Corriere della Sera 21.5.05
Parlano i protagonisti del «processo televisivo» sull’omicidio di Samuele Lorenzi E sul mistero l’ombra di un’altra Cogne
Cristina Marrone
«Qui è come Cogne. Capisco la paura di sbagliare, ma meglio non ripetere gli stessi errori. Mi sembra che i tempi siano maturi per fare qualcosa che è inevitabile, altrimenti vengono meno anche i diritti della difesa». E’ il criminologo Francesco Bruno a ricordare la tragedia valdostana. A Casatenovo ci sono un bimbo morto, una madre in lacrime, gli investigatori che sospettano di lei. Gli elementi del giallo che ha dominato il dibattito mediatico su Cogne ci sono tutti. E lo pensano anche i protagonisti di quel «processo al processo» celebrato nei salotti tv. Con analogie e differenze. Bruno non è convinto della versione raccontata dalla madre di Mirko: «Fa acqua da tutte le parti. Neppure il più crudele dei rapinatori farebbe annegare in bimbo di 5 mesi, rischiando una condanna all’ergastolo per quattro soldi. Tanto più che un bambino così piccolo non può essere neppure un testimone. E poi le urla. Possibile che nessuno abbia sentito nulla? Una madre che vede morire il proprio figlio fa qualunque cosa per salvarlo». Francesco Viglino, il medico legale che per primo vide Samuele, avverte: «Sono ancora pochi gli elementi conosciuti, ma in un delitto del genere è chiaro che si cerca molto nella sfera familiare. La cosa importante sono i primi interrogatori: meglio andare subito a tamburo battente». E’ della stessa idea Paolo Crepet : «Meglio pensare il peggio possibile, poi sono gli elementi raccolti che eventualmente lo faranno cadere». Lo psicologo non è così pessimista sulla soluzione del caso: «Non è Cogne due e non lo sarà. Si risolverà molto prima perché qui abbiamo un movente: quello di un’aggressione per rapina. Che magari risulterà falso o poco credibile. Ma almeno c’è. E gli investigatori raccoglieranno elementi per capire se è vero o falso. Per Cogne invece siamo ancora qui che ci chiediamo perché Samuele è stato ucciso e cosa è successo». I dubbi sono gli stessi sottolineati dal criminologo Bruno: le urla che nessuno sente, una donna che assiste impotente alla morte del figlio e, pur legata, non riesce a fare niente per salvarlo. «Perdere un figlio in questo modo è la cosa peggiore che può capitare a una madre, quindi reagisce e ricorda in uno stato emotivo molto particolare, con poca lucidità. E quella donna, dicono, è svenuta: circostanza che può portare all’amnesia, quindi a una ricostruzione degli eventi che può risultare parziale».
L’ex presidente della Camera Irene Pivetti mette davanti a tutto il rispetto per le persone: «Come si fa a sapere chi è stato? Ora la figura chiave è il padre di quel bambino: non è poi così scontato che difenda per sempre la moglie. Non dimentichiamoci che ha perso un figlio». E la giornalista Barbara Palombelli invita alla cautela: «Mi sembra che Cogne e Casatenovo abbiano reagito allo stesso modo, con scetticismo di fronte all’aggressione di uno sconosciuto. Ma attenzione a non creare un caso».
«Cosa volete sapere?» sbotta l’avvocato Carlo Taormina , difensore di Annamaria Franzoni. «C’è solo da sperare che non succeda quello che è capitato a Cogne, ma che si raggiunga la verità. Che non sia un secondo calvario giudiziario». E l’ex sindaco di Cogne, Osvaldo Ruffier ha un unico desiderio: «Ci auguriamo che gli abitanti di Casatenovo non debbano vivere quello che abbiamo passato noi. Devono pretendere la verità. Subito. Senza l’ombra di mostri che girano per il paese».
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»
L'ASSOCIAZIONE CULTURALE
sabato 21 maggio 2005
staminali e referendum
Corriere della Sera 21.5.05
Embrioni clonati da cellule umane adulte
Dopo la Corea, l’annuncio dalla Gran Bretagna.
L’ira di Bush: mai negli Usa, pronto a usare il veto
Mario Pappagallo
Non si tratterebbe di veri embrioni e nemmeno di ovuli femminili fecondati, ma la distinzione è sottile. A 24 ore dall’annuncio coreano arriva la notizia della clonazione a fini terapeutici realizzata da ricercatori di Newcastle. E subito si sono riaccese le polemiche: guai alla clonazione umana. In realtà, né a Seul né a Newcastle sarebbero stati clonati embrioni umani. E’ stata usata una tecnica che riporta «indietro» una normale cellula adulta di un malato fino al suo stadio iniziale, cioè di agglomerato di cellule staminali «tabula rasa»: in grado di diventare tutto a seconda della via verso cui vengono indirizzate. Queste cellule vanno poi «coltivate», aumentate di numero fino a poterle iniettare (trapiantare) nel malato stesso da cui è stata prelevata la cellula adulta iniziale. Qui, secondo quanto già visto nei topi dopo 30 anni di studi, riparano il danno causa della malattia: i topi sono guariti. Per l’uomo è tutto da vedere.
L’ESPERIMENTO - I fatti: un’équipe dell’università di Newcastle upon Tyne , guidata da Alison Murdoch e Miodrag Stojkovic, è riuscita a riportare allo stato iniziale di embrione umano cellule adulte di malati, nell’ambito di una ricerca finalizzata a trovare una cura per malattie degenerative come il morbo di Parkinson e l’Alzheimer. Ricerca di «clonazione a fini terapeutici» autorizzata lo scorso anno dall’autorità britannica competente: la Human Fertilitisation and Embryology Authority. Gli scienziati di Newcastle sono riusciti a creare per il momento tre blastocisti, cioè l’equivalente del primo stadio di un embrione, un ammasso di cellule più piccolo della punta di uno spillo. L’annuncio è arrivato meno di 24 ore dopo quello fatto da un gruppo di scienziati sudcoreani che hanno prodotto le prime linee di cellule staminali tratte sempre da cloni di cellule adulte.
I TRE BLASTOCISTI - Quello inglese però è stato un semi-successo perché i tre blastocisti ottenuti sono durati solo 5 giorni, troppo poco. Che cosa hanno fatto gli inglesi? Da 36 ovuli non fecondati, donati da 11 donne che si erano sottoposte a un trattamento di fertilizzazione in vitro (come è noto sia gli ovuli sia gli spermatozoi possono essere congelati) è stato tolto il nucleo (quello con il patrimonio genetico della donna) ed è stato sostituito con il nucleo della cellula adulta prelevata, come nel caso coreano, da un malato. Gli ovuli sono stati quindi trattati con fattori di crescita e stimolati con una piccola scossa elettrica per avviare il processo di suddivisione cellulare: il clone. Da 10 ovuli i ricercatori sono stati in grado di creare tre blastocisti, cioè gli pseudo-embrioni. «L’esperimento - hanno spiegato gli inglesi - serviva a provare che da ovuli non fecondati si possono produrre cloni». Al contrario i ricercatori sudcoreani, guidati da Hwang Woo Suk, sono riusciti a realizzare (secondo Science) le prime linee di cellule staminali embrionali «su misura» a partire da cellule adulte di 11 pazienti colpiti da diabete giovanile, lesioni del midollo spinale e immunodeficienza.
LA CASA BIANCA - Dagli Stati Uniti arriva la condanna della Casa Bianca. «Il presidente George W. Bush - ha fatto presente il portavoce Trent Duffy - porrebbe certamente il veto a qualsiasi proposta di legge che tentasse in qualche modo di allentare le restrizioni federali sulla sperimentazione su cellule staminali embrionali».
«Non abbiamo violato alcuna legge del nostro Paese - replica alle polemiche il sudcoreano Hwang Woo Suk -. Abbiamo anzi ritardato di molto l’annuncio per essere sicuri di essere nella piena legalità». Hwang ha anche messo in guardia dai facili entusiasmi: «Ci sono ancora ostacoli formidabili da superare». I progressi però sono stati più rapidi del previsto: in appena 7 anni si è passati dalla scoperta delle cellule staminali embrionali umane alla possibilità di ottenere linee di queste cellule per studiare gravi malattie. Le cellule staminali embrionali dell’uomo sono state infatti isolate per la prima volta nel 1998 dal genetista britannico Martin Bobrow e la prima clonazione a fini terapeutici è stata annunciata nel febbraio 2004 dallo stesso gruppo di Woo Suk Hwang.
LE APERTURE - Spagna e Germania hanno invece accolto positivamente gli annunci di Seul e Newcastle. Il ministro della sanità spagnolo, Elena Salgado, ritiene che ci sia appoggio sociale sufficiente nel Paese per giungere ad una legislazione che consenta la clonazione delle cellule, ma solo a fini terapeutici. E oggi il titolo di prima pagina del tedesco Sueddeutsche Zeitung sarà: «Dopo i successi in Inghilterra e in Corea del Sud il cancelliere Schroeder vuole facilitare la ricerca sulla clonazione».
Corriere della Sera 21.5.05
ROMA - «Mi si permetta la rude semplificazione: non si ...
Giovanna Cavalli
ROMA - «Mi si permetta la rude semplificazione: non si possono mettere le mutande alla scienza», osserva Alfredo Biondi , vicepresidente della Camera. «Questa è la prova che Cristoforo Colombo vedeva più lontano dei sapienti di Salamanca». E sottoscrive quanto sostenuto sul Corriere dal professor Edoardo Boncinelli dopo la produzione di cellule staminali da embrioni clonati eseguita dall’equipe coreana. Ha scritto il direttore del Sissa (Scuola internazionale di studi avanzati): «Il mondo va avanti e quando l’applicazione pratica di queste scoperte diverrà realtà sarà difficile non tenerne conto e impedire a chi soffre di andare a farsi curare dove è possibile». E ancora: «Le decisioni prese nel nostro Paese sono destinate ad essere annacquate da quelle degli altri. Con buona pace dei referendum».
