Firenze festeggia Mario Luzi
Il Presidente del Consiglio Regionale della Toscana Riccardo Nencini e Il Sindaco di Firenze Leonardo Domenici festeggeranno, il 20 ottobre, insieme alla città di Firenze i 90 anni del grande poeta Mario Luzi. L'evento è stato realizzato con la collaborazione di Garzanti Libri e Mondadori. La mattina alle ore 10, nel Salone dei Duecento di Palazzo Vecchio, si terrà un convegno sulla figura di Mario Luzi: "Nuovo nato al mondo: il poema di Mario Luzi". Il pomeriggio alle ore 17,30 nella Sala del Gonfalone si terrà una Cerimonia ufficiale di festeggiamento, con una lettura di poeti che leggeranno poesie di Mario Luzi : "In questa lingua che non dice ancora": i poeti leggono Mario Luzi, con una prolusione di Massimo Cacciari.
Il Gazzettino Sabato, 9 Ottobre 2004
L’INTERVISTA
Mario Luzi: «Siamo pervasi da un male "non umano", che agisce a nostra insaputa»
Gianluca Versace
Mario Luzi, il più grande poeta vivente, lascia malvolentieri la sua colazione mattutina, nella casa sui lungarni, a Firenze: «Ho una magnifica tazza di latte che mi aspetta, ci risentiamo».
Insistiamo, molesti: maestro, lei che pensa della proposta di Aldo Forbice di "Zapping"?
«Che cosa?».
No, dico: nominarla Senatore a vita: ha saputo dell'iniziativa?
«Ho saputo».
Allora, ci terrebbe?
«No. Non ci terrei affatto».
Tutto qui?
«Ma sa, che discorsi, mi fa piacere il movimento popolare che si è messo in moto. La raccolta di firme, ecco».
Nient'altro?
«Il latte mi si fredda».
C'è una grande simpatia verso di lei, è una delle ultime voci "alte" dell'Italia di oggi!
"Mi fa piacere, certo! Ma sull'esito non mi faccio illusioni".
E perché mai?
«Come perché? Non sono nato ieri, ma 91 anni fa, ne ho visto tante».
Accetterebbe?
«Accetterei. Sennò sarebbe un gesto di spregio verso le Istituzioni. Ma è tutto così lontano dalle mie aspettative!».
Senta, l'Accademia svedese ha assegnato il premio Nobel per la letteratura
«E dunque?»
È che lei lo aspetta da tanto tempo, quel premio
«Ah, anche lei con questa storia. Sta diventando una barzelletta, non crede?».
Si è arreso?
«Non ci penso più. Semplicemente. Mi sono convinto, infatti, che non ci sia alcuna corrispondenza tra il valore e il riconoscimento assegnato a Stoccolma. Casualmente sono coincise le due cose, cioè vi è stata sintesi tra valore e favore. Ma».
Ma?
«Più spesso, direi quasi sempre, è prevalso il favore».
Stamattina le tv mandano le immagini di morte dal Mar Rosso
«Le sto vedendo».
Che pensieri ha?
«Pensieri Che tutti i giorni siamo al cospetto del male. E che è un male che travalica ormai i limiti dell'umano. E' un maleassoluto, ecco».
Assoluto?
«Sì e mi dispiace dirlo. Ma è così. Come facciamo a non accorgercene?».
È pessimista sul nostro futuro?
«Sa, io ho cercato di armonizzare dentro di me questo eterno contrasto bene-male. E ho sempre riflettuto: abbiamo il libero arbitrio, la libertà di pensiero, di scelta, ma ora».
Ora?
«Da qualche tempo mi sono reso conto che siamo pervasi da un male che sfugge alla responsabilità dell'uomo e alla sua stessa perfidia. E' un male "non umano", pur agendo in noi. E noi non agiamo sul male, ma ne siamo agiti, perfino a nostra insaputa».
Luzi, lei crede ancora nell'uomo?
«Se non ci credessi non crederei neanche in me stesso. Mi dovrei, per coerenza, auto distruggere. Ma mi lasci dire un'altra cosa, prima di tornare finalmente al mio latte».
La dica maestro.
«È che noi siamo sottoposti a eventi planetari e direi cosmici che ci sovrastano. Ne sto scrivendo. Sarà la mia prossima raccolta di poesie. Una sorta di ribellione del cosmo all'uomo. Siamo alle prese con questo: notizie terribili, basti Beslan a racchiudere la devastazione, il precipizio, l'abisso in cui siamo precipitati! C'è qualcosa che ci ha preso la mano. Nell'universo: qualcosa di autodistruttivo. Un macigno di male e di morte che non riusciamo a sbriciolare. E neppure ci pensiamo».
Il Papa ha parlato del comunismo come "male necessario".
«E ha detto una cosa giustissima. Perché il male è una entità cui bisogna far posto nella nostra storia».
Un male "utile"?
«L'ha detto: sì, c'è un male persino utile, in certi limiti. La sofferenza segnala un malessere, è il campanello d'allarme di un problema. Mentre noi oggi viviamo anestetizzati, indifferenti, spettatori impotenti! E equipariamo il male col bene! Tutto il male e il bene sono stati aboliti come categorie e come inclinazioni generali della nostra mente».
Maestro, ma lei ha perso la fede?
«No. Ma mi sento ormai un eretico».
E la politica? E i politici che fanno?
«Sono travolti. Ragionano con la mentalità delle cannoniere. Tradiscono la gente. Fanno pena: non si rendono conto di ciò che sta succedendo all'Italia, nel pianeta. E non hanno una visione: l'unico ad averla è il Papa. L'unica mente all'altezza dei tempi».
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»
L'ASSOCIAZIONE CULTURALE
sabato 9 ottobre 2004
BergamoScienza:
il Nobel per la Chimica: «fuori o dentro del corpo?»...
Eco di Bergamo 9.10.04
Mullis, un Nobel attratto dall'infinito
Il Festival di BergamoScienzasi apre con un boom. Folla di ragazzi per ascoltare il chimico americano Dalla fede alla coscienza: confronto appassionato con il docente di logica Odifreddi
Susanna Pesenti
Erano ottocento ieri al battestimo di BergamoScienza in Sant'Agostino. Sotto le volte gotiche, esauriti i quattrocento posti a sedere, i gradini laterali in mezzo agli studenti non son stati disdegnati da consiglieri regionali e imprenditori in abito blu. Il resto del pubblico si è accampato nella sala videoconferenze dell'università e nel chiostro, con due altoparlanti di riserva scovati dall'organizzazione. Altri sono rimasti fuori, delusi. Un decollo alla grande, che ha unito la città, un po' sbalordita da quanto riesce a fare quando collabora con se stessa. Ha dato voce al consenso il sindaco Roberto Bruni, che riconoscendo con gratitudine l'impegno di Sinapsi e della Fondazione Bergamo nella storia, ha assicurato che il coraggio degli organizzatori è stato premiato: «L'amministrazione - ha detto il sindaco di Bergamo - si impegna a far sì che l'appuntamento si ripeta e si consolidi» nell'interesse della cultura ma anche della democrazia perché «non c'è retto esercizio della responsabilità senza conoscenza» e il dibattito scientifico è essenziale perché la «tecnologia non diventi tecnocrazia».
Un sostegno colto al volo da entrambi i rettori presenti: Alberto Castoldi, che guida l'università di Bergamo ed è vicepresidente della Fondazione Bergamo nella storia, e don Luigi Verzé, rettore dell'università Vita-Salute del S. Raffaele di Milano. Da Castoldi è venuto un invito sincero alle istituzioni e ai concittadini a lasciarsi convincere, a entrare nel grande gioco per dare continuità a un'impresa che il fondatore del S.Raffalele non ha esitato a definire «un festival di valore straordinario per il paese e la città». I rettori nell'occasione hanno annunciato la nascita di una stretta collaborazione tra le due università, «anche con una presenza stabile del S. Raffaele a Bergamo». Un altro tassello che si aggiunge al discorso scientifico aperto vent'anni fa dall'Istituto Negri e continuato in questi anni dai Parchi tecnologici del Kilometro Rosso e del Polo tecnologico di Dalmine.
In platea i protagonisti di queste avventure positive per lo sviluppo del territorio ci sono tutti e il neuroimmunologo Gianvito Martino - presidente di Sinapsi e anima di BergamoScienza insieme a Raffaella Ravasio, Umberto Corrado e Mario Salvi - non nasconde l'emozione. Al «Festival» scientifico arriva anche, attraverso l'assessore alle Culture Ettore Albertoni, l'appoggio pieno della Lombardia che vede in BergamoScienza un punto di forza della politica regionale a favore della diffusione della cultura scientifica. Lo stesso tema affronta Rita Levi Montalcini, presidente onoraria del comitato scientifico di BergamoScienza. Il novantacinquenne Nobel parla in video ai giovani: «Non c'è cosa migliore che dedicarsi alla ricerca e amare la ricerca. Contingenze economiche hanno impedito a molti giovani di accedere a questo mondo. È ora di far capire loro quanto importante può essere dedicarsi a questo settore per aiutare il nostro mondo a non essere vittima dei mali che lo affliggono». E, riferendosi al dibattito sulle cellule staminali, la scienziata precisa la sua posizione: «Non credo sia moralmente lecita la produzione di embrioni specificamente finalizzata ad ottenerle. Nulla vieta invece l'utilizzo a questo scopo di embrioni prodotti in soprannumero, e quindi inevitabilmente destinati alla distruzione».
Un Nobel apre la strada a un altro: Kary Mullis, 60 anni, nel 1993 premiato per la chimica, dieci anni dopo l'invenzione della Pcr, reazione a catena della polimerasi che permette la riproduzione veloce in laboratorio di sequenze precise di Dna. È lui che il pubblico è venuto a vedere e ascoltare, è a lui che, dopo la pirotecnica partita di tennis mentale con il logico Piergiorgio Odifreddi, le ragazze che Montalcini vuole in massa nei ranghi della scienza andranno a chiedere l'autografo. E lui, sudando sotto i fari del palco, firmerà sorridendo ogni pezzo di carta che gli verrà presentato. Con la stessa semplicità si era sottoposto alle interviste televisive, compresa quella del corrispondente italiano della Bbc che, scoperta l'esistenza di BergamoScienza, è piombato in Città alta imponendo il servizio filmato al World Service dell'emittente.
«Il Nobel mi ha cambiato la vita – dice placido Mullis – mi ha permesso di fare molte cose, di divertirmi ancora di più a fare lo scienziato». Sulla spiaggia di La Jolla, dove abita, Mullis ha scritto la sua autobiografia, «Ballando nudi nel campo della mente» e Odifreddi la prende a traccia di una conversazione che spazia dall'astrologia all'onda quantica, dalla coscienza alle ultime ricerche nel campo immunologico. Odifreddi lo tuffa subito nell'acqua alta: «Siamo in una chiesa, come la mettiamo con fede e scienza?». «Il mio credere è vero - risponde il Nobel -, nel corso della mia vita ho avuto esperienze che non so spiegarmi ma alle quali devo credere perché questo è stato ciò che i sensi e la coscienza mi hanno detto. Io ricevo le mie informazioni sul mondo dai miei sensi, non posso rinunciare a ritenere vera questa conoscenza di base. Ma questo modo di sapere è altro dalla conoscenza scientifica, sono due piani diversi».
Un conto è la conoscenza personale «privata», un conto è il procedimento scientifico che porta a una conoscenza che diventa «pubblica», trasferibile, utilizzabile come dato. Il procedimento scientifico si basa sulla misura e la ripetitività e va distinto dalla «scienza» in quanto tale. Il procedimento scientifico si può applicare a qualunque fenomeno della vita quotidiana, anche a ciò che appare lontanissimo dalla scienza.
Come l'astrologia? - chiede sornione Odifreddi. «Anche» risponde Mullis, che alla questione ha applicato metodi statistici dopo che un paio di perfetti sconosciuti lo avevano identificato correttamente come «Capricorno». E la coscienza cos'è, incalza il logico: chimica, fisica, misurabile in qualche modo in base a livelli di energia dei quanti? Insomma è dentro o fuori del corpo? Lievemente divertito dalla mania europea dell'astrazione il Nobel americano accetta il gioco duro: «Well , se ci guardiamo negli occhi a lungo, abbastanza a lungo, che cosa capita? Fra noi passano messaggi, c'è una relazione... Cos'è questo "dentro" o "fuori" del corpo? Qualcosa di fisico? Chimico? O cosa? Però tra noi qualcosa passa».
Del resto siamo immersi in realtà non misurabili con le quali fisica e chimica cercano di venire a capo: «L'infinito. Chi ha mai visto l'infinito. Chi l'ha misurato?». Eppure è una nozione matematica utile. E l'universo, probabilmente infinito, è intorno a noi. Pieno di galassie, pianeti e asteroidi. «Che possono caderci addosso in cinquanta minuti. Come scienziato farei meglio a preoccuparmi più di quei cinquanta, misurabilissimi minuti che dell'infinito».
