venerdì 2 gennaio 2009

ULTIM'ORA:
Repubblica.it 2.1.09 ore 18.56
Liberazione: Grassi, entro gennaio il nuovo direttore

Entro gennaio il nuovo direttore e nel 2009 Liberazione dovrà reggersi sulle sue gambe, Rifondazione comunista non ha piu' soldi dopo aver fatto i conti con il buco di tre milioni e mezzo di euro del suo quotidiano nel 2008. Claudio Grassi, numero due del Prc e responsabile organizzazione, conferma le decisioni assunte dal Comitato politico nazionale, il 'parlamentino' del partito, e sottolinea: "C'è urgenza di intervenire in modo rigoroso. Andremo avanti con quanto è stato stabilito, non abbiamo alcuna intenzione di tornare indietro. Al 31 dicembre è stato revocato il Consiglio di amministrazione di Liberazione e tutti i poteri sono stati affidati al rappresentante legale del partito, il tesoriere Sergio Boccadutri", per altro esponente della minoranza di Vendola, "mentre per quel che riguarda la direzione politica del giornale abbiamo deciso di individuare un nuovo direttore". A prendere la decisione finale sarà la direzione del Prc, che con ogni probabilita' si terrà entro la metà di gennaio. "Il partito deve coprire - rileva Grassi - l'enorme buco del 2008 e le vendite hanno toccato il minimo storico, tra le 5 e le 6 mila copie. E poi, politicamente, non riteniamo giusto che il giornale, così cospicuamente finanziato dal partito, si faccia portavoce di una opzione alternativa a quella emersa all'ultimo congresso". Quanto alla vicenda dell'editore Bonaccorsi, Grassi chiarisce: "Non siamo stati noi a cercarlo. È lui che si è fatto vivo, avanzando una disponibilità. Noi non abbiamo deciso nulla, ma come tutti avrebbero fatto in una situazione del genere, abbiamo chiesto di andare a vedere se si tratta di una proposta concreta o meno. E d'altra parte non si capisce perché questo editore vada bene per la rivista di Bertinotti, mentre è uno scandalo se si interessa di Liberazione".

Repubblica 2.1.09
Ferrero: l'editore Bonaccorsi va bene quando fa la rivista di Bertinotti ma se tratto io con lui mi massacrano
"Liberazione costa e vende poco accusare Fagioli è schizofrenia"
"La cooperativa di giornalisti è una ipotesi, ma ci dicano come ripianare il buco"
di Umberto Rosso

ROMA - Segretario, e il suo viaggio in Palestina? Pure su quello si è sentito trattato male da Liberazione?
«No, no, hanno coperto bene. Laggiù c'è una situazione talmente grave. Però, non è mica una questione personale fra me e il giornale».
Paolo Ferrero, come segretario del partito, versus Sansonetti, direttore. Si arrabbia ancora ogni giorno aprendo il quotidiano?
«Certo capita. Però oggi, primo dell'anno, sono a sciare sul Bianco, tremila metri... ».
Ma la valanga sta per abbattersi sul direttore.
«Se mi trovano tre milioni e mezzo di euro sono pronto pure al passo indietro. Quello lì è il buco 2008 che il partito è chiamato a coprire. E non ce la facciamo più. Anche perché la minoranza gioca scientificamente allo sfascio».
Scissione vicina?
«Non so se la minoranza la voglia davvero: un quarto mini-partitino in nome dell'unità a sinistra? Boh. Comunque, io non caccio nessuno. Perché sono un vero democratico. Ma certo non mi suicido».
Il Prc non si scioglie.
«Ma certo che no. Tutti questi attacchi hanno in realtà anche la funzione di coprire porcherie, di subalternità al Pd. A Firenze i due consiglieri fuoriusciti hanno bocciato la commissione d'inchiesta sulla Fondiaria. In Calabria l'assessore ha ratificato il piano Gelmini».
Liberazione così non dura?
«La metto in un altro modo: quanto dura così il partito della Rifondazione comunista? Buttiamo dentro il giornale più quattrini che per le nostre iniziative politiche. È come l'Unità che andava trascinando nel baratro anche il Pci».
Coraggio, arrivano i nostri. L'editore Bonaccorsi, da lei stesso lanciato a sorpresa. Un kamikaze o uno che punta ai soldi pubblici dell'editoria?
«Qui voglio fare chiarezza. Perché il buco di tre milioni e mezzo è già al netto degli introiti per l'editoria, già calcolati in quel deficit. Non si possono perciò fare giochetti con i contributi, non mi pare aria di furbetti del quartierino».
Un kamikaze, allora?
«Un editore. Che rischia, perché intravede un mercato. Che esiste. Prima di Sansonetti del resto eravamo a diecimila copie. Ora circa a metà».
Ai vendoliani non piace. E Luxuria protesta perché teme un ritorno all'omofobia, sentite anche le parole di Massimo Fagioli.
«Che debbo rispondere, che siamo alla schizofrenia? Quanto è figo il guru Fagioli se Bertinotti va nella sua libreria "Amore e psiche" nientemeno ad aprire la campagna elettorale. Ma quanto è stronzo se invece incoraggia Bonaccorsi, che tratta con Ferrero per Liberazione. E non basta».
Che altro?
«Bonaccorsi è l'editore di "Alternative per il socialismo", la rivista di Bertinotti, bravissimo allora. Ha finanziato la riunione della minoranza, a Roma, a metà dicembre. Un grande. E fa "Left", punto di riferimento per i vendoliani. Eccezionale. Poi, ne parlo io, e patatrac, tutti questi stessi compagni mi massacrano. Stalinista. Affossatore del giornale. Imbroglione».
L'editore non ha presentato un piano.
«Perché siamo ancora nella fase della "manifestazione di interesse". Il piano arriverà presto, subito dopo le feste. Vedremo. Valuteremo. Insieme ad altre eventuali offerte».
C'è quella di Sansonetti: date il giornale ai giornalisti, con un comitato di garanti.
«Discuteremo anche dell'ipotesi cooperativa. Ma sempre che ci dicano anche come ripianare il buco».


Repubblica on line 1.1.09 ore 17.49
Liberazione: Sansonetti, darò battaglia. Bonaccorsi, hai perso

A contendersi 'Liberazione', quotidiano del Prc, due diverse generazioni: quella del '68, guidata dal 60enne Piero Sansonetti e quella che rifiuta il '68, pilotata dal 40enne Luca Bonaccorsi. "La mia battaglia la faro' fino in fondo: posso vincere o perdere, ma non mi tiro indietro e spero che Ferrero consideri l'offerta formulata da me e altri colleghi alla pari con quella di Bonaccorsi", dice Sansonetti. "Piero ha gia' perso, è l'unico che non se ne è ancora reso conto: la sua proposta d'acquisto? Come può essere credibile la proposta di risanamento fatta da chi ha portato Liberazione al disastro, a perdere 3,5 milioni di euro l'anno?", nota Bonaccorsi vicino sia a Fausto Bertinotti che a Massimo Fagioli. "Dietro di me non c'è nessun altro se non Luca Bonaccorsi - chiarisce - Ma non escludo che una volta risanato, il giornale non potrà divenire oggetto d'investimento da parte di altri imprenditori di sinistra". Ma è la 'presenza a distanza' di Fagioli ad aver scatenato un putiferio di critiche, in particolare di omofobia. "Ci tengo a chiarire che non ce l'ho con Fagioli, con lui ci sono molti punti in comune, lo ritengo infatti un interlocutore interessante: ci dividono e tanto temi come l'omosessualità il sesso, il rapporto uomo-donna - spiega Sansonetti - Quel che non accetto proprio è Fagioli editore: né lui né Bonaccorsi". Che respinge come 'falsa' l'accusa di 'omofobia': "alle molteplici manifestazioni di gay e lesbiche per i diritti civili cui ho partecipato - osserva Bonaccorsi - ho incontrato Fagioli, anche al gay-pride: come si vede l'accusa di omofobia è chiaramente fantasiosa, meglio, una plateale bugia". Rispetto, infine, alla maggioranza del Prc, "Ferrero nell'aprire ad un imprenditore dell'area bertinottiana - conclude Bonaccorsi - ha dimostrato una lungimiranza ed un atteggiamento democratico, di gran lunga superiore a quello di alcuni compagni storici i quali ossessionati dall'idea di perder le loro piccole aree d'influenza si scagliano contro di me".

Corriere della Sera 2.1.08
Risposta a Fagioli Dopo l'attacco al giornale di Sansonetti
Liberazione elogia «Grand Hotel»: svago per le classi meno abbienti
Il quotidiano prc: allo psicanalista fa schifo? Snob di sinistra
Il direttore: è stato lui a darmi botte. È un interlocutore interessante ma ci dividono temi come il sesso e l'omosessualità
di Lorenzo Salvia

La storia. La rivista settimanale «Grand Hotel» fu fondata nel 1946.
Oltre ai fotoromanzi prestava attenzione anche ai temi sociali
I vip. Grandi strilli in copertina, interviste ai vip e un'impaginazione vivace che punta sulla fotografia

ROMA — Liberazione è diventata come Grand Hotel.
Era stato lo psicanalista Massimo Fagioli ad azzardare il paragone tra il quotidiano di Rifondazione comunista e la vecchia rivista che ha portato il fotoromanzo in Italia. Uno schiaffo per accusare il quotidiano diretto da Piero Sansonetti di dare troppo spazio ai temi leggeri, a partire da Vladimir Luxuria e la sua partecipazione all'Isola
dei famosi. Non solo una curiosità visto che Fagioli è molto vicino a Luca Bonaccorsi, l'editore che sarebbe sul punto di acquistare proprio Liberazione ma che buona parte dei giornalisti non vuole, nel timore di una «normalizzazione » della linea politica e anche di una certa avversione al mondo gay. E infatti il giornale ha preso la palla al balzo per rispedire l'accusa al mittente con l'aggiunta degli interessi: «Grand Hotel fa schifo? Viva Grand Hotel!», titolava nell'ultimo numero dell'anno, aggiungendo: «Dietro le accuse di Fagioli al nostro giornale c'è il classico snobismo di alcuni intellettuali di sinistra».
Scrive Saverio Aversa che questi «pseudo intellettuali» sono gli «stessi che disprezzavano i film di Totò e quelli di Franco e Ciccio, oggi considerati esempi della più pregevole commedia all'italiana, per non parlare poi dei polizieschi con Maurizio Merli e con Tomas Milian o dei pecorecci con Edwige Fenech e Lino Banfi, oggi assurti ad autentica venerazione per i cultori del genere». Viva Grand Hotel, dunque, perché «era uno dei pochi strumenti di evasione e di sano svago per le classi meno abbienti che non potevano andare al teatro, all'opera e sognavano una vita meno dura e più romantica».
Fagioli attacca, Liberazione risponde: uno pari e palla al centro. Come nella polemica tra il direttore Sansonetti e l'editore in pectore Bonaccorsi, che lo vorrebbe sostituire e lo ha già paragonato a Riccardo Villari. Il botta e risposta fra i due va avanti da giorni e non si è fermato nemmeno ieri, dì di festa.
Insieme ad altri colleghi, il direttore Sansonetti ha dato al segretario di Rifondazione Paolo Ferrero la propria disponibilità ad acquistare la testata: «La mia battaglia - dice - la farò fino in fondo: posso vincere o perdere ma non mi tiro indietro e spero che Ferrero consideri l'offerta alla pari di quella di Bonaccorsi». Poi la replica a Fagioli che gli aveva dato del «bambino fermo al '68». «Non ce l'ho con lui — dice Sansonetti —, abbiamo diversi punti in comune e lo ritengo un interlocutore interessante. Ci dividono, e tanto, alcuni temi come l'omosessualità e il sesso, comunque è stato lui a darmi botte e non io».
La decisione sul futuro del giornale è nelle mani della segreteria di Rifondazione, che al momento ne è editore ma che ha già detto di non voler più farsi carico del debito accumulato negli ultimi tempi. L'altro sfidante, l'editore Bonaccorsi che ha già rilevato a suo tempo il settimanale Left, si dice sicuro di come andrà a finire: «Sansonetti ha già perso ed è l'unico che non se ne è ancora reso conto. La sua proposta di acquisto e risanamento non è credibile visto che è stato proprio lui a a portare Liberazione al disastro, con le perdite arrivate a 3,5 milioni di euro l'anno». Poi la difesa di Fagioli, a lui molto vicino: «Quella dell'omofobia è un'accusa del tutto fantasiosa. Ho incontrato Fagioli in moltissime manifestazioni per i diritti civili, come quella per i pacs, e anche nell'ultimo gay pride».


il Riformista 2.1.08
Caso Liberazione
Agonia Prc. A febbraio la scissione
di A.D.A.

Alfonso Gianni, fedelissimo di Fausto Bertinotti non usa perifrasi: «La situazione sta precipitando. Tutto va nel senso della scissione. La vicenda di Liberazione va al di là del bene e del male». Attorno al quotidiano di Rifondazione si sta giocando l'ultimo round. Riassumendo. Dopo che Paolo Ferrero ha chiesto mandato «esplorativo» per valutare l'offerta dell'editore di Left Luca Bonaccorsi, è stato azzerato il cda del giornale e sostituito con un consigliere unico. E ora? «Questa storia finisce in tribunale. Non si poteva azzerare il cda così» dicono ambienti di Liberazione.
Ma la guerra continua. Sansonetti ieri lanciato la sua sfida a Bonaccorsi (e a Ferrero): «Stiamo fondando una associazione giornalistica per rilevare il giornale. Spero che Ferrero consideri l'offerta». Replica (di Bonaccorsi): «Come può essere credibile la proposta di chi ha portato Liberazione al disastro?». Anche tra i fedelissimi del segretario di Rifondazione qualche perplessità le ultime uscite dell'aspirante editore le hanno suscitate. Per non parlare di quelle di Massimo Fagioli, ex guru bertinottiano - e vicino a Bonaccorsi - che ha dato del «matto» a Sansonetti e usato parole sferzanti verso Vendola: «Come si fa a essere gay, cattolici e comunisti?».
Comunque vada, in molti sono con un piede fuori dal partito. L'ex capogruppo Gennaro Migliore dice: «Ormai il partito è invivibile. Ferrero e i suoi, parafrasando Tacito, hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato Rifondazione. Loro sono ossessionati da Sansonetti e da noi. Io vorrei parlare di quello che sta succedendo nel paese». A febbraio gli uomini di Vendola annunciano una «uscita di massa» dal Prc. Direzione: un soggetto unitario con Sd e "chi ci sta" dei Verdi e del Pdci. Serve solo il tempo per radunare le truppe. Ma l'elaborazione del lutto è avvenuta: «Oramai - dice Gianni - il Prc viene percepito come un gruppetto che non è più in grado di interagire con la società».


Il Giornale 2.1.09
Compagni, ma è meglio trash o snob?
di Paolo Guzzanti

Regolamento dei conti nella sinistra. «Liberazione» insorge contro l’annunciato acquisto del quotidiano che potrebbe finire nelle mani di Luca Bonaccorsi, noto seguace di Massimo Fagioli. «Rifondazione ha bisogno di uno psicanalista, Liberazione no», si ribellano i dissacranti redattori in difesa del direttore. Anche gli angeli mangiano fagioli. Ma i comunisti no.

Come volevasi dimostrare. I nostri disperati appelli a Veltroni affinché costruisca una sinistra anziché un baraccone di umori e malumori, acquistano maggior peso grazie allo scontro fra lo psicoanalista Massimo Fagioli, comunista, e la redazione del quotidiano Liberazione, comunista ma - come si diceva trent’anni fa, fricchettone, cioè del genere di new left da anni Sessanta: un gran pieno di gay, letteratura popolaresca trash, robaccia di qualsiasi fattura e sapore e colore, purché in grado di dragare, acchiappare, alimentare un pubblico giovanile e autoreferente (cioè che vede soltanto quello che sa e sa quello che vede, in televisione), attaccato con il cordone ombelicale all’isola dei famosi e puttanate del genere, che oggi costituiscono il massimo comun denominatore del popolaresco.
Dice Fagioli: ci avete rotto le scatole con questo festival omosessuale (e subito arriva l’apriti cielo delle organizzazioni gay maschili e lesbiche), con questa tossicodipendenza televisiva, con questo rincorrere il peggio del peggio dell’immaginario collettivo mutuato dal peggio del peggio della televisione, parola più, parola meno.
Risponde Liberazione strappandosi i capelli: ma come!, noi siamo i giovani, noi abbiamo dato emozioni, noi abbiamo dato spazio a ciò che è realmente parte della realtà italiana e a noi ci hanno strarotto le scatole gli atteggiamenti snob degli intellettuali comunisti organici di una volta, che oggi riemergono con Fagioli, i quali vorrebbero mettere le mutande - metaforicamente parlando - alle statue. Fagioli sostiene di non poterne più di Vladimir Luxuria e del luxurismo smutandato e sguaiato, quelli rispondono dandogli del reazionario - una volta sarebbe partito l’insulto «togliattiano» - e così troviamo oggi la sinistra in stato di autosbranamento.
Dirò subito che, con tutte le riserve del caso, secondo me ha ragione Fagioli, ma al tempo stesso ha politicamente torto perché la piena del trash ha ormai invasato la sinistra italiana a causa del vuoto intellettuale pneumatico che essa esprime, e dunque è oggi veramente difficile chiudere la stalla dopo che i buoi del gramscismo se ne sono andati per altri pascoli.
Ma noi non ci mettiamo certamente a fare da arbitri in una tale diatriba e tuttavia non vogliamo rinunciare a leggere in questo conflitto fra Liberazione e Fagioli la radiografia del disastro della sinistra. Mi accusano spesso, alcuni lettori, di essere sempre di parte e attaccare comunque la sinistra italiana, il che è falso perché non faccio che ripetere che questo nostro disgraziato Paese dopo aver finalmente avuto una destra democratica di governo capace di raccogliere la maggioranza del consenso, non ha ancora una sinistra di pari sex appeal, ma anzi ha una sinistra che sembra che lo faccia apposta a disgustare il ceto medio dai cui orientamenti dipende ogni possibilità di vittoria.
Liberazione però esprime il nuovo che arretra, o il vecchissimo che avanza, perché si illude di recuperare consensi puntando sul trash, sul giovanile «sporco», su miti demenziali, su messaggi faciloni e mentecatti, su tutto ciò che è minimo, povero, popolare, diffuso, non importa quanto rozzo, immediato e privo di contatto con l’elaborazione di una politica e di una cultura.
Fagioli però a nostro parere esprime una vecchia insofferenza, perfettamente giustificata, ma di per sé perdente e strategicamente sterile. Dire che Luxuria ha veramente, profondamente strarotto le scatole, è sacrosanto, ma al tempo stesso ci sembra che manchi il messaggio alternativo: allora? Allora questa sinistra senza idee, a rimorchio del camion dell’immondizia, questa sinistra-spazzatura, deliberatamente e orgogliosamente primitiva, paleolitica e fracassona, che altro diavolo può avere come sistema culturalmente referente? Che cosa hanno fatto gli intellettuali post comunisti oggi per la sinistra di oggi? Quali colpe ha la televisione su cui la sinistra italiana esercita un dominio tuttora potentissimo? Mancano la prospettiva e l’autocritica, e non spetta certo a noi colmare queste lacune.
Però, vogliamo salutare con piacere l’apertura di questo contenzioso che dovrebbe interessare anche i centri di produzione della cultura italiani tutti, anche quelli di ispirazione liberale del centrodestra che sono, per quanto vedo e capisco, scatole vuote ma sonore, carillon di motivi già morti. Di qui l’occasione, anche grazie all’intemerata di Fagioli e alla replica povera ma sincera di Liberazione, di aprire uno straccio di dibattito sullo stato della cultura popolare italiana. Io vivo molto, oltre che in Italia, in Francia e negli Stati Uniti e non voglio aprire adesso un altro contenzioso con un confronto disperato e impietoso. Diciamo che siamo all’età della pietra e chiudiamola qui. E francamente sarebbe ora che anche il nostro amico Sandro Bondi ministro della Cultura dicesse e facesse qualcosa di opportuno e appropriato, come sarebbe bene che facessero tutti i partiti ancora esistenti e persino quelli estinti ma che seguitano a prendere il foraggio del finanziamento pubblico e che dunque hanno ancora strutture e strumenti per generare politica e non soltanto consumare la cassa.


Liberazione 2.1.08
Il giornale diretto da Sansonetti ha dato spazio alle nostre battaglie in difesa della 180 e contro l'idea di «malattia mentale»
Noi eredi di Basaglia vicini a Liberazione
Insieme ci battiamo per gli stessi valori
Vladimir Luxuria, Franco Grillini e Aurelio Mancuso al sit in davanti a Liberazione
di Luigi Attenasio
* Angelo Di Gennaro**

Su Liberazione del 21 dicembre, alcuni giornalisti spiegano perché credono in questo giornale, in un momento in cui non soltanto il direttore, Piero Sansonetti, ma è lo stesso giornale a rischiare di essere "rimosso": siamo riusciti ad aprire dibattiti su temi importanti - scrivono - e non così scontati anche per la sinistra.
E' vero. Noi, di Psichiatria Democratica, a questo punto dobbiamo essere sinceri: su Liberazione, l'unico a pubblicare la vicenda dei "goriziani" (I nostri conti con Basaglia , del 31 ottobre 2008), abbiamo sempre potuto contare. Vi abbiamo trovato spazio, ascolto e in qualche occasione anche partecipazione. Ad esempio, Sabrina Deligia è venuta con noi "matti" a Strasburgo per documentare un evento di notevole importanza: diffondere l'idea di una Europa senza manicomi. Questa Liberazione è stata dalla nostra parte sia nei momenti della "costruzione", quando cioè si è trattato di realizzare i principi fondamentali sanciti dalla legge 180 del 1978, legge di civiltà, democrazia, pace; sia nei momenti di "distruzione", quando cioè è stato necessario difendere la 180 dagli attacchi ripetuti da parte di chi l'ha sempre osteggiata. Un lavoro, il nostro, svolto su un duplice fronte. Potremmo dire che mentre eravamo intenti a costruire l'edificio (i Dipartimenti territoriali di Salute Mentale), qualcun altro ci sottraeva i mattoni dalle mani, evitando di stanziare i fondi necessari oppure divulgando notizie tese a far apparire il malato mentale come il mostro da demonizzare, escludere, scartare, allontanare, abbandonare…
Eppure, le esperienze, le buone pratiche, gli articoli, i saggi, i convegni volti a dimostrare l'inconsistenza del mito della incurabilità, intrattabilità, pericolosità del "matto" non sono mancati. Molte sono state le delegazioni straniere che sono venute a visitare e prendere spunto dai nostri servizi. Noi stessi non abbiamo mai rifiutato gli inviti a recarci all'estero per spiegare il senso e la praticabilità di una presa in cura senza manicomio. Nel 2005 siamo stati al Parlamento europeo per sostenere che anche nel resto d'Europa è possibile curare senza il manicomio. Tra qualche settimana, incontreremo di nuovo gli europarlamentari a Bruxelles consapevoli che qui in Italia stiamo correndo rischi assai concreti che la legge 180 venga stravolta dalle proposte "indecenti" dei parlamentari Ciccioli, Guzzanti, Colli ed altri, secondo i quali è arrivato il momento del "restyling". Lo stesso Berlusconi avrebbe sostenuto, sere fa a cena, che la riforma della 180 «si debba fare».
Nel frattempo, non una parola da parte dei mass-media, dei vari porta-a-porta. Meno che mai una presa di posizione netta, come invece ha sempre fatto Liberazione, qualche volta sostenendo un'aspra discussione tra "compagni di strada" come è avvenuto con Left , a partire dal dibattito sul rapporto della sinistra con la psichiatria tenutosi al teatro Colosseo di Roma il 19 maggio 2006 e proseguito poi sia su Liberazione che su Left, senza giungere, peraltro, ad un chiarimento definitivo. Che ne sarà - per esempio - del destino dell'"inconscio"? ("Inconsciamente" ce lo spiega bene Domenico Starnone che a proposito di napoletanità, su Liberazione del 21-22 dicembre, dice: «Puoi metterci tutti gli strati culturali che vuoi, ma quel fondo resta lì in eterno»).
Liberazione e Left sembrano stiano nuovamente per incrociare i loro destini (si vedano, tra gli altri, gli articoli apparsi su questo giornle il 24, 27, 28, 30 e 31 dicembre). Chi sopravviverà a chi? Per quanto riguarda il quotidiano diretto da Sansonetti non abbiamo elementi per fare previsioni. Tuttavia, non possiamo che augurarci che sopravviva, voce libera, democratica, e in grado di produrre «una rottura dei luoghi comuni e degli automatismi di pensiero di cui ha tratto vantaggio anche la stessa Rifondazione», in una Italia sempre più soggiogata da un regime così "leggero", che sta diventando pesante, e "liquido" da invadere le pieghe più nascoste dei nostri rapporti interumani.
Per quanto riguarda la 180 è arrivato il momento di assumersi responsabilità personali non più delegabili. È tempo di uscire allo scoperto e dire da che parte si sta. Chi, in questi ultimi trent'anni, ha lavorato secondo i principi e gli insegnamenti di Franco Basaglia, verificandone la correttezza e gli esiti sia sul piano scientifico che filosofico e assistenziale, non può e non deve tirarsi indietro. Il tempo stringe. I firmatari delle proposte sperano di chiudere la partita entro il 2009. Confidano in una condivisione politica, che veda unita anche l'opposizione, ma non nascondono di essere pronti anche allo strappo e alla decretazione d'urgenza qualora il provvedimento, in sede parlamentare, dovesse essere ostacolato dall'"ostruzionismo ideologico", come dicono gli avversi alla 180.
E noi? Dobbiamo incatenarci come il sindaco di Firenze? Dobbiamo scioperare? E contro chi? Dobbiamo stare lì a studiare se i termini follia e pazzia siano sinonimi oppure no? Come possiamo fermare quest'onda anomala di una destra arrogante e convinta di fare il bene dei cittadini tutti, quando non una sola voce degli utenti dei nostri servizi si è alzata durante il convegno di Psichiatria Libera (da chi?) del 17 dicembre alla Camera: «Oltre la legge 180 del 1978: rivedere la legge nella direzione dei pazienti, delle loro famiglie e dei cittadini tutti»?
In questo caso ci vengono in aiuto gli studenti e la loro Onda. Prendiamo spunto dalla loro forza e spontaneità per costruire rapidamente un fronte trasversale di "resilienza" che nulla ha a che vedere con una difesa sic et simpliciter della legge 180 (che ha comunque un suo valore intrinseco), ma che ha, invece, il suo punto forza in una visione strategica europea della questione salute mentale.
Il 12 e 13 giugno 2008, la Conferenza dell'Unione europea "Together for mental health and well-being" ha approvato a Bruxelles il Patto europeo per la salute mentale e il benessere. Il 18 novembre 2008, a Roma, si sono gettate le basi per costituire l'associazione europea "European democratic movement for mental health". In questi giorni è in corso la Proposta di risoluzione del Parlamento europeo sulla salute mentale che sottolinea, tra l'altro, «il ruolo cruciale dei media nel modificare la percezione della malattia mentale…». In questa occasione, è importante quanto afferma, tra altro, Roberto Musacchio: «E' necessario destigmatizzare i disturbi mentali, il che significa assicurare un'assistenza adeguata non lesiva della personalità delle persone, abbandonando il ricorso a cure devastanti ed invasive quali elettroshock e seguendo gli esempi positivi di quegli Stati membri che hanno portato alla chiusura di istituti di contenzione quali i manicomi, favorendo con operatori domiciliari l'integrazione delle persone affette da disturbi mentali».
Questo ci pare un modo efficace per fronteggiare chi ritiene che la legge 180 risenta di una strumentalizzazione ideologica e dogmatica di sinistra (Pdl e An); chi sostiene, non tenendo conto delle opinioni della maggioranza dei tecnici che si occupano di salute mentale, che «finalmente, grazie alle società scientifiche ed in modo particolare grazie alla Società Italiana di psichiatria abbiamo una classe di psichiatri moderni, ben preparati ed alieni dalla ideologia…» (Tonino Cantelmi, presidente Associazione psichiatri e psicologi cattolici in Liberal del 28 maggio 2008); chi come, tra gli altri, l'assessore alla Sanità Regione Liguria, ritiene opportuno acquistare per poliziotti, carabinieri e finanzieri «corpetti e guanti antitaglio, realizzati anche con maglie d'acciaio, e di scudi di gomma per attutire eventuali attacchi; trattandosi di malati di mente non si è volutamente preso in considerazione altri strumenti attivi come pistole elettriche, peraltro vietate in Italia, o baton electrique…».
Come si vede ce n'è abbastanza per dire no alla offensiva della destra che si permette il lusso di licenziare dall'Alitalia anche i portatori di handicap, no a qualsiasi proposta di modifica alla 180, confluita poi nella legge 833, anch'essa del 1978, leggi senza le quali non sarebbe stato possibile assistere dignitosamente sul territorio le persone con disturbi mentali che conosciamo da anni. E dire sì ad una strategia che, ponendosi come fronte europeo democratico per la salute mentale, ci appare in grado di opporsi a questa voglia di securità, ordine, pulizia, evocatrice di un movimento di "come back", di restaurazione dello status quo ante, la stagione delle grandi riforme e delle grandi conquiste sociali e del protagonismo degli studenti, degli operai e, perché no, dei malati di mente che si liberano dal giogo manicomiale.
E per dire sì, anche, alla proposta di Sansonetti che sostanzialmente equivale a difendere gli spazi di libertà e dibattito che Liberazione ha sempre garantito a noi e a chi rappresentiamo, ma anche - come ci ricorda Luxuria - alle femministe, ai gay lesbo transgender e queer, e in generale ai movimenti, nonché a tutti coloro che gli occhi di alcuni si ostinano a vedere come "diversi".
*Presidente
**Direttivo Psichiatria Democratica Lazio

Liberazione 2.1.08
Lode al dubbio: lettera aperta a Lea Melandri
di Anita Sonego

Cara Lea, ho impiegato alcuni giorni a risponderti perché il tuo articolo del 28 dicembre mi ha non solo stupito per la sua astrattezza ideologica e contraddizione interna ma soprattutto perché non riesco a spiegarmi come due persone - che come noi hanno a lungo lavorato assieme nel movimento delle donne - possano non capirsi.
La tua difficoltà a vedere e leggere la complessità della situazione che sta vivendo Liberazione mi sembra dovuta ad una specie di intestardimento a voler guardare la realtà sempre dallo stesso punto di vista mentre la stessa realtà si sta evolvendo. Come se quella famosa "lode al dubbio" non fosse più utile per comprendere e comprenderci.
Scrivi giustamente del «nesso tra le difficoltà economiche e politiche... che non a caso non viene mai esplicitato e discusso» ma poi, proprio tu, non ne parli affatto. Per questo diventa pura ideologia il tuo schierarti "per la libertà di pensiero"- dei giornalisti - senza tener conto della materialità di qualsiasi "prodotto" (A meno che voi giornalisti non vi consideriate al di fuori dei rapporti di produzione).
Suppongo che questo prodotto/giornale sia nato dalla volontà politica e dal denaro dei militanti di un partito (Rifondazione Comunista) con alcuni obiettivi collegati ad idee, interpretazioni del mondo, progetti non generici anche se non necessariamente rigidi e precostituiti.
I suddetti militanti si sono divisi, come spesso capita nei congressi, su opzioni differenti relative ai progetti di una forza politica che si ispira al marxismo e alla volontà di cambiare lo stato delle cose presenti.
Da quel momento Liberazione si è schierata, spesso in maniera provocatoriamente parziale, con la cosiddetta minoranza. Non ha mai nemmeno tentato di concedere lo stesso rilievo e spazio alle due anime del gruppo politico che continua a farla vivere pagandone i giornalisti.
Non voglio portare qui centinaia di esempi (l'ultimo, del 28 dicembre con due articoli in prima pagina: il tuo e quello di Elettra Deiana, di durissimo attacco alla direzione di Rifondazione e la difesa della linea attuale del suo quotidiano.
Tu hai il garbo di ricordare le vendite limitate di Liberazione ma senza collegarle alla sua "linea" eludendo, così, una dura materialità. Né Elettra né tu accennate all'impossibilità, per un partito privo di finanziamenti cospicui, di continuare ad avere il lusso di far vivere un giornale che costa miliardi di vecchie lire ogni anno.
Lea, ma sai che quel partito di rifondaroli che tu consideri un "gruppo chiuso" è fatto da migliaia di persone (vive) che dedicano tempo, passione, idee e anche denaro perché le loro speranze di cambiamento non restino nel mondo delle idee? Lo sai che il circolo a cui faccio parte (in centro di Milano) non può permettersi economicamente di avere una sede?
Non accetto da persone come te uno sguardo ed un giudizio manicheo su una forma di aggregazione volontaria come se "partito" significasse necessariamente e solo «gruppo chiuso separato dalle vite e dalle persone reali» mentre la redazione di un quotidiano dovesse essere, per sua natura, vicina alla realtà e lontanissima dal «linguaggio totalitario di tutti i gruppi chiusi»!
La redazione di Liberazione, sotto la direzione di Piero Sansonetti di cui continuo a sentirmi amica pur criticandolo, è stata per molto tempo una fucina di vivacità intellettuale, di apertura, come scrivi giustamente,«ai soggetti, tematiche, movimenti gravitanti nell'area dell'impegno sociale e culturale della sinistra». Piero, Angela e Carla con cui ho discusso ed interloquito hanno dato un grande contributo perché i pensieri e le pratiche dei femminismi e dei movimenti Lgbtq a cui appartengo, trovassero ampio spazio di dibattito ed espressione. Liberazione è l'unico giornale italiano che ha affrontato le tematiche relative alla sessualità in maniera non episodica e, di questo, noi donne, gay, lesbiche, trans dobbiamo esserne grati/e ma anche tutti i movimenti di liberazione devono esserlo: da quello operaio a quello degli studenti,dei precari, dei verdi, dei pacifisti, del movimento dei movimenti: tutti ancora intrisi di ferreo virilismo, omofobia ecc...
Il maschilismo, la paura del "diverso" hanno, come tu mi insegni, radici profonde e spesso si impiantano in strati inconsci delle nostre vite ed anche in soggetti insospettabili. Sappiamo che la strada è lunga ma necessaria: allora, aiutano la consapevolezza del proprio lato oscuro titoli come "Maschio assassino!" o "Luxuria come Obama"? Sono provocazioni, dirai, certamente, ma noi non abbiamo la necessità, soprattutto, di farci capire?
Epater les bourgeois è un gioco sacrosanto ma il lettore di Liberazione può scoprire i propri tabù e metterli in discussione più da una pagina come quella che racconta la vita di Laurella Arietti che da quella in cui si descrive l'uscita di Vladimir dalla limousine con coppa di champagne o dall'intervista a Simona Ventura.
Tutto è precipitato nei mesi del congresso quando gli schieramenti hanno indotto un irrigidimento e un'estremizzazione in un giornale già anomalo per la tradizione comunista.
Sembra impossibile cercare una forma di mediazione tra l'esigenza di essere «il primo giornale italiano di inchiesta sociale e sul lavoro, pieno di notizie neglette sugli altri quotidiani, su economia, pace, welfare ecc.» (come stigmatizza Elettra nel suo articolo accanto al tuo?) e il mantenimento di un'apertura all'innovazione culturale, alle problematiche "vitali" relative alla sessualità, la nascita, la morte, la spiritualità, la bellezza, l'arte?
Questo mi sento molto modestamente di chiedere e di proporre ricordando che esiste anche un aspetto economico della questione.
Se il fagioliano Bonaccorsi ha una proposta che salva il livello occupazionale di giornalisti e tecnici accanto ad una linea culturale (che mi pare frequentata da illustri esponenti della mozione di minoranza) che noi tutti non condividiamo, noi abbiamo tutti: io, tu, la redazione, il Forum donne, ecc. - il dovere di proporre una ipotesi alternativa non solo culturale e politica ma anche economica.
E' realistico che possano vivere in Italia, in questa situazione politico-economica, due quotidiani di opinione di sinistra: il manifesto e Liberazione? Se sì, qual è o dovrebbe essere il target di Liberazione che non coincida con quello già traballante del manifesto?
Cara Lea, è anche a queste domande che tutte/i noi che abbiamo amato Liberazione dobbiamo saper rispondere altrimenti le nostre parole resteranno nell'empireo dei desideri e, nel peggiore dei casi, verranno utilizzate dalle varie fazioni (che, per quanto ne capisco, a questo punto non coincidono più con le due mozioni congressuali).
Esprimo un desiderio di fine anno per il quale mi sento di impegnarmi e a cui ti chiedo di contribuire: il Forum delle donne e la rete Femminista si facciano carico di fare alcune proposte da discutere assieme alla redazione ed ai responsabili del partito di cui Liberazione è il quotidiano. Attendo risposte.
P.S. Questo articolo non mi stato richiesto da nessuno/a.


Liberazione Lettere 2.1.08
Fagioli e la dimensione onirica

Caro direttore, leggendo dell'influenza, neanche tanto subliminale, esercitata dallo psicanalista Massimo Fagioli sulle sorti passate di Rifondazione e delle attuali ingerenze dei suoi seguaci (i "fagiolini": sic!) sul destino di "Liberazione", ho dovuto chiedere a mia moglie di darmi un pizzico, e pure bello forte, per sincerarmi di essere sveglio. Cazzo, se lo ero! Allora è proprio vero che siamo da ricovero! Qualcuno mi dica subito che la storia recente di Rifondazione si è sviluppata autonomamente, senza risentire dell'influsso del "Fagioli - pensiero", perché altrimenti impazzisco. Datemi garanzie che nessun seguace del guru diventi editore e normalizzatore del "mio" giornale, perché non vorrei assistere alla trasposizione su carta stampata di deliri psicanalitici che sposterebbero giornale e partito sempre più in una dimensione onirica, lontana dalla realtà della gente che si fa il culo per andare avanti. Se poi si è già deciso di continuare ad affidarsi alla categoria dei "maestri spirituali & affini", consiglio, per restare in tema di giornalismo, affari e psichiatria, di trovarne uno che almeno ricordi quel "Howard Beale, pazzo profeta dell'etere", protagonista della pellicola "Quinto Potere" di Sydney Lumet, dell'ormai lontano 1976. E augurando, non proprio a tutti, un buon 2009, faccio mia, in questo frangente, la frase che ha consegnato quel film alla storia del cinema: «Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più!».
Giovanni Renella Napoli

Liberazione Lettere 2.1.08
"Liberazione", il danno e la beffa

Cari tutti della radazione, sono un lettore di "Liberazione" fin dal suo primo numero. A volte ho condiviso, a volte sono stato in disaccordo con quanto veniva scritto sul giornale, e mi sembra giusto, senza la pretesa che tutti coloro che scrivono su "Liberazione" la pensino come me, ci mancherebbe altro. Ho anche creduto che fosse giusto sostenere la partecipazione all'ultimo governo Prodi. Ma che delusione! In altra occasione, se del caso, ne parleremo. Ma oggi, con un partito (cosidetto) Democratico che rifiuta a priori qualsiasi collaborazione con la sinistra, che fa eleggere nelle proprie liste uomini come Calearo e Colanino, per fare qualche nome, assieme ad altri appartenenti alla stessa categoria, credo sia fuori dalla realtà inseguire la chimera di poter collaborare per realizzare qualcosa di decente e non invece credere e chiamare i cittadini alla lotta, se non si è disposti ad abdicare alla difesa reale dei più deboli. Da questi pochi spunti (ma si potrebbe allungare all'infinito l'elenco dei motivi che portano a queste conclusioni) credo che la contrapposizione del giornale contro la linea politica del Partito che cerca di organizzare la lotta nei posti di lavoro, nelle piazze, ecc... sia deleteria per gli interessi dei più deboli che si pensa (lo spero) di tutelare. Ora se questo è vero, come io credo che lo sia, credo anche che il giornale del Partito, per una corretta informazione dovrebbe accompagnare questa politica non contrastarla nel nome della libertà dei giornalisti di esprimere il proprio pensiero (cosa giustissima). Ma non si possono nascondere le iniziative politiche e tutti i giorni riportare saggi (anche se alcuni condivisibili) e trascurare altre notizie che interessano i lettori e servono ad orientare tutti i cittadini. Già perché chi imposta il giornale come sopra detto e perde continuamente lettori e aumenta tutti gli anni le perdite e non sente il dovere di rivedere le proprie posizioni, anzi cerca in tutti i modi di far ricadere la responsabilità su altri credo che, come minimo, dovrebbe trovare il coraggio di lasciare. Il direttore ha oltrepassato tutti i limiti con la pretesa di fare un giornale in contrasto con la linea politica del Partito e di chi poi è chiamato a pagare i debiti. Al danno anche la beffa.
Guglielmo Berti via e-mail

Apcom 2.1.09
Prc/ Ferrero: Liberazione va male, Fagioli non c'entra
A Repubblica: Editore Bonaccorsi figo solo se sta con Bertinotti?

Roma, 2 gen. (Apcom) - La polemica della minoranza di Rifondazione sull'ipotesi di vendita del quotidiano Liberazione all'editore Luca Bonaccorsi è strumentale: ne è convinto il segretario del Prc Paolo Ferrero, che respinge le accuse dei suoi detrattori in una intervista a Repubblica. Oggetto del contendere, il legame tra Bonaccorsi e lo psichiatra-guru Massimo Fagioli, "che debbo rispondere - attacca Ferrero - che siamo alla schizofrenia? Quanto è figo il guru Fagioli se Bertinotti va nella sua libreria 'Amore e psiche' nientemeno che ad aprire la campagna elettorale. Ma quanto è stronzo se invece incoraggia Bonaccorsi, che tratta con Ferrero per Liberazione".
Ma l'ira di Ferrero non si ferma qui: "E non basta", aggiunge. "Bonaccorsi - ricorda il leader del Prc - è l'editore si 'Alternative per il socialismo', la rivista di Bertinotti, bravissimo allora. Ha finanziato la riunione della minoranza, a Roma, a metà dicembre. Un grande. E fa 'Left', punto di riferimento per i vendoliani. Eccezionale. Poi, ne parlo io, e patatrac, tutti questi stessi compagni mi massacrano. Stalinista. Affossatore del giornale. Imbroglione".
Ferrero non arretra nemmeno nel giudizio sull'attuale direzione del quotidiano, affidata a Piero Sansonetti, considerato un pasdaran dell'area Vendola: "Il buco di tre milioni e mezzo è già al netto del contributo per l'editoria", sottolinea, e ricorda che "prima di Sansonetti del resto eravamo a diecimila copie. Ora circa a metà".


