Corriere della Sera 4.3.04
Il testamento dello «scienziato umanista» scomparso, autore di opere divulgative tradotte in tutto il mondo
Giù le mani da Darwin, signori creazionisti
di EDOARDO BONCINELLI
La teoria dell'evoluzione biologica, originariamente proposta da Darwin più o meno 150 anni fa, gode di ottima salute, nonostante i ripetuti drammatici annunci di una sua fine imminente e si presenta capace di fornire una valida cornice teorica a un'enorme varietà di fenomeni biologici. Negli anni precedenti alla seconda guerra mondiale la teoria ha raggiunto una formulazione pressoché definitiva, arricchita e affinata dall'apporto delle fondamentali scoperte della genetica dell'epoca. Da allora solo due sono stati i contributi veramente significativi all'edificio. Uno di essi si deve a Stephen Jay Gould, in collaborazione e consonanza con Niles Eldredge. L'anno scorso Gould se ne è andato, ancora relativamente giovane, lasciando un grande vuoto nella comunità scientifica e non solo in quella. La profondità e la ricchezza del suo ingegno lo avevano, infatti, imposto all'attenzione generale come grandissimo divulgatore e appassionato polemista, a volte anche violento ma sempre onesto; un tratto, quest'ultimo, che lo differenzia nettamente da altri polemisti della nostra epoca. Le sue opere divulgative principali sono state tradotte in tutte le lingue e hanno un grande seguito anche nel nostro Paese. Altre stanno uscendo adesso. La più recente è quella intitolata "I fossili di Leonardo e il pony di Sofia" (pp. 448, € 19), edita dal Saggiatore. Si tratta di una raccolta di articoli comparsi negli anni su una rivista internazionale di storia naturale. L'autore vi si definisce un naturalista umanista, lasciando chiaramente intendere che le cose non stiano sempre in questi termini. Del naturalista ha l'amore per i fenomeni della natura e per ogni dettaglio, anche il più minuto, del mondo vivente, nonché il rigore dello scienziato. Dell’umanista ha una premurosa attenzione per gli aspetti umani delle vicende naturali e per la storia delle idee, come pure il puntiglio del filologo per ricostruire documenti e carteggi e ricondurli al loro Zeitgeist, al loro spirito del tempo.
Gould è certamente nel suo centro quando descrive e commenta un fenomeno naturale, girandolo e rigirandolo, per coglierne tutti gli aspetti e comunicarli con rara efficacia al lettore, sia che parli di acquari o di rizocefali, del dodo estinto o del bradipo, del collo della giraffa o di quello dell'avvoltoio, delle pitture rupestri o dei canali di Marte. Ma rivela la stessa passione e lo stesso rigore quando analizza un'enciclica papale o uno scritto seicentesco del grande fisico Robert Boyle. Gould è un appassionato e appassionante difensore della teoria dell'evoluzione, della quale pure ha criticato alcune esagerazioni e un certo manierismo melenso.
E' interessante notare a questo proposito la differenza che corre tra l'opposizione alla teoria stessa nel mondo anglosassone e nel nostro. In questi anni si è assistito al sorgere soprattutto negli Stati Uniti del movimento creazionista, il quale è riuscito a imporre in alcuni Stati che nelle scuole si insegni, oltre alla teoria della evoluzione, l’opposta visione del mondo. I creazionisti rigettano completamente la ricostruzione degli eventi che hanno condotto alle specie attuali sulla base della teoria evoluzionistica e sostengono che tutto è avvenuto, alla lettera, come è scritto nel Vecchio Testamento. La loro argomentazione fondamentale è che, poiché la teoria dell'evoluzione non sa spiegare certe cose, non ha alcun titolo per essere imposta come reale versione dei fatti.
Si tratta, fa notare l’autore, di «un fenomeno locale della storia socioculturale americana», che affonda le sue radici in un certo fondamentalismo protestante. Da noi le cose sono diverse. Al di là della posizione ufficiale della chiesa di Roma, che è giunta a una faticosa accettazione delle affermazioni della teoria evoluzionista, a patto che non si parli di un'origine materiale dell'anima umana, prevale nella gente un atteggiamento di diffidenza e sostanziale ignoranza nei riguardi della teoria, come del resto di quasi tutte le idee della moderna biologia. Molti ne dubitano apertamente, altri se ne dicono convinti assertori e ridicolizzano magari i creazionisti americani, ma mostrano chiaramente di non conoscerla o di non conoscerne le implicazioni. Soprattutto se si tratta della specie umana e della sua storia. Personalmente preferisco chi la avversa a chi la ignora.