Mullis, un Nobel attratto dall'infinito
Il Festival di BergamoScienzasi apre con un boom. Folla di ragazzi per ascoltare il chimico americano Dalla fede alla coscienza: confronto appassionato con il docente di logica Odifreddi
Susanna Pesenti
Erano ottocento ieri al battestimo di BergamoScienza in Sant'Agostino. Sotto le volte gotiche, esauriti i quattrocento posti a sedere, i gradini laterali in mezzo agli studenti non son stati disdegnati da consiglieri regionali e imprenditori in abito blu. Il resto del pubblico si è accampato nella sala videoconferenze dell'università e nel chiostro, con due altoparlanti di riserva scovati dall'organizzazione. Altri sono rimasti fuori, delusi. Un decollo alla grande, che ha unito la città, un po' sbalordita da quanto riesce a fare quando collabora con se stessa. Ha dato voce al consenso il sindaco Roberto Bruni, che riconoscendo con gratitudine l'impegno di Sinapsi e della Fondazione Bergamo nella storia, ha assicurato che il coraggio degli organizzatori è stato premiato: «L'amministrazione - ha detto il sindaco di Bergamo - si impegna a far sì che l'appuntamento si ripeta e si consolidi» nell'interesse della cultura ma anche della democrazia perché «non c'è retto esercizio della responsabilità senza conoscenza» e il dibattito scientifico è essenziale perché la «tecnologia non diventi tecnocrazia».
Un sostegno colto al volo da entrambi i rettori presenti: Alberto Castoldi, che guida l'università di Bergamo ed è vicepresidente della Fondazione Bergamo nella storia, e don Luigi Verzé, rettore dell'università Vita-Salute del S. Raffaele di Milano. Da Castoldi è venuto un invito sincero alle istituzioni e ai concittadini a lasciarsi convincere, a entrare nel grande gioco per dare continuità a un'impresa che il fondatore del S.Raffalele non ha esitato a definire «un festival di valore straordinario per il paese e la città». I rettori nell'occasione hanno annunciato la nascita di una stretta collaborazione tra le due università, «anche con una presenza stabile del S. Raffaele a Bergamo». Un altro tassello che si aggiunge al discorso scientifico aperto vent'anni fa dall'Istituto Negri e continuato in questi anni dai Parchi tecnologici del Kilometro Rosso e del Polo tecnologico di Dalmine.
In platea i protagonisti di queste avventure positive per lo sviluppo del territorio ci sono tutti e il neuroimmunologo Gianvito Martino - presidente di Sinapsi e anima di BergamoScienza insieme a Raffaella Ravasio, Umberto Corrado e Mario Salvi - non nasconde l'emozione. Al «Festival» scientifico arriva anche, attraverso l'assessore alle Culture Ettore Albertoni, l'appoggio pieno della Lombardia che vede in BergamoScienza un punto di forza della politica regionale a favore della diffusione della cultura scientifica. Lo stesso tema affronta Rita Levi Montalcini, presidente onoraria del comitato scientifico di BergamoScienza. Il novantacinquenne Nobel parla in video ai giovani: «Non c'è cosa migliore che dedicarsi alla ricerca e amare la ricerca. Contingenze economiche hanno impedito a molti giovani di accedere a questo mondo. È ora di far capire loro quanto importante può essere dedicarsi a questo settore per aiutare il nostro mondo a non essere vittima dei mali che lo affliggono». E, riferendosi al dibattito sulle cellule staminali, la scienziata precisa la sua posizione: «Non credo sia moralmente lecita la produzione di embrioni specificamente finalizzata ad ottenerle. Nulla vieta invece l'utilizzo a questo scopo di embrioni prodotti in soprannumero, e quindi inevitabilmente destinati alla distruzione».
Un Nobel apre la strada a un altro: Kary Mullis, 60 anni, nel 1993 premiato per la chimica, dieci anni dopo l'invenzione della Pcr, reazione a catena della polimerasi che permette la riproduzione veloce in laboratorio di sequenze precise di Dna. È lui che il pubblico è venuto a vedere e ascoltare, è a lui che, dopo la pirotecnica partita di tennis mentale con il logico Piergiorgio Odifreddi, le ragazze che Montalcini vuole in massa nei ranghi della scienza andranno a chiedere l'autografo. E lui, sudando sotto i fari del palco, firmerà sorridendo ogni pezzo di carta che gli verrà presentato. Con la stessa semplicità si era sottoposto alle interviste televisive, compresa quella del corrispondente italiano della Bbc che, scoperta l'esistenza di BergamoScienza, è piombato in Città alta imponendo il servizio filmato al World Service dell'emittente.
«Il Nobel mi ha cambiato la vita – dice placido Mullis – mi ha permesso di fare molte cose, di divertirmi ancora di più a fare lo scienziato». Sulla spiaggia di La Jolla, dove abita, Mullis ha scritto la sua autobiografia, «Ballando nudi nel campo della mente» e Odifreddi la prende a traccia di una conversazione che spazia dall'astrologia all'onda quantica, dalla coscienza alle ultime ricerche nel campo immunologico. Odifreddi lo tuffa subito nell'acqua alta: «Siamo in una chiesa, come la mettiamo con fede e scienza?». «Il mio credere è vero - risponde il Nobel -, nel corso della mia vita ho avuto esperienze che non so spiegarmi ma alle quali devo credere perché questo è stato ciò che i sensi e la coscienza mi hanno detto. Io ricevo le mie informazioni sul mondo dai miei sensi, non posso rinunciare a ritenere vera questa conoscenza di base. Ma questo modo di sapere è altro dalla conoscenza scientifica, sono due piani diversi».
Un conto è la conoscenza personale «privata», un conto è il procedimento scientifico che porta a una conoscenza che diventa «pubblica», trasferibile, utilizzabile come dato. Il procedimento scientifico si basa sulla misura e la ripetitività e va distinto dalla «scienza» in quanto tale. Il procedimento scientifico si può applicare a qualunque fenomeno della vita quotidiana, anche a ciò che appare lontanissimo dalla scienza.
Come l'astrologia? - chiede sornione Odifreddi. «Anche» risponde Mullis, che alla questione ha applicato metodi statistici dopo che un paio di perfetti sconosciuti lo avevano identificato correttamente come «Capricorno». E la coscienza cos'è, incalza il logico: chimica, fisica, misurabile in qualche modo in base a livelli di energia dei quanti? Insomma è dentro o fuori del corpo? Lievemente divertito dalla mania europea dell'astrazione il Nobel americano accetta il gioco duro: «Well , se ci guardiamo negli occhi a lungo, abbastanza a lungo, che cosa capita? Fra noi passano messaggi, c'è una relazione... Cos'è questo "dentro" o "fuori" del corpo? Qualcosa di fisico? Chimico? O cosa? Però tra noi qualcosa passa».
Del resto siamo immersi in realtà non misurabili con le quali fisica e chimica cercano di venire a capo: «L'infinito. Chi ha mai visto l'infinito. Chi l'ha misurato?». Eppure è una nozione matematica utile. E l'universo, probabilmente infinito, è intorno a noi. Pieno di galassie, pianeti e asteroidi. «Che possono caderci addosso in cinquanta minuti. Come scienziato farei meglio a preoccuparmi più di quei cinquanta, misurabilissimi minuti che dell'infinito».
BergamoScienza
la relazione introduttiva di Rita Levi Montalcini
Corriere della Sera 9.10.04
LA RELAZIONE
Cadute le barriere tra scienziati, così la ricerca è cresciuta
di Rita Levi Montalcini
Ai miei tempi, quasi un secolo fa - tutti sanno che la mia età è 95 anni -, ero l’unica donna. Oggi, fortunatamente, non sono io la sola a portare la bandiera, ma sono migliaia le giovani donne che finalmente hanno dato prova delle loro altissime capacità in tutti i settori scientifici. Un altro elemento favorevole di questi anni è stata la caduta delle barriere tra i vari settori scientifici. Non si hanno più soltanto studi sul sistema nervoso da parte di chi ne ha avuto per decenni il monopolio: anatomi fisiologi, psicologi, ma tutti, che vengano da qualunque campo - dalla medicina, immunologia e altri settori del campo medico - medici informatici e fisici e matematici hanno fatto il loro ingresso, portando eccezionali contributi nello studio di quello stupendo sistema che è il sistema nervoso (...).
Ricorderò il contributo che sta dando lo studio delle cellule staminali. Vorrei ricordare quanto i dottori hanno recentemente apportato con nuovi studi che dimostrano la possibilità da parte delle cellule staminali di dare enormi contributi. A questo proposito desidero dire che io sono stata male interpretata: è stato scritto che io ero contro l’uso delle cellule staminali embrionali. Mai detto questo, io sono a favore dell’uso delle cellule staminali di embrioni prodotti in eccesso che debbano essere eliminati. Sono contro l’idea di produrre embrioni ai fini di utilizzare le cellule staminali. Cioè: è giusto utilizzare cellule staminali di embrioni disgraziatamente destinati comunque a essere eliminati, non è corretto creare embrioni per le cellule staminali (...).
Oggi gli sviluppi sono di tale entità da dare ai giovani l’idea di quanto la scienza sia importante: scienza ed etica, scienza e società. Oggi la scienza è di enorme valore. Purtroppo momenti difficili dal punto di vista finanziario hanno scoraggiato la gioventù a dedicarsi allo studio scientifico: ma non c’è cosa migliore che amare la ricerca, che dedicarsi alla ricerca. Io penso che sia essenziale che i giovani si rendano conto, e BergamoScienza lo dimostrerà, di quanto importante sia la scienza (...). Se non ci si dedica alla scienza non si può mai progredire e trovare rimedi ai tragici pericoli che minacciano l’intera umanità oggi più che in passato.
Io spero che in questa splendida manifestazione, che si concluderà il 17 ottobre, continui a portare a conoscenza dei giovani quanto la scienza può e deve dare, oggi e in futuro, e che questa splendida iniziativa continui negli anni prossimi. BergamoScienza deve venire a conoscenza di tutti, non soltanto di noi italiani, ma di tutti gli stati europei e non (...). Io ritengo che sia di estrema importanza in un momento difficile come questo dare ai giovani il senso di quanto è importante investire in campo scientifico, senza di ciò non potremmo far fronte agli enormi problemi che minacciano spesso di sofferenze la nostra specie.
LA RELAZIONE
Cadute le barriere tra scienziati, così la ricerca è cresciuta
di Rita Levi Montalcini
Ai miei tempi, quasi un secolo fa - tutti sanno che la mia età è 95 anni -, ero l’unica donna. Oggi, fortunatamente, non sono io la sola a portare la bandiera, ma sono migliaia le giovani donne che finalmente hanno dato prova delle loro altissime capacità in tutti i settori scientifici. Un altro elemento favorevole di questi anni è stata la caduta delle barriere tra i vari settori scientifici. Non si hanno più soltanto studi sul sistema nervoso da parte di chi ne ha avuto per decenni il monopolio: anatomi fisiologi, psicologi, ma tutti, che vengano da qualunque campo - dalla medicina, immunologia e altri settori del campo medico - medici informatici e fisici e matematici hanno fatto il loro ingresso, portando eccezionali contributi nello studio di quello stupendo sistema che è il sistema nervoso (...).
Ricorderò il contributo che sta dando lo studio delle cellule staminali. Vorrei ricordare quanto i dottori hanno recentemente apportato con nuovi studi che dimostrano la possibilità da parte delle cellule staminali di dare enormi contributi. A questo proposito desidero dire che io sono stata male interpretata: è stato scritto che io ero contro l’uso delle cellule staminali embrionali. Mai detto questo, io sono a favore dell’uso delle cellule staminali di embrioni prodotti in eccesso che debbano essere eliminati. Sono contro l’idea di produrre embrioni ai fini di utilizzare le cellule staminali. Cioè: è giusto utilizzare cellule staminali di embrioni disgraziatamente destinati comunque a essere eliminati, non è corretto creare embrioni per le cellule staminali (...).
Oggi gli sviluppi sono di tale entità da dare ai giovani l’idea di quanto la scienza sia importante: scienza ed etica, scienza e società. Oggi la scienza è di enorme valore. Purtroppo momenti difficili dal punto di vista finanziario hanno scoraggiato la gioventù a dedicarsi allo studio scientifico: ma non c’è cosa migliore che amare la ricerca, che dedicarsi alla ricerca. Io penso che sia essenziale che i giovani si rendano conto, e BergamoScienza lo dimostrerà, di quanto importante sia la scienza (...). Se non ci si dedica alla scienza non si può mai progredire e trovare rimedi ai tragici pericoli che minacciano l’intera umanità oggi più che in passato.
Io spero che in questa splendida manifestazione, che si concluderà il 17 ottobre, continui a portare a conoscenza dei giovani quanto la scienza può e deve dare, oggi e in futuro, e che questa splendida iniziativa continui negli anni prossimi. BergamoScienza deve venire a conoscenza di tutti, non soltanto di noi italiani, ma di tutti gli stati europei e non (...). Io ritengo che sia di estrema importanza in un momento difficile come questo dare ai giovani il senso di quanto è importante investire in campo scientifico, senza di ciò non potremmo far fronte agli enormi problemi che minacciano spesso di sofferenze la nostra specie.
quasi cinque milioni i depressi in Italia
Gazzetta del Sud 9.10.04
Quasi cinque milioni di italiani sono vittime della depressione
Ivana Sammarco
PERUGIA – In Italia soffrono di depressione tre milioni e settecentomila donne e un milione e centomila di uomini. Nel 22% dei casi l'età media è tra i 19 e 44 anni; le casalinghe risultano tra le più colpite (39.2%), ma nessuna categoria ne è esente. Per gli antidepressivi vengono spesi in Italia più di 340 milioni di euro ogni anno, pari al 7,8% della spesa totale per i farmaci. La necessità di attività di informazione e di prevenzione è dunque fondamentale. Lo ha sostenuto Sandro Elisei, segretario regionale della Società italiana di psichiatria, organismo che oggi dà il via alla «Giornata europea della depressione», convegno organizzato dall'Università di Perugia nel capoluogo umbro. I disturbi dell'umore, in particolar modo la depressione secondo una proiezione dell'Organizzazione mondiale della sanità, nel 2020 risulteranno una delle malattie maggiormente debilitanti per la popolazione generale, seconda solo alle cardiopatie ischemiche. L'incontro sarà l'occasione per un confronto su tale patologia, con la partecipazione di medici, psichiatri, associazioni. Anche in Europa è stata costituita di recente la «European depression association», con sede a Bruxelles che tra l'altro, ha istituito la «Giornata europea della depressione» con lo scopo – si legge in una nota – di attirare l'attenzione di tutti sul fatto che la depressione si può e si deve diagnosticare e che si può e si deve curare. Negli Stati Uniti da molti anni è attivo il «National depression screening day» per la prevenzione e cura di questi disturbi.
Quasi cinque milioni di italiani sono vittime della depressione
Ivana Sammarco
PERUGIA – In Italia soffrono di depressione tre milioni e settecentomila donne e un milione e centomila di uomini. Nel 22% dei casi l'età media è tra i 19 e 44 anni; le casalinghe risultano tra le più colpite (39.2%), ma nessuna categoria ne è esente. Per gli antidepressivi vengono spesi in Italia più di 340 milioni di euro ogni anno, pari al 7,8% della spesa totale per i farmaci. La necessità di attività di informazione e di prevenzione è dunque fondamentale. Lo ha sostenuto Sandro Elisei, segretario regionale della Società italiana di psichiatria, organismo che oggi dà il via alla «Giornata europea della depressione», convegno organizzato dall'Università di Perugia nel capoluogo umbro. I disturbi dell'umore, in particolar modo la depressione secondo una proiezione dell'Organizzazione mondiale della sanità, nel 2020 risulteranno una delle malattie maggiormente debilitanti per la popolazione generale, seconda solo alle cardiopatie ischemiche. L'incontro sarà l'occasione per un confronto su tale patologia, con la partecipazione di medici, psichiatri, associazioni. Anche in Europa è stata costituita di recente la «European depression association», con sede a Bruxelles che tra l'altro, ha istituito la «Giornata europea della depressione» con lo scopo – si legge in una nota – di attirare l'attenzione di tutti sul fatto che la depressione si può e si deve diagnosticare e che si può e si deve curare. Negli Stati Uniti da molti anni è attivo il «National depression screening day» per la prevenzione e cura di questi disturbi.
anoressia, bulimia, obesità
Gazzetta del Sud 9.10.04
Anoressia, bulimia e obesità in preoccupante aumento
I giovani soffrono di disturbi alimentari
MILANO – Anoressia, bulimia e obesità sono in aumento tra i giovani italiani, colpiscono soprattutto le donne, ma possono essere sconfitte se vengono prese in tempo e se nella cura si affiancano una terapia psicologica e una cura con i farmaci. I dati, forniti dalla dottoressa Maria Gabriella Gentile, direttore del centro per il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare dell'ospedale Niguarda di Milano, nel corso di una conferenza stampa, sono preoccupanti. La categoria più a rischio è quella delle giovani donne, tra i 12 e i 25 anni, che in Italia sono quattro milioni e seicentomila. Il 10% di loro (460 mila ragazze) soffre di anoressia e bulimia, mentre il 7,8%, quasi 360 mila ragazze, risulta obeso. In tutto, il 17,8% delle giovani donne italiane (12-25 anni), quasi 820 mila persone, è afflitto da problemi legati all'alimentazione. Sia l'anoressia che l'obesità, ha spiegato la dottoressa Gentile, creano dei veri e propri handicap fisici. L'anoressia provoca l'assenza del ciclo mestruale, mentre nelle donne obese l'eccesso di tessuto adiposo genera uno squilibrio ormonale che può causare l'infertilità. Inoltre, l'indice di mortalità nelle ragazze affette da anoressia e bulimia è di dodici volte più alto delle loro coetanee sane. «Questi dati – ha precisato Gentile – non devono distogliere l'attenzione dal fatto più importante. Guarire da queste malattie è possibile e si può tornare completamente sani». I tempi di guarigione, ha spiegato, sono tanto più brevi quanto più veloce è l'intervento. Bisognerebbe prendere la malattia sul nascere o nei primi anni. Il modo più adatto per curare questi disturbi è una terapia che agisce su due punti: uno psicologico, l'altro clinico, con l'uso di farmaci. «Nel nostro centro al Niguarda – ha detto la dottoressa Gentile – abbiamo fuso i due tipi di intervento in un'unica struttura. I pazienti seguono terapie di gruppo che mirano a modificare le loro abitudini di vita. L'obiettivo è separare il mangiare dalle tensioni giornaliere: fare in modo, a esempio, che il cibo non sia uno strumento di compensazione per mancanze affettive o depressioni. Allo stesso tempo teniamo sotto controllo la loro situazione clinica e quando è necessario prescriviamo l'uso di farmaci che riducono l'assorbimento di grassi a livello intestinale». Anche sul fronte obesità i risultati raggiunti nel centro del Niguarda sono confortanti. Sono stati curati quasi quattrocento pazienti colpiti da obesità grave. In due anni di cure psicologiche e di controllo della loro alimentazione, ha spiegato la dottoressa Gentile, le loro condizioni sono molto migliorate. I pazienti sono scesi di peso, sono diminuiti i rischi di malattie cardiovascolari e la deposizione del grasso addominale, si sono stabilizzato i loro valori di glicemia nel sangue.
Anoressia, bulimia e obesità in preoccupante aumento
I giovani soffrono di disturbi alimentari
MILANO – Anoressia, bulimia e obesità sono in aumento tra i giovani italiani, colpiscono soprattutto le donne, ma possono essere sconfitte se vengono prese in tempo e se nella cura si affiancano una terapia psicologica e una cura con i farmaci. I dati, forniti dalla dottoressa Maria Gabriella Gentile, direttore del centro per il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare dell'ospedale Niguarda di Milano, nel corso di una conferenza stampa, sono preoccupanti. La categoria più a rischio è quella delle giovani donne, tra i 12 e i 25 anni, che in Italia sono quattro milioni e seicentomila. Il 10% di loro (460 mila ragazze) soffre di anoressia e bulimia, mentre il 7,8%, quasi 360 mila ragazze, risulta obeso. In tutto, il 17,8% delle giovani donne italiane (12-25 anni), quasi 820 mila persone, è afflitto da problemi legati all'alimentazione. Sia l'anoressia che l'obesità, ha spiegato la dottoressa Gentile, creano dei veri e propri handicap fisici. L'anoressia provoca l'assenza del ciclo mestruale, mentre nelle donne obese l'eccesso di tessuto adiposo genera uno squilibrio ormonale che può causare l'infertilità. Inoltre, l'indice di mortalità nelle ragazze affette da anoressia e bulimia è di dodici volte più alto delle loro coetanee sane. «Questi dati – ha precisato Gentile – non devono distogliere l'attenzione dal fatto più importante. Guarire da queste malattie è possibile e si può tornare completamente sani». I tempi di guarigione, ha spiegato, sono tanto più brevi quanto più veloce è l'intervento. Bisognerebbe prendere la malattia sul nascere o nei primi anni. Il modo più adatto per curare questi disturbi è una terapia che agisce su due punti: uno psicologico, l'altro clinico, con l'uso di farmaci. «Nel nostro centro al Niguarda – ha detto la dottoressa Gentile – abbiamo fuso i due tipi di intervento in un'unica struttura. I pazienti seguono terapie di gruppo che mirano a modificare le loro abitudini di vita. L'obiettivo è separare il mangiare dalle tensioni giornaliere: fare in modo, a esempio, che il cibo non sia uno strumento di compensazione per mancanze affettive o depressioni. Allo stesso tempo teniamo sotto controllo la loro situazione clinica e quando è necessario prescriviamo l'uso di farmaci che riducono l'assorbimento di grassi a livello intestinale». Anche sul fronte obesità i risultati raggiunti nel centro del Niguarda sono confortanti. Sono stati curati quasi quattrocento pazienti colpiti da obesità grave. In due anni di cure psicologiche e di controllo della loro alimentazione, ha spiegato la dottoressa Gentile, le loro condizioni sono molto migliorate. I pazienti sono scesi di peso, sono diminuiti i rischi di malattie cardiovascolari e la deposizione del grasso addominale, si sono stabilizzato i loro valori di glicemia nel sangue.
il professor Cacciari e l'immortalità dell'anima
Il Mattino, sabato 9 ottobre 2004
IL FILOSOFO A CASERTA ANALIZZA IL «FEDONE» DI PLATONE E OGGI SARÀ ALLA FELTRINELLI DI NAPOLI
Cacciari: l’anima immortale prepara alla buona morte
Nando Santonastaso
L’immortalità dell’anima? Una grande, una bella speranza che non va dimostrata come un teorema matematico ma che può essere plausibile. «Una scommessa che possiamo fare» dice Massimo Cacciari nell’affollatissimo Duomo di Caserta dove ieri sera ha commentato il Fedone di Platone, lasciandone poi l’interpretazione scenica all’attore Carlo Rivolta. Ospite del vescovo Raffaele Nogaro, ormai di casa in una città che l’ha praticamente adottato, Cacciari - che stamane sarà ospite a Napoli della libreria Feltrinelli - parla dall’altare in un’atmosfera di grande suggestione. «Perché - si chiede - è così importante l’immortalità dell’anima? Perché solo così potremo combattere chi crede che il vero sia soltanto il visibile. Ma quanti negano l’immortalità dell’anima sono gli stessi che negano la scienza che si fonda invece sulle idee».
E il corpo? È niente di fronte all’anima? «No, il filosofo non vuole morire o ripararsi dalla vita mondana, per lui morire non è guarire dai mali. Quest’interpretazione, data da Nietzsche, è sbagliata. Il filosofo pensa alla morte escatologicamente. Essa è l’ultimo, l’estremo della vita, non una fuga dalla vita» risponde Cacciari, sottolineando uno dei passaggi fondamentali del Fedone, da lui stesso definito «fondante per la nostra stessa civiltà». Platone ricorda che il filosofo deve convertire. E dunque insegnarci che «bisogna vivere ogni istante come se fosse l’ultimo. Ecco la radicalità dell’atteggiamento platonico». Ne deriva che la buona, la grande speranza è essenziale alla serietà della vita. «E l’anima, che è un organo complesso con il quale intenzioniamo principi e cose reali, non è astratta separazione dalla vita». Non a caso Socrate prima di morire rinuncia all’offerta di fuggire propostagli dal suo allievo Critone: «Perché - spiega Cacciari - se l’avesse fatto sarebbe caduto in contraddizione con la preparazione della buona morte: ora siamo sani, dice Socrate, siamo guariti e pronti alla buona morte. Quella che si può avere in ogni istante, non con un fulmine che colpisce all’improvviso. La morte appartiene all’anima che l’ha preparata, e non l’anima alla morte».
Prima di incontrare i casertani in Cattedrale, Cacciari ha avuto anche l’opportunità di rispondere alle domande dei cronisti in attesa nel seminario vescovile. Ed è stato come al solito schietto e diretto. Come sulla guerra in Iraq: «Sciagurata, priva di ogni giustificazione, capace di minare anche gli ultimi baluardi del diritto internazionale. Ma ora che c’è non si può abbandonare l’Iraq che invece va salvato da un reale pericolo di guerra civile. Occorre impegnarsi per avviare un processo di democratizzazione, naturalmente con l’Onu: di questo si è finalmente reso conto anche Bush». Niente incertezze anche a proposito della gestione dell’emergenza rifiuti in Campania: «È un peccato mortale - dice il filosofo - inviare l’immondizia in Germania. Non è giusto. Non conosco bene la questione del termovalorizzatore, chiedete notizie al mio amico Bassolino: ma spedire i rifiuti all’estero è inconcepibile».
IL FILOSOFO A CASERTA ANALIZZA IL «FEDONE» DI PLATONE E OGGI SARÀ ALLA FELTRINELLI DI NAPOLI
Cacciari: l’anima immortale prepara alla buona morte
Nando Santonastaso
L’immortalità dell’anima? Una grande, una bella speranza che non va dimostrata come un teorema matematico ma che può essere plausibile. «Una scommessa che possiamo fare» dice Massimo Cacciari nell’affollatissimo Duomo di Caserta dove ieri sera ha commentato il Fedone di Platone, lasciandone poi l’interpretazione scenica all’attore Carlo Rivolta. Ospite del vescovo Raffaele Nogaro, ormai di casa in una città che l’ha praticamente adottato, Cacciari - che stamane sarà ospite a Napoli della libreria Feltrinelli - parla dall’altare in un’atmosfera di grande suggestione. «Perché - si chiede - è così importante l’immortalità dell’anima? Perché solo così potremo combattere chi crede che il vero sia soltanto il visibile. Ma quanti negano l’immortalità dell’anima sono gli stessi che negano la scienza che si fonda invece sulle idee».
E il corpo? È niente di fronte all’anima? «No, il filosofo non vuole morire o ripararsi dalla vita mondana, per lui morire non è guarire dai mali. Quest’interpretazione, data da Nietzsche, è sbagliata. Il filosofo pensa alla morte escatologicamente. Essa è l’ultimo, l’estremo della vita, non una fuga dalla vita» risponde Cacciari, sottolineando uno dei passaggi fondamentali del Fedone, da lui stesso definito «fondante per la nostra stessa civiltà». Platone ricorda che il filosofo deve convertire. E dunque insegnarci che «bisogna vivere ogni istante come se fosse l’ultimo. Ecco la radicalità dell’atteggiamento platonico». Ne deriva che la buona, la grande speranza è essenziale alla serietà della vita. «E l’anima, che è un organo complesso con il quale intenzioniamo principi e cose reali, non è astratta separazione dalla vita». Non a caso Socrate prima di morire rinuncia all’offerta di fuggire propostagli dal suo allievo Critone: «Perché - spiega Cacciari - se l’avesse fatto sarebbe caduto in contraddizione con la preparazione della buona morte: ora siamo sani, dice Socrate, siamo guariti e pronti alla buona morte. Quella che si può avere in ogni istante, non con un fulmine che colpisce all’improvviso. La morte appartiene all’anima che l’ha preparata, e non l’anima alla morte».
Prima di incontrare i casertani in Cattedrale, Cacciari ha avuto anche l’opportunità di rispondere alle domande dei cronisti in attesa nel seminario vescovile. Ed è stato come al solito schietto e diretto. Come sulla guerra in Iraq: «Sciagurata, priva di ogni giustificazione, capace di minare anche gli ultimi baluardi del diritto internazionale. Ma ora che c’è non si può abbandonare l’Iraq che invece va salvato da un reale pericolo di guerra civile. Occorre impegnarsi per avviare un processo di democratizzazione, naturalmente con l’Onu: di questo si è finalmente reso conto anche Bush». Niente incertezze anche a proposito della gestione dell’emergenza rifiuti in Campania: «È un peccato mortale - dice il filosofo - inviare l’immondizia in Germania. Non è giusto. Non conosco bene la questione del termovalorizzatore, chiedete notizie al mio amico Bassolino: ma spedire i rifiuti all’estero è inconcepibile».
la religione americana
Repubblica 9.10.04
La religione dell'America di Bush
Da Reagan alle attuali strategie globali, ecco come Dio entra nella politica
Il nuovo fondamentalismo protestante e il peso elettorale sulla presidenza
di ALEXANDER STILLE
Qualche tempo fa George Bush si è trovato in una posizione difficile, con l´ansia di perdere un importante pilastro della sua base elettorale: i conservatori religiosi. Lo stato del Massachussets aveva dato il via libera ai matrimoni gay e le coppie omosessuali correvano a San Francisco a procurarsi licenze di matrimonio. In breve, molti conservatori religiosi avevano l´impressione che l´America, ai loro occhi una sorta di Nuova Gerusalemme, si stesse trasformando in Sodoma e Gomorra senza che il "loro" presidente alzasse un dito.
Un primo colpo di avvertimento fu sparato sotto forma di un lungo articolo del Washington Times in cui venivano riportate le affermazioni di numerosi esponenti di spicco dei conservatori religiosi che ventilavano l´ipotesi di un astensionismo da parte dei membri delle loro organizzazioni alle presidenziali di novembre se Bush li avesse lasciati soli su questo importantissimo tema.
«I nostri leader non possono affatto garantire un ampia affluenza alle urne se il presidente dimostra incertezza su cosa è giusto dal punto di vista morale e non prende una posizione autorevole su questo tema come ha fatto per la guerra in Iraq», spiega Sandy Rios, presidentessa di un gruppo denominato Concerned Women of America, per poi aggiungere : «La forza di questo presidente sta nelle sue convinzioni, ma la nostra gente non apprezza la sua indecisione e la mancanza di autorevolezza su un tema fondamentale come la santità del matrimonio».
Bush e i suoi consiglieri politici tengono in alta considerazione le opinioni dei cristiani evangelici, cui il presidente è legato da autentica affinità culturale. Bush ha spesso fatto riferimento nei suoi discorsi alla conversione religiosa grazie alla quale uscì da una situazione imprenditoriale senza sbocco e da un serio problema di alcolismo entrando a far parte di un gruppo di riflessione sulla Bibbia e rinunciando all´alcool. Senza la grazia salvifica di Gesù Cristo, ha detto, oggi non si troverebbe alla Casa Bianca.
E neanche senza il sostegno elettorale dei conservatori religiosi. La destra religiosa divenne una vera e propria forza con l´elezione di Ronald Reagan e la forte concentrazione di evangelici bianchi. Nel 1994 due elettori repubblicani su cinque si definivano conservatori religiosi. La loro imponente presenza negli stati del sud ha contribuito a fare di quella parte del paese una roccaforte pressoché inespugnabile del partito repubblicano. Gran parte degli evangelici non sono benestanti ed hanno ben poco in comune con i grandi imprenditori che finanziano la campagna di Bush, quindi l´esplicito richiamo ai valori religiosi ha conferito ai repubblicani un potere di attrazione trasversale tra le classi sociali. Karl Rove, massimo stratega della campagna elettorale di Bush, ha detto di voler portare alle urne quei conservatori religiosi che non hanno votato nelle passate elezioni (da quattro a sei milioni, secondo le stime).
Bush sembra incarnare la risposta alle preghiere dei conservatori religiosi. A differenza di molti politici che aspirano a conquistare il loro voto, egli parla il loro linguaggio. Bush padre era un repubblicano di un´altra generazione, un metodista cresciuto nello stato settentrionale del Connecticut che raramente faceva accenno alla religione in pubblico. Bush giovane è invece membro di una chiesa battista del sud a forte componente evangelica e non ha nessuna difficoltà a rendere pubblica testimonianza di fede. Gli incontri di preghiera sono oggi di routine alla Casa Banca e i conservatori religiosi occupano posizioni chiave nell´amministrazione. Fu proprio per enfatizzare il tono religioso delle parole del presidente che uno dei principali autori dei discorsi di Bush , cristiano evangelico, ha coniato il famoso termine "asse del male", trasformando la dizione originale "asse dell´odio". Il discorso sullo Stato dell´unione nel 2003 nel riferirsi al «potere miracoloso della bontà, dell´idealismo e della fede del popolo americano» riecheggiava un noto inno protestante.
La "limpidezza morale" di Bush sul terrorismo, la netta divisione del mondo tra "i malfattori" e le forze del bene, ha grande presa sulla base elettorale religiosa. Secondo un recente sondaggio il quarantaquattro per cento degli americani crede che Dio abbia assegnato la terra che oggi è Israele al popolo ebraico, mentre una minoranza significativa pari al trentasei per cento, pensa che lo stato di Israele rappresenti l´adempimento della profezia biblica sulla seconda venuta di Gesù. Benché Bush non sia arrivato ad affermare di essere l´unto del signore, destinato da dio a guidare il paese attraverso la crisi del terrorismo, molti dei suoi seguaci religiosi ne sono convinti.
Eppure, paradossalmente, avere uno dei loro alla Casa Bianca ha creato dei problemi seri ai conservatori religiosi. La raccolta di fondi è in calo, attaccare dall´esterno il potere è più congeniale a questi gruppi che farne parte.
La realtà è che, a dispetto di tutto il loro potere apparente, i conservatori religiosi hanno realizzato sono una minima parte del loro programma politico. A meno di non creare una versione cristiana della shariah non è chiaro come saranno in grado di realizzare la loro visione di una società religiosa. Nulla hanno potuto per capovolgere le diffuse tendenze della società americana contrarie, nella loro ottica, ad una visione religiosa della società: la separazione tra chiesa e stato, il diritto all´aborto, la laicità della scuola, l´alta percentuale di rapporti sessuali prematrimoniali e di divorzi, la conquista di più ampi diritti alle donne e il sempre più deciso sostegno alla causa dei diritti omosessuali.
«Non voglio dar la colpa al presidente, ma i conservatori religiosi sono in politica da 25 anni e, su tutti i fronti che più stanno loro a cuore le cose vanno di male in peggio», commenta Gary Bauer, presidente di American Values. «Il movimento per i diritti dei gay è più forte, la cultura americana più decadente, non è stata salvata la vita di un solo neonato, la pornografia è entrata nel soggiorno di casa e non si può guardare il Super Bowl senza star pronti a cambiare canale».
Parte del problema è legato al fatto che i conservatori religiosi non hanno mai preso coscienza delle contraddizioni del movimento conservatore americano indicate molti anni fa dal sociologo Daniel Bell. Il Partito Repubblicano ha unito sotto la sua ala sostenitori della libera economia di mercato contrari a quasi tutte le restrizioni dello sviluppo commerciale e conservatori religiosi, ma solo il primo gruppo ha davvero realizzato i propri obiettivi: la deregulation dei mercati e l´eliminazione di quasi tutti gli ostacoli allo sviluppo commerciale e alla realizzazione individuale. La "ricerca della felicità" e l´esaltazione della ricchezza e del successo favoriscono lo sviluppo di una società fondata sui diritti individuali, piuttosto che su valori morali assoluti, una società sempre più materialista in cui il titillamento sessuale è un ottimo strumento di vendita e movimenti come quelli dei diritti delle donne e dei gay rappresentano importanti nicchie di mercato.
Inizialmente si pensava che il via libera dei tribunali ai matrimoni gay potesse creare seri problemi ai democratici, ma ironicamente potrebbe crearli ancor più gravi a Bush e ai repubblicani. Anche se la maggioranza degli americani è contraria all´idea del matrimonio tra gay, molti repubblicani sono in imbarazzo di fronte all´ipotesi di modificare la costituzione introducendo una specifica discriminazione nei confronti degli omosessuali. Si dice che persino la moglie di Bush, Laura, sia contraria e il presidente si è trincerato in un silenzio piuttosto eloquente dopo aver annunciato il proprio sostegno alla proposta di emendamento. In realtà è una mossa che potrebbe costargli più voti di quanti gliene possa guadagnare. I repubblicani moderati, come Arnold Schwarzenegger in California e il sindaco di New York Mike Bloomberg hanno indicato che non si opporrebbero ad un disegno di legge che legalizzi i matrimoni gay nei loro rispettivi stati, indebolendo la posizione di Bush all´interno del suo stesso partito. Negli ultimi dieci anni l´atteggiamento degli americani verso l´omosessualità è stato improntato ad una sempre maggiore tolleranza e l´opposizione ai matrimoni gay è particolarmente debole tra i giovani, anche tra quelli credenti. La società di mercato, se non altro, è una società tollerante.
La religione dell'America di Bush
Da Reagan alle attuali strategie globali, ecco come Dio entra nella politica
Il nuovo fondamentalismo protestante e il peso elettorale sulla presidenza
di ALEXANDER STILLE
Qualche tempo fa George Bush si è trovato in una posizione difficile, con l´ansia di perdere un importante pilastro della sua base elettorale: i conservatori religiosi. Lo stato del Massachussets aveva dato il via libera ai matrimoni gay e le coppie omosessuali correvano a San Francisco a procurarsi licenze di matrimonio. In breve, molti conservatori religiosi avevano l´impressione che l´America, ai loro occhi una sorta di Nuova Gerusalemme, si stesse trasformando in Sodoma e Gomorra senza che il "loro" presidente alzasse un dito.
Un primo colpo di avvertimento fu sparato sotto forma di un lungo articolo del Washington Times in cui venivano riportate le affermazioni di numerosi esponenti di spicco dei conservatori religiosi che ventilavano l´ipotesi di un astensionismo da parte dei membri delle loro organizzazioni alle presidenziali di novembre se Bush li avesse lasciati soli su questo importantissimo tema.
«I nostri leader non possono affatto garantire un ampia affluenza alle urne se il presidente dimostra incertezza su cosa è giusto dal punto di vista morale e non prende una posizione autorevole su questo tema come ha fatto per la guerra in Iraq», spiega Sandy Rios, presidentessa di un gruppo denominato Concerned Women of America, per poi aggiungere : «La forza di questo presidente sta nelle sue convinzioni, ma la nostra gente non apprezza la sua indecisione e la mancanza di autorevolezza su un tema fondamentale come la santità del matrimonio».
Bush e i suoi consiglieri politici tengono in alta considerazione le opinioni dei cristiani evangelici, cui il presidente è legato da autentica affinità culturale. Bush ha spesso fatto riferimento nei suoi discorsi alla conversione religiosa grazie alla quale uscì da una situazione imprenditoriale senza sbocco e da un serio problema di alcolismo entrando a far parte di un gruppo di riflessione sulla Bibbia e rinunciando all´alcool. Senza la grazia salvifica di Gesù Cristo, ha detto, oggi non si troverebbe alla Casa Bianca.
E neanche senza il sostegno elettorale dei conservatori religiosi. La destra religiosa divenne una vera e propria forza con l´elezione di Ronald Reagan e la forte concentrazione di evangelici bianchi. Nel 1994 due elettori repubblicani su cinque si definivano conservatori religiosi. La loro imponente presenza negli stati del sud ha contribuito a fare di quella parte del paese una roccaforte pressoché inespugnabile del partito repubblicano. Gran parte degli evangelici non sono benestanti ed hanno ben poco in comune con i grandi imprenditori che finanziano la campagna di Bush, quindi l´esplicito richiamo ai valori religiosi ha conferito ai repubblicani un potere di attrazione trasversale tra le classi sociali. Karl Rove, massimo stratega della campagna elettorale di Bush, ha detto di voler portare alle urne quei conservatori religiosi che non hanno votato nelle passate elezioni (da quattro a sei milioni, secondo le stime).
Bush sembra incarnare la risposta alle preghiere dei conservatori religiosi. A differenza di molti politici che aspirano a conquistare il loro voto, egli parla il loro linguaggio. Bush padre era un repubblicano di un´altra generazione, un metodista cresciuto nello stato settentrionale del Connecticut che raramente faceva accenno alla religione in pubblico. Bush giovane è invece membro di una chiesa battista del sud a forte componente evangelica e non ha nessuna difficoltà a rendere pubblica testimonianza di fede. Gli incontri di preghiera sono oggi di routine alla Casa Banca e i conservatori religiosi occupano posizioni chiave nell´amministrazione. Fu proprio per enfatizzare il tono religioso delle parole del presidente che uno dei principali autori dei discorsi di Bush , cristiano evangelico, ha coniato il famoso termine "asse del male", trasformando la dizione originale "asse dell´odio". Il discorso sullo Stato dell´unione nel 2003 nel riferirsi al «potere miracoloso della bontà, dell´idealismo e della fede del popolo americano» riecheggiava un noto inno protestante.
La "limpidezza morale" di Bush sul terrorismo, la netta divisione del mondo tra "i malfattori" e le forze del bene, ha grande presa sulla base elettorale religiosa. Secondo un recente sondaggio il quarantaquattro per cento degli americani crede che Dio abbia assegnato la terra che oggi è Israele al popolo ebraico, mentre una minoranza significativa pari al trentasei per cento, pensa che lo stato di Israele rappresenti l´adempimento della profezia biblica sulla seconda venuta di Gesù. Benché Bush non sia arrivato ad affermare di essere l´unto del signore, destinato da dio a guidare il paese attraverso la crisi del terrorismo, molti dei suoi seguaci religiosi ne sono convinti.
Eppure, paradossalmente, avere uno dei loro alla Casa Bianca ha creato dei problemi seri ai conservatori religiosi. La raccolta di fondi è in calo, attaccare dall´esterno il potere è più congeniale a questi gruppi che farne parte.
La realtà è che, a dispetto di tutto il loro potere apparente, i conservatori religiosi hanno realizzato sono una minima parte del loro programma politico. A meno di non creare una versione cristiana della shariah non è chiaro come saranno in grado di realizzare la loro visione di una società religiosa. Nulla hanno potuto per capovolgere le diffuse tendenze della società americana contrarie, nella loro ottica, ad una visione religiosa della società: la separazione tra chiesa e stato, il diritto all´aborto, la laicità della scuola, l´alta percentuale di rapporti sessuali prematrimoniali e di divorzi, la conquista di più ampi diritti alle donne e il sempre più deciso sostegno alla causa dei diritti omosessuali.
«Non voglio dar la colpa al presidente, ma i conservatori religiosi sono in politica da 25 anni e, su tutti i fronti che più stanno loro a cuore le cose vanno di male in peggio», commenta Gary Bauer, presidente di American Values. «Il movimento per i diritti dei gay è più forte, la cultura americana più decadente, non è stata salvata la vita di un solo neonato, la pornografia è entrata nel soggiorno di casa e non si può guardare il Super Bowl senza star pronti a cambiare canale».
Parte del problema è legato al fatto che i conservatori religiosi non hanno mai preso coscienza delle contraddizioni del movimento conservatore americano indicate molti anni fa dal sociologo Daniel Bell. Il Partito Repubblicano ha unito sotto la sua ala sostenitori della libera economia di mercato contrari a quasi tutte le restrizioni dello sviluppo commerciale e conservatori religiosi, ma solo il primo gruppo ha davvero realizzato i propri obiettivi: la deregulation dei mercati e l´eliminazione di quasi tutti gli ostacoli allo sviluppo commerciale e alla realizzazione individuale. La "ricerca della felicità" e l´esaltazione della ricchezza e del successo favoriscono lo sviluppo di una società fondata sui diritti individuali, piuttosto che su valori morali assoluti, una società sempre più materialista in cui il titillamento sessuale è un ottimo strumento di vendita e movimenti come quelli dei diritti delle donne e dei gay rappresentano importanti nicchie di mercato.
Inizialmente si pensava che il via libera dei tribunali ai matrimoni gay potesse creare seri problemi ai democratici, ma ironicamente potrebbe crearli ancor più gravi a Bush e ai repubblicani. Anche se la maggioranza degli americani è contraria all´idea del matrimonio tra gay, molti repubblicani sono in imbarazzo di fronte all´ipotesi di modificare la costituzione introducendo una specifica discriminazione nei confronti degli omosessuali. Si dice che persino la moglie di Bush, Laura, sia contraria e il presidente si è trincerato in un silenzio piuttosto eloquente dopo aver annunciato il proprio sostegno alla proposta di emendamento. In realtà è una mossa che potrebbe costargli più voti di quanti gliene possa guadagnare. I repubblicani moderati, come Arnold Schwarzenegger in California e il sindaco di New York Mike Bloomberg hanno indicato che non si opporrebbero ad un disegno di legge che legalizzi i matrimoni gay nei loro rispettivi stati, indebolendo la posizione di Bush all´interno del suo stesso partito. Negli ultimi dieci anni l´atteggiamento degli americani verso l´omosessualità è stato improntato ad una sempre maggiore tolleranza e l´opposizione ai matrimoni gay è particolarmente debole tra i giovani, anche tra quelli credenti. La società di mercato, se non altro, è una società tollerante.
Traduzione di Emilia Benghi
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INTERVISTA A BRUCE LINCOLN, DOCENTE ALLA CHICAGO UNIVERSITY
SE IL BENE E IL MALE NON HANNO SFUMATURE
Molti protestanti evangelici hanno visto l´Iraq come la realizzazione della profezia biblica su Babilonia. Bush non ha mai condannato questa visione escatologica
ROBERTO FESTA
«L´America vive una fase di "great awekening", di risveglio religioso di massa. E´ un dato ricorrente della nostra storia». Bruce Lincoln è professore di religione a Chicago University. Ha scritto Holy Terrors: Thinking About Religion After September 11, bella analisi del ruolo giocato dalle religioni nella fase post-11 settembre, tra guerre sante e war on terror. Dal suo ufficio di Chicago racconta dell´intreccio tra politica e religione, delle trasformazioni dello spirito religioso in America, della fede che ispira l´azione di George Bush.
Bruce Lincoln, che forme prende questo "risveglio religioso" in America?
«Le più diverse. Aumenta la partecipazione alle classi di lettura collettiva della Bibbia. Cresce il numero di chi frequenta i luoghi di culto. Tende a cadere la barriera tra stato e chiesa, da sempre una costante della società americana. Oggi lo stato finanzia gli istituti religiosi che si occupano di assistenza sociale: un fatto impensabile fino a qualche anno fa».
Cambia anche l´equilibrio tra le diverse confessioni?
«Sì, certo. Un tempo le sette protestanti prevalenti erano quelle degli episcopaliani, dei presbiteriani, dei congregazionalisti, espressione delle élite ricche, borghesi, religiosamente moderate. Questi gruppi sono ora in declino. Aumenta invece l´influenza dei protestanti evangelici e carismatici, portatori di una religiosità molto più fervida, semplificata da un punto di vista teologico, meno tollerante, più apertamente razzista e aggressivamente patriarcale, che qui in America muove soprattutto dal Sud e dal Midwest. E´ una religiosità che va di pari passo con uno spostamento a destra del nostro asse politico. In questo momento rappresentano circa il 40-45% della popolazione religiosa. Un dato notevole, e in continuo aumento».
E´ questa la cultura religiosa che alimenta la politica di George Bush?
«Sì, Bush esce dall´ambiente del protestantesimo evangelico. I suoi biografi ufficiali ci dicono che legge la Bibbia ogni giorno. In effetti il presidente mostra una forte vocazione religiosa. Pensa di essere stato chiamato da Dio alla presidenza; dichiara l´unicità storica degli Stati Uniti, un paese scelto da Dio per redimere il mondo. Bush ha anche definito questa sua fede con un nome: "teologia della libertà". E´ qualcosa di molto vago, che lui spiega con la volontà divina di liberare l´intero genere umano da oppressione e schiavitù. In questa visione, le truppe americane sarebbero uno strumento per promuovere la libertà voluta da Dio».
E´ una fede che presenta forti elementi di messianismo, un´ansia profetica di rinnovamento sociale?
«Soltanto in parte. A differenza di Ronald Reagan, Bush non ha mai dato spazio all´escatologismo e alle varie profezie su fine del mondo, Armageddon e scontro finale in Terrasanta. Non ci sono prove di suoi legami con noti millenaristi apocalittici come Tim LaHaye. Piuttosto sono i gruppi religiosi che lo sostengono a lasciarsi andare a spinte apertamente messianiche. Molti protestanti evangelici hanno visto l´Iraq come la realizzazione della profezia biblica su Babilonia; per loro Saddam Hussein è l´Anticristo, Bagdad la moderna Babilonia. Le profezie contenute nell´Apocalisse si sarebbero realizzate proprio a Bagdad. Bush non ha mai incoraggiato esplicitamente queste idee, ma non le ha nemmeno apertamente condannate».
La "teologia della libertà" di George Bush è condivisa da altri membri dell´amministrazione?
«Non esagererei l´influenza della religione nell´attuale amministrazione. Tra i politici più devoti ci sono Donald Evans, ministro del commercio, un vecchio amico di Bush: in Texas frequentavano insieme un gruppo di studio sulla Bibbia. Poi c´è il segretario alla giustizia John Ashcroft, che è il vero "cocco" della destra religiosa. Bush l´ha messo in quella posizione, che corrisponde al ministro degli interni in Europa, proprio per soddisfare i fondamentalisti. Altro elemento molto religioso è il responsabile dei discorsi ufficiali di Bush, Michael Gerson: ha un diploma in teologia ottenuto in una importante istituzione protestante evangelica. Gerson è responsabile di gran parte degli accenni religiosi contenuti nei discorsi di Bush. Il presidente mantiene poi un filo diretto con alcuni leader della destra religiosa come Pat Robertson, Jerry Falwell, James Dobson, gente che ha accesso diretto al presidente: possono chiamarlo in qualsiasi momento, parlargli direttamente. Bush li gestisce con sufficiente senso della responsabilità. Fa ogni tanto qualche dichiarazione simbolica, sulle questioni che li interessano: aborto, matrimoni gay, preghiera a scuola. Ma più di tanto non gli concede».
Non pare molto per un´amministrazione generalmente considerata straordinariamente religiosa.
