giovedì 9 settembre 2004

DALLA LIBRERIA AMORE E PSICHE

In attesa di averlo di nuovo ospite informiamo i tanti ammiratori di

Gianrico Carofiglio

che da oggi potranno trovare in libreria il suo nuovo romanzo

Il passato è una terra straniera
Rizzoli, 2004


Vi aspettiamo

Libreria Amore e Psiche
via s. caterina da siena, 61 roma
info:06/6783908 amorepsiche2003@libero.it
i nostri orari: lunedi 15-20
dal martedi alla domenica 10-20

donne e islam

La Stampa 9.9.04
Secondo alcuni studiosi l’emergere della violenza religiosa dai taleban ai nuovi jihadisti sarebbe il sintomo di un mondo nel quale il sesso femminile diventa protagonista
Ne «Il velo strappato» l’ex cognata di Bin Laden mette alla berlina l’Arabia Saudita che nega loro la patente e le costringe in pubblico sotto pesanti cappe nere senza accorgersi che in privato si truccano e affilano l’intelligenza
DONNE e ISLAM Conflitto sotto il velo
L’iraniana Farian Sabahi «Con il ruolo dei sessi cambia l’interpretazione del Libro e decade il dovere di protezione»
Nel versetto 228 della Sura della Vacca e nel 34 della Sura delle donne il Corano sancisce la superiorità del maschio ma anche il dovere di proteggere le sue compagne
IL SEQUESTRO DELLE DUE ITALIANE SEGNA UNA SVOLTA NELLA CULTURA MUSULMANA
JASUS

