venerdì 10 dicembre 2004

dalle
NUOVE EDIZIONI ROMANE

presentazione della rivista
"Il sogno della farfalla"
alla Fiera della piccola e media editoria

Le Nuove Edizioni Romane
comunicano che saranno presenti alla Fiera nazionale della piccola e media editoria "Più libri più liberi":
Eur, Palazzo dei Congressi 8-12 dicembre, stand n. 134.

Nell'ambito delle manifestazioni in Fiera
venerdì 10 dicembre alle ore 18,30
nella sala Dante del Palazzo dei Congressi
la Casa Editrice in collaborazione con l'Istituzione Biblioteche di Roma

presenterà il 52° numero della rivista
"Il sogno della farfalla"


All'incontro, dal titolo

Un sogno ad occhi aperti

interverranno

David Armando
Annelore Homberg
Daniela Colamedici
Andrea Masini
Raffaella Nicolai

Per informazioni sugli altri incontri organizzati dalla Casa Editrice:
www.nuoveedizioniromane.it/news.html#appuntamenti
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Roma, La Sapienza:
domani, sabato, un incontro sui così detti "disturbi alimentari"

greenplanet.net
DISTURBI ALIMENTARI, INCONTRO ALLA SAPIENZA L'11 DICEMBRE
Un seminario aperto alle famiglie per parlare di prevenzione e terapie integrate con psichiatri, psicologi, endocrinologi, nutrizionisti e dietisti

11 dicembre ore 8.30 – 18.30
“La Sapienza” - Policlinico Umberto I
Clinica Medica - Aula II
viale del Policlinico, 155 - Roma


A un anno della nascita del Centro Pilota Interdipartimentale dei Disturbi della Condotta Alimentare (composto da un equipe di psichiatri, psicologi, nutrizionisti, dietisti, internisti e coordinato dalla prof. Emilia Costa), la cattedra di Psichiatria de “La Sapienza” organizza un seminario di alta formazione per parlare di questi disturbi che sono in aumento e rappresentano un costo socio-sanitario elevato.
Durante l’incontro si affronterà la necessità di formare operatori di settore e razionalizzare gli interventi preventivi, curativi e riabilitativi di queste malattie complesse, a carattere multifattoriale, che si manifestano con condotte alimentari errate: anoressia mentale e bulimia nervosa, disturbi da alimentazione incontrollata.
Nel corso dell’incontro, rivolto soprattutto ad operatori del settore, genitori che hanno figli affetti da tali disturbi, insegnanti di scuole medie e superiori, si parlerà di:
  • diffusione e gravità delle patologie;
  • disturbi della condotta alimentare nell’infanzia, in età adolescenziale ed adulta;
  • percorsi di terapia integrata che vanno dalla psicoterapia individuale, di gruppo a quella di famiglia, al trattamento farmacologico, fino alla riabilitazione neuromotoria, nutrizionale e cognitiva;
  • gruppi di psicoeducazione per le famiglie;
  • prevenzione nella scuola.
Il significato del seminario “Disturbi della condotta alimentare: un percorso pubblico di terapia integrata tra degenza, day hospital ed ambulatorio” sarà approfondito da testimonianze di pazienti e familiari.
I disturbi delle condotte alimentari (anoressia e bulimia nervosa, disturbo da alimentazione incontrollata, disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificato)
Il disturbo della condotta alimentare (DCA) è spesso un grave problema di origine emotiva. Le persone con questo disturbo hanno una paura morbosa di ingrassare e sono ossessionate dal peso e dalla forma del loro corpo. L’anoressia mentale e la bulimia nervosa sono i disturbi più conosciuti.
In Italia risultano a maggior rischio le donne nella fascia di età compresa tra 12 e 25 anni, che soffrono per lo 0,5 -1% di anoressia nervosa, 1-3% di bulimia nervosa, il 6% disturbi parziali della condotta alimentare.
Il disturbo da alimentazione incontrollata interessa una più larga fascia di popolazione (10 - 30% a seconda del grado di obesità e di altri fattori) e colpisce in prevalenza il sesso femminile, in rapporto di 10 a 1.
I DCA sono spesso malattie gravi, ad elevata mortalità, difficili da curare e con un’elevata incidenza (in aumento a partire dagli anni 70). Sono in crescita i casi precoci prepuberali e fenomeni di cronicizzazione in età adulta.
Il disturbo della condotta alimentare è la combinazione di fattori diversi: biologici, cambiamenti ormonali negli adolescenti, problemi di identità, problemi di comunicazione e conflitto con la propria famiglia, stress e pressioni sociali (es.stereotipi diffusi nell’immaginario collettivo secondo cui magro é ideale di bellezza), etc.

Repubblica informa ma non commenta:
cattolici 2004: satanismo ed esorcismo!

Repubblica 10.12.04
All'ateneo Regina Apostolorum
Corsi di satanismo per sacerdoti e teologi

ROMA - Sacerdoti a "scuola" per conoscere e contrastare il satanismo, per imparare esorcismi e preghiere di liberazione. Le lezioni, «teoriche e pratiche», inizieranno il 17 febbraio 2005 presso il Pontificio ateneo Regina Apostolorum e - spiega Carlo Climati, giornalista e uno dei docenti del corso - saranno riservate ai sacerdoti e agli studenti di licenza in teologia.
Tra i docenti, la sociologa Cecilia Gatto Trocchi, lo psichiatra Tonino Catelmi, e padre Giancarlo Gramolazzo, presidente dell´associazione italiana esorcisti, e padre Francesco Bamonte, esorcista.

un libro sul rapporto Hegel Marx

Il manifesto.it 9 dicembre 2004
Un legame sul filo del pensiero
«Un parricidio mancato». Un libro sul rapporto tra Hegel e il giovane Marx
Materiali viventi Il filosofo Roberto Finelli imbastisce una scena psicoanalitica per sottolineare il rapporto intellettualmente contradditorio e mai risolto tra Hegel e Marx
di ROBERTO CICCARELLI

C'è stato un uomo che ha passato un intero secolo sotto la leva. Fu arruolato a sua insaputa come sentinella nella lunga notte del socialismo reale e della sua filosofia di stato, il «materialismo dialettico». Durante il servizio militare ha svolto molti lavori - filosofo, economista, organizzatore politico - in cui era particolarmente eccelso quando veniva ritratto nel suo studio londinese o nelle biblioteche in cui amava studiare, ma che sono diventati momenti di una liturgia in cui i numerosi funzionari zelanti del suo culto ne celebravano le virtù sul campo di battaglia. Oggi il suo doppio confino, quello orientale dietro la cortina di ferro, e quello occidentale della «guerre civile fredda» che si è svolta nelle strade dell'Occidente, è ormai solo un ricordo. Karl Marx è finalmente libero di lasciarsi alle spalle il sole dell'avvenire e di raccontare la sua vita a partire dai libri che ha scritto. Questo è d'altronde il filo rosso del volume di Roberto Finelli Un parricidio mancato. Hegel e il giovane Marx (Bollati Boringhieri, pp. 320, € 28). Giovane filosofo schierato nelle file dell'intellighenzia tedesca più radicale, quella degli Hegelinge, gli hegeliani di sinistra, Marx era uno dei più acuti intellettuali critici della società prussiana pre-1848. La sua parola d'ordine era: «la filosofia è morta con Hegel, ora generalizziamola alla società». Una rivolta generazionale, prima ancora che politica, che criticava la religione (cristiana) e lo stato (feudale) perché privavano il popolo tedesco della sua facoltà di autodeterminazione.

Il volto giovanile di Marx ripreso sulla copertina del volume sembra rivolgersi verso una singolare scena edipica: la lotta contro il padre teorico e spirituale, Hegel, e la successiva conciliazione con la sua figura che per Finelli avviene solo dopo il 1848 quando, reduce dal fallimento europeo della rivoluzione, Marx maturava il suo lutto, tornava a studiare Hegel e lo superava con la critica dell'economia politica del capitale. Come nella psicoanalisi freudiana, qui Edipo è vittima del suo complesso. Il giovane Marx non è affatto autonomo da Hegel e progetterà il parricidio. Fallendolo. Un vero e proprio atto mancato che, secondo Finelli, condizionerà in senso aporetico e paradossalmente spiritualistico la concezione materialistica della storia.

E lui, Marx, studente prodigio di filosofia laureatosi il 15 aprile 1841 nell'Università di Jena con una tesi su Eraclito, con la carriera accademica ormai sfumata ma pronto ad una giornalistica brillante e polemica, tanto da meritarsi le ire della censura prussiana, cosa ne pensava? Mai avrebbe ammesso quel debito anzi, come tutti i figli ribelli, tendeva a liberarsi all'opprimente eredità. «Al giovane Marx - racconta Finelli nello studio della sua casa romana - l'ansia eroica di commettere il parricidio, e di farsi valere come colui che aveva superato il più grande spirito della filosofia contemporanea, aveva chiuso gli occhi davanti alla complessità del pensiero del padre, pur dopo essersene alimentato nella raffinatezza categoriale della sua dissertazione di laurea».

La critica antihegeliana

Questa vicenda non rimane tuttavia imprigionata nei confini del triangolo edipico. Quella psicoanalitica è una narrazione che viene utilizzata da Finelli per restituire gli aspetti concettuali della vicenda teorica del giovane Marx, non ultimi quelli storici che lo hanno legato ad una certa immagine del marxismo in Italia, e non solo. La tesi di Finelli sul piano della storia del marxismo contemporaneo è infatti radicale. Siamo nell'Italia degli anni Cinquanta e Sessanta, a Messina, e a Roma. La scena è quella universitaria. Galvano Della Volpe e Lucio Colletti, i principali teorici del marxismo filosofico italiano, teorizzavano un Marx che aveva superato Hegel già nei suoi primi scritti. Ma così facendo, pur allontanandosi dal marxismo storicistico italiano, Della Volpe elaborava un marxismo che si voleva empirico e scientifico, ma che in effetti sottaceva un umanesimo metafisico e fusionale. Quello di Feuerbach che Marx usò per liberarsi di Hegel. Senza riuscirci.

Il punto dello scandalo rimane dunque sempre lui, Hegel, colui che aveva impostato per primo, pur mantenendo un piede nel pre-moderno con la sua teoria dei ceti, della polizey e delle corporazioni, il rapporto moderno tra l'individuo e la comunità che è sempre mediato da astrazioni che si fanno istituzioni e realtà. La critica anti-hegeliana condotta da Della Volpe e Colletti in Italia, o da Löwith in Germania con il suo affresco storico Da Hegel a Nietzsche, spinge invece a leggere Hegel come l'autore di un pensiero teologico-cristiano dissimulato sotto una veste razionale. E di conseguenza Marx come il dissolutore della cortina teologica calata sulla storia della filosofia da Hegel.

Per Finelli la teoria del genere umano di matrice feuerbachiana che rimanda nel giovane Marx ad un'idea di comunità di natura spiritualistica e fusionale in cui il «tu» è, senza differenze e conflitti, la continuazione e l'integrazione dell'«io», è invece arretrata rispetto alla teoria del riconoscimento descritta nella Fenomenologia di Hegel. L'umanesimo del giovane Marx non trascurava soltanto la fondamentale istanza della differenziazione e quella del concetto del «negativo», ma l'intera concezione hegeliana del soggetto basata sul riconoscimento, quella doppia azione del «diventare se stessi attraverso il rapporto con l'alterità» che permette al soggetto di non cancellare l'alterità e di riconoscerla come parte fondamentale della propria identità, permettendole di universalizzarsi senza rimanere prigioniera del proprio sé.

L'incomprensione della complessità del rapporto Hegel-Marx spinse tanto il marxismo storicistico «a rimanere legato - ribadisce Finelli - ad un populismo di fondo, all'esaltazione di un soggetto che trovava nel lavoro la sua identità positiva e collettiva e che si faceva principio di un possibile sviluppo civile unitario, nazionale e popolare», quanto il «galileismo morale» di Della Volpe e Colletti a compiere un'analoga rimozione. «Non analizzavano il processo del lavoro - osserva Finelli - alla luce di quello di valorizzazione del capitale», secondo quel concetto chiave per Marx di «determinazione formale» distinto da quello di «determinazione materiale». Era il destino generale del marxismo filosofico italiano, quello «di rimanere un marxismo senza Capitale».

Le ragioni di questo equivoco erano, oltre che filosofiche, anche politiche, naturalmente. Il marxismo italiano, infatti, pur con le eccezioni rappresentate da figure come Raniero Panzieri o, sul versante filosofico, da Cesare Luporini, rimaneva chiuso in un orizzonte nazionale, refrattario alle esperienze più innovative della cultura europea degli anni `50 e `60, quelle dell'esistenzialismo di Sartre, della Scuola di Francoforte, senza parlare di Nietzsche e della psicoanalisi. Almeno fino al 1968. «Quella cultura - ricorda Finelli - era fondamentalmente impermeabile e forse ostile alla tematica dell'antiautoritarismo come affermazione di una nuova teoria della soggettività. Lo storicismo era una teoria dell'omogeneità del soggetto di classe come soggetto politico che non faceva i conti con quanto, soprattutto in Francia e in Germania, si andava innovando sul piano della teoria del soggetto».

Quello di Finelli è dunque un libro che ha un'ambizione: riaprire il dibattito sul marxismo filosofico italiano, e non solo italiano, ripartendo proprio là dove Lucio Colletti lo ha interrotto pretendendo di chiuderlo. E poi segue una precisa drammaturgia che non corrisponde a quella preparata negli anni Sessanta da Louis Althusser che vedeva in Marx la presenza di due periodi, uno prima e l'altro dopo Hegel, separati da una «rottura epistemologica». Anche Althusser, ricorda Finelli, era tentato, ma in direzione opposta rispetto a Della Volpe e Colletti, di mettere in sordina l'influenza di Hegel su Marx.

La maturità filosofica

Siamo sulla scena del parricidio compiuto, quella dove il Marx maturo nel suo esilio londinese analizza il capitale come ciò che permette agli uomini di stare insieme a costo però della loro spersonalizzazione in quanto funzioni della produzione e non come individui. Sono passati vent'anni, e Marx ha abbandonato il «paradigma della contraddizione» per quello dell'astrazione per cui il capitale sussume progressivamente nella sua logica totalizzante l'intero mondo del concreto, dei valori d'uso e della forza lavoro, colonizza il mondo delle cose e dei corpi asservendoli alla sua logica di accumulazione dell'astratto, lasciando loro soltanto la possibilità di vivere in una dimensione di superficie, neutralizzati dalla catastrofe degli affetti, privi di un linguaggio che non sia quello logico-matematico o digitale. «Per studiarne la logica oggettiva e impersonale - precisa Finelli - Marx pone il capitale come il soggetto dell'intera modernità che riduce i soggetti e le classi a maschere portatrici di funzioni economiche. Mi sembra che questa teoria dell'astrazione in processo lo abbia obbligato ad una sociologia economica delle classi sociali, lasciando in sospeso la questione della loro organizzazione politica».

Il dramma del Marx della maturità è che sul piano politico continua ad argomentare secondo il paradigma della giovinezza, quello del «genere umano» e della sua organicità, nonostante la conquistata teoria del capitale. Quella sua teoria della rivoluzione soffriva della mancanza di un'elaborazione politica della contraddizione economica. Un dramma in cui si rifletterà tutta la concezione successiva della costituzione della classe la quale ribadiva la sua natura comunitaria: «Il problema del passaggio dalla classe in sé alla classe per sé - conclude Finelli - è infatti inficiato da una concezione troppo facile ed immediata della partecipazione politica del singolo al collettivo».

E' l'immagine di un Marx complesso e contraddittorio, quella di un uomo in libertà e di un filosofo che fa coesistere una doppia teoria della soggettività e consegna al marxismo successivo l'empasse terribile di una teoria della modernità avanzata e di una della soggettività arretrata che lo spinge a soggiornare ancora nel pre-moderno. Un Marx uno e bino.

l'«immacolata concezione»!?

Repubblica 10.12.04
Il mistero dell'Immacolata Concezione
CORRADO AUGIAS

Gentile dott. Augias, confesso che la festività dell'8 dicembre mi coglie sempre di sorpresa, l'Italia, ma anche mezza Germania, si fermano inspiegabilmente per via di qualcosa chiamata "Immacolata Concezione", che la maggior parte dei cittadini, credenti o non, non sa cosa sia oppure interpreta in modo errato. Molti pensano che si tratti del fatto che la Madonna ha concepito suo figlio Gesù per opera dello Spirito Santo mentre si tratta del fatto che lei, Maria, è stata concepita senza peccato originale.
Sono convinto che un personaggio chiamato Maria di Nazareth sia stato concepito senza la macchia del peccato originale. Ciò che mi irrita è che la cosa venga celebrata come qualcosa capitata solo a lei e che quindi questo la distingua da tutti gli altri esseri umani. Facendo festa l'8 dicembre festeggiamo non tanto un'esenzione quanto il riconoscimento che la nostra personale origine è stata viziata da qualcosa chiamata peccato. Insomma, l'8 dicembre si ammette collettivamente il peccato originale. Questo mi sembra inaccettabile. Che senso ha un peccato compiuto prima di nascere, cioè non dall'individuo stesso, ma che ricade su di lui per la concezione barbarica del diritto, secondo la quale le colpe (come i meriti) del padre ricadono sui figli?

