domenica 31 ottobre 2004

la registrazione
di Fahrenheit del 26.10 sul tema
«la psicoanalisi serve ancora?»

con Umberto GALIMBERTI
Manuela FRAIRE e Giovanni STARACE


Annalina Ferrante fa sapere che
chi non avesse potuto ascoltare la trasmissione di Fahrenheit, andata in onda martedì mattina su RadioTre, in diretta potrà farlo ancora collegandosi all'Archivio dove essa è rimasta registrata
al seguente indirizzo (basta cliccarci sopra):

http://www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit/mostra_evento.cfm?Q_EV_ID=108954
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la trasmissione di Radio3scienza del 25.10 sull'omosessualità
citata al Lunedì

può essere ascoltata collegandosi al sito dell'Archivio della trasmissione
cliccando sul seguente link:

http://www.radio.rai.it/radio3/terzo_anello/scienza/mostra_evento.cfm?Q_EV_ID=108731&Q_PROG_ID=344

La gaia natura - Radio3scienza 25.10.04

«Gli ospiti:
Carlo Bernardini, fisico dell'università La Sapienza di Roma e direttore della rivista Sapere,
Alessandro Cellerino, ricercatore del dipartimento di neurofisiologia del Cnr di Pisa,
Francesca Corna, psicologa dell'università di Padova,
Maurizio Macchiarulo, docente di fisica al liceo scientifico "Renato Donatelli" di Terni, e i suoi studenti Chiara e Stefano,
Carlo Alberto Redi, docente di biologia dello sviluppo all'università di Pavia.»

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le polemiche
sul test britannico per la misurazione dell'intelligenza dei neonati

La Stampa 31.10.04
POLEMICA IN INGHILTERRA
Test d’intelligenza per i neonati
Ma il quiz dello psicologo spaventa i genitori
di Maria Chiara Bonazzi

LONDRA. Un gruppo di studiosi ha messo a punto un test per permettere ai genitori di determinare se il loro bebé abbia un'intelligenza più o meno sviluppata rispetto alla media. Secondo gli inventori, si tratta di un metodo divertente per valutare l'agilità mentale dei figli.
Immediatamente però sono scattate le critiche: altri psicologi protestano che cominciare a dare le pagelle agli infanti è una sventura. Di sicuro le dieci domande del questionario hanno già messo in ansia alcune povere mamme inglesi, portate a ravvisare nel punteggio i presunti segni particolari del genio in erba o viceversa la temuta riprova che il loro bambino è un po' più lento degli altri.
Il «Baby Development Test», ovvero test di sviluppo dell'infante, commissionato a Dorothy Einon, una psicologa del University College di Londra, dall'azienda di giocattoli Fisher-Price, è un quiz destinato ai bambini di età compresa tra sei mesi e un anno, basato sulla comprensione elementare del linguaggio, la consapevolezza di giocattoli e oggetti e l'interazione con essi. Ogni domanda ha tre possibili risposte, una delle quali dovrebbe avvicinarsi di più al comportamento del bambino.
Stando a quanto dicono gli studiosi del Social Issues Research Centre di Oxford, il 75% dei genitori è in grado di riconoscere le tappe dello sviluppo fisico del bambino, ma è desideroso di valutare meglio se il piccolo abbia raggiunto un grado normale di sviluppo intellettuale per la sua età.
Il test valuta le reazioni del bambino quando mangia o lascia cadere un orsacchiotto per terra, se gli piaccia ascoltare le filastrocche o trastullarsi con un telefono giocattolo. Per esempio: il bambino tratta il telefono come un altro giocattolo qualunque o come un telefono vero? Se fa finta che sia un telefono vero, cioé lo avvicina all'orecchio e spinge i tasti, il suo sviluppo è ritenuto più avanzato rispetto alla media.
La dottoressa Einon consiglia tuttavia ai genitori di non preoccuparsi se il progresso intellettuale dei loro figli sembra essere un po' più lento: «Non tutti i bambini si sviluppano allo stesso modo. Può darsi che i bambini che cominciano a gattonare e camminare tardi abbiano un punteggio più basso, ma la maggior parte dei bambini recupera in fretta non appena impara a muoversi. Sappiamo che il primo anno di vita non serve granché a pronosticare come saranno i bambini da grandi. La maggior parte di loro si rimetterà in pari». L'autrice del test aggiunge tuttavia: «La maggior parte dei genitori vogliono sapere come stimolare meglio i loro bambini. Ai nostri giorni è più importante andare bene a scuola».
Ma nella comunità scientifica si levano già le voci di chi obietta che il test rischia di seminare inutilmente il panico tra i genitori i cui figli non raggiungono il massimo del punteggio. La dottoressa Emma Hewson, psicologa dell'infanzia, ha definito il test «discutibile dal punto di vista scientifico ed etico». «I bambini si sviluppano a velocità diverse, che non sono necessariamente utili a predire il loro quoziente intellettivo futuro. Mi preoccupa che questo test possa incoraggiare la gente a etichettare i bambini, il che è assurdo a un'età così tenera, e possa provocare inutili ansie fra i genitori» sostiene.
Anche il professor David Adey, docente di psicologia cognitiva al King's College di Londra, ha detto al «Daily Telegraph»: «Esiste il pericolo reale che i genitori cadano in preda al panico se il loro bambino non raggiunge il massimo dei voti».