Spie. La rivendicazione online del gruppo Ansar El Zawahri non mostra pietà per le «due Simone», sequestrate martedì pomeriggio a Baghdad. Spie occidentali. Pericolose, benché donne. Come verranno trattate? I genitori palpitano in ansia, gli accademici consultano le Scritture cercando una risposta nel Profeta Maometto. «Le pacifiste di “Un ponte per..” sono tali e quali agli uomini per i terroristi. Forse peggio perché occidentali, una specie di prostitute», azzarda Massimiliano Hamza Boccolini, convertito all’Islam nel ‘96 e responsabile fino a pochi mesi fa della moschea di Napoli Zayd ibn Thabit. «Se questi criminali fossero credenti come dicono, le ragazze sarebbero al sicuro», ribatte Asmae Dascian dell’Associazione donne musulmane d’Italia, citando i passi del Corano che sanciscono la superiorità del maschio, ma anche il dovere di proteggere le compagne, il versetto 228 della Sura della vacca e il 34 di quella delle donne. Le ipotesi sulla sorte delle volontarie italiane si dividono come la società musulmana: mariti custodi della tradizione e mogli che forzano le mura domestiche, conservazione e spinta al rinnovamento. Secondo alcuni studiosi l’emergere della violenza religiosa, dai taleban ai nuovi jihadisti, sarebbe proprio il sintomo di un mondo in rapida trasformazione nel quale le donne, storiche vittime sacrificali, hanno il ruolo di protagoniste.
Le cronache raccontano le vedove nere di Beslan e trascurano invece la rivoluzione in atto che suggerisce come l’Islam moderato, partner ambìto dell’Occidente contro lo scontro delle civiltà, possa avere i lineamenti delicati e i muscoli guizzanti delle atlete in gara ai Giochi di Atene. Danah Al Nasrallah, la kuwaitiana più veloce sui 100 metri. Sanaa Bkheet, della striscia di Gaza. L’algerina Nouria Benida, medaglia d’oro a Sidney nei 1500 metri. Velociste capaci di correre oltre i tempi. L’allungo più difficoltoso è in patria, eppure, l’allenamento comincia a rendere. L’Arabia Saudita che nega la patente alle automobiliste, finisce alla berlina nel libro di una di loro, Carmen bin Laden, ex moglie di Yeslam e cognata dello sceicco fondatore di Al Qaeda. «Il velo strappato», pubblicato da Piemme, apre una finestra sulla gabbia dorata del regno wahabita, dove le donne sono recluse sotto pesanti cappe nere ma nel privato del gineceo affilano l’intelligenza e tingono le labbra di rossetti vivaci. La polizia islamica, muttawa, usa picchiare le acquirenti all'uscita dei negozi di biancheria, rigorosamente gestiti da commessi maschi. Lo Yemen intanto, nomina la giornalista Amat Al Aleem Alsoswa ministro per i Diritti umani e in Marocco, dove la danza del ventre è ormai un business, re Mohammed VI adotta un Codice di famiglia che consacra l’eguaglianza dei sessi. L’Afghanistan di Karzai non siede ancora tra le democrazie, ma, nella capitale, la trentenne Saba indossa il velo sul kimono e apprende l’arte del karate, in attesa di votare, cittadina per la prima volta, il prossimo 9 ottobre. Donne pericolose per i fondamentalisti dell’Islam. Come le trenta ragazze di Kabul ospiti un anno fa a Torino con un programma dell’Onu. L’organizzazione aveva predisposto una mediatrice di choc culturali per accompagnare il salto dal medioevo dei taleban alla città post moderna. Bastava guardare Latifa, Nasima, Rabia, impegnatissime tra una seduta dal parrucchiere per le meches e un appuntamento con la sociologa Chiara Saraceno, bombardata di domande sul divorzio in Italia, per capire cosa temono davvero i kamikaze del jihad.
L’altra metà del mondo musulmano non brucia reggiseni in piazza come nei nostri anni ‘70, pena il carcere a vita. Combatte però, con analoga determinazione, nei tribunali, nelle università, nelle organizzazioni tipo «Un ponte per...» e «Intersos», dove insieme a Simona Pari e Simona Torretta lavorava Mhanaz, l’irachena rapita con le volontarie italiane, primi ostaggi donna della seconda guerra del Golfo dopo la giapponese Nahoko Takato, rilasciata in una settimana. L’emancipazione femminile è parte importante nella degenerazione dei costumi occidentali che il fanatismo misogino dei mullah contrasta con la spada e con l’ijtihad, l’interpretazione del Corano. L’Europa e gli Stati Uniti farebbero bene ad ascoltare la voce femminile dell’Islam. Forse perché forzate nell’invisibilità, le musulmane incalzano, devote al proprio credo eppure, senza contraddizione, bramose di libertà. Due giovani studiose, Irshad Manji e Asma Gulf Hasan, denunciano nei loro saggi («The trouble with Islam» e «Why I am a muslim») il rischio di soffocarne la spinta tra l’integralismo della fede e quello della ragione. L’esempio è il contestato divieto del governo francese d’indossare a scuola l’hijab, il foulard. Un fumetto della cartoonist iraniana Marjane Satrapi intitolato «Doppia punizione» mostra una ragazza dalla chioma fluente additata dai parenti come sgualdrina. Nella striscia successiva la stessa giovane, emigrata in Europa, indossa il velo e viene derisa dai compagni, «fondamentalista, fanatica».
L’Iran del presidente riformatore Khatami rappresenta, forse più di altri Paesi islamici, questo mondo vicino all’implosione. La segregazione muove il romanzo di Azar Nafisi «Leggere Lolita a Theran», dove il controllo dei guardiani della fede, guidati dall’ayatollah Khamenei, si traduce nell’umiliazione del corpo femminile, reale o fantasioso come nel libro censurato di Nabokov. «Il racconto della Nafisi si ferma al 1997, ora le mie connazionali girano con pantaloni alla pescatora e soprabiti stretch», spiega l’iraniana Farian Sabahi, autrice della «Storia dell’Iran». Sono figlie della delusione rivoluzionaria seguita alla dittatura di Khomeini, eredi del premio Nobel Shirin Ebadi, che ha pagato con la galera l’infatuazione per l’Islam politico. Donne minacciose per i custodi della dottrina rigorosa. Continua la Sabahi: «E’ cambiato il ruolo dei sessi e le interpretