segnalato da Carminia Pucci
La malattia mentale
dopo la legge Basaglia
Silvano Aseglio
Nostro figlio è schizofrenico. Dall'ultimo ricovero in ospedale è uscito prostrato e curvo: i medici impostano la terapia farmacologica e gli infermieri la somministrano, senza alcun aiuto psicologico tendente al recupero del paziente. Le comunità pubbliche di riabilitazione sono pressoché inesistenti, i pazienti dimessi dai reparti psichiatrici sono abbandonati a se stessi, lasciati sulle spalle delle famiglie. I malati psichiatrici non fanno "lobby", per cui di loro non s'interessa nessuno, se non le strutture private (che hanno costi proibitivi: ho sentito parlare di 5.000 euro mensili!). Questo per il ricovero. E dopo? Il nulla più assoluto. Strutture insufficienti, niente soldi, gli utenti sono troppi e si va avanti "a naso", giorno dopo giorno, senza una visione d'insieme. Il futuro dei più disagiati e deboli è affidato così al caso. Ora mi chiedo: è possibile attuare la legge Basaglia nella sua totalità?
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»
L'ASSOCIAZIONE CULTURALE
sabato 13 novembre 2004
Cina
il Gazzettino 13.11.04
CRISI ENERGETICA
LA FAME DI PETROLIO DEL GIGANTE CINA
di ALDO FORBICE
La Cina ha conquistato di recente un grande spazio nei media. E'difficile infatti ignorare un paese continente di un miliardo e 300 milioni di abitanti, che sta conoscendo una crescita travolgente (anche quest'anno toccherà il 9 %), che non rispetta le regole dei mercati mondiali (pur facendo parte del Wto dal 2001), che sta mettendo in ginocchio interi comparti dell'industria e dell'agricoltura dell'Occidente. Anche l'Italia, com'è noto, è in serissime difficoltà per la concorrenza della Repubblica popolare cinese in numerosi settori (tessile-abbigliamento, occhialeria, arredamenti, ecc.). La Cina, fra l'altro, ha contribuito sensibilmente a sconvolgere i prezzi del greggio per la sua crescente richiesta di petrolio. Contrariamente a quanto si è affermato nei mesi scorsi, infatti, la crescita dei prezzi petroliferi non è attribuibile all'Iraq, alla Nigeria o al Venezuela. Solo nel 2003 la Cina ha visto crescere di un quinto il suo fabbisogno di petrolio e, per la prima volta, ha scalzato dal secondo posto il Giappone, dopo gli Usa, dalla classifica di paesi consumatori. La continua frequenza dei black out ha convinto infatti i governanti di questo immenso paese ha fare incetta di greggio sul mercato mondiale con l'inevitabile impennata dei prezzi. E dire che appena dieci anni fa (1994) tutto il greggio estratto in Cina era destinato all'esportazione. Ora non solo quel petrolio non è sufficiente per i bisogni del paese, ma ne viene importato in quantità sempre più massicce (da gennaio ad aprile 2004, 40 milioni di tonnellate, ovvero un terzo in più rispetto all'anno precedente). Ma nei prossimi 10-15 anni, la Cina potrebbe scalzare gli stessi Stati Uniti dal primo posto nella classifica dei paesi consumatori di petrolio. Ecco perché da tempo si è scatenata la "guerra",tra i grandi Stati e le compagnie petrolifere ,per la conquista di nuove fonti di approvvigionamento in tutto il pianeta. La "China National Offshore Oil Corporation" ,ad esempio,ha acquistato di recente i diritti di estrazione in Australia e in Indonesia e importanti contratti di fornitura con Azerbaigian e Kazakistan.
LA FAME
Del resto, il nuovo premier Hu Jintao, più del predecessore Jiang Zemin, va in giro per il mondo per contrattare e firmare accordi petroliferi (di recente è stato nel Gabon e nell'Uzbeikistan). Circa metà del petrolio importato dalla Cina proviene dal Golfo Persico, con in testa Iran e Arabia Saudita. E il "liberale" Jintao cerca di svincolarsi da un'area politicamente rovente, ricorrendo a giacimenti di altri Paesi, a nuove fonti energetiche (quattro nuove centrali nucleari sono in costruzione). Addirittura fa arrivare il greggio da giacimenti della Siberia, in concorrenza col Giappone, con la installazione di 2.300 chilometri di tubi, da Angarsk a Daqing.La guerra per il petrolio coinvolge sempre più apertamente il gigante Cina. Cosa faranno ora George W. Bush, Vladimir Putin e l'Unione europea? Per il presidente della Commissione Ue, Barroso, sarà questa una delle più importanti "gatte da pelare" anche perché dovrà decidere sulla richiesta francese e tedesca di togliere l'embargo europeo sulla vendita di armi alla Cina.