La scienza dunque è più veloce della politica. «I fatti si confermano più forti di ragionamenti e pregiudizi, specie se si confonde la scienza con la fede», continua Biondi, schierato per 4 sì. «Il sapere non può essere imbrigliato. Come ho sostenuto il giorno che mi alzai in piedi e nel silenzio dei miei colleghi di Forza Italia dissi che lo Stato non può negare alle donne il diritto di essere madri». Vero che le scoperte scientifiche «bruciano» le leggi. «Ma proprio per questo serve votare sì al referendum sulla fecondazione», obietta Katia Zanotti dei Ds. «Dobbiamo abrogare un divieto che ci tiene fuori dal mondo, fare una legge più leggera, da rivedere ogni 4 o 5 anni. Altrimenti sì che restiamo indietro». Aggiunge la collega Gloria Buffo: «La scienza andrà sempre più veloce di noi. Ma almeno cerchiamo di salvare vite umane visto che in una scala di valori condivisi la salute e la vita sono più importanti dell’etica».
Ne dibatte il fronte del sì. Boncinelli «ha ragione» esulta Daniele Capezzone, segretario dei Radicali italiani. «Difatti gli avversari del referendum fanno una battaglia lunare. Come reagiranno di fronte alla prima guarigione clamorosa? Protesteranno? Dobbiamo evitare di scrivere leggi che tra un anno o una settimana verranno superate dalla realtà. Su 180 Paesi, soltanto il Costarica ha norme più restrittive».
Descrive la legge 40 sulla fecondazione come «un ircocervo» Margherita Boniver, sottosegretario agli Esteri. «Mai dubitato che la scienza proceda più velocemente della politica. Siamo di fronte alla più importante scoperta di questa generazione. Ma servono regole. Perciò mi unisco all’appello dei 77 premi Nobel per coniugare la libertà di ricerca con la dignità umana». Propone di affidarci alla scienza il senatore della Margherita Antonio Gaglione, cardiochirurgo, che in controtendenza col partito voterà «quattro bei sì». Spiega: «Il progresso non si può fermare, se queste cellule curano malattie ben venga la sperimentazione. Siamo tutti geneticamente modificati nei secoli. Mica sono uguale all’uomo di duemila anni fa».
La scienza ci supera? «Ecco perché bisogna fermarla, specie quando interviene in maniera invasiva sulla salute umana», argomenta il verde Paolo Cento. «Non si può accettare passivamente ogni scoperta, non quando si parla di clonazione. Il liberismo sulla vita mi fa paura». Condivide Ramon Mantovani di Rifondazione comunista: «La ricerca va regolamentata. Ma qui non c’entra la scienza. Qui c’è la volontà di trasformare uno Stato laico in uno Stato confessionale».
La Stampa 21 Maggio 2005
GERMANIA
Schroeder replica
«Io la liberalizzo»
Il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung ha aperto ieri la prima pagina con la notizia appresa da fonti governative secondo cui Gerhard Schroeder intenderebbe liberalizzare la ricerca sulle cellule staminali in Germania. Secondo il giornale di Amburgo la notizia del successo ottenuto dai ricercatori sudcoreani nella clonazione di cellule staminali su misura ha consolidato la convinzione del Cancelliere di modificare gradatamente le norme restrittive attualmente in vigore in Germania. La «Faz» anticipa che nel discorso che terrà il 14 giugno, in occasione del ricevimento di una laurea honoris a Gottinga, Schroeder si pronuncerà a favore della «clonazione terapeutica» e di una ricerca sulle cellule staminali senza più vincoli. In base alle norme attuali solo nove équipe di ricercatori sono autorizzate a portare avanti questo tipo di ricerca, e solo su cellule staminali importate dall'estero. Le indiscrezioni riportate dalla «Faz» sul problema della ricerca biologica liberalizzata sono state smentite dalle fonti ufficiali interessate.
Embrioni clonati da cellule umane adulte
Dopo la Corea, l’annuncio dalla Gran Bretagna.
L’ira di Bush: mai negli Usa, pronto a usare il veto
Mario Pappagallo
Non si tratterebbe di veri embrioni e nemmeno di ovuli femminili fecondati, ma la distinzione è sottile. A 24 ore dall’annuncio coreano arriva la notizia della clonazione a fini terapeutici realizzata da ricercatori di Newcastle. E subito si sono riaccese le polemiche: guai alla clonazione umana. In realtà, né a Seul né a Newcastle sarebbero stati clonati embrioni umani. E’ stata usata una tecnica che riporta «indietro» una normale cellula adulta di un malato fino al suo stadio iniziale, cioè di agglomerato di cellule staminali «tabula rasa»: in grado di diventare tutto a seconda della via verso cui vengono indirizzate. Queste cellule vanno poi «coltivate», aumentate di numero fino a poterle iniettare (trapiantare) nel malato stesso da cui è stata prelevata la cellula adulta iniziale. Qui, secondo quanto già visto nei topi dopo 30 anni di studi, riparano il danno causa della malattia: i topi sono guariti. Per l’uomo è tutto da vedere.
L’ESPERIMENTO - I fatti: un’équipe dell’università di Newcastle upon Tyne , guidata da Alison Murdoch e Miodrag Stojkovic, è riuscita a riportare allo stato iniziale di embrione umano cellule adulte di malati, nell’ambito di una ricerca finalizzata a trovare una cura per malattie degenerative come il morbo di Parkinson e l’Alzheimer. Ricerca di «clonazione a fini terapeutici» autorizzata lo scorso anno dall’autorità britannica competente: la Human Fertilitisation and Embryology Authority. Gli scienziati di Newcastle sono riusciti a creare per il momento tre blastocisti, cioè l’equivalente del primo stadio di un embrione, un ammasso di cellule più piccolo della punta di uno spillo. L’annuncio è arrivato meno di 24 ore dopo quello fatto da un gruppo di scienziati sudcoreani che hanno prodotto le prime linee di cellule staminali tratte sempre da cloni di cellule adulte.
I TRE BLASTOCISTI - Quello inglese però è stato un semi-successo perché i tre blastocisti ottenuti sono durati solo 5 giorni, troppo poco. Che cosa hanno fatto gli inglesi? Da 36 ovuli non fecondati, donati da 11 donne che si erano sottoposte a un trattamento di fertilizzazione in vitro (come è noto sia gli ovuli sia gli spermatozoi possono essere congelati) è stato tolto il nucleo (quello con il patrimonio genetico della donna) ed è stato sostituito con il nucleo della cellula adulta prelevata, come nel caso coreano, da un malato. Gli ovuli sono stati quindi trattati con fattori di crescita e stimolati con una piccola scossa elettrica per avviare il processo di suddivisione cellulare: il clone. Da 10 ovuli i ricercatori sono stati in grado di creare tre blastocisti, cioè gli pseudo-embrioni. «L’esperimento - hanno spiegato gli inglesi - serviva a provare che da ovuli non fecondati si possono produrre cloni». Al contrario i ricercatori sudcoreani, guidati da Hwang Woo Suk, sono riusciti a realizzare (secondo Science) le prime linee di cellule staminali embrionali «su misura» a partire da cellule adulte di 11 pazienti colpiti da diabete giovanile, lesioni del midollo spinale e immunodeficienza.
LA CASA BIANCA - Dagli Stati Uniti arriva la condanna della Casa Bianca. «Il presidente George W. Bush - ha fatto presente il portavoce Trent Duffy - porrebbe certamente il veto a qualsiasi proposta di legge che tentasse in qualche modo di allentare le restrizioni federali sulla sperimentazione su cellule staminali embrionali».
«Non abbiamo violato alcuna legge del nostro Paese - replica alle polemiche il sudcoreano Hwang Woo Suk -. Abbiamo anzi ritardato di molto l’annuncio per essere sicuri di essere nella piena legalità». Hwang ha anche messo in guardia dai facili entusiasmi: «Ci sono ancora ostacoli formidabili da superare». I progressi però sono stati più rapidi del previsto: in appena 7 anni si è passati dalla scoperta delle cellule staminali embrionali umane alla possibilità di ottenere linee di queste cellule per studiare gravi malattie. Le cellule staminali embrionali dell’uomo sono state infatti isolate per la prima volta nel 1998 dal genetista britannico Martin Bobrow e la prima clonazione a fini terapeutici è stata annunciata nel febbraio 2004 dallo stesso gruppo di Woo Suk Hwang.
LE APERTURE - Spagna e Germania hanno invece accolto positivamente gli annunci di Seul e Newcastle. Il ministro della sanità spagnolo, Elena Salgado, ritiene che ci sia appoggio sociale sufficiente nel Paese per giungere ad una legislazione che consenta la clonazione delle cellule, ma solo a fini terapeutici. E oggi il titolo di prima pagina del tedesco Sueddeutsche Zeitung sarà: «Dopo i successi in Inghilterra e in Corea del Sud il cancelliere Schroeder vuole facilitare la ricerca sulla clonazione».
Corriere della Sera 21.5.05
ROMA - «Mi si permetta la rude semplificazione: non si ...
Giovanna Cavalli
ROMA - «Mi si permetta la rude semplificazione: non si possono mettere le mutande alla scienza», osserva Alfredo Biondi , vicepresidente della Camera. «Questa è la prova che Cristoforo Colombo vedeva più lontano dei sapienti di Salamanca». E sottoscrive quanto sostenuto sul Corriere dal professor Edoardo Boncinelli dopo la produzione di cellule staminali da embrioni clonati eseguita dall’equipe coreana. Ha scritto il direttore del Sissa (Scuola internazionale di studi avanzati): «Il mondo va avanti e quando l’applicazione pratica di queste scoperte diverrà realtà sarà difficile non tenerne conto e impedire a chi soffre di andare a farsi curare dove è possibile». E ancora: «Le decisioni prese nel nostro Paese sono destinate ad essere annacquate da quelle degli altri. Con buona pace dei referendum».
La scienza dunque è più veloce della politica. «I fatti si confermano più forti di ragionamenti e pregiudizi, specie se si confonde la scienza con la fede», continua Biondi, schierato per 4 sì. «Il sapere non può essere imbrigliato. Come ho sostenuto il giorno che mi alzai in piedi e nel silenzio dei miei colleghi di Forza Italia dissi che lo Stato non può negare alle donne il diritto di essere madri». Vero che le scoperte scientifiche «bruciano» le leggi. «Ma proprio per questo serve votare sì al referendum sulla fecondazione», obietta Katia Zanotti dei Ds. «Dobbiamo abrogare un divieto che ci tiene fuori dal mondo, fare una legge più leggera, da rivedere ogni 4 o 5 anni. Altrimenti sì che restiamo indietro». Aggiunge la collega Gloria Buffo: «La scienza andrà sempre più veloce di noi. Ma almeno cerchiamo di salvare vite umane visto che in una scala di valori condivisi la salute e la vita sono più importanti dell’etica».
Ne dibatte il fronte del sì. Boncinelli «ha ragione» esulta Daniele Capezzone, segretario dei Radicali italiani. «Difatti gli avversari del referendum fanno una battaglia lunare. Come reagiranno di fronte alla prima guarigione clamorosa? Protesteranno? Dobbiamo evitare di scrivere leggi che tra un anno o una settimana verranno superate dalla realtà. Su 180 Paesi, soltanto il Costarica ha norme più restrittive».
Descrive la legge 40 sulla fecondazione come «un ircocervo» Margherita Boniver, sottosegretario agli Esteri. «Mai dubitato che la scienza proceda più velocemente della politica. Siamo di fronte alla più importante scoperta di questa generazione. Ma servono regole. Perciò mi unisco all’appello dei 77 premi Nobel per coniugare la libertà di ricerca con la dignità umana». Propone di affidarci alla scienza il senatore della Margherita Antonio Gaglione, cardiochirurgo, che in controtendenza col partito voterà «quattro bei sì». Spiega: «Il progresso non si può fermare, se queste cellule curano malattie ben venga la sperimentazione. Siamo tutti geneticamente modificati nei secoli. Mica sono uguale all’uomo di duemila anni fa».
La scienza ci supera? «Ecco perché bisogna fermarla, specie quando interviene in maniera invasiva sulla salute umana», argomenta il verde Paolo Cento. «Non si può accettare passivamente ogni scoperta, non quando si parla di clonazione. Il liberismo sulla vita mi fa paura». Condivide Ramon Mantovani di Rifondazione comunista: «La ricerca va regolamentata. Ma qui non c’entra la scienza. Qui c’è la volontà di trasformare uno Stato laico in uno Stato confessionale».
La Stampa 21 Maggio 2005
GERMANIA
Schroeder replica
«Io la liberalizzo»
Il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung ha aperto ieri la prima pagina con la notizia appresa da fonti governative secondo cui Gerhard Schroeder intenderebbe liberalizzare la ricerca sulle cellule staminali in Germania. Secondo il giornale di Amburgo la notizia del successo ottenuto dai ricercatori sudcoreani nella clonazione di cellule staminali su misura ha consolidato la convinzione del Cancelliere di modificare gradatamente le norme restrittive attualmente in vigore in Germania. La «Faz» anticipa che nel discorso che terrà il 14 giugno, in occasione del ricevimento di una laurea honoris a Gottinga, Schroeder si pronuncerà a favore della «clonazione terapeutica» e di una ricerca sulle cellule staminali senza più vincoli. In base alle norme attuali solo nove équipe di ricercatori sono autorizzate a portare avanti questo tipo di ricerca, e solo su cellule staminali importate dall'estero. Le indiscrezioni riportate dalla «Faz» sul problema della ricerca biologica liberalizzata sono state smentite dalle fonti ufficiali interessate.
un'intervista de "La Stampa" a Edoardo Boncinelli
La Stampa 21 Maggio 2005
I DUBBI DEL BIOLOGO: NON SONO RIUSCITI A ESTRARRE CELLULE STAMINALI
intervista
Boncinelli: gara di visibilità ma il risultato è modesto
Piero Bianucci
DA ieri l’obiettivo di una fabbrica di organi umani di ricambio sviluppati in laboratorio partendo da poche cellule è più vicino. Dopo i sudcoreani capeggiati da Woo Suk Hwang, anche gli inglesi guidati da Miograd Stojkovic sono riusciti a creare embrioni umani a scopo terapeutico, ad appena 9 mesi dall’autorizzazione concessa dalla Human Fertilisation and Embryology Autority, l’ente britannico preposto al controllo su queste ricerche.
Nella clonazione a fini terapeutici si estrae un ovulo da una donatrice e lo si priva del suo patrimonio genetico, quello materno. Poi si prende il nucleo di una singola cellula del corpo del paziente per il quale occorrono tessuti o organi sani e lo si mette dentro l’ovulo. L’embrione che ne deriverà avrà quindi esattamente il patrimonio genetico del paziente. Le cellule dell’embrione, dette staminali, possono trasformarsi in ogni organo o tessuto (pelle, ossa, sangue, sistema nervoso). Si tratta di pilotarne lo sviluppo fino a ottenere l’organo desiderato e poi di innestarlo nel paziente: non ci sarà rigetto perché organo coltivato e paziente hanno gli stessi geni.
A che punto siamo in questa impresa? Ne parliamo con Edoardo Boncinelli, biologo che ha fatto importanti scoperte sullo sviluppo embrionale, professore di biologia generale all’Istituto San Raffaele di Milano e autore di fortunati libri divulgativi.
Professor Boncinelli, in poche ore due notizie sulla clonazione di embrioni umani: l’annuncio del gruppo inglese dell’Università di Newcastle è arrivato subito dopo la pubblicazione del gruppo coreano. L’impressione è di assistere a una corsa...
«L’annuncio inglese sembra fatto proprio per rispondere alla pubblicazione dei coreani su “Science-express”: traspare la ricerca di visibilità».
In effetti il gruppo inglese è stato molto veloce: dal settembre 2004 ad oggi ha prodotto tre blastociti dai 36 ovuli messi a diposizione da 11 donne.
«Diciamo che gli inglesi hanno fatto un bello sprint ma il frutto della corsa è modesto: non sono riusciti a estrarre cellule staminali, come invece hanno fatto i coreani».
Di solito i biologi prima lavorano per produrre linee di cellule ben stabilizzate e uniformi. Quando questo materiale biologico è ottenuto, tutti i laboratori del mondo utilizzano quelle stesse linee cellulari. Si può quindi prevedere che, superata la fase iniziale, in futuro non sarà più necessario creare nuovi embrioni umani a scopo di ricerca, superando così le polemiche che dividono scienziati e opinione pubblica?
«Nel caso delle cellule di topo è stato così. A regime, si lavora su linee cellulari standard fornite da laboratori che funzionano un po’ come banche biologiche. Ma non sappiamo ancora se e quando ciò sarà possibile con cellulle embrionali umane».
Qual è il messaggio che possiamo ricavare dai due annunci?
«La cosa più importante è ora che due laboratori possono confrontare i loro risultati. Nel campo scientifico il fatto che ci siano più gruppi a lavorare sulle stesse cose è sempre un fattore di controllo e di accelerazione degli studi».
In Italia in vista del referendum dell’11-12 giugno, ma in generale in tutti i Paesi, si discute se per ottenere cellule staminali sia proprio necessario clonare embrioni umani oppure si possano ottenere gli stessi risultati partendo dalle cellule del cordone ombelicale o da quelle piccole popolazioni di cellule staminali che hanno anche le persone adulte: qual è la sua posizione su questo dibattito?
«Le cellule del cordone ombelicale hanno applicazioni limitate, non mi farei troppe illusioni. Le staminali adulte sono più promettenti ma anche qui il lavoro è tutto da fare. C’è il vantaggio però che queste cellule non pongono problemi etici».
Possiamo dire che il primo passo, ottenere cellule staminali da embrioni umani, è compiuto. Ora si deve imparare a pilotare lo sviluppo di queste cellule in modo che si trasformino negli organi di cui i medici hanno bisogno per curare malattie come il diabete, il Parkinson e così via. Questi passi ulteriori sono più difficili rispetto al primo passo?
«Sono problemi di natura molto diversa. Bene o male c’è una certa esperienza di clonazione ma come si induca una cellula staminale a maturare nella direzione desiderata è ancora da capire. Bisognerà esporre le cellule staminali a una grande varietà di sostanze e vedere come reagiscono fino a individuare le sostanze adatte per ogni tipo di tessuto che vogliamo ottenere. Può darsi che in alcuni casi la soluzione sia abbastanza facile, in altri potrebbero essere necessari decenni o si potrebbe anche non riuscirci mai».
I DUBBI DEL BIOLOGO: NON SONO RIUSCITI A ESTRARRE CELLULE STAMINALI
intervista
Boncinelli: gara di visibilità ma il risultato è modesto
Piero Bianucci
DA ieri l’obiettivo di una fabbrica di organi umani di ricambio sviluppati in laboratorio partendo da poche cellule è più vicino. Dopo i sudcoreani capeggiati da Woo Suk Hwang, anche gli inglesi guidati da Miograd Stojkovic sono riusciti a creare embrioni umani a scopo terapeutico, ad appena 9 mesi dall’autorizzazione concessa dalla Human Fertilisation and Embryology Autority, l’ente britannico preposto al controllo su queste ricerche.
Nella clonazione a fini terapeutici si estrae un ovulo da una donatrice e lo si priva del suo patrimonio genetico, quello materno. Poi si prende il nucleo di una singola cellula del corpo del paziente per il quale occorrono tessuti o organi sani e lo si mette dentro l’ovulo. L’embrione che ne deriverà avrà quindi esattamente il patrimonio genetico del paziente. Le cellule dell’embrione, dette staminali, possono trasformarsi in ogni organo o tessuto (pelle, ossa, sangue, sistema nervoso). Si tratta di pilotarne lo sviluppo fino a ottenere l’organo desiderato e poi di innestarlo nel paziente: non ci sarà rigetto perché organo coltivato e paziente hanno gli stessi geni.