Di ben diverso taglio è invece il volume "La struttura della teoria dell’evoluzione" (pp. 1732, € 58, Codice edizioni). Si tratta dell'ultima opera, completata poco prima della morte, una sorta di testamento scientifico. Sentendosi prossimo alla fine, Gould ha voluto consegnare ai posteri una summa della sua visione dei vari aspetti della teoria. Vi si può trovare una brillante esposizione di quelli che sono i punti fondamentali di questa scienza e dei suoi capisaldi, esaminati nei diversi momenti della loro evoluzione concettuale.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»
L'ASSOCIAZIONE CULTURALE
giovedì 4 marzo 2004
"Buongiorno, notte" su La Libre Belgique
La Libre Belgique 3.3.04
Buongiorno, notte ***
Voyage au bout de la nuit
Marco Bellocchio signe un film admirable autour de l'enlèvement d'Aldo Moro
par Jean-François Pluijgers
Rome, 1978. Les Brigades Rouges enlèvent Aldo Moro, le chef de la Démocratie chrétienne, sur le point, selon toute vraisemblance, de conclure une alliance de gouvernement avec les communistes, alliance qui les aurait définitivement marginalisées. Dans l'appartement où l'otage est installé sous bonne garde, le temps s'étire. Soit un horizon atone où, entre les réflexions des ravisseurs et l'écho de l'extérieur que leur renvoient les médias, plane l'ombre d'Aldo Moro, confiné dans une cache, mais dont la présence devient bientôt obsédante...
LA FIN D'UNE UTOPIE
C'est ce quotidien, morne et affolant, que restitue «Buongiorno, notte», de Marco Bellocchio, un film inspiré des souvenirs de Laura Braghetti, une ancienne «brigadiste» qui avait pris part à l'enlèvement. Soit la chronique blafarde d'un drame humain qui conduira à l'exécution de Moro après 55 jours de captivité; aboutissement de la confrontation de deux logiques aussi absurdes qu'antagonistes.
Impossible de ne pas faire le lien entre ce film et «The Dreamers», de Bernardo Bertolucci, sorti il y a huit jours. Comme si, là où ce dernier célébrait l'utopie soixante-huitarde et l'éventail de possibilités qu'elle ouvrait, Bellocchio, lui, venait fermer le ban avec «Buongiorno, Notte». Dix ans plus tard, en effet, l'enlèvement de Moro et son assassinat consacrent la fin d'un rêve et la plongée dans les années de plomb - un traumatisme dont l'Italie continue de mesurer les effets. Pour preuve, l'accueil réservé à ce film à la récente Mostra de Venise - dont on l'aurait bien vu repartir avec le Lion d'or plutôt qu'avec un curieux Prix de la meilleure contribution artistique, d'ailleurs.
Rouvrant une tragique page d'histoire - mais en donnant une libre interprétation, le film n'est aucunement un docu-drame -, Bellocchio, s'il en souligne la complexité et en pose divers enjeux (non sans dénoncer tout autant l'extrémisme vain des terroristes que les expédients douteux du pouvoir), privilégie pourtant l'aspect humain des événements. Le pivot du film, c'est, au-delà de Moro bien sûr et de son éprouvante agonie, Chiara (Maya Sansa, que l'on retrouve, remarquable, après sa prestation de «La Meglio Gioventu»), jeune femme ayant épousé la cause des Brigades, mais dont les convictions sont bientôt mises à mal au contact de l'otage.
AU-DELA DE L'HISTOIRE
Etrange rapport, du reste, que celui s'instituant entre ce dernier et ses ravisseurs, Moro (Roberto Herlitzka) multipliant les réflexions et jouant à fond d'une autorité somme toutes paternelle pour insinuer le doute dans les esprits, celui de sa géôlière en particulier. Débute alors pour elle un délicat voyage intérieur, que met admirablement en scène Bellocchio en fondant réalisme plat et onirisme - ajoutant au huis clos étouffant des échappées fantasmées par Chiara, parmi lesquelles la libération d'Aldo Moro.