«Infatti, la retorica religiosa è molto usata, ma limitata a settori ristretti dell´amministrazione. I conservatori vecchio stampo, come il vicepresidente Cheney e il segretario alla difesa Rumsfeld, non sono particolarmente religiosi. Non lo sono per niente Paul Wolfowitz e i neoconservatori, le cui visioni sono essenzialmente politiche e filosofiche, influenzate anzitutto da Leo Strauss. Sono a favore di una politica estera aggressiva, fortemente espansionistica, con elementi di razzismo, ma mai di origine religiosa».
Quindi Bush fa da cerniera tra le due anime dell´amministrazione.
«Sì, il suo ruolo storico è stato proprio questo: connettere le idee dei neoconservatori a un pubblico evangelico di massa. Le strategie politiche del suo governo, soprattutto a livello internazionale, non avrebbero mai avuto il sostegno popolare se non fossero state ricodificate in termini religiosi».
Un´ultima domanda. Nel suo ultimo libro lei analizza in parallelo i discorsi di George Bush e quelli di Osama bin-Laden dopo l´11 settembre. Con quali conclusioni?
«Nelle visioni di entrambi c´è un forte elemento dualistico, di contrasto tra bene e male. Non ci sono sfumature, non c´è territorio possibile di incontro ma soltanto lo sforzo di demonizzare il nemico, di proclamare il diritto e la perfezione spirituale della propria causa. La struttura ideologica e sintattica dei discorsi di Bush e bin-Laden è molto semplice, basata su antitesi chiare, facilmente decifrabili. Entrambi intendono il presente come un´epoca disseminata di pericoli ma piena di opportunità, e vedono se stessi come leader della causa designata a purificare il mondo, a vantaggio della verità, della fede, della decenza, di Dio».
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L´occidente secolarizzato e i gruppi ortodossi
la bibbia presa alla lettera
PIERO CODA
Da tempo si parla di "riconquista delle religioni". Dopo l´11 settembre esse paiono aver ripreso ad occupare la scena del mondo. Eppure mai come oggi il secolarismo è diventato pervasivo. La sfida, dunque, sta nel cogliere la relazione tra questi due fenomeni.
Il concetto di fondamentalismo è nato negli Usa, all´inizio del XX secolo, e designa la posizione di quei gruppi protestanti che, in reazione alla revisione liberale della dottrina cristiana, vollero riaffermare che alcuni articoli della fede e della morale cristiana sono "fondamentali" e come tali non negoziabili: così, ad esempio, Curtis L. Laws nella serie di opuscoli intitolati The Fundamentals, pubblicati e divulgati in grande quantità tra il 1910 e il 1915. Lo fecero con un pesante letteralismo biblico e dogmatico. Il fondamentalismo, in effetti, mentre rischia di giustificare ideologicamente la proiezione del proprio sé sull´immagine del Divino, nasce nel nostro tempo dalla sindrome di autodifesa della propria identità religiosa su due fronti: quello del processo di modernizzazione delle società tradizionali, col restringimento progressivo della capacità d´influenza del fatto religioso nella configurazione dell´esistenza; e quello dell´imporsi, nell´orizzonte della mondializzazione, del pluralismo e, con ciò, del confronto e dell´antagonismo ravvicinato tra le differenti identità religiose.
Nel mondo non occidentale questi due fronti vengono spesso identificati nella prospettiva di una resistenza all´occidentalizzazione forzata, che non esprime, spesso, un rifiuto della modernità, bensì il desiderio di darne in qualche modo una versione altra. Tanto che è legittimo interrogarsi sulla natura politica, oltreché religiosa, e sul carattere modernizzante e ideologizzante, anziché tradizionalista, delle varie componenti di un tale fondamentalismo. O addirittura - come ha fatto René Girard - sul suo carattere di «rivalità mimetica su scala planetaria».
Proprio in questo mutato scenario, il fondamentalismo americano, sino al momento decisamente minoritario, ha ripreso vigore negli ultimi decenni, assumendo una forte coloritura politica grazie alla concezione degli Stati Uniti come "nazione redentrice" (E.L. Tuveson), chiamata a svolgere un ruolo universale. L´attacco alle Twin Towers ha coalizzato queste tendenze, concretandosi nella convinzione che gli Stati Uniti si trovino di fronte a uno scontro decisivo con le forze del male. L´America deve perciò farsi protagonista della battaglia risolutiva contro i due volti del caos che minacciano il mondo: quello del secolarismo postmoderno e relativista in Occidente, e quello del disordine internazionale e del terrorismo, che vanno debellati ricostruendo l´ordine democratico alla luce delle tradizione americane.
Non è un caso che questo progetto, insieme politico e religioso, in occasione della recente guerra all´Iraq abbia cozzato contro «la posizione inequivocabile della Santa Sede», come l´ha definita Giovanni Paolo II nell´incontro del 4 giugno scorso col presidente Bush. Alla base della differente interpretazione del ruolo della fede cristiana nel mondo contemporaneo vi è non solo una diversa concezione della "guerra giusta", ma anche del ruolo attivo e collegiale che è chiamata a giocare la comunità internazionale. Il gesto voluto dal Papa ad Assisi, nel 1986, quando le differenti identità religiose sono state convocate per testimoniare insieme il loro impegno per la pace, sottolinea che per la Chiesa Cattolica, dopo il Vaticano II, non si può più ragionare muovendo unicamente dal proprio punto di vista, e secondo una logica di alternativa o contrapposizione. Bisogna invece pensare e agire a partire dall´unità della famiglia umana, nella fedeltà alla propria identità, certo, ma insieme nel riconoscimento dell´altro e dunque della pluralità arricchente degli attori della nostra storia.
La situazione che oggi viviamo spinge a un salto di qualità. Si richiede l´esperienza e la teorizzazione di una nuova laicità, che - come scriveva Norberto Bobbio - non designi la parte "non credente" o neutra della società rispetto a quella credente, ma esprima l´intera comunità civile come spazio di reciproco riconoscimento e come soggetto etico di responsabilità civile. In tale contesto, il dialogo tra le religioni riveste un preciso significato sociale. Dialogare significa uscire da un´identità chiusa, liberare Dio dalla prigionia in cui costantemente si è tentati d´ingabbiarlo e riconoscere l´altro come portatore di valori positivi nella sua stessa alterità.
La Stampa 9.10.04
A SPRINGFIELD ROCCAFORTE DELLE CHIESE EVANGELICHE E PENTECOSTALI
«Gesù ha salvato Bush
e noi voteremo per lui»
Dal grande palazzo con mille impiegati delle «Assemblee di Dio»
ogni giorno partono sedici tonnellate di materiale di propaganda
inviato a SPRINGFIELD
«I'm voting for Kerry». Sull'adesivo rettangolare giallo con la promessa di voto campeggia la foto di un Osama bin Laden sorridente e il messaggio elettorale non potrebbe essere più esplicito: «Se potesse votare il 2 novembre il leader di Al Qaeda sceglierebbe i democratici». Siamo nell'ufficio di uno dei mille impiegati del quartier generale delle Assemblee di Dio, uno sterminato palazzo a vetri al numero 1445 della Boonville Avenue. E' da qui che ogni giorno partono 16 tonnellate di materiale scritto destinate ad essere distribuite ai 2,5 milioni di fedeli americani e agli altri 48 milioni disseminati in tutto il mondo. Evangeliche e pentecostali le Assemblee di Dio annoverano in tutti gli Stati Uniti 12 mila pastori e, pur essendosi formate nel 1914 in Arkansas, hanno la loro roccaforte nelle trenta chiese di Springfield, Missouri, dove il più noto dei fedeli locali è John Ashcroft, il ministro della Giustizia autore del «Patriot Act» e considerato dai democratici «il regista della limitazione delle libertà civili in nome della guerra al terrore dall'indomani degli attacchi dell'11 settembre».
«Qui siano tutti conservatori - ci dice il reverendo Thomas Trask, più alta autorità spirituale delle Assemblee di Dio - e ci riconosciamo nell'agenda del presidente Bush contro l'aborto, contro i matrimoni gay, contro il terrorismo e per dare importanza alla fede nella vita pubblica». Nell'ufficio di Trask ci sono croci, insegne luminose, statuette di guerrieri medioevali, bibbie e vetrine con in bella vista piatti di ceramica. Da lui dipendono tanto la «Missione mondiale», che coordina attività in 180 Paesi, che quella «americana» al cui interno un ufficio ad hoc ha il compito di assistere spiritualmente i soldati impegnati in prima linea nella guerra al terrorismo. Ai fedeli in divisa che partono per l'Iraq o l'Afghanistan viene consegnato un apposito «kit-religioso». Dentro c'è una piastrina a stelle e strisce da mettere al collo con sopra incise la scritta «United We Stand» e una citazione del salmo 91 «Porterò in salvo chi mi ama», una copia tascabile del Nuovo Testamento con copertina mimetica, una versione più estesa e commentata del salmo 91 intitolata «The Ultimate Shield» (L'estremo scudo, la cui prima edizione venne stampata in occasione della Guerra del Golfo del 1991) e un opuscolo con gli otto comandamenti per i fedeli al fronte. Eccoli: resta assieme agli altri cristiani; vai a messa il più frequentemente possibile; combatti cercando la giustizia anziché la vendetta; riconosci ed evita le tentazioni; accetta il soccorso di Dio; non nascondere la tua fede; leggi in pubblico passi della Bibbia almeno una volta l'anno; prega per riuscire ad amare più profondamente Gesù.
«La fede è un sostegno alla lotta contro il moderno Male del terrorismo - dice Trask -, la fede consente a Bush di non tentennare di fronte alle sfide e la fede aiuta gli uomini chiamati a servire nelle forze armate». C'è tale convinzione dietro la mano che ha redatto il testo della cartina plastificata destinata ai cappellani militari in missione in Iraq, sulla quale sono stampate le regole del «codice di condotta» per i pastori: «Sono un americano e sono pronto a dare la vita per difendere la mia nazione; non mi arrenderò mai di mia volontà; se catturato tenterò di resistere con ogni mezzo; se sarò detenuto manterrò la fede assieme agli altri prigionieri di guerra; non tradirò la mia nazione né gli alleati e la loro causa; non dimenticherò mai che sono un americano che si batte per la libertà, crede in Dio e negli Stati Uniti d'America».
Fede, patriottismo e impegno personale per proteggere la nazione dal terrorismo sono valori e temi che si ritrovano nell'opera dei pastori itineranti da un angolo all'altro dell'America e anche nelle riunioni settimanali di preghiera di circa due ore alle quali ogni martedì partecipano centinaia di impiegati del quartier generale. «Riceviamo le richieste di preghiere dalle persone che durante la settimana chiamano un apposito numero verde - racconta uno dei dipendenti, Keith di 26 anni - e poi noi quando ci riuniamo preghiamo anche per loro».
La preghiera è un perno della fede di Bush: lui le recita al mattino in privato, sono previste all'inizio delle riunioni alla Casa Bianca e un apposito sito Internet coordina tutti quei cittadini che vogliono «pregare per il presidente». «Per capire la fede di Bush bisogna tener presente che è un cristiano rinato - osserva Trask - perché dopo la nascita naturale è passato attraverso una nascita spirituale, trovando in Gesù il suo salvatore e quindi iniziando a chiedersi quale sarebbe stata la sua missione nel mondo, una risposta che arrivò con l'11 settembre, allorché fu chiaro che doveva difendere l'America». Tutto ciò - precisa Trask - non deve però essere confuso con le guerre di religione: «Bush non è in conflitto con l'Islam ma solo con quegli individui che sono dei malvagi».
Nel parcheggio antistante al quartier generale le auto dei dipendenti hanno quasi tutte sul retro un piccolo adesivo tondo bianco, al cui interno c'è solo una «W» con a fianco «2004». E' l'atto di fedeltà e la promessa di voto a George W. Bush. «Da queste parti del Sud Missouri siamo quasi tutti repubblicani - dice una delle centraliniste - anche se a volte abbiamo sentito dire della presenza di qualche democratico».
Trask tuttavia, pur essendo schierato apertamente con Bush, è dotato di una buona dose di realismo e di fronte alle incertezze della campagna elettorale assicura: «Noi non condividiamo le posizioni dei liberal sull'aborto, ma se il 2 novembre dovesse vincere Kerry prima di giudicarlo aspetteremo di vederlo all'opera». E il fatto che in Europa l'opinione pubblica sia contraria a Bush non lo sorprende: «Se non mi sbaglio da voi sono poche le persone che ogni domenica si recano in Chiesa per pregare».
Per tentare di esplorare il legame fra questa roccaforte evangelica e Bush aiuta visitare le librerie locali che offrono un'ampia scelta di titoli della serie di romanzi best seller «Left Behind» nei quali si raccontano le avventure dell'umanità alle prese con l'Apocalisse. «Sì in effetti di questi libri qui se ne vedono in giro parecchi, la gente ci si ritrova, viviamo tempi di grandi pericoli» assicura Cathy, una tassista che peserà oltre novanta chili, con braccia e gambe ricoperte di tatuaggi con motivi religiosi.
INTERVISTA A BRUCE LINCOLN, DOCENTE ALLA CHICAGO UNIVERSITY
SE IL BENE E IL MALE NON HANNO SFUMATURE
Molti protestanti evangelici hanno visto l´Iraq come la realizzazione della profezia biblica su Babilonia. Bush non ha mai condannato questa visione escatologica
ROBERTO FESTA
«L´America vive una fase di "great awekening", di risveglio religioso di massa. E´ un dato ricorrente della nostra storia». Bruce Lincoln è professore di religione a Chicago University. Ha scritto Holy Terrors: Thinking About Religion After September 11, bella analisi del ruolo giocato dalle religioni nella fase post-11 settembre, tra guerre sante e war on terror. Dal suo ufficio di Chicago racconta dell´intreccio tra politica e religione, delle trasformazioni dello spirito religioso in America, della fede che ispira l´azione di George Bush.
Bruce Lincoln, che forme prende questo "risveglio religioso" in America?
«Le più diverse. Aumenta la partecipazione alle classi di lettura collettiva della Bibbia. Cresce il numero di chi frequenta i luoghi di culto. Tende a cadere la barriera tra stato e chiesa, da sempre una costante della società americana. Oggi lo stato finanzia gli istituti religiosi che si occupano di assistenza sociale: un fatto impensabile fino a qualche anno fa».
Cambia anche l´equilibrio tra le diverse confessioni?
«Sì, certo. Un tempo le sette protestanti prevalenti erano quelle degli episcopaliani, dei presbiteriani, dei congregazionalisti, espressione delle élite ricche, borghesi, religiosamente moderate. Questi gruppi sono ora in declino. Aumenta invece l´influenza dei protestanti evangelici e carismatici, portatori di una religiosità molto più fervida, semplificata da un punto di vista teologico, meno tollerante, più apertamente razzista e aggressivamente patriarcale, che qui in America muove soprattutto dal Sud e dal Midwest. E´ una religiosità che va di pari passo con uno spostamento a destra del nostro asse politico. In questo momento rappresentano circa il 40-45% della popolazione religiosa. Un dato notevole, e in continuo aumento».
E´ questa la cultura religiosa che alimenta la politica di George Bush?
«Sì, Bush esce dall´ambiente del protestantesimo evangelico. I suoi biografi ufficiali ci dicono che legge la Bibbia ogni giorno. In effetti il presidente mostra una forte vocazione religiosa. Pensa di essere stato chiamato da Dio alla presidenza; dichiara l´unicità storica degli Stati Uniti, un paese scelto da Dio per redimere il mondo. Bush ha anche definito questa sua fede con un nome: "teologia della libertà". E´ qualcosa di molto vago, che lui spiega con la volontà divina di liberare l´intero genere umano da oppressione e schiavitù. In questa visione, le truppe americane sarebbero uno strumento per promuovere la libertà voluta da Dio».
E´ una fede che presenta forti elementi di messianismo, un´ansia profetica di rinnovamento sociale?
«Soltanto in parte. A differenza di Ronald Reagan, Bush non ha mai dato spazio all´escatologismo e alle varie profezie su fine del mondo, Armageddon e scontro finale in Terrasanta. Non ci sono prove di suoi legami con noti millenaristi apocalittici come Tim LaHaye. Piuttosto sono i gruppi religiosi che lo sostengono a lasciarsi andare a spinte apertamente messianiche. Molti protestanti evangelici hanno visto l´Iraq come la realizzazione della profezia biblica su Babilonia; per loro Saddam Hussein è l´Anticristo, Bagdad la moderna Babilonia. Le profezie contenute nell´Apocalisse si sarebbero realizzate proprio a Bagdad. Bush non ha mai incoraggiato esplicitamente queste idee, ma non le ha nemmeno apertamente condannate».
La "teologia della libertà" di George Bush è condivisa da altri membri dell´amministrazione?
«Non esagererei l´influenza della religione nell´attuale amministrazione. Tra i politici più devoti ci sono Donald Evans, ministro del commercio, un vecchio amico di Bush: in Texas frequentavano insieme un gruppo di studio sulla Bibbia. Poi c´è il segretario alla giustizia John Ashcroft, che è il vero "cocco" della destra religiosa. Bush l´ha messo in quella posizione, che corrisponde al ministro degli interni in Europa, proprio per soddisfare i fondamentalisti. Altro elemento molto religioso è il responsabile dei discorsi ufficiali di Bush, Michael Gerson: ha un diploma in teologia ottenuto in una importante istituzione protestante evangelica. Gerson è responsabile di gran parte degli accenni religiosi contenuti nei discorsi di Bush. Il presidente mantiene poi un filo diretto con alcuni leader della destra religiosa come Pat Robertson, Jerry Falwell, James Dobson, gente che ha accesso diretto al presidente: possono chiamarlo in qualsiasi momento, parlargli direttamente. Bush li gestisce con sufficiente senso della responsabilità. Fa ogni tanto qualche dichiarazione simbolica, sulle questioni che li interessano: aborto, matrimoni gay, preghiera a scuola. Ma più di tanto non gli concede».
Non pare molto per un´amministrazione generalmente considerata straordinariamente religiosa.
«Infatti, la retorica religiosa è molto usata, ma limitata a settori ristretti dell´amministrazione. I conservatori vecchio stampo, come il vicepresidente Cheney e il segretario alla difesa Rumsfeld, non sono particolarmente religiosi. Non lo sono per niente Paul Wolfowitz e i neoconservatori, le cui visioni sono essenzialmente politiche e filosofiche, influenzate anzitutto da Leo Strauss. Sono a favore di una politica estera aggressiva, fortemente espansionistica, con elementi di razzismo, ma mai di origine religiosa».
Quindi Bush fa da cerniera tra le due anime dell´amministrazione.
«Sì, il suo ruolo storico è stato proprio questo: connettere le idee dei neoconservatori a un pubblico evangelico di massa. Le strategie politiche del suo governo, soprattutto a livello internazionale, non avrebbero mai avuto il sostegno popolare se non fossero state ricodificate in termini religiosi».
Un´ultima domanda. Nel suo ultimo libro lei analizza in parallelo i discorsi di George Bush e quelli di Osama bin-Laden dopo l´11 settembre. Con quali conclusioni?
«Nelle visioni di entrambi c´è un forte elemento dualistico, di contrasto tra bene e male. Non ci sono sfumature, non c´è territorio possibile di incontro ma soltanto lo sforzo di demonizzare il nemico, di proclamare il diritto e la perfezione spirituale della propria causa. La struttura ideologica e sintattica dei discorsi di Bush e bin-Laden è molto semplice, basata su antitesi chiare, facilmente decifrabili. Entrambi intendono il presente come un´epoca disseminata di pericoli ma piena di opportunità, e vedono se stessi come leader della causa designata a purificare il mondo, a vantaggio della verità, della fede, della decenza, di Dio».
stessa pagina
L´occidente secolarizzato e i gruppi ortodossi
la bibbia presa alla lettera
PIERO CODA
Da tempo si parla di "riconquista delle religioni". Dopo l´11 settembre esse paiono aver ripreso ad occupare la scena del mondo. Eppure mai come oggi il secolarismo è diventato pervasivo. La sfida, dunque, sta nel cogliere la relazione tra questi due fenomeni.
Il concetto di fondamentalismo è nato negli Usa, all´inizio del XX secolo, e designa la posizione di quei gruppi protestanti che, in reazione alla revisione liberale della dottrina cristiana, vollero riaffermare che alcuni articoli della fede e della morale cristiana sono "fondamentali" e come tali non negoziabili: così, ad esempio, Curtis L. Laws nella serie di opuscoli intitolati The Fundamentals, pubblicati e divulgati in grande quantità tra il 1910 e il 1915. Lo fecero con un pesante letteralismo biblico e dogmatico. Il fondamentalismo, in effetti, mentre rischia di giustificare ideologicamente la proiezione del proprio sé sull´immagine del Divino, nasce nel nostro tempo dalla sindrome di autodifesa della propria identità religiosa su due fronti: quello del processo di modernizzazione delle società tradizionali, col restringimento progressivo della capacità d´influenza del fatto religioso nella configurazione dell´esistenza; e quello dell´imporsi, nell´orizzonte della mondializzazione, del pluralismo e, con ciò, del confronto e dell´antagonismo ravvicinato tra le differenti identità religiose.
Nel mondo non occidentale questi due fronti vengono spesso identificati nella prospettiva di una resistenza all´occidentalizzazione forzata, che non esprime, spesso, un rifiuto della modernità, bensì il desiderio di darne in qualche modo una versione altra. Tanto che è legittimo interrogarsi sulla natura politica, oltreché religiosa, e sul carattere modernizzante e ideologizzante, anziché tradizionalista, delle varie componenti di un tale fondamentalismo. O addirittura - come ha fatto René Girard - sul suo carattere di «rivalità mimetica su scala planetaria».
Proprio in questo mutato scenario, il fondamentalismo americano, sino al momento decisamente minoritario, ha ripreso vigore negli ultimi decenni, assumendo una forte coloritura politica grazie alla concezione degli Stati Uniti come "nazione redentrice" (E.L. Tuveson), chiamata a svolgere un ruolo universale. L´attacco alle Twin Towers ha coalizzato queste tendenze, concretandosi nella convinzione che gli Stati Uniti si trovino di fronte a uno scontro decisivo con le forze del male. L´America deve perciò farsi protagonista della battaglia risolutiva contro i due volti del caos che minacciano il mondo: quello del secolarismo postmoderno e relativista in Occidente, e quello del disordine internazionale e del terrorismo, che vanno debellati ricostruendo l´ordine democratico alla luce delle tradizione americane.
Non è un caso che questo progetto, insieme politico e religioso, in occasione della recente guerra all´Iraq abbia cozzato contro «la posizione inequivocabile della Santa Sede», come l´ha definita Giovanni Paolo II nell´incontro del 4 giugno scorso col presidente Bush. Alla base della differente interpretazione del ruolo della fede cristiana nel mondo contemporaneo vi è non solo una diversa concezione della "guerra giusta", ma anche del ruolo attivo e collegiale che è chiamata a giocare la comunità internazionale. Il gesto voluto dal Papa ad Assisi, nel 1986, quando le differenti identità religiose sono state convocate per testimoniare insieme il loro impegno per la pace, sottolinea che per la Chiesa Cattolica, dopo il Vaticano II, non si può più ragionare muovendo unicamente dal proprio punto di vista, e secondo una logica di alternativa o contrapposizione. Bisogna invece pensare e agire a partire dall´unità della famiglia umana, nella fedeltà alla propria identità, certo, ma insieme nel riconoscimento dell´altro e dunque della pluralità arricchente degli attori della nostra storia.
La situazione che oggi viviamo spinge a un salto di qualità. Si richiede l´esperienza e la teorizzazione di una nuova laicità, che - come scriveva Norberto Bobbio - non designi la parte "non credente" o neutra della società rispetto a quella credente, ma esprima l´intera comunità civile come spazio di reciproco riconoscimento e come soggetto etico di responsabilità civile. In tale contesto, il dialogo tra le religioni riveste un preciso significato sociale. Dialogare significa uscire da un´identità chiusa, liberare Dio dalla prigionia in cui costantemente si è tentati d´ingabbiarlo e riconoscere l´altro come portatore di valori positivi nella sua stessa alterità.
La Stampa 9.10.04
A SPRINGFIELD ROCCAFORTE DELLE CHIESE EVANGELICHE E PENTECOSTALI
«Gesù ha salvato Bush
e noi voteremo per lui»
Dal grande palazzo con mille impiegati delle «Assemblee di Dio»
ogni giorno partono sedici tonnellate di materiale di propaganda
inviato a SPRINGFIELD
«I'm voting for Kerry». Sull'adesivo rettangolare giallo con la promessa di voto campeggia la foto di un Osama bin Laden sorridente e il messaggio elettorale non potrebbe essere più esplicito: «Se potesse votare il 2 novembre il leader di Al Qaeda sceglierebbe i democratici». Siamo nell'ufficio di uno dei mille impiegati del quartier generale delle Assemblee di Dio, uno sterminato palazzo a vetri al numero 1445 della Boonville Avenue. E' da qui che ogni giorno partono 16 tonnellate di materiale scritto destinate ad essere distribuite ai 2,5 milioni di fedeli americani e agli altri 48 milioni disseminati in tutto il mondo. Evangeliche e pentecostali le Assemblee di Dio annoverano in tutti gli Stati Uniti 12 mila pastori e, pur essendosi formate nel 1914 in Arkansas, hanno la loro roccaforte nelle trenta chiese di Springfield, Missouri, dove il più noto dei fedeli locali è John Ashcroft, il ministro della Giustizia autore del «Patriot Act» e considerato dai democratici «il regista della limitazione delle libertà civili in nome della guerra al terrore dall'indomani degli attacchi dell'11 settembre».