il potere delle immagini

Corriere della Sera 31.10.04
Paradossi: ma la Legge di Mosè condanna le immagini
di RÉGIS DEBRAY

Anticipiamo un brano della introduzione di Régis Debray a «La Bibbia nei capolavori della pittura» (Piemme) in libreria da martedì.

La Bibbia è protagonista di un affascinante paradosso: il Libro che proibisce le immagini si è trasformato in uno scrigno di immagini, è diventato il grande archivio dell’occhio occidentale. E proprio il racconto che ci ha consegnato il divieto di fabbricare e adorare idoli pena la morte - pensiamo alla spietata punizione riservata da Mosé agli adoratori del vitello d’oro - è una delle immagini bibliche più indelebili conservate nella memoria collettiva.
Su questo tema, il Corano è molto meno severo della Bibbia, tant’è che l’iconoclastia islamica si basa piuttosto su alcuni hadith, ovvero su parole del Profeta e su tradizioni trasmesse oralmente, che non fanno parte del Corano. Nell’Antico Testamento, invece, la fobia ossessiva nei confronti delle immagini nasce da Dio stesso. Ed è categorica, è una legge impressa da Dio su tavole di pietra in caratteri di fuoco.
A questo punto ci chiediamo: noi che ci concediamo il piacere di vedere ciò che dovremmo soltanto leggere, siamo forse tornati ad essere politeisti, animisti o stregoni? Passi la nostra caduta nell’idolatria, ma trascinare con sé anche il più iconoclasta dei testi sacri...
Per gli «inventori» del primo Dio privo di un’immagine, il rifiuto del simulacro fu il punto di partenza per affermare il mistero divino. Il punto d’arrivo è, oggi, la più grande pinacoteca del mondo. Questa metamorfosi sbalorditiva merita una riflessione. Si tratta di un indebito mutamento di rotta o di un’eccezionale ricompensa postuma che rende giustizia all’arte figurativa?
Eppure i profeti ci avevano avvertito: l’immagine ha la capacità di stregarci! Ha potere sulle cose e sugli spiriti. L’immagine appartiene alla sfera della magia, agli spiriti della notte, possiede un fascino femminino malefico. La magia è la manipolazione dei poteri dell’occulto attraverso strumenti e meccanismi materiali. La religione, invece, non vuole costringere l’uomo dentro la sfera materiale, ma permettergli di entrare in relazione con la (o le) divinità attraverso la preghiera, in un rapporto vivo e personale che, in linea di principio, dovrebbe fare a meno di oggetti concreti inerti, come lo sono un’immagine dipinta o scolpita.
Il monoteismo vorrebbe essere un «esercizio di lettura», al riparo dal benché minimo sospetto di idolatria; per questo respinge ogni immagine che pretenda di possedere una somiglianza con il divino e di sostituirsi con il simbolo verbale. E l’idolo non è soltanto l’immagine di un falso dio, ma anche la falsa immagine del vero: infatti, la verità del Dio infinito è incommensurabile e non si può esprimere attraverso i limitati mezzi materiali offerti dal basso mondo in cui siamo immersi. L’Invisibile è «leggibile», ma non «raffigurabile». Potenza della Parola, impotenza delle raffigurazioni. «Non avrai altri dei