A che punto siamo in questa impresa? Ne parliamo con Edoardo Boncinelli, biologo che ha fatto importanti scoperte sullo sviluppo embrionale, professore di biologia generale all’Istituto San Raffaele di Milano e autore di fortunati libri divulgativi.
Professor Boncinelli, in poche ore due notizie sulla clonazione di embrioni umani: l’annuncio del gruppo inglese dell’Università di Newcastle è arrivato subito dopo la pubblicazione del gruppo coreano. L’impressione è di assistere a una corsa...
«L’annuncio inglese sembra fatto proprio per rispondere alla pubblicazione dei coreani su “Science-express”: traspare la ricerca di visibilità».
In effetti il gruppo inglese è stato molto veloce: dal settembre 2004 ad oggi ha prodotto tre blastociti dai 36 ovuli messi a diposizione da 11 donne.
«Diciamo che gli inglesi hanno fatto un bello sprint ma il frutto della corsa è modesto: non sono riusciti a estrarre cellule staminali, come invece hanno fatto i coreani».
Di solito i biologi prima lavorano per produrre linee di cellule ben stabilizzate e uniformi. Quando questo materiale biologico è ottenuto, tutti i laboratori del mondo utilizzano quelle stesse linee cellulari. Si può quindi prevedere che, superata la fase iniziale, in futuro non sarà più necessario creare nuovi embrioni umani a scopo di ricerca, superando così le polemiche che dividono scienziati e opinione pubblica?
«Nel caso delle cellule di topo è stato così. A regime, si lavora su linee cellulari standard fornite da laboratori che funzionano un po’ come banche biologiche. Ma non sappiamo ancora se e quando ciò sarà possibile con cellulle embrionali umane».
Qual è il messaggio che possiamo ricavare dai due annunci?
«La cosa più importante è ora che due laboratori possono confrontare i loro risultati. Nel campo scientifico il fatto che ci siano più gruppi a lavorare sulle stesse cose è sempre un fattore di controllo e di accelerazione degli studi».
In Italia in vista del referendum dell’11-12 giugno, ma in generale in tutti i Paesi, si discute se per ottenere cellule staminali sia proprio necessario clonare embrioni umani oppure si possano ottenere gli stessi risultati partendo dalle cellule del cordone ombelicale o da quelle piccole popolazioni di cellule staminali che hanno anche le persone adulte: qual è la sua posizione su questo dibattito?
«Le cellule del cordone ombelicale hanno applicazioni limitate, non mi farei troppe illusioni. Le staminali adulte sono più promettenti ma anche qui il lavoro è tutto da fare. C’è il vantaggio però che queste cellule non pongono problemi etici».
Possiamo dire che il primo passo, ottenere cellule staminali da embrioni umani, è compiuto. Ora si deve imparare a pilotare lo sviluppo di queste cellule in modo che si trasformino negli organi di cui i medici hanno bisogno per curare malattie come il diabete, il Parkinson e così via. Questi passi ulteriori sono più difficili rispetto al primo passo?
«Sono problemi di natura molto diversa. Bene o male c’è una certa esperienza di clonazione ma come si induca una cellula staminale a maturare nella direzione desiderata è ancora da capire. Bisognerà esporre le cellule staminali a una grande varietà di sostanze e vedere come reagiscono fino a individuare le sostanze adatte per ogni tipo di tessuto che vogliamo ottenere. Può darsi che in alcuni casi la soluzione sia abbastanza facile, in altri potrebbero essere necessari decenni o si potrebbe anche non riuscirci mai».
un altro articolo su «L'ora di religione» del "Philadelphia Inquirer"
Philadelphia Inquirer Posted on Fri, May. 20, 2005
"My Mother" filled with religious, moral intrigue
By SONO MOTOYAMA
sono@phillynews.com
If nothing else, Italian provocateur Marco Bellocchio's "My Mother's Smile" demonstrates the pervasiveness of the Catholic Church in everyday Italian - or at least Roman - life. Even for nonbelievers who are running for their lives.
Ernesto (Sergio Castellitto), a successful painter and illustrator, gets a knock on the door one morning. It's a papal emissary, with some startling news: His deceased mother is being considered for sainthood. He is expected to testify on her behalf during an audience with a cardinal the following day.
This is a problem for Ernesto for two reasons: a) He hated his mother; and b) he is an atheist.
As played by Castellitto, with his mournful face and baggy Al Pacino eyes, Ernesto is a sympathetic character at a crossroads in his life. He is separated from his wife, Irene (Jacqueline Lustig), but extremely devoted to his son, Leonardo (Alberto Mondini). He is committed to his artwork but also does illustrations for a publisher he dislikes. He hated his mother (and by extension, her religiosity), whom he describes flatly as "stupid," but finds he has inherited her supercilious smile. "I never want to smile again!" he yells in frustration at one point.