Giulio Cengia, Milano.
gcengia@libero. it

Gentile signor Cengia, lei tocca un argomento delicatissimo. Per i non religiosi, ciò che i cristiani chiamano "peccato originale" potrebbe essere quella componente ferina della natura umana rappresentata in molti miti con un iniziale gesto delittuoso; nella Bibbia un fratricidio. L'Immacolata Concezione è dogma recente proclamato nel 1854, da Pio IX. Dopo un inizio di pontificato caratterizzato da un certo liberalismo che entusiasmò perfino Mazzini, papa Mastai cominciò a inclinare sempre di più verso posizioni conservatrici culminate (1864) nel famigerato "Sillabo", repertorio di tutti gli errori dell'epoca che si risolve in un sostanziale rifiuto della modernità. Tra i primi cristiani l'immacolatezza di Maria fu a lungo tema controverso. Da una parte i Padri della Chiesa d'Oriente che, nell'esaltare la madre di Dio, la collocavano al di sopra del peccato originale. In Occidente, invece, la teoria trovò forti resistenze. Si trattava non di mettere in dubbio quella sublime creatura ma di conservare integra la dottrina della Redenzione, operata soltanto in virtù del sacrificio di Gesù. Fu Giovanni Duns Scoto, chiamato il «Dottor Sottile», che superò lo scoglio dottrinale argomentando che anche la Madonna era stata redenta da Gesù, ma con una Redenzione preventiva, prima e fuori del tempo. Era stata preservata dal peccato originale in previsione dei meriti del suo figlio divino.
La dottrina non proviene dalla Bibbia e anche per questo fu rifiutata da alcuni illustri padri della chiesa: Tommaso d'Aquino, Eusebio, Ambrogio, Bonaventura, Bernardo, nonché alcuni papi tra i quali Gregorio e Leone Magno. Pochi mesi dopo la proclamazione papale, ci furono le 'apparizioni' di Lourdes che parvero a molti fedeli una miracolosa conferma del dogma. Questa, in estrema sintesi, la vicenda storica. Il signor Cengia, e così ognuno di noi, è libero di aderire o di non aderire al dogma che è, in quanto tale, indiscutibile. In materia di fede o si crede o non si crede.

storia dei crimini del cristianesimo
i cavalieri templari

Gazzetta di Parma 10.12.04
I soldati di Dio
di
Antonio Battei

1314: Jacques de Molay, ultimo Gran Maestro dei Templari, brucia sul rogo sacrificando la vita, perchè accusato di eresia. E' questa data storica che introduce ad un breve viaggio alla scoperta dei Templari. Mentre uno strombazzato quanto scadente film americano con Nicholas Cage, in questi gioni sugli schermi di mezzo mondo, ripropone il tema. Tema che apre le porte di un mondo di misteri e segreti, di preghiera e spiritualità, di castelli e magioni, di Graal e rituali. L' origine dei templari risale al lontano 1118, anno in cui Hugues di Payns, feudatario della Champagne, costituisce una milizia assolutamente inedita per quei tempi: l'Ordine dei poveri cavalieri del Cristo, ove si conciliano i principi base del monachesimo ( povertà, castità, obbedienza), all'uso delle armi a protezione dei pellegrini che si recano nei luoghi sacri della Terrasanta, verso il Santo Sepolcro. Quando il re di Gerusalemme, Baldovino II, accoglie i primi cavalieri nel suo palazzo, presso la moschea di Al- Aqsa, dove in passato sorgeva il Tempio di Salomone, si comincia a parlare pi ù precisamente di Ordine del Tempio. Bisogna ammettere che la creazione della nuova milizia non ha precedenti nella storia cristiana, e il papa Onorio II mostra evidenti segni d'imbarazzo. E' quindi necessario trovare una posizione chiara e precisa, ricercando anche una regola che si adatti perfettamente alla situazione. Non è un caso se, in questo momento, entra nelle vicende dei Templari, uno dei personaggi più carismatici ed autorevoli del tempo: Bernardo di Chiaravalle. E' proprio grazie a lui che, nel Concilio di Troyes ( 1129), la nuova milizia viene ufficialmente riconosciuta grazie al «De laude novae militiae» (elogio della nuova milizia), vero e proprio proclama di esaltazione dell'Ordine Templare. In seguito viene redatta la prima regola di base denominata «latina», importante punto di partenza per lo sviluppo dell'Ordine. A partire dal 1128 i cavalieri Templari conoscono un sorprendente e rapido sviluppo in tutta Europa e sempre più uomini decidono di arruolarsi, distinguendosi per l'addestramento e la disciplina: i Templari divengono la colonna portante di un esercito crociato altrimenti approssimativo e disorganizzato. Ciò che li rende particolarmente solidali è anche il prezioso insieme di ritualismi e pratiche ripetitive e abitudinarie. Alzarsi alle due di notte era disagevole, ma la Regola, tranne in casi particolari, parla chiaro: il ritardo non viene ammesso e sono previste severe punizioni. Coperti dagli abiti notturni, dal mantello e dalle scarpe, i cavalieri si avviano verso la Cappella, rischiarati solo dal bagliore di poche candele. Tranquilli e seduti recitano il primo ufficio divino e le preghiere alla Vergine. Ma si è sentito parlare anche di riti che ricordano certi casi di «nonnismo» e che sarebbero stati poi alla base delle accuse di eresia: pare che ai nuovi cavalieri si chieda di sputare sulla croce, di rinnegare Cristo e di scambiarsi baci sulle labbra. Con estrema probabilità si tratta di gesti necessari per mettere alla prova l'ubbidienza assoluta e per preparare i novizi a quanto avrebbero potuto subire dai saraceni. E infatti anche il papa Clemente V, come tutti i suoi predecessori, non sente mai la necessità di condannarli. Fino al 1307, infatti, i Templari rappresentano per tutti l'eccellenza in campo religioso, tanto, per esempio, da essere riconosciuti come la massima autorità nell'individuare le reliquie autentiche. Non dimentichiamoci, a tal proposito, che secondo quanto testimoniato da Von Eschenbach all'interno del suo «Parzival» (del 1200 circa), i Templari erano i custodi del sacro Graal. Tutti i pontefici li guardano con favore, da Innocenzo II a Bonifacio VIII e a loro si devono ingenti donazioni e lasciti testamentari. Gli «sconci rituali» a cui i consiglieri del re di Francia Filippo il Bello si appellano, sono la causa della rovina dell'Ordine, insieme al timore che i suoi carismatici personaggi potessero avere scoperto verità assolute. «I frati dell'ordine della milizia del Tempio, lupi nascosti sotto un aspetto da agnello e sotto l'abito dell'ordine, insultando in modo sciagurato la religione della nostra fede, sono accusati di rinnegare il Cristo, di sputare sulla croce, di lasciarsi andare ad atti osceni al momento dell'ammissione all'ordine: essi s'impegnano con il voto che proferiscono, e senza timore di contravvenire alla legge umana, a darsi l'uno all'altro, senza rifiutarsi, se vengono richiesti... ». Con queste parole il re Filippo IV giustifica l'arresto in massa, all'insaputa del papa, dei Templari nelle commende francesi, avvenuto all'alba di un terribile venerdí del 13 ottobre 1307. Quasi tutti i monaci sono imprigionati, compreso il maestro Jacques de Molay, tutti i beni dell'ordine saccheggiati insieme al tesoro e ai documenti. Incatenati, isolati dalla vita conventuale, torturati, sottoposti a inaudite violenze fisiche e morali, i monaci- cavalieri sono rinchiusi nel castello di Chinon, insieme ai dignitari dell'ordine, tra cui, appunto, de Molay. Le loro condizioni fisiche precarie impediscono il trasferimento al fine di essere interrogati direttamente da papa Clemente V, anch'egli gravemente malato e sempre pi ù sottomesso alle strategie politiche del re di Francia. «Le eresie e i peccati che ci vengono attribuiti non sono veri. La regola del tempio è santa, giusta e cattolica. Sono degno della morte e mi offro di sopportarla, perchè prima ho confessato, per la paura delle torture, per le moine del papa e del re di Francia... ». Dopo queste parole di ribellione e di grande coraggio, Jacques de Molay, insieme a Geoffroy de Charny, precettore di Normandia, viene bruciato sul rogo come eretico il 18 marzo del 1314, a Parigi, sull'isola della Senna, davanti ai Giardini reali: il re si raccomanda di usare fascine di legno verde al fine di prolungare il martirio. Quell'anno muoiono anche Filippo il Bello e Clemente V, possiamo quasi dire per contrappasso. Prima di andarsene, il papa fa in tempo a sciogliere l'Ordine dei Templari, al Concilio di Vienne, attraverso la bolla «vox in excelso» e i cavalieri dal bianco mantello abbandonano ufficialmente la scena. Tutti i beni sono confiscati e fatti confluire nell'Ordine degli Ospitalieri. La storia ci ha trasmesso che i Templari sono istituiti per la difesa del pellegrino, ma qualche studioso ipotizza che il vero obiettivo sia la ricerca di materiale esoterico: il santo Graal, la sindone, l'arca dell'alleanza o magari manoscritti che minacciavano le basi fondamentali della religione cristiana. Ci si domanda ancora se sia esistito un ramo occulto del Tempio, un gruppo di iniziati che detenesse il Sapere Supremo. E qualcuno sostiene che il vero tesoro templare esista ancora e che possa trovarsi in Scozia, in Italia, o a Rennes le Chateaux. E il Santo Calice è realmente esistito o è sempre stato solo il simbolo di un prezioso tesoro interiore? I misteri nella storia Templare sono tanti e in parte davvero irrisolti, è proprio per questo che affascinano ancora molti di noi. E' lecito chiedersi perchè tutti i cavalieri siano stati annientati. La risposta forse è molto semplice: i loro tesori terreni e il loro carisma.

un'indagine
casi di schizofrenia in Piemonte

Repubblica, ed. di Torino 10.12.04
In Piemonte 43mila schizofrenici. "Ma è un male che si può curare"
"Non bisogna nascondere i primi sintomi"
di ALBERTO CUSTODERO

In Piemonte troppe persone ancora pensano che un malato di schizofrenia sia un soggetto pericoloso che possa provocare guai a sé e agli altri e rovinare la famiglia in cui vive. È quanto è emerso da un´indagine conoscitiva commissionata da un'industria farmaceutica, la Bristol-Myers Squibb e realizzata dalla Burson-Marsteller. Il grave pregiudizio che esiste ancora nella società nei confronti delle persone colpite da malattia mentale, ha osservato il presidente della Società italiana di psichiatria, Carmine Munizza, «crea problemi di re-integrazione ai pazienti e, quel che è più grave, spesso ritarda i tempi della diagnosi». «Da quando su un soggetto si manifestano i primi sintomi - ha aggiunto Munizza - alla prima diagnosi di patologia passano talvolta anche 4 o 5 anni. E questo perché le famiglie, temendo lo "stigma" o il pregiudizio che grava sulla malattia, evitano fino all'ultimo di ricorrere ai servizi psichiatrici. Ma quando lo fanno, è sovente troppo tardi». L'indagine conoscitiva ha confermato che in Piemonte 43 mila persone soffrono di disturbi psichiatrici e sono seguite dai dipartimenti di salute mentale. Il 25-30% ha i sintomi della schizofrenia grave: allucinazioni, deliri ossessioni, voci che arrivano da una realtà parallela. L'indagine ha fotografato gli aspetti socio-culturali della malattia mentale, intervistando i diversi «attori» che a vario titolo ne sono coinvolti: i pazienti, gli psichiatri, i familiari, il grande pubblico, autentico termometro», quest'ultimo, per misurare l'impatto sociale della malattia. Dall'indagine è emerso anche che una delle esigenze più sentite dai pazienti è quella di disporre di terapie che consentano una buona qualità della vita. Il Piemonte può contare su 25 Dipartimenti di salute Mentale strutturati in Servizi Ospedalieri di diagnosi e cura (23), centri di salute mentale (64), day-hospital (19), centri diurni (24) e strutture residenziali (5), mentre il personale dedicato ammonta a 2.411 figure sanitarie tra psichiatri, assistenti sociali, infermieri professionali ed amministrativi. L'indagine conferma che le maggiori difficoltà per un paziente affetto da schizofrenia riguardano ancora il recupero della vita sociale.

la così detta sindrome di iperattività
Ernesto Caffo dice la sua

Repubblica Salute 9.12.04
Iperattività, servono diagnosi precoci
di Ernesto Caffo *

IL DISTURBO da Deficit di Attenzione con Iperattività (ADHD, dall'inglese Attention - Deficit - Hyperactivity Disorder) è una sindrome che colpisce il bambino soprattutto nel periodo della scuola elementare, quindi tra i 6 e gli 11 anni, caratterizzata dalla triade: iperattività, impulsività, e deficit di attenzione - concentrazione. Questi bambini di solito vengono descritti come irrequieti e turbolenti: non riescono a stare seduti nel banco, disturbano e aggrediscono senza alcun motivo i propri compagni di scuola, i genitori o i fratelli; presentano spesso comportamenti inappropriati sia a scuola che a casa: non ascoltano genitori ed insegnanti, non rispettano alcuna regola e fanno fatica a portare a termine qualsiasi compito richieda un'applicazione prolungata. L'incidenza comunemente accettata del disturbo, si calcola oggi sull'1 - 2% dei bambini in età scolare, più frequentemente nei maschi che nelle femmine ( rapporto 5 - 9 a 1). Per quanto riguarda la diagnosi non esistono indagini strumentali e/o di laboratorio specifiche. La semplice osservazione del comportamento del bambino permette di rilevare facilmente gli elementi caratterizzanti il disturbo. Nello specifico, l'attenzione viene in genere valutata facendo riferimento al comportamento generale del bambino durante la somministrazione dei vari test reattivi.
Nonostante i dati riportati dal recente "International Consensus Statement on ADHD" (2002), sostengano che il 32 - 40% dei soggetti che soffrono di ADHD non completino la scuola dell'obbligo, e soltanto il 5 - 10% arrivi all'università e che da adulti abbiano più incidenti stradali, diventino alcoolisti e antisociali, depressi nel 20 - 30% e con disturbi di personalità nel 18 - 25% dei casi, nella quasi totalità dei disturbi la sintomatologia tende ad attenuarsi nell'adolescenza per scomparire nell'età adulta. Occorre quindi intervenire precocemente secondo modalità di cura proprie: una comportamentale con vari interventi psico-educativo-sociali, l'altra farmacologica basata sugli psicostimolanti e soprattutto sul dibattutto metilfenidato (sul quale in Italia cominceranno finalmente dai prossimi mesi ricerche e monitoraggi programmati).