Il Mattino 2.1.09

Le feste natalizie sono state deliziate dalle polemiche che hanno coinvolto diverse anime politiche di Rifondazione comunista che, in passato, sono state curate dallo psicoterapeuta Massimo Fagioli. Il quale avendo definito Freud «un autentico cretino» si è qualificato come un cretino autentico. Costui riferendosi a Nichi Vendola ha detto: «Non puoi essere allo stesso tempo cattolico praticante, gay e comunista». E perché no? Il Fagioli certifica anche l’autenticità dei gay, dei cattolici e dei comunisti? Certificava anche Bertinotti.

difesadellinformazione.com 30.12.08
Sansonetti: Ferrero è illiberale.
Ma Liberazione è giornale di partito
qui
segnalazione di Emiliano Eusepi












Mentre tutti gli altri principali quotidiani italiani si occupano ancora oggi con rilievo della questione del futuro di Liberazione, l'Unità - forse imbarazzata, o preoccupata? - preferisce glissare sul tema, ma se ne esce in terza pagina con un pezzo piuttosto in evidenza che dà rilievo alle opinioni più varie - ma non sul topic - di Wladimiro Guadagno, qui a sinistra. Lo stesso imbarazzato silenzio caratterizza oggi le pagine de il manifesto.
Nei giorni scorsi si è avuta notizia dalla stampa di una indiscrezione secondo la quale Conchita De Gregorio terrebbe già in caldo un posto da vice-direttore del giornale per Piero Sansonetti, e Padellaro e Colombo - anticipava il Corsera - starebbero al contrario preparando la propria uscita dall'Unità per creare un nuovo quotidiano di sinistra


ALTRE SEGNALAZIONI DALLA STAMPA DEL 31 DICEMBRE E DI OGGI:

Repubblica 2.1.09
Le libertà dell’uomo
Il caso Englaro e la necessità di una legge sul testamento biologico
Referendum sul diritto di morire
di Luca e Francesco Cavalli Sforza
qui

Repubblica 2.1.09
Morucci in cattedra, tensione alla Sapienza
L’ex Br invitato a Scienze umanistiche, critiche di docenti e studenti
L’ideatore dell'iniziativa: "Un poliziotto mi ha detto che può servire ai giovani"
di Carlo Picozza
qui

Repubblica 2.1.09
L'incoronazione di Obama. Quei "padri" che giurano sulla bibbia dei Massoni
Reagan giurò a meno 10 gradi, il diluvio accolse George W. Bush nel 2001
Washington la chiese al Gran Maestro della loggia numero 1 di New York
di Vittorio Zucconi
qui

Repubblica 2.1.09
Franz Kafka. Impiegato fannullone? No, modello
Genio e regolatezza. Una biografia ne documenta lo zelo in ufficio
di Siegmund Ginzberg
qui

Repubblica 2.1.09
Il nuovo saggio di Enrico Bellone: da Aristotele ai quanti
Il mondo esterno che la scienza ama
di Franco Prattico
qui

Corriere della Sera 2.1.09
Nel bicentenario della nascita del grande naturalista tre studiosi individuano le ragioni per cui le sue teorie sono tanto contestate
Così Darwin spiega Dio
di Edoardo Boncinelli
qui
Corriere della Sera 2.1.09
1809-1859. Doppio anniversario di celebrazioni (e di polemiche)
di Antonio Carioti
qui
Corriere della Sera 2.1.09
Liti. La scuola dove studiò vuole strapparlo a un museo di Parigi
Cartesio, l'ultima disputa è sul suo cranio
qui

Repubblica 31.12.08
I cavalieri le armi e gli orrori
Una ricerca fra storia e leggenda
di Stefano Malatesta
qui

Corriere della Sera 31.2.08
L'Osservatore: troppe e a volte contrarie ai nostri principi
Leggi italiane ed etica. Le condizioni del Vaticano
Da domani non saranno più recepite automaticamente
di Bruno Bartoloni
qui
Corriere della Sera 31.2.08
La Santa Sede e il significato di un avvertimento
di Massimo Franco
qui

Corriere della Sera 31.2.08
Le reazioni. Baldassarre: una cautela legittima. Pasquino: no, ingerenza intollerabile
qui
Repubblica 31.12.08
Un'inchiesta nel Triveneto sui giovani e la religione
Quando dio è in minoranza
di Marco Politi
qui
Corriere della Sera 31.2.08
Il Pontefice. In due anni un milione di fedeli in meno
Calo dell'audience, cattolici divisi
qui

Repubblica on line 30.12.08
Benedetto XVI perde "audience", alle udienze mezzo milione in meno
Fedeli in calo per il secondo anno consecutivo: 2,2 milioni contro i 2,8 del 2007
di Marco Politi
qui
Corriere della Sera 31.2.08
Il nuovo Pascal curato da Carlo Carena
Un provinciale contro i gesuiti
di Armando Torno
qui

Il Messaggero 2.1.09
Maestro unico, in arrivo i decreti di attuazione
qui

Il Mattino 2.1.08
Il sesso scaccia i malanni ecco i benefici dell’amore
qui

Il Mattino 2.1.08
Nella biblioteca di Hitler. Molti libri, ma di sconcertante mediocrità
Strategia militare e occultismo preferiti anche a Nietzsche E una passione smisurata per il Far West di Karl May
di Aurelio Lepre
qui

screenweek.it 2.1.09
Italia 2009: le prime uscite dell’anno
Il 2009 sarà un anno ricco di uscite anche sul fronte italiano, secondo Cineuropa.(...) Marco Bellocchio uscirà con Vincere, storia del figlio segreto di Mussolini interpretata da Filippo Timi e Giovanna Mezzogiorno.