mercoledì 27 aprile 2005

antidepressivi e ideazione suicidaria

una segnalazione di Andrea Ventura

EMEA - Agenzia Europea per i Medicinali
AIFA - Agenzia Italiana per il Farmaco
Comunicati del 25 Aprile 2005
Antidepressivi nei bambini e negli adolescenti

Il 21 Aprile 2005 l'EMEA ha concluso la valutazione sull'utilizzo nei bambini e negli adolescenti degli antidepressivi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina (SNRI).
La rivalutazione riguarda le specialità medicinali autorizzate in Italia, contenenti i seguenti principi attivi:
- Citalopram
- Duloxetina
- Escitalopram
- Fluoxetina
- Fluvoxamina
- Mianserina
- Mirtazapina
- Paroxetina
- Reboxetina
- Sertralina
- Venlafaxina
È stato concluso che il comportamento correlato al suicidio (tentativo di suicidio e ideazione suicidaria) e l'ostilita' (prevalentemente comportamento aggressivo, comportamento oppositivo e rabbia) sono stati osservati nelle sperimentazioni cliniche più frequentemente in bambini e adolescenti trattati con tali antidepressivi, rispetto a quelli che avevano ricevuto il placebo.
Pertanto tali medicinali NON devono essere utilizzati nei bambini e negli adolescenti, tranne che per le indicazioni espressamente approvate in tali fasce di età.

Per scaricare il documento ufficiale in italiano ed inglese clikkate qui: http://pdf.giofil.it/circopdf/anem00.pdf
Postato da archimede il 27.04.05 10:52


Il Pensiero Scientifico Editore martedì 26 aprile 2005
Attenzione agli antidepressivi per bambini

Attenzione alle prescrizioni di farmaci antidepressivi per bambini: in una nota successiva ad un convegno conclusosi lo scorso 21 aprile, l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMEA) presenta dei dati che chiariscono come alcuni tipi di antidepressivi che sono stati pensati per gli adulti vengano utilizzati, con troppa leggerezza, anche nei bambini con conseguenze estremamente gravi.
I farmaci in questione sono gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e gli inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina (SNRI); nel documento dell'EMEA si legge chiaramente che questi farmaci non devono essere somministrati in età pediatrica perché aumentano drammaticamente il rischio di potenziale comportamento suicidario.
Secondo l’EMEA, infatti, dagli studi di controllo portati avanti dall’agenzia è emerso chiaramente come in bambini e in adolescenti trattati con questi specifici antidepressivi il rischio di comportamenti legati al suicidio o di un comportamento aggressivo, oppositivo e rabbioso sia maggiore.
In realtà ci sono dei casi, seppur rari, in cui questo tipo di prescrizione si rende necessaria. Di fronte a questa eccezionalità il Comitato scientifico per i Prodotti Medicinali per Uso Umano consiglia ai medici di seguire accuratamente i piccoli pazienti soprattutto nelle fasi iniziali della terapia per rilevare l’eventuale insorgenza di comportamenti a rischio. Nel caso, però, ci siano bambini in cura non bisogna interrompere il trattamento senza aver prima ricevuto una consulenza da parte del medico curante. L'interruzione brusca del trattamento può causare sintomi da sospensione, talvolta anche gravi, tra i quali capogiro, disturbi del sonno e ansia. Non è mai raccomandabile un’interruzione brusca del trattamento ma piuttosto una diminuzione graduale della dose nel corso di varie settimane o mesi.
Il Comitato scientifico per i Prodotti Medicinali per Uso Umano dell’EMEA ha dunque lanciato l’allarme rivolgendosi esplicitamente ai genitori e ai medici: non prescrivere e non somministrare ai bambini questi prodotti tranne che in casi particolari e preferire sempre i farmaci che siano stati testati, in fase di approvazione, su pazienti in età pediatrica. I farmaci oggetto del contendere sono diffusi e approvati in tutta l’Unione Europea ma per il trattamento della depressione e dell’ansia negli adulti; ben diverso è il discorso quando si parla di pazienti pediatrici. Nessun organo di controllo, nè tanto meno l’EMEA, ha mai avallato l’utilizzo di questi medicinali nei bambini, eppure per un gravissimo caso di malcostume si è cominciato a prescrivere questi farmaci a bambini che dimostravano disturbo da deficit dell’attenzione o disturbo ossessivo-compulsivo.

il prof. Veronesi e il referendum

L'Unità 27 Aprile 2005
Veronesi: «Diritti delle donne e ricerca, ecco i miei 4 Sì»
«Una legge ingiusta e disumana»
FECONDAZIONE salute e ricerca
Luca Landò
Dalla sterilità all’aborto, fino alla libertà
di ricerca: intervista all’ex ministro della
Salute testimonial della campagna dei Ds
e dei referendari: «Una legge sbagliata»

«L’obbligo di impianto di 3 ovuli fecondati?
Se attecchiscono tutti finirebbero per stare
ammassati, danneggiandosi l’un l’altro. Così
si finisce col condannare proprio l’embrione»
MILANO È una legge devastante, come quei proiettili che si spezzano e si dividono, distruggendo tanti organi in un colpo solo. Una legge che con la scusa di combattere il Far West si infila nel corpo della società rimbalzando pericolosamente tra etica, scienza e diritti.
Umberto Veronesi non ha dubbi: quella sulla procreazione assistita è una legge medievale (la definizione è del New York Times) «perché impone obblighi antichi». E il 12 giugno voterà sì, anzi quattro volte sì.

Proprio per questo l’ex ministro della Salute ha accettato di diventare testimonial della campagna promossa dai Ds e dal Comitato per il referendum.
«Bisogna spiegare a chiunque, a tutti quelli che incontriamo, ci ascoltano, ci leggono, che bisogna votare e far votare contro questa legge sbagliata. E piena di contraddizioni».
Ad esempio?
«Prendiamo l’articolo che vieta il congelamento degli embrioni e impone che tutte le cellule fecondate, fino a un massimo di tre, siano impiantate nell’utero. È un controsenso. Perché se tutti gli embrioni impiantati attecchiscono, si ha una gravidanza trigemellare creando un problema per la donna e mettendo a repentaglio la salute dei futuri feti i quali, per banali motivi geometrici, di spazio, rischieranno di non vedere mai la luce. Se invece, come auspicabile, ne attecchisce una solo significa che gli altri due muoiono, che è proprio quello che la legge non vuole. Perché è una legge che va contro se stessa: dice di voler proteggere l’ovulo fecondato ma, imponendo di impiantarli tutti e tre (perché non ammette il loro congelamento) finisce per condannarne a morte uno o due. E dire che basterebbe applicare la norma dettata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità la quale dice di inserire nell’utero un solo ovulo fecondato per volta, mentre gli altri devono essere messi da parte in modo da venir utilizzati se il primo non attecchisce».
La seconda contraddizione?
«Riguarda la diagnosi preimpianto la quale, dal punto di vista medico - ma anche logico o del semplice buon senso - non è altro che l’anticipazione di quella diagnosi prenatale che viene effettuata frequentemente in gravidanza. Bene, in Italia oggi ci troviamo nella situazione, davvero singolare, che è possibile verificare la salute del feto all’interno della madre, ma non quella dell’embrione nella provetta. E non è finita. La legge 194 dice che, in presenza di malattie genetiche è possibile interrompere la gravidanza ricorrendo all’aborto. Che è poi quello che avviene da anni nei Paesi europei. Una recente indagine dice che in Europa l’89% delle donne preferisce ricorrere all’aborto se l’esito dell’amniocentesi rivela che il feto è affetto da sindrome di Down. Ora, visto che stiamo parlando di fecondazione assistita e che esistono le tecniche di diagnosi embrionale, perché dover aspettare la formazione del feto? Perché ricorrere a un aborto quando basta decidere di non impiantare l’embrione che presenta un danno genetico?».
A questo proposito c’è un aspetto ancora più singolare. La legge dice espressamente che possono ricorrere alla fecondazione assistita solo le coppie con problemi di sterilità escludendo in tal modo quelle, fertili, dove esiste alta probabilità di trasmettere ai propri figli una malattia genetica.
«È una scelta ingiusta. In Italia ogni anno nascono 30mila bambini affetti da malattie dovute a difetti genetici, molte delle quali gravi. La fecondazione assistita e la diagnosi preimpianto potrebbero ridurre di molto quel numero».
E la terza contraddizione?
«Riguarda i 31mila embrioni attualmente congelati e conservati nei vari laboratori italiani, frutto dell’attività degli anni passati. La nuova legge non dice nulla in proposito: sai solo che non li puoi sopprimere e non li puoi utilizzare per scopi di ricerca. Il risultato è che vengono lasciati rinchiusi nei freezer dove comunque sono destinati, prima o poi, a morire. Anche qui il buon senso dice che piuttosto che dimenticarli e lasciarli finire nel nulla sia meglio destinarli alla ricerca».
Che è poi quello che ha sostenuto venerdì l’Accademia dei Lincei con un documento che non lascia dubbi.
«Teniamo presente che uno dei settori più promettenti della ricerca biologica e medica riguarda le staminali di origine embrionale, cellule molto versatili, si chiamano totipotenti, con la caratteristica davvero unica di potersi trasformare in qualunque altro tipo di cellula: in questo modo potrebbero rappresentare la soluzione ideale per quelle malattie degenerative come il morbo di Parkinson o l’Alzheimer andando a rimpiazzare le cellule danneggiate. È un filone di ricerca fondamentale: perché ignorarlo con tanta determinazione?».
Esiste una possibile applicazione anche in campo oncologico?
«Non direttamente, anche se le staminali potrebbero rappresentare la via per ricostituire le cellule del midollo danneggiate dopo una chemioterapia o una radioterapia. Il modo in cui la legge 40 influenza l’oncologia è tuttavia un altro: non potere congelare l’embrione rappresenta un problema per le donne giovani affette da tumore, soprattutto adesso che le donne tendono a sposarsi sempre più tardi. Due generazioni fa era quasi normale avere figli tra i 18 e i 20 anni, una età dove il rischio di contrarre un tumore è molto basso; oggi il primo figlio arriva dai 25 ai 35 anni, spesso anche dopo, entrando in una età dove la comparsa tumorale è invece più frequente. Questo pone un problema nuovo, perché con la chemioterapia o la radioterapia si ha il rischio di indurre sterilità. Ebbene, prima della legge 40 questo problema veniva aggirato in maniera tutto sommato semplice: si prendevano gli ovuli della donna, li si fecondavano con il seme del marito e li si congelavano in attesa di poterli introdurre nell’utero nel caso le cure avessero danneggiato le ovaie. Con questa legge non è più possibile: la donna che ha avuto la sfortuna di ammalarsi e non è ancora diventata mamma potrebbe rinunciare per sempre a quello che io chiamo il suo progetto procreativo. Non importa che la scienza abbia trovato il modo di risolvere il problema: la legge, questa legge, non lo permette».