Jacques Chirac insiste molto ma, osserva "Le Monde", perché dovrebbe essere superato l'embargo deciso nel 1989 subito la strage di Tienanmen "visto che non c'è stato un progresso decisivo verso lo Stato di diritto,visto che la Cina resta lo Stato che mantiene il più grande gulag del mondo, che pratica la pena di morte in scala più che proporzionata all'immensità della sua popolazione?"
Aldo Forbice
CRISI ENERGETICA
LA FAME DI PETROLIO DEL GIGANTE CINA
di ALDO FORBICE
La Cina ha conquistato di recente un grande spazio nei media. E'difficile infatti ignorare un paese continente di un miliardo e 300 milioni di abitanti, che sta conoscendo una crescita travolgente (anche quest'anno toccherà il 9 %), che non rispetta le regole dei mercati mondiali (pur facendo parte del Wto dal 2001), che sta mettendo in ginocchio interi comparti dell'industria e dell'agricoltura dell'Occidente. Anche l'Italia, com'è noto, è in serissime difficoltà per la concorrenza della Repubblica popolare cinese in numerosi settori (tessile-abbigliamento, occhialeria, arredamenti, ecc.). La Cina, fra l'altro, ha contribuito sensibilmente a sconvolgere i prezzi del greggio per la sua crescente richiesta di petrolio. Contrariamente a quanto si è affermato nei mesi scorsi, infatti, la crescita dei prezzi petroliferi non è attribuibile all'Iraq, alla Nigeria o al Venezuela. Solo nel 2003 la Cina ha visto crescere di un quinto il suo fabbisogno di petrolio e, per la prima volta, ha scalzato dal secondo posto il Giappone, dopo gli Usa, dalla classifica di paesi consumatori. La continua frequenza dei black out ha convinto infatti i governanti di questo immenso paese ha fare incetta di greggio sul mercato mondiale con l'inevitabile impennata dei prezzi. E dire che appena dieci anni fa (1994) tutto il greggio estratto in Cina era destinato all'esportazione. Ora non solo quel petrolio non è sufficiente per i bisogni del paese, ma ne viene importato in quantità sempre più massicce (da gennaio ad aprile 2004, 40 milioni di tonnellate, ovvero un terzo in più rispetto all'anno precedente). Ma nei prossimi 10-15 anni, la Cina potrebbe scalzare gli stessi Stati Uniti dal primo posto nella classifica dei paesi consumatori di petrolio. Ecco perché da tempo si è scatenata la "guerra",tra i grandi Stati e le compagnie petrolifere ,per la conquista di nuove fonti di approvvigionamento in tutto il pianeta. La "China National Offshore Oil Corporation" ,ad esempio,ha acquistato di recente i diritti di estrazione in Australia e in Indonesia e importanti contratti di fornitura con Azerbaigian e Kazakistan.
LA FAME
Del resto, il nuovo premier Hu Jintao, più del predecessore Jiang Zemin, va in giro per il mondo per contrattare e firmare accordi petroliferi (di recente è stato nel Gabon e nell'Uzbeikistan). Circa metà del petrolio importato dalla Cina proviene dal Golfo Persico, con in testa Iran e Arabia Saudita. E il "liberale" Jintao cerca di svincolarsi da un'area politicamente rovente, ricorrendo a giacimenti di altri Paesi, a nuove fonti energetiche (quattro nuove centrali nucleari sono in costruzione). Addirittura fa arrivare il greggio da giacimenti della Siberia, in concorrenza col Giappone, con la installazione di 2.300 chilometri di tubi, da Angarsk a Daqing.La guerra per il petrolio coinvolge sempre più apertamente il gigante Cina. Cosa faranno ora George W. Bush, Vladimir Putin e l'Unione europea? Per il presidente della Commissione Ue, Barroso, sarà questa una delle più importanti "gatte da pelare" anche perché dovrà decidere sulla richiesta francese e tedesca di togliere l'embargo europeo sulla vendita di armi alla Cina.
Jacques Chirac insiste molto ma, osserva "Le Monde", perché dovrebbe essere superato l'embargo deciso nel 1989 subito la strage di Tienanmen "visto che non c'è stato un progresso decisivo verso lo Stato di diritto,visto che la Cina resta lo Stato che mantiene il più grande gulag del mondo, che pratica la pena di morte in scala più che proporzionata all'immensità della sua popolazione?"
Aldo Forbice
Iscriviti a:
Post (Atom)