On sait, toutefois, ce qu'il en advint... Si bien qu'au terme de ce drame psychologique doublé d'un intime voyage au bout de la nuit, se greffe, au deuil des illusions personnelles, la perspective d'un irrémédiable basculement.
Si «Buongiorno, notte» alimente un indispensable et difficile travail de mémoire, l'habileté de Bellocchio réside dans sa capacité à s'être dégagé du carcan de l'Histoire. Que les motivations des uns et des autres apparaissent, à la lumière du film, nébuleuses et surtout dérisoires, voilà qui ne fait pas l'ombre d'un doute. Au-delà de ce constat, c'est sur une réflexion plus vaste que débouche ce film, alimentant un débat qui, en ces temps de polarisation extrême, trouve une résonance toute particulière. Admirable et bouleversante, d'une incontestable pertinence également, une oeuvre venue confirmer, après «Le sourire de ma mère», le retour au tout premier plan du réalisateur des «Poings dans les poches» et autres «Saut dans le vide»; ce qui a tout lieu de nous réjouir.
© La Libre Belgique 2004
Buongiorno, notte ***
Voyage au bout de la nuit
Marco Bellocchio signe un film admirable autour de l'enlèvement d'Aldo Moro
par Jean-François Pluijgers
Rome, 1978. Les Brigades Rouges enlèvent Aldo Moro, le chef de la Démocratie chrétienne, sur le point, selon toute vraisemblance, de conclure une alliance de gouvernement avec les communistes, alliance qui les aurait définitivement marginalisées. Dans l'appartement où l'otage est installé sous bonne garde, le temps s'étire. Soit un horizon atone où, entre les réflexions des ravisseurs et l'écho de l'extérieur que leur renvoient les médias, plane l'ombre d'Aldo Moro, confiné dans une cache, mais dont la présence devient bientôt obsédante...
LA FIN D'UNE UTOPIE
C'est ce quotidien, morne et affolant, que restitue «Buongiorno, notte», de Marco Bellocchio, un film inspiré des souvenirs de Laura Braghetti, une ancienne «brigadiste» qui avait pris part à l'enlèvement. Soit la chronique blafarde d'un drame humain qui conduira à l'exécution de Moro après 55 jours de captivité; aboutissement de la confrontation de deux logiques aussi absurdes qu'antagonistes.
Impossible de ne pas faire le lien entre ce film et «The Dreamers», de Bernardo Bertolucci, sorti il y a huit jours. Comme si, là où ce dernier célébrait l'utopie soixante-huitarde et l'éventail de possibilités qu'elle ouvrait, Bellocchio, lui, venait fermer le ban avec «Buongiorno, Notte». Dix ans plus tard, en effet, l'enlèvement de Moro et son assassinat consacrent la fin d'un rêve et la plongée dans les années de plomb - un traumatisme dont l'Italie continue de mesurer les effets. Pour preuve, l'accueil réservé à ce film à la récente Mostra de Venise - dont on l'aurait bien vu repartir avec le Lion d'or plutôt qu'avec un curieux Prix de la meilleure contribution artistique, d'ailleurs.
Rouvrant une tragique page d'histoire - mais en donnant une libre interprétation, le film n'est aucunement un docu-drame -, Bellocchio, s'il en souligne la complexité et en pose divers enjeux (non sans dénoncer tout autant l'extrémisme vain des terroristes que les expédients douteux du pouvoir), privilégie pourtant l'aspect humain des événements. Le pivot du film, c'est, au-delà de Moro bien sûr et de son éprouvante agonie, Chiara (Maya Sansa, que l'on retrouve, remarquable, après sa prestation de «La Meglio Gioventu»), jeune femme ayant épousé la cause des Brigades, mais dont les convictions sont bientôt mises à mal au contact de l'otage.
AU-DELA DE L'HISTOIRE
Etrange rapport, du reste, que celui s'instituant entre ce dernier et ses ravisseurs, Moro (Roberto Herlitzka) multipliant les réflexions et jouant à fond d'une autorité somme toutes paternelle pour insinuer le doute dans les esprits, celui de sa géôlière en particulier. Débute alors pour elle un délicat voyage intérieur, que met admirablement en scène Bellocchio en fondant réalisme plat et onirisme - ajoutant au huis clos étouffant des échappées fantasmées par Chiara, parmi lesquelles la libération d'Aldo Moro.
On sait, toutefois, ce qu'il en advint... Si bien qu'au terme de ce drame psychologique doublé d'un intime voyage au bout de la nuit, se greffe, au deuil des illusions personnelles, la perspective d'un irrémédiable basculement.
Si «Buongiorno, notte» alimente un indispensable et difficile travail de mémoire, l'habileté de Bellocchio réside dans sa capacité à s'être dégagé du carcan de l'Histoire. Que les motivations des uns et des autres apparaissent, à la lumière du film, nébuleuses et surtout dérisoires, voilà qui ne fait pas l'ombre d'un doute. Au-delà de ce constat, c'est sur une réflexion plus vaste que débouche ce film, alimentant un débat qui, en ces temps de polarisation extrême, trouve une résonance toute particulière. Admirable et bouleversante, d'une incontestable pertinence également, une oeuvre venue confirmer, après «Le sourire de ma mère», le retour au tout premier plan du réalisateur des «Poings dans les poches» et autres «Saut dans le vide»; ce qui a tout lieu de nous réjouir.
© La Libre Belgique 2004
attacchi di panico, l'approccio organicistico
Yahoo! Notizie Mercoledì 3 Marzo 2004, 0:36
Attacchi di panico: nei giovani possono essere sintomo di disagio sociale
Di Italiasalute.it
Recenti ricerche hanno confermato che l'attacco di panico è legato a fattori genetici. Il fatto che il sintomo si presenta in maniera sempre più frequente anche in giovane età fa pensare ad un'importante incidenza di fattori ambientali.
A fornire argomenti interessanti per l'origine genetica degli attacchi di panico avevano già contribuito i ricercatori dell'Istituto di biologia medica e molecolare di Barcellona uno studio pubblicato sulla rivista New Scientist. Nello studio si arrivava alla conclusione che lo scatenamento degli attacchi di panico ha alla base un'anomalia genetica. Come responsabile di questa vulnerabilità i ricercatori individuarono una piccola regione del cromosoma 15, che appare raddoppiata nei pazienti colpiti.
Una ricerca più recente (di poco più di un mese fa) conferma la possibilità che ci sia una spiegazione genetica agli attacchi di panico, infatti le persone che ne soffrono hanno ridotte quantita' di una molecola in alcuni circuiti cerebrali connessi con la genesi dell'ansia. Molecola che si trova in alcuni circuiti cerebrali connessi con la genesi dell'ansia. La molecola in deficit e' il recettore della serotonina 5-HT1A, noto per essere il bersaglio farmacologico di alcuni tra i piu' famosi ansiolitici. Autori della scoperta sono Alexander Neumeister e Wayne Drevets, del National Institute of Mental Health (NIMH) e a riferirlo è stata la rivista Journal of Neuroscience.
Si calcola che l'attacco di panico è un problema che affligge il 2% della popolazione mondiale.
Una ricerca su 'Disagio giovanile e attacchi di panico' realizzata a Torino dall'Associazione per la ricerca sulla depressione parla di dati molto più allarmanti: il 33% dei giovani tra i 18 e i 25 anni soffrirebbe di attacchi di panico.
Un dato così elevato fa pensare che se una predisposizione genetica è alla base dell'insorgenza dell'attacco di panico, il fattore ambientale, ed in particolare sociale, ha un ruolo determinante nel manifestarsi di quella predisposizione o nell'insorgenza tout-court del disturbo.
Nei giovani la solitudine, l'incomunicabilita', le situazioni familiari critiche e le difficolta' nell'approccio con il mondo del lavoro possono esprimersi con il ricorso ad alcol o stupefacenti, con atteggiamenti a volte violenti e aggressivi. In questo quadro, gli attacchi di panico diventano un'ulteriore mezzo di espressione psichica del malessere e del disagio, dicono gli esperti. Lo studio clinico piemontese, che sara' presentato ufficialmente mercoledi' prossimo alle 11 nella sede dell'associazione in via Belfiore 72 a Torino, ha coinvolto un campione di persone che si sono rivolte al Servizio di ascolto dell'Associazione, con la richiesta di un colloquio informativo di orientamento. Si tratta di un incontro di 45 minuti che si tiene in presenza di uno psicologo, durante il quale si parla dei propri problemi e si ricevono indicazioni personalizzate sui percorsi di cura. Nel periodo di osservazione, tutto il 2003, l'attenzione si e' concentrata prevalentemente sul vissuto soggettivo del disturbo, sulle risposte dell'ambiente familiare e amicale nei confronti della malattia e sul rapporto esistente tra disagio giovanile e disturbo da attacchi di panico.
L'attacco di panico è il modo in cui, senza altri segni premonitori, può manifestarsi l'ansia.
E' caratterizzato da un improvviso senso di terrore acuto e violento, angoscia e timore di perdere il controllo, talvolta accompagnate da paura di morire, palpitazioni, affanno, tremori, sudorazione, senso di soffocamento, dolori al torace o all'addome, bisogno disperato di aiuto.
Pur durando pochi minuti lascia un profondo senso di malessere e disagio, ma soprattutto la paura che esso possa ripetersi. Dopo un periodo di relativo benessere l'attacco di panico si ripete con frequenza creando di solito la paura di allontanarsi dal luogo o dalla situazione in cui ci si sente sicuri, si cerca la compagnia di una persona di fiducia e si tende a stare a casa e se si decide di uscire lo si fa con paura e si seguono percorsi prefissati limitandosi ai luoghi conosciuti. Questa condizione è nota come agorafobia e spesso segue l'attacco di panico. La persona colpita spesso tende a non parlare del proprio disturbo e a non si rivolgersi al medico.
L'attacco di panico è di solito associato all'ansia, ma le persone che soffrono di depressione possono facilmente trovarsi di fronte ad un attacco di panico. Probabilmente in questi casi, è la stessa disposizione rispetto alla propria vita che genera l'una e l'altra condizione. Questo nesso è particolarmente importante, poiché nella vita della persona depressa, quando cioè la depressione è uno stato costante, l'attacco di panico può presentarsi, paradossalmente, come l'unica vera forma di emotività intensa, entro un quadro di vita caratterizzato dall'ipercontrollo sulle proprie emozioni.
Finora, se si escludono le ipotesi qui formulate, non sono noti i fattori scatenanti. C'è chi ha ipotizzato come causa l'attivazione di alcuni nuclei ipotalamici connessi allo stress, e la liberazione di alcuni neurotrasmettitori, detti catecolamine, dando per scontata la presenza di problemi di personalità alla base. Tra i fattori considerati anche l'”iperfunzionamento” della tiroide.
Attacchi di panico: nei giovani possono essere sintomo di disagio sociale
Di Italiasalute.it
Recenti ricerche hanno confermato che l'attacco di panico è legato a fattori genetici. Il fatto che il sintomo si presenta in maniera sempre più frequente anche in giovane età fa pensare ad un'importante incidenza di fattori ambientali.
A fornire argomenti interessanti per l'origine genetica degli attacchi di panico avevano già contribuito i ricercatori dell'Istituto di biologia medica e molecolare di Barcellona uno studio pubblicato sulla rivista New Scientist. Nello studio si arrivava alla conclusione che lo scatenamento degli attacchi di panico ha alla base un'anomalia genetica. Come responsabile di questa vulnerabilità i ricercatori individuarono una piccola regione del cromosoma 15, che appare raddoppiata nei pazienti colpiti.
Una ricerca più recente (di poco più di un mese fa) conferma la possibilità che ci sia una spiegazione genetica agli attacchi di panico, infatti le persone che ne soffrono hanno ridotte quantita' di una molecola in alcuni circuiti cerebrali connessi con la genesi dell'ansia. Molecola che si trova in alcuni circuiti cerebrali connessi con la genesi dell'ansia. La molecola in deficit e' il recettore della serotonina 5-HT1A, noto per essere il bersaglio farmacologico di alcuni tra i piu' famosi ansiolitici. Autori della scoperta sono Alexander Neumeister e Wayne Drevets, del National Institute of Mental Health (NIMH) e a riferirlo è stata la rivista Journal of Neuroscience.
Si calcola che l'attacco di panico è un problema che affligge il 2% della popolazione mondiale.
Una ricerca su 'Disagio giovanile e attacchi di panico' realizzata a Torino dall'Associazione per la ricerca sulla depressione parla di dati molto più allarmanti: il 33% dei giovani tra i 18 e i 25 anni soffrirebbe di attacchi di panico.
Un dato così elevato fa pensare che se una predisposizione genetica è alla base dell'insorgenza dell'attacco di panico, il fattore ambientale, ed in particolare sociale, ha un ruolo determinante nel manifestarsi di quella predisposizione o nell'insorgenza tout-court del disturbo.