L'Unità 27 Aprile 2005
«Il 12 e 13 giugno diciamo Sì»:
l’appello di biologi e genetisti

ROMA «Ricerca e salute», ossia lo scopo della ricerca scientifica, la salute della persona umana che si ottiene mediante scoperta, comprensione, eliminazione e cura di malattie oggi incurabili. È il documento - il giorno dopo quello promosso dall’Accademia dei Lincei a favore della ricerca sulle cellule staminali - sulla rampa di lancio, di un centinaio di scienziati, biologi e genetisti soprattutto, tra i quali Umberto Veronesi, Edoardo Boncinelli, Alberto Piazza, Giulio Cossu, Carlo Alberto Redi, Antonino Forabosco, a favore del voto e quindi del «si» ai quattro quesiti referendari del 12 e 13 giugno contro la legge 40/2005 sulla procreazione medicalmente assistita. «La ricerca sulle cellule staminali embrionali, vietata oggi dalla legge 40, non può e non deve esser fermata - spiega Giulio Cossu, docente di Istologia all’Ateneo romano La Sapienza - per non impedirsi una possibile cura di tante malattie degenerative».

a Torino, per la Fiera del Libro
il sogno sarà il filo conduttore

APCOM 26.4.05
A TORINO LA FIERA DEL LIBRO, IL SOGNO NE È IL FILO CONDUTTORE
Dal 5 al 9 maggio al Lingotto la grande kermesse