* Ordinario Neuropsichiatria Infantile Univ. Modena
e Reggio Emilia


l'Istituto superiore di sanità:
i dati sui disturbi mentali
e un congresso a Roma

ANSA
SALUTE: ISS, PER DONNE RISCHIO TRIPLO DISTURBI MENTALI
Data: 09.12.2004 - 15:22 - ROMA

(ANSA) - ROMA, 9 DIC - Una persona su cinque ha sofferto di un disturbo mentale durante la sua vita e donne, separati, disoccupati, casalinghe e portatori di disabilità sono le categorie con il rischio maggiore di svilupparne uno. Sono alcuni dei dati emersi dallo studio realizzato dall'Istituto superiore di sanità (Iss) tra il 2000 e il 2003, che fa parte del progetto europeo Esemed nell'ambito dell'indagine promossa dall'Oms e dall'università di Harward in 30 Paesi. Su un campione di cinque mila persone, di età uguale o superiore a 18 anni e di età media di 48, spiega Giovanni De Girolamo, psichiatra del Dipartimento di salute mentale dell' Ausl di Bologna e coordinatore per la parte italiana dell' indagine insieme a Pierluigi Morosini dell'Iss, ''uno su tredici ha dichiarato di aver sofferto di un disturbo mentale nell'anno precedente l'intervista, mentre uno si cinque, pari a circa otto milioni e mezzo di persone, ne è stato colpito durante la sua vita. Un dato questo che ci pone, insieme alla Cina e alla Nigeria, agli ultimi posti tra i quindici Paesi di cui finora sono disponibili le valutazioni, per quanto riguarda ansia e depressione. Anche nell'abuso di alcool e di droghe, pur avendo dati probabilmente sottostimati per la tendenza a negare tali abitudini, possiamo dire che l'Italia è agli ultimi posti, visto che è stato il primo dei 51 Paesi della Regione europea dell'Oms ad aver diminuito del 25% il consumo pro capite di alcool tra il 1981 e il 2000''. Circa le categorie piu' colpite, lo studio dell' Iss ha messo in luce come le donne, che hanno un rischio tre volte maggiore rispetto agli uomini, sono più soggette ad ansia e depressione, mentre le persone di sesso maschile ad abuso di alcool e altre sostanze e a disturbi della socialità. ''In particolare - continua De Girolamo - le donne cadono in depressione il doppio degli uomini e sono ansiose il triplo, peggio ancora se casalinghe. Ma anche chi è disoccupato o è tornato ad essere single dopo la fine del matrimonio, ha una probabilità doppia di essere colto da questi disturbi, mentre le persone disabili hanno una prevalenza otto volte superiore alla media''. Nel corso dell'anno precedente l'intervista, tre milioni e mezzo di persone hanno dichiarato di aver sofferto di disturbi mentali, di cui il 5% di disturbi d'ansia e il 3,5% di carattere affettivo. Tra le patologie piu' comuni, in cima alla lista troviamo la depressione (10% della popolazione nel corso della vita e 3% nell' anno prima dell'intervista), seguita da dischimia (3,4% e 1%) e fobia sociale, disturbi d'ansia generalizzata e disturbo post-traumatico da stress (2%). ''Le cause alla base di questi disturbi e della loro distribuzione - prosegue De Girolamo - sono sia biologiche che psico-sociali. Si può ipotizzare che gli stili di vita e le variabili socio-culturali dei Paesi latini, visto che anche la Spagna ha dei valori simili ai nostri, favoriscano un basso rischio di malattie mentali. Certo è che l'accesso ai servizi di salute mentale, in Italia come in Europa, avviene ancora troppo tardi e non nella misura adeguata''. In Europa, infatti, due persone su tre con disturbi mentali, di cui il 54% gravi, non si sono rivolte a strutture sanitarie nell'anno precedente l'intervista. ''Nel nostro Paese - conclude - c'è la probabilità due volte maggiore della Spagna che una persona malata non si rivolga mai alle strutture di salute mentale. Un dato su cui bisogna lavorare, soprattutto se si considera che tutti questi disturbi, in particolare ansia e depressione, insorgono entro i 20 anni e che quindi molti disturbi gravi sono la cronicizzazione di patologie lievi non trattate e che molto spesso l'abuso di alcool e sostanze psicotrope è il tentativo di automedicazione di chi non ha ricevuto cure adeguate''.(ANSA).

APCOM 10.12.2004
SALUTE/ SABATO A ROMA IL CONGRESSO DI PSICHIATRIA DEMOCRATICA

Roma, 10 dic. (Apcom) - Si aprirà domani a Roma, alle ore 10, presso il palazzo della provincia in via IV Novembre, il congresso Nazionale di Psichiatria Democratica, [...] L'appuntamento, informa un comunicato, "servirà per organizzare forme di riflessione critica contro la proposta di legge Burani-Procaccini, all'insegna dello slogan: vogliono riaprire i manicomi".
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