Nei giovani la solitudine, l'incomunicabilita', le situazioni familiari critiche e le difficolta' nell'approccio con il mondo del lavoro possono esprimersi con il ricorso ad alcol o stupefacenti, con atteggiamenti a volte violenti e aggressivi. In questo quadro, gli attacchi di panico diventano un'ulteriore mezzo di espressione psichica del malessere e del disagio, dicono gli esperti. Lo studio clinico piemontese, che sara' presentato ufficialmente mercoledi' prossimo alle 11 nella sede dell'associazione in via Belfiore 72 a Torino, ha coinvolto un campione di persone che si sono rivolte al Servizio di ascolto dell'Associazione, con la richiesta di un colloquio informativo di orientamento. Si tratta di un incontro di 45 minuti che si tiene in presenza di uno psicologo, durante il quale si parla dei propri problemi e si ricevono indicazioni personalizzate sui percorsi di cura. Nel periodo di osservazione, tutto il 2003, l'attenzione si e' concentrata prevalentemente sul vissuto soggettivo del disturbo, sulle risposte dell'ambiente familiare e amicale nei confronti della malattia e sul rapporto esistente tra disagio giovanile e disturbo da attacchi di panico.
L'attacco di panico è il modo in cui, senza altri segni premonitori, può manifestarsi l'ansia.
E' caratterizzato da un improvviso senso di terrore acuto e violento, angoscia e timore di perdere il controllo, talvolta accompagnate da paura di morire, palpitazioni, affanno, tremori, sudorazione, senso di soffocamento, dolori al torace o all'addome, bisogno disperato di aiuto.
Pur durando pochi minuti lascia un profondo senso di malessere e disagio, ma soprattutto la paura che esso possa ripetersi. Dopo un periodo di relativo benessere l'attacco di panico si ripete con frequenza creando di solito la paura di allontanarsi dal luogo o dalla situazione in cui ci si sente sicuri, si cerca la compagnia di una persona di fiducia e si tende a stare a casa e se si decide di uscire lo si fa con paura e si seguono percorsi prefissati limitandosi ai luoghi conosciuti. Questa condizione è nota come agorafobia e spesso segue l'attacco di panico. La persona colpita spesso tende a non parlare del proprio disturbo e a non si rivolgersi al medico.
L'attacco di panico è di solito associato all'ansia, ma le persone che soffrono di depressione possono facilmente trovarsi di fronte ad un attacco di panico. Probabilmente in questi casi, è la stessa disposizione rispetto alla propria vita che genera l'una e l'altra condizione. Questo nesso è particolarmente importante, poiché nella vita della persona depressa, quando cioè la depressione è uno stato costante, l'attacco di panico può presentarsi, paradossalmente, come l'unica vera forma di emotività intensa, entro un quadro di vita caratterizzato dall'ipercontrollo sulle proprie emozioni.
Finora, se si escludono le ipotesi qui formulate, non sono noti i fattori scatenanti. C'è chi ha ipotizzato come causa l'attivazione di alcuni nuclei ipotalamici connessi allo stress, e la liberazione di alcuni neurotrasmettitori, detti catecolamine, dando per scontata la presenza di problemi di personalità alla base. Tra i fattori considerati anche l'”iperfunzionamento” della tiroide.
creatività delle donne
Repubblica, edizione di Bologna 4.3.04
LA RASSEGNA
A Modena, da oggi al 27 mostre e spettacoli al femminile
Dal dolore al disumano indagando la donna creativa
MODENA - Convegni, seminari, spettacoli, mostre per indagare la creatività al rosa, creatività che invade tanto la sfera del quotidiano quanto il mondo più fantastico delle arti in senso stretto. Torna da oggi al 27 marzo «Le donne intrecciano le culture», la rassegna progettata e diretta da Paola Nava, della società di ricerca Le Nove, e sostenuta da diversi entri tra i quali Provincia e Comune di Modena, Regione Emilia-Romagna, Università di Modena, Fondazione Carisbo della città, in collaborazione con il Centro di Documentazione Donna ed Emilia Romagna Teatro.