Roma, 26 apr. (Apcom) - È il sogno il motivo conduttore dell'edizione 2005 della Fiera internazionale del libro di Torino. Dal 5 al 9 maggio gli spazi di Lingotto Fiere ospiteranno la più importante kermesse italiana dedicata al mondo del libro. Duecentotrentamila visitatori lo scorso anno, 30mila in più rispetto al 2003. Con l'ambizione, quest'anno, di battere il record con una manifestazione sempre più ricca e articolata, frequentata da centinaia di addetti ai lavori e dal grande pubblico. Sfida non da poco: da aprile 2006 a aprile 2007 Torino e Roma saranno le capitali mondiali del libro per l'Unesco.
(...)
"La scelta del sogno come motivo conduttore dell'edizione di quest'anno - spiega Ernesto Ferrero, direttore della Fiera del libro - nasce dalla volontà di scuotere la società, abituata a parlare di sogni soltanto in termini di marketing, incapace di pensare in grande e darsi una progettualità ardita e rigorosa". Via libera dunque alle elaborazioni profonde dell'inconscio, fin dall'antichità oggetto di una intensa attività interpretativa, fino alla concezione freudiana del sogno come specchio dell'interiorità.
Del sogno in letteratura parlerà l'italianista Daniela Marcheschi. Una doppia lettura dei sogni verrà offerta da studiosi di scuola freudiana e junghiana. Molto attesa anche la "lectio magistralis" di Remo Bodei sull'utopia. Ma si parlerà soprattutto del sogno come tensione progettuale, sfida, utopia realizzabile. Alcuni protagonisti della cultura contemporanea sono chiamati a raccontare i loro sogni, realizzati e no, le loro esperienze, le sfide che si stanno dando, così da disegnare una mappa della creatività artistica, letteraria e scientifica. Saranno presenti registi (Paolo Virzì, Davide Ferrario, Guido Chiesa), biologi (Edoardo Boncinelli e Alberto Piazza), matematici (Piergiorgio Odifreddi, Alberto Conte, Gabriele Lolli), fisici (Tullio Regge e Giorgio Parisi, con Enrico Bellone), famosi architetti, viaggiatori incalliti (Giuseppe Cederna, Enrico Brizzi, Mario Biondi), gastronomi e studiosi di "culture materiali" (Allan Bay, Lilia Zaouali, Anna Powar, Edoardo Raspelli) e scrittori-velisti come lo svedese Bjorn Larsson. Massimo Gramellini, in dialogo con il pubblico, si chiederà dove portano i sogni in un'epoca di grandi illusioni. Il dietologo Giorgio Calabrese parlerà del sogno di una alimentazione corretta.(...)

copyright @ 2005 APCOM

le donne per l'eguaglianza

Le Scienze 26.04.2005
Le donne collaborano meglio
Tendono a preferire norme più egualitarie e strutture meno gerarchiche


Quando si tratta di scegliere la leadership sul posto di lavoro, i gruppi formati principalmente da donne tendono a condividere di più i ruoli di comando rispetto ai gruppi dominati dagli uomini. Lo sostiene uno studio pubblicato sul numero di marzo della rivista "Group Dynamics: Theory, Research and Practice".
"Le donne - spiega Jennifer Berdahl dell'Università di Toronto - tendono a preferire norme egualitarie nei gruppi di lavoro, mentre gli uomini favoriscono le strutture gerarchiche. Questo, a sua volta, influenza il modo di lavorare insieme".
Berdhal e il collega Cameron Anderson dell'Università di New York hanno esaminato 169 studenti iscritti a un corso di comportamento organizzativo. Gli studenti sono stati divisi in tre tipi di gruppi: alcuni erano composti principalmente da uomini, altri da donne, e altri avevano un numero uguale di membri di ciascun sesso. Ogni gruppo ha scelto di studiare un'organizzazione, ha presentato una proposta al resto della classe e ha scritto una tesina, che è stata poi valutata dall'insegnante. Inoltre, ha dovuto rispondere a un questionario sulle proprie preferenze in fatto di strutture gerarchiche o egualitarie al proprio interno.
I ricercatori hanno scoperto che sia i gruppi dove predominavano gli uomini sia quelli dove predominavano le donne erano partiti con la leadership concentrata in una sola persona. Col passare del tempo, tuttavia, i gruppi con il maggior numero di donne sono diventati più egualitari, mentre quelli principalmente maschili hanno continuato a mantenere la struttura gerarchica. Inoltre, i gruppi con una leadership più centralizzata hanno ricevuto voti peggiori. "Quando si tratta di un progetto creativo, - conclude Berdahl - è importante assicurarsi che ciascuno abbia un'uguale possibilità di partecipazione".

© 1999 - 2005 Le Scienze S.p.A.

rendersi conto:
altri sedicenti psicoterapeuti

Alberto Zucconi e un convegno a Siracusa

Agenzia Radicale 27.4.05
Psicoterapia
Conversazione con Alberto Zucconi
di Maurizio Mottola