oltre a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo nè di quanto è quaggiù sulla terra, nè di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai» (Esodo 20, 3-5). L’immagine è troppo piccola, e Dio troppo grande. Le immagini pesano molto, e l’uomo che ha un solo Dio vuole essere un viaggiatore senza bagaglio. L’ebreo errante, il viandante che mai riposa, l’homo viator - per la sua condizione di pellegrino su questa terra - è l’uomo del Libro. Egli non può né vuole caricarsi di altari, statue o effigi, pesanti fardelli che frenano la sua marcia verso il destino.
La Bibbia, tuttavia, è stata più forte di Dio. Ha fatto prevalere sui divieti una storia, o mille storie, che rimandano l’una all’altra e che si susseguono in fila indiana. L’Eterno enuncia i comandamenti, fissa gli obiettivi e ci ricorda freddamente i nostri doveri. Il suo ruolo è quello di intimidire. E’ un Capo. Sempre in piena forma. Il suo popolo invece fa registrare alti e bassi incredibili, passa continuamente dal vuoto di fede allo stato di grazia. La storia del popolo d’Israele è fatta di improvvisi e improbabili colpi di scena. Episodi che commuovono, angosciano, catturano l’attenzione. L’Eterno può, e certamente deve, fare a meno di immagini (Deus pingi non potest), ma laddove si racconta una storia, non si può impedire all’immaginazione di mettersi in moto, abbinando un volto a ogni nome e colorando la scena. Un Dio senza volto è sempre un po’ disumano, e non a casa le religioni che fanno capo ad Abramo e che separano il divino dal creato non sono certo le più tenere nè le più indulgenti nei confronti del peccatore, dell’apostata o dell’infedele. Fortunatamente, tra Lui e noi, c’è la Bibbia, che ci presenta un Dio più umano vicino, in attesa che il Figlio e il Vangelo rendano poi ancora più dolce e quasi materna questa «umanità» del Divino. Dio non ha nomi, nell’Antico Testamento è indicato da un tetragramma, talvolta soltanto da una pudica iniziale (l’enciclopedia dell’ebraismo si limita a una «D»). E non ha neppure forme, tant’è che quando appare prende le sembianze di un roveto ardente, ovvero un fuoco senza contorni ben definiti. All’inizio, violare il comandamento di non produrre immagini era grave quanto commettere un incesto o un omicidio. Esiste perfino un trattato contenuto nel Talmud, l’Avodah zarah, che impedisce a un ebreo di concludere un affare con un pagano idolatra nel giorno che precede una festa, per paura che quest’ultimo offra in sacrificio al suo idolo ciò che ha guadagnato. Ciononostante, gli Ebrei adorarono il vitello d’oro ed eressero altari a Baal e ad Astarte e posero anche due cherubini scolpiti sull’arca dell’Alleanza.
D’altra parte, viene da domandarsi: il divieto sarebbe stato formulato con tanta forza e consegnato a Mosé su tavole di pietra, e poi scandito e ripetuto da tanti profeti, se la rinuncia all’idolatria fosse stata tanto semplice?

sesso e filosofia...

Corriere della Sera 31.10.04
SAGGI
Lezioni di sesso con i grandi pensatori
Il filosofo? E’ in camera da letto
di Giulia Ziino