The bombshell about his mother forces him to confront his beliefs - especially since his young son has begun asking questions about God - and his family. And what a doozy of a family it is. We gradually find out in horror, along with Ernesto, that his family, including his estranged wife, has been quietly plotting behind his back to get his mother canonized for three years - and for the most cynical reasons. (Bellocchio has apparently called his movie "a very odd thriller.")
In a chilling meeting with his Aunt Maria (a scarily pragmatic Piera Degli Esposti), who is no more a believer than he, Ernesto learns that she expects him go along with lies about the circumstances of his mother's death so she can be canonized. His mother, who was murdered by one of his brothers, the insane Egidio (Donato Placido), must have been pleading with her son not to blaspheme at the time of her murder, and she must have forgiven her murderer before her death, in order to become a saint.
Aunt Maria also would like Ernesto to use his influence with Egidio - who has refused to speak - to "confess" to the circumstances of the murder. And she wants Ernesto to convert. In return, his mother's beatification will restore what she perceives to be the well-to-do family's lost prestige.
Maria, like other characters in the film, views the practice of Catholicism as an "insurance policy." And the characters continually stress the material benefits of having a saint in the family. No doubt these factors led the real-life church to deem the film blasphemous.
"My Mother's Smile" is stalled but not derailed by some odd, surrealistic moments - concerning a count who challenges Ernesto to a duel and a beautiful, mysterious woman who may or may not have been planted by his family and/or the church. Despite these moments - and despite the church's views - the 2002 film's long-delayed U.S. release is a blessing, partly because of Catellitto's strong performance but also for Pasquale Mari's rich cinematography of this engrossing story.
In Italian, with English subtitles. Produced by Marco Bellocchio and Sergio Pelone, directed by Marco Bellocchio, written by Marco Bellocchio, music by Riccardo Giagni, distributed by New Yorker Films.
"My Mother" filled with religious, moral intrigue
By SONO MOTOYAMA
sono@phillynews.com
If nothing else, Italian provocateur Marco Bellocchio's "My Mother's Smile" demonstrates the pervasiveness of the Catholic Church in everyday Italian - or at least Roman - life. Even for nonbelievers who are running for their lives.
Ernesto (Sergio Castellitto), a successful painter and illustrator, gets a knock on the door one morning. It's a papal emissary, with some startling news: His deceased mother is being considered for sainthood. He is expected to testify on her behalf during an audience with a cardinal the following day.
This is a problem for Ernesto for two reasons: a) He hated his mother; and b) he is an atheist.
As played by Castellitto, with his mournful face and baggy Al Pacino eyes, Ernesto is a sympathetic character at a crossroads in his life. He is separated from his wife, Irene (Jacqueline Lustig), but extremely devoted to his son, Leonardo (Alberto Mondini). He is committed to his artwork but also does illustrations for a publisher he dislikes. He hated his mother (and by extension, her religiosity), whom he describes flatly as "stupid," but finds he has inherited her supercilious smile. "I never want to smile again!" he yells in frustration at one point.
The bombshell about his mother forces him to confront his beliefs - especially since his young son has begun asking questions about God - and his family. And what a doozy of a family it is. We gradually find out in horror, along with Ernesto, that his family, including his estranged wife, has been quietly plotting behind his back to get his mother canonized for three years - and for the most cynical reasons. (Bellocchio has apparently called his movie "a very odd thriller.")
In a chilling meeting with his Aunt Maria (a scarily pragmatic Piera Degli Esposti), who is no more a believer than he, Ernesto learns that she expects him go along with lies about the circumstances of his mother's death so she can be canonized. His mother, who was murdered by one of his brothers, the insane Egidio (Donato Placido), must have been pleading with her son not to blaspheme at the time of her murder, and she must have forgiven her murderer before her death, in order to become a saint.
Aunt Maria also would like Ernesto to use his influence with Egidio - who has refused to speak - to "confess" to the circumstances of the murder. And she wants Ernesto to convert. In return, his mother's beatification will restore what she perceives to be the well-to-do family's lost prestige.
Maria, like other characters in the film, views the practice of Catholicism as an "insurance policy." And the characters continually stress the material benefits of having a saint in the family. No doubt these factors led the real-life church to deem the film blasphemous.
"My Mother's Smile" is stalled but not derailed by some odd, surrealistic moments - concerning a count who challenges Ernesto to a duel and a beautiful, mysterious woman who may or may not have been planted by his family and/or the church. Despite these moments - and despite the church's views - the 2002 film's long-delayed U.S. release is a blessing, partly because of Catellitto's strong performance but also for Pasquale Mari's rich cinematography of this engrossing story.
In Italian, with English subtitles. Produced by Marco Bellocchio and Sergio Pelone, directed by Marco Bellocchio, written by Marco Bellocchio, music by Riccardo Giagni, distributed by New Yorker Films.
Iscriviti a:
Post (Atom)