Si è svolto a Siracusa - da giovedì 21 a domenica 24 aprile 2005- il Secondo Congresso della Psicoterapia Italiana “L’implicito e l’esplicito in psicoterapia”, organizzato dalla Federazione Italiana delle Associazioni di Psicoterapia (FIAP), in collaborazione con il Coordinamento Nazionale delle Scuole di Psicoterapia (CNSP), con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Istruzione Università Ricerca (MIUR), del Ministero della Salute, dell’Ordine Nazionale degli Psicologi (ONP), della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO), della Società Italiana di Psichiatria (SIP) e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).
Allo psicologo Alberto Zucconi, segretario del Coordinamento Nazionale delle Scuole di Psicoterapia (CNSP), abbiamo chiesto:
Come si definiscono l’implicito e l’esplicito in psicoterapia?
Esplicito è tutto ciò che è capace di essere verbalizzato, l’implicito è preverbale poiché riguarda le capacità innate di relazione che non posseggono un linguaggio verbale per esprimersi.
La tematica del congresso di Siracusa sull’implicito e l’esplicito in psicoterapia si riferisce ad un fondamentale quesito: perché le persone cambiano in psicoterapia? I
n passato ampi settori della psicoterapia pensavano che il cambiamento psicoterapico fosse basato sulla promozione di conoscenze relazionali esplicite cioè rendere cosciente ed esplicitabile ciò che previamente non lo era.
Oggi alla luce delle ricerche psicobiologiche alcuni eminenti ricercatori e psicoterapeuti avanzano una ipotesi praticamente opposta alla precedente: Stern afferma che i bambini vengono impattati dagli adulti principalmente dagli aspetti impliciti della relazione e lo stesso avviene nella relazione psicoterapeutica. Lineahan, Gilbert, Liotti basandosi sulle ricerche sulle emozioni di Damasio e Panksepp sottolineano come alcune esperienze emozionali sono fondate su specifici circuiti celebrali e quindi dotate di una base innata, pre-verbale ed implicita e come ciò possa provocare incongruenze e disfunzioni nella regolazione delle emozioni qualora l’attribuzione di significati espliciti delle emozioni nelle relazioni interpersonali è divergente dal loro significato implicito.
Massimo Ammaniti, basandosi sui recenti sviluppi della ricerca sui bambini, della teoria dell’attaccamento e della ricerca neurobiologica propone una rivisitazione delle posizioni psicoanalitiche per il trattamento dei disturbi di personalità: i traumi vengono principalmente elaborati dalla memoria implicita e ciò offre indicazioni importanti per i trattamenti psicoterapici.
Se attualmente la psicoterapia sta assumendo la funzione di concreta risposta al disagio ed alla sofferenza dell’individuo, come mai nel servizio sanitario nazionale non è presente lo psicoterapeuta, previsto dalla normativa come dirigente di psicoterapia?
Ciò a mio avviso rientra nella tematica del nostro congresso: se noi rendessimo esplicita quella che è la costruzione sociale della realtà emergerebbe più chiaramente come in Italia si gestisce la maggiore risorsa naturale della nostra nazione, cioè i cittadini.
Le risorse finanziarie destinate per la promozione della salute e del benessere sono considerate erroneamente una spesa quando sono nelle parole e nei dati delle ricerche forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità un investimento. Promuovere efficacemente la salute ed il benessere dei cittadini significa promuovere la prosperità di una nazione.
Non è già alto in Italia il numero degli psicoterapeuti (rapporto 1 ogni 1.800 abitanti circa), per far sì che la psicoterapia non sia solo un titolo formativo ma anche una professione specifica e praticata?
Risponderò citando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che nel rapporto del 2004 sulla salute mentale sottolinea con allarme che attualmente nel mondo 450 milioni di persone soffrono di disturbi mentali, tale problematica è responsabile per la perdita del 13% degli anni di vita (DALYs) e tale perdita nelle condizioni attuali è destinata ad aumentare del 15% nei prossimi 15 anni. L’OMS afferma che è necessario tenere presente che la malattia mentale (che non include il mero malessere psicologico) è responsabile di un enorme peso per la società non solo in termini di sofferenza ma anche di perdite economiche e di concausa per numerose malattie fisiche.
Per questi motivi non ritengo troppo alto il numero degli psicoterapeuti in Italia ma troppo basso il livello dei servizi psicoterapeutici erogato sopratutto a quelle fasce della popolazione non abbiente, che non potendo ricorrere alle cure di psicoterapeuti privati si rivolge come è suo diritto al servizio sanitario nazionale, ove purtroppo, a causa della mancanza di fondi o della carenza del personale, spesso ricevono solo dei trattamenti farmacologici.
Per questo abbiamo raccolto le firme per una legge d’iniziativa popolare che garantisca anche nel pubblico i diritti dei cittadini che ne hanno bisogno a ricevere adeguate cure psicoterapiche.