PIETRO EMANUELE Filosofi a luci rosse
Editore Salani Pagine 206 €12,50


Il sesso? Prendiamolo con filosofia. Da Platone a Robert Nozick, da Sant’Agostino ad Antonin Artaud, il viaggio di Pietro Emanuele nella storia del pensiero occidentale comincia in camera da letto. Risultato, una serie di ritratti inediti, prevedibili alcuni (Joyce, Casanova, de Sade), altri curiosi e gustosi: Alcibiade che corre dietro alla tunica di Socrate, Diogene che si masturba sulla piazza del mercato, lo scolaro Rousseau turbato dalle sculacciate dell’istitutrice ginevrina. Il tutto in un turbine di citazioni, amanti (maschi e femmine) più o meno soddisfatti, ameni scenari campestri e maleodoranti bordelli in cui i grandi pensatori universali si dibattono tra teoria e pratica dell'ars amatoria. Non sempre dimostrandosi all’altezza: «Lascia le donne e studia la matematica» dirà a Rousseau l’impietosa Giulietta, prostituta veneziana, Montaigne invece, sentendo approssimarsi la vecchiaia, consiglia a quelli che, come lui, hanno da poco oltrepassato la quarantina di «rivolgere l’assalto» a qualche fanciulla «molle, stupida e ignorante», per evitare la vista di due begli occhi «delusi da fiacchezza e incapacità».

logica, «Da Euclide a Gödel»

La Stampa TuttoLibri, sabato 30.10.04
Da Euclide a Gödel, non c’è
matematica senza la logica
di Federico Peiretti

GLI studenti non sanno la matematica. E' il risultato di una recente indagine ministeriale dai risultati sconfortanti. Se la matematica che gli studenti ritrovano in classe è soltanto una giaculatoria di formulette e i libri sui quali studiano hanno il fascino del libretto di istruzioni di una lavapiatti, è però difficile suscitare il loro interesse. Nella scuola sovente entra soltanto una matematica di calcolo, con esercizi tutti uguali, noiosi e ripetitivi, non entra invece il ragionamento. La logica, quintessenza del ragionamento matematico, viene tenuta fuori dalla porta, a tutti i livelli, dalle elementari all'università, e questo provoca un'ignoranza matematica diffusa non soltanto fra gli studenti.
Il recupero di questa cultura potrebbe essere favorito proprio dallo studio della logica. E non si può dire che sia un argomento difficile, come dimostra Gabriele Lolli, docente di Logica Matematica all'Università di Torino, nel suo nuovo libro, Da Euclide a Gödel.
Lolli evidenzia il grande progresso che si è avuto nella definizione della natura della matematica grazie all'opera di Gödel. I suoi teoremi di incompletezza, «tra i risultati più notevoli - e chiacchierati - del ventesimo secolo, in compagnia della relatività, della meccanica quantistica e del Dna», sono il punto centrale del libro. Per presentarli in modo accessibile a chi matematico non è di professione, Lolli risale all'origine dei problemi sui fondamenti della matematica, partendo dagli antichi greci, che furono i primi a introdurre il ragionamento matematico, esposto da Euclide nei suoi Elementi, più di duemila anni fa, con un modello che è stato poi adottato da tutte le discipline scientifiche. «Solo nella matematica però il modello si presenta allo stato puro - osserva Lolli - senza la necessità di inserire contributi e puntelli della ricerca sperimentale o di altre influenze; il legame tra assiomi e teoremi nella matematica è puramente logico».
Questo è per Lolli il punto di partenza di un'indagine colta e appassionata, in difesa della logica, per evidenziare il ruolo fondamentale che ha avuto lungo tutta la storia della matematica, tanto più da quando, nella seconda metà dell'Ottocento, si sono scoperte nuove algebre, con operazioni analoghe, ma non coincidenti con quelle numeriche, in grado di analizzare il nostro linguaggio, anche al fine di una sua traduzione al computer.
«Lo studio della logica potrebbe iniziare - afferma Lolli - già con la prima algebra; consiste infatti nel considerare che le formule non sono solo un flatus vocis che nel flusso del discorso esprimono fatti arcani, ma sono oggetti concreti che si manipolano e devono essere pensati loro stessi come oggetti matematici». Lolli accusa i matematici di voler rimuovere i teoremi di Gödel dandone una interpretazione negativa, considerandoli semplicemente il sigillo di un sogno impossibile di matematica assoluta, quella, ad esempio, di Newton che credeva nell'esistenza di un Dio matematico. Ed è tutta la nuova logica matematica a venire rinnegata, secondo un ostracismo di comodo che porta quello che Lolli chiama il «matematico operaio» a ignorare questi problemi, per evitare di mettere in discussione il suo lavoro. Per salvarsi, questo matematico operaio afferma che la logica moderna non riguarda la matematica, ma soltanto la filosofia, «anzi - dice Lolli - la ritiene una macchia sulla professione, perché avrebbe coinvolto la matematica in un'attività impropria».
In questo modo si tenta di giustificare il fatto che non viene né studiata né insegnata. Non si può quindi accusare soltanto gli studenti di non studiare la matematica, ma sono sotto accusa anche gli insegnanti e chi dovrebbe insegnare agli insegnanti che cosa e come insegnare, l'università, prima responsabile di questo disamore per la matematica.