«Qui siano tutti conservatori - ci dice il reverendo Thomas Trask, più alta autorità spirituale delle Assemblee di Dio - e ci riconosciamo nell'agenda del presidente Bush contro l'aborto, contro i matrimoni gay, contro il terrorismo e per dare importanza alla fede nella vita pubblica». Nell'ufficio di Trask ci sono croci, insegne luminose, statuette di guerrieri medioevali, bibbie e vetrine con in bella vista piatti di ceramica. Da lui dipendono tanto la «Missione mondiale», che coordina attività in 180 Paesi, che quella «americana» al cui interno un ufficio ad hoc ha il compito di assistere spiritualmente i soldati impegnati in prima linea nella guerra al terrorismo. Ai fedeli in divisa che partono per l'Iraq o l'Afghanistan viene consegnato un apposito «kit-religioso». Dentro c'è una piastrina a stelle e strisce da mettere al collo con sopra incise la scritta «United We Stand» e una citazione del salmo 91 «Porterò in salvo chi mi ama», una copia tascabile del Nuovo Testamento con copertina mimetica, una versione più estesa e commentata del salmo 91 intitolata «The Ultimate Shield» (L'estremo scudo, la cui prima edizione venne stampata in occasione della Guerra del Golfo del 1991) e un opuscolo con gli otto comandamenti per i fedeli al fronte. Eccoli: resta assieme agli altri cristiani; vai a messa il più frequentemente possibile; combatti cercando la giustizia anziché la vendetta; riconosci ed evita le tentazioni; accetta il soccorso di Dio; non nascondere la tua fede; leggi in pubblico passi della Bibbia almeno una volta l'anno; prega per riuscire ad amare più profondamente Gesù.
«La fede è un sostegno alla lotta contro il moderno Male del terrorismo - dice Trask -, la fede consente a Bush di non tentennare di fronte alle sfide e la fede aiuta gli uomini chiamati a servire nelle forze armate». C'è tale convinzione dietro la mano che ha redatto il testo della cartina plastificata destinata ai cappellani militari in missione in Iraq, sulla quale sono stampate le regole del «codice di condotta» per i pastori: «Sono un americano e sono pronto a dare la vita per difendere la mia nazione; non mi arrenderò mai di mia volontà; se catturato tenterò di resistere con ogni mezzo; se sarò detenuto manterrò la fede assieme agli altri prigionieri di guerra; non tradirò la mia nazione né gli alleati e la loro causa; non dimenticherò mai che sono un americano che si batte per la libertà, crede in Dio e negli Stati Uniti d'America».
Fede, patriottismo e impegno personale per proteggere la nazione dal terrorismo sono valori e temi che si ritrovano nell'opera dei pastori itineranti da un angolo all'altro dell'America e anche nelle riunioni settimanali di preghiera di circa due ore alle quali ogni martedì partecipano centinaia di impiegati del quartier generale. «Riceviamo le richieste di preghiere dalle persone che durante la settimana chiamano un apposito numero verde - racconta uno dei dipendenti, Keith di 26 anni - e poi noi quando ci riuniamo preghiamo anche per loro».
La preghiera è un perno della fede di Bush: lui le recita al mattino in privato, sono previste all'inizio delle riunioni alla Casa Bianca e un apposito sito Internet coordina tutti quei cittadini che vogliono «pregare per il presidente». «Per capire la fede di Bush bisogna tener presente che è un cristiano rinato - osserva Trask - perché dopo la nascita naturale è passato attraverso una nascita spirituale, trovando in Gesù il suo salvatore e quindi iniziando a chiedersi quale sarebbe stata la sua missione nel mondo, una risposta che arrivò con l'11 settembre, allorché fu chiaro che doveva difendere l'America». Tutto ciò - precisa Trask - non deve però essere confuso con le guerre di religione: «Bush non è in conflitto con l'Islam ma solo con quegli individui che sono dei malvagi».
Nel parcheggio antistante al quartier generale le auto dei dipendenti hanno quasi tutte sul retro un piccolo adesivo tondo bianco, al cui interno c'è solo una «W» con a fianco «2004». E' l'atto di fedeltà e la promessa di voto a George W. Bush. «Da queste parti del Sud Missouri siamo quasi tutti repubblicani - dice una delle centraliniste - anche se a volte abbiamo sentito dire della presenza di qualche democratico».
Trask tuttavia, pur essendo schierato apertamente con Bush, è dotato di una buona dose di realismo e di fronte alle incertezze della campagna elettorale assicura: «Noi non condividiamo le posizioni dei liberal sull'aborto, ma se il 2 novembre dovesse vincere Kerry prima di giudicarlo aspetteremo di vederlo all'opera». E il fatto che in Europa l'opinione pubblica sia contraria a Bush non lo sorprende: «Se non mi sbaglio da voi sono poche le persone che ogni domenica si recano in Chiesa per pregare».
Per tentare di esplorare il legame fra questa roccaforte evangelica e Bush aiuta visitare le librerie locali che offrono un'ampia scelta di titoli della serie di romanzi best seller «Left Behind» nei quali si raccontano le avventure dell'umanità alle prese con l'Apocalisse. «Sì in effetti di questi libri qui se ne vedono in giro parecchi, la gente ci si ritrova, viviamo tempi di grandi pericoli» assicura Cathy, una tassista che peserà oltre novanta chili, con braccia e gambe ricoperte di tatuaggi con motivi religiosi.
trapianto di staminali
Repubblica 9.10.04
Tre bambini, in Italia e in Svezia, curati nell'utero con un trapianto di cellule da una patologia che rende le ossa fragilissime
Guariti dalle staminali prima di nascere
Brescia, ha successo il trapianto sui feti del midollo osseo materno
"Serve una banca di tessuti fetali a cui attingere"
ENRICO BONERANDI
MILANO - Un trapianto di cellule staminali nel feto per guarire il bimbo già prima della nascita da una insidiosa malattia, l´osteogenesi imperfetta, che rende le ossa fragilissime e già nel primo anno di vita può provocare fino a venti fratture. Lo ha realizzato un´équipe degli Spedali Civili di Brescia, all´avanguardia in questi interventi di assoluta frontiera, guidata da Fulvio Porta, responsabile del Centro di terapia cellulare, che ha presentato il caso ieri al congresso mondiale organizzato a Roma dall´Università cattolica e dall´Istituto superiore di sanità. Un´occasione nella quale è stato riferito di un secondo trapianto effettuato con le stesse tecniche su un bimbo italiano del quale si sta ancora valutando l´esito.
Anche l´istituto svedese Karolinska di Stoccolma ha svolto al congresso una relazione su un intervento analogo, avvenuto nello stesso periodo. Ma con una differenza: gli svedesi hanno potuto prelevare le cellule da un feto abortito, un´operazione che in Italia è vietata. A Brescia è stato utilizzato invece il midollo osseo materno.
«Immettere cellule fetali è senz´altro meglio che avere a disposizione cellule adulte - commenta il professor Porta - La comunità scientifica si sta cominciando a muovere perché il divieto che esiste in Italia sia abolito. L´ideale sarebbe avere a disposizione una banca di tessuti fetali a cui attingere, sull´esempio di quelle che già esistono in Svezia ed Inghilterra».
Quando una donna viene a conoscenza che il bimbo che porta in grembo è affetto da grave malattia genetica può decidere di interrompere la gravidanza. Se vuole portarla comunque a termine, si prospetta per il neonato un trapianto di midollo e una qualità di vita molto bassa, con chemioterapia e mantenimento in ambienti sterili. Il team degli Spedali Civili, otto anni fa, fu il primo nel mondo a tentare con successo l´intervento su un feto affetto da immunodeficienza: il bambino è nato con le difese immunitarie nella norma e ora sta bene.
Si è allora pensato di tentare la cura con le cellule staminali anche nelle malattie ossee. «Si è presentata da noi una donna al quinto mese di gravidanza, il cui bimbo aveva già una frattura del femore - racconta Porta - Le abbiamo spiegato che non c´erano garanzie di riuscita, ma anche che il rischio di aborto era molto basso. Ha accettato e abbiamo proceduto all´innesto delle cellule prelevate dalla stessa mamma nel peritoneo del feto». L´operazione ha avuto buon esito: la frattura si è saldata e il bimbo non dovrà sottoporsi a farmaci o a interventi chirurgici.
Il professore mette però in guardia da eccessivi ottimismi: «Siamo solo agli inizi, in un territorio tutto da esplorare. Seguiamo le condizioni di questo bimbo e per ora siamo soddisfatti, ma non possiamo affermare con certezza che sia guarito».
In prospettiva, il trapianto fetale delle cellule staminali, che hanno la proprietà di rigenerare i tessuti, potrebbe avere applicazioni anche nelle malattie metaboliche, degenerative, come quelle che attaccano i tessuti cerebrali, per esempio nelle malattie di Gaucher e nelle leucodistrofie. Se nel frattempo anche nel nostro Paese venissero corrette certe leggi che limitano la ricerca scientifica - suggerisce il team di eccellenza degli Spedali Civili - certi risultati sarebbero più facili da raggiungere.
Tre bambini, in Italia e in Svezia, curati nell'utero con un trapianto di cellule da una patologia che rende le ossa fragilissime
Guariti dalle staminali prima di nascere
Brescia, ha successo il trapianto sui feti del midollo osseo materno
"Serve una banca di tessuti fetali a cui attingere"
ENRICO BONERANDI
MILANO - Un trapianto di cellule staminali nel feto per guarire il bimbo già prima della nascita da una insidiosa malattia, l´osteogenesi imperfetta, che rende le ossa fragilissime e già nel primo anno di vita può provocare fino a venti fratture. Lo ha realizzato un´équipe degli Spedali Civili di Brescia, all´avanguardia in questi interventi di assoluta frontiera, guidata da Fulvio Porta, responsabile del Centro di terapia cellulare, che ha presentato il caso ieri al congresso mondiale organizzato a Roma dall´Università cattolica e dall´Istituto superiore di sanità. Un´occasione nella quale è stato riferito di un secondo trapianto effettuato con le stesse tecniche su un bimbo italiano del quale si sta ancora valutando l´esito.
Anche l´istituto svedese Karolinska di Stoccolma ha svolto al congresso una relazione su un intervento analogo, avvenuto nello stesso periodo. Ma con una differenza: gli svedesi hanno potuto prelevare le cellule da un feto abortito, un´operazione che in Italia è vietata. A Brescia è stato utilizzato invece il midollo osseo materno.
«Immettere cellule fetali è senz´altro meglio che avere a disposizione cellule adulte - commenta il professor Porta - La comunità scientifica si sta cominciando a muovere perché il divieto che esiste in Italia sia abolito. L´ideale sarebbe avere a disposizione una banca di tessuti fetali a cui attingere, sull´esempio di quelle che già esistono in Svezia ed Inghilterra».
Quando una donna viene a conoscenza che il bimbo che porta in grembo è affetto da grave malattia genetica può decidere di interrompere la gravidanza. Se vuole portarla comunque a termine, si prospetta per il neonato un trapianto di midollo e una qualità di vita molto bassa, con chemioterapia e mantenimento in ambienti sterili. Il team degli Spedali Civili, otto anni fa, fu il primo nel mondo a tentare con successo l´intervento su un feto affetto da immunodeficienza: il bambino è nato con le difese immunitarie nella norma e ora sta bene.
Si è allora pensato di tentare la cura con le cellule staminali anche nelle malattie ossee. «Si è presentata da noi una donna al quinto mese di gravidanza, il cui bimbo aveva già una frattura del femore - racconta Porta - Le abbiamo spiegato che non c´erano garanzie di riuscita, ma anche che il rischio di aborto era molto basso. Ha accettato e abbiamo proceduto all´innesto delle cellule prelevate dalla stessa mamma nel peritoneo del feto». L´operazione ha avuto buon esito: la frattura si è saldata e il bimbo non dovrà sottoporsi a farmaci o a interventi chirurgici.
Il professore mette però in guardia da eccessivi ottimismi: «Siamo solo agli inizi, in un territorio tutto da esplorare. Seguiamo le condizioni di questo bimbo e per ora siamo soddisfatti, ma non possiamo affermare con certezza che sia guarito».
In prospettiva, il trapianto fetale delle cellule staminali, che hanno la proprietà di rigenerare i tessuti, potrebbe avere applicazioni anche nelle malattie metaboliche, degenerative, come quelle che attaccano i tessuti cerebrali, per esempio nelle malattie di Gaucher e nelle leucodistrofie. Se nel frattempo anche nel nostro Paese venissero corrette certe leggi che limitano la ricerca scientifica - suggerisce il team di eccellenza degli Spedali Civili - certi risultati sarebbero più facili da raggiungere.
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