista Franco Cordero:
“Neapolitanus Rex ha instaurato una specie di monarchia”
“Addio riforme, la monarchia di Giorgio può finire”
intervista di Silvia Truzzi

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il Fatto 23.10.13
Lettere dal Quirinale. La terza in pochi mesi

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l’Unità 23.10.13
L’appuntamento
Anche Epifani alla Leopolda di Renzi

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il Fatto 23.10.13
Ma anche 2.0 Programmi per primarie Pd
Renzi, 18 pagine di ovvio. Civati: “Io suo vice? Sì”
di Andrea Scanzi

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il Fatto 23.10.13
Cuneo fiscale
La bugia di Letta: i 14 euro in busta paga annunciati dal suo governo
di Salvatore Cannavò

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Repubblica 23.10.13
Rischio stangata sulle prime abitazioni con il 2,5 per mille si paga il doppio dell’Imu
Addio detrazioni, la Tasi avrà un extra-costo di 100 euro nell’ipotesi peggiore
di Roberto Pietrini

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Sciopero, i sindacati a Letta: «Precipitosi? L’iter è iniziato...»
Camusso e Bonanni difendono la scelta: il premier ci incontri
di Massimo Franchi

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l’Unità 23.10.13
Ustica
Fu guerra nei cieli, ora il governo faccia la sua parte
«È dai militari che si debbono avere le prime risposte: sono loro a dover spiegare perché molte prove furono fatte sparire e non arrivarono ai giudici»
di Daria Bonfietti

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l’Unità 23.10.13
Massimo Livi Bacci
«Tre regole per dire basta alle traversate di morte»
Per lo studioso italiano di demografia l’immigrazione clandestina si può vincere costituendo «presidi» nei Paesi di transito del Mediterraneo
intervista di Umberto De Giovannangeli

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Corriere 23.10.13
Guerriglia al centro di accoglienza
L’audio: sparate ad altezza uomo
Auto bloccate e sassaiole. La polizia usa i lacrimogeni
di Felice Cavallaro

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Repubblica 23.10.13
Il retroscena
La Ue: stop ai respingimenti e regia comune per i soccorsi ma l’Italia blocca il piano
Polemica su Frontex. Il Viminale: no a cessioni di sovranità
di Andrea Bonanni

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il Fatto 23.10.13
Onorevoli?
Decadenza fa rima con trasparenza
di Bruno Tinti

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Repubblica 23.10.13
Il finto Termidoro
di Barbara Spinelli

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l’Unità 23.10.13
Grillo, dietro il Vaffa niente
di Michele Di Salvo

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il Fatto 23.10.13
L’ungherese si pente e se ne va. L’italiano si pente e torna vergine
di Alessandro Robecchi

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Repubblica 23.10.13
Libera la super terrorista dell’Eta shock e polemiche in Spagna
Ordine della Corte di Strasburgo: Madrid ha violato la legge
di Paolo G. Brera

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l’Unità 23.10.13
Le orecchie dei potenti
Troppo deboli in tecnologia. Così i potenti ci spiano
di Carlo Galli

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Repubblica 23.10.13
Il sociologo Touraine: “Questo spionaggio faccia scattare una battaglia per difendere i nostri principi”
“Europa reagisci, è in gioco la libertà”
"Mi fa paura l’idea che non ci siano più segreti
Gli Stati non rispondono a nessuna moralità, neppure la Francia, che si vanta di essere la culla dei diritti umani"
intervista di Anais Ginori

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l’Unità 23.10.13
Investire per risparmiare: l’esempio della salute mentale
risponde Luigi Cancrini

psichiatra e psicoterapeuta
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Corriere 23.10.13
Mutilazioni femminili, le vittime sono 125 milioni
di Paolo Valentino

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il Fatto 23.10.13
La vita agra di un traduttore
di Alessandra Benvenuto

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il Fatto 23.10.13
Celebrità
Pavese, Bianciardi e gli altri Quelli che ci sono passati
di Antonio Armano

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Repubblica 23.10.13
Il documento
Gli storici: “No a una legge sul negazionismo”

ROMA — Contro la legge che punisce il negazionismo si pronuncia anche la Sissco, la società che raccoglie gli storici contemporaneisti. In sintesi, il documento esprime una forte contrarietà alla proposta – ora in discussione al Senato – di modificare l’articolo 414 del codice penale per trasformare il negazionismo in reato. Gli storici chiedono che «una materia così delicata vengaaffrontata dal legislatore tutta insieme e in modo globale, non attraverso interventi parziali». E che il Senato «non accolga l’inserimento, già approvato dalla Commissione Giustizia, del comma secondo cui “la pena si applica a chiunque neghi l’esistenza di crimini di guerra o di genocidio o contro l’umanità”». Tale norma, aggiungono gli studiosi, risulta ambigua e di difficile attuazione.









Repubblica 23.10.13
“Fabriano città creativa”
Il riconoscimento dell’Unesco

ANCONA — Da ieri Fabriano è una “Città creativa dell’Unesco”. Il riconoscimento dell’organizzazione delle Nazioni Unite è stato ufficializzato dopo un lungo processo di candidatura «per la sua grande tradizione cartaria e per la sua creatività artigiana». Lanciato nel 2004, il Network delle Città Creative intende creare una sinergia tra varie città, offrendo agli operatori del settore una piattaforma internazionale «su cui convogliare l’energia creativa ». Nella fattispecie, l’obiettivo è anche quello di rilanciare lo sviluppo economico e sociale della comunità di Fabriano, una cittadina di 30 mila abitanti ricca di storia e tradizioni culturali (ha dato fra l’altro i natali al pittore Gentile da Fabriano), attualmente alle prese con una profonda crisi industriale legate al declino delle industrie elettrodomestiche.












Emergenza.net 23.10.13
Un laboratorio per band e cantautori: il nuovo corso di Tony Carnevale

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