il congresso di Rifondazione

il manifesto 30.10.04
Rifondazione: congresso per mozioni a marzo

La convocazione ufficiale sarà fatta dal comitato politico che si riunisce oggi e domani
Si svolgerà nella prima settimana del prossimo marzo, a Rimini, il congresso di Rifondazione comunista. La convocazione ufficiale sarà fatta questo finesettimana dal comitato politico nazionale del partito. Una riunione che sancirà la decisione di Fausto Bertinotti di portare in chiaro tutte le differenziazioni politiche interne, respingendo cioè l'ipotesi di un congresso per tesi emendabili - sostenuta dall'area dell'Ernesto attualmente determinante per la maggioranza - in favore di un congresso per mozioni. Oltre al documento del segretario se ne prevedono dunque altri tre. La minoranza di Progetto comunista, guidata da Marco Ferrando, ribadirà anche in questa occasione, come già in passato, il proprio impianto alternativo a quello della segreteria. Anche l'area Erre, guidata da Salvatore Cannavò e che allo scorso congresso si trovò a convenire con la proposta politica del segretario, sarà in campo con un documento alternativo. E' stata infatti verificata l'impossibilità di una convergenza tre le due componenti della sinistra. Infine dovrebbe esserci la mozione dell'area prevalentemente ex cossuttiana dell'Ernesto, capeggiata da Caludio Gassi e che finora ha fatto parte della maggioranza che ha tenuto in sella la segreteria di Bertinotti.

Il leader di Rifondazione è però pronto alla sfida per rendersi autonomo alla guida del partito. Una battaglia che rischia di incontrare ostacoli soprattutto da sinistra, viste le crepe che si sono create nei rapporti con i movimenti: una parte dei quali già a suo tempo non ha condiviso la radicalizzazione del ragionamento bertinottiano sulla nonviolenza e il mutamento stesso del ruolo di Rifondazione nel corso degli ultimi mesi (complice anche il caso di Nunzio D'Erme lasciato fuori dall'europarlamento nonostante il successo di consensi) con la scelta strategica verso l'alleanza con Romano Prodi. Rispetto a questa riaffermazione di autonomia da parte del Prc, non è un mistero l'orientamento verso l'area dei Verdi avviato già da tempo da parte di alcuni settori di movimento. Mentre la stessa mozione unitaria delle opposizioni sul ritiro dall'Iraq è stata giudicata per il suo impianto un «passo indietro» dalle minoranze di sinistra interne e da settori esterni. Proprio a questo proposito Bertinotti firma su Liberazione di oggi un editoriale con l'evidente intento di distendere il rapporto con i movimenti e spiegare le scelte verso cui orienta il partito: «Insieme all'impegno diretto e unitario nel movimento, ci proponiamo di costruire un progetto politico», scrive il segretario argomentando la scelta dell'alleanza prodiana e il tentativo di far vivere al suo interno le ragioni della sinistra di alternativa.

Diversa la posizione dell'Ernesto, da sempre favorevole al recupero di un rapporto organico con il centrosinistra, ma che contemporaneamente ritiene necessario porre precise discriminanti programmatiche. Un meccanismo che invece Bertinotti mette in discussione, ritenendo infruttuosa una negoziazione per punti del programma dell'alleanza alla quale preferisce una discussione complessiva. Anche per questo l'area del segretario respinge l'idea di un congresso per tesi, che consenta cioè di qualificare la maggioranza anche attraverso precisi emendamenti a un testo unitario, e si prepara a una dialettica su posizioni non mediabili.