L´edizione di quest´anno, la seconda, metterà al centro le donne come persone che investono la loro creatività nella vita di tutti i giorni, tra la gestione familiare, il classico ruolo di cura dei bambini e la realizzazione professionale. Ma d´altra parte si analizzeranno le opportunità delle donne artiste, trasmesse dalle testimonianze di poetesse, attrici, musiciste e pittrici.
«Al centro di questa edizione - spiegano le organizzatrici - c´è l´idea di un percorso, o meglio di un labirinto che esemplifica la complessità della vita. Da questo labirinto si può uscire usando la creatività, intesa come sintesi tra sfera razionale ed emotiva, tra fantasia e concretezza. Il pensiero femminile contribuisce ai processi creativi, elaborando strategie per fronteggiare le difficoltà e il dolore della vita».
Il programma nel concreto parte questa sera alle 17 al Centro Documentazione Donna (via Canaletto 88) con l´inaugurazione della mostra «Il corpo disUmano in un poker d´arte» a cura di Vittoria Surian. Domani e sabato 6 al Teatro Storchi ci sarà il convegno «Diamo la parola al dolore» con Vittorino Andreoli, Gianna Schelotto, Ernesto Caffo e Salvatore Veca. E sempre venerdì alla Facoltà di lettere si potranno ascoltare le voci della poesia contemporanea Elisa Biagini, Mariangela Gualtieri e Vivian Lamarque.
Tra gli eventi spettacolari in cartellone ci sono Giovanna Marini «La torre di Babele» sabato al Teatro delle Passioni, «Atipica» di Tita Ruggeri, per lunedì 8 marzo al Teatro Storchi, «Non - Splendore rock» con Mariangela Gualtieri in scena il 9 e il 10 al Teatro delle Passioni e «La dodicesima notte o quel che volete» al Teatro Storchi dall´11 al 14 marzo.
(p. n.)
LA RASSEGNA
A Modena, da oggi al 27 mostre e spettacoli al femminile
Dal dolore al disumano indagando la donna creativa
MODENA - Convegni, seminari, spettacoli, mostre per indagare la creatività al rosa, creatività che invade tanto la sfera del quotidiano quanto il mondo più fantastico delle arti in senso stretto. Torna da oggi al 27 marzo «Le donne intrecciano le culture», la rassegna progettata e diretta da Paola Nava, della società di ricerca Le Nove, e sostenuta da diversi entri tra i quali Provincia e Comune di Modena, Regione Emilia-Romagna, Università di Modena, Fondazione Carisbo della città, in collaborazione con il Centro di Documentazione Donna ed Emilia Romagna Teatro.
L´edizione di quest´anno, la seconda, metterà al centro le donne come persone che investono la loro creatività nella vita di tutti i giorni, tra la gestione familiare, il classico ruolo di cura dei bambini e la realizzazione professionale. Ma d´altra parte si analizzeranno le opportunità delle donne artiste, trasmesse dalle testimonianze di poetesse, attrici, musiciste e pittrici.
«Al centro di questa edizione - spiegano le organizzatrici - c´è l´idea di un percorso, o meglio di un labirinto che esemplifica la complessità della vita. Da questo labirinto si può uscire usando la creatività, intesa come sintesi tra sfera razionale ed emotiva, tra fantasia e concretezza. Il pensiero femminile contribuisce ai processi creativi, elaborando strategie per fronteggiare le difficoltà e il dolore della vita».
Il programma nel concreto parte questa sera alle 17 al Centro Documentazione Donna (via Canaletto 88) con l´inaugurazione della mostra «Il corpo disUmano in un poker d´arte» a cura di Vittoria Surian. Domani e sabato 6 al Teatro Storchi ci sarà il convegno «Diamo la parola al dolore» con Vittorino Andreoli, Gianna Schelotto, Ernesto Caffo e Salvatore Veca. E sempre venerdì alla Facoltà di lettere si potranno ascoltare le voci della poesia contemporanea Elisa Biagini, Mariangela Gualtieri e Vivian Lamarque.
Tra gli eventi spettacolari in cartellone ci sono Giovanna Marini «La torre di Babele» sabato al Teatro delle Passioni, «Atipica» di Tita Ruggeri, per lunedì 8 marzo al Teatro Storchi, «Non - Splendore rock» con Mariangela Gualtieri in scena il 9 e il 10 al Teatro delle Passioni e «La dodicesima notte o quel che volete» al Teatro Storchi dall´11 al 14 marzo.
(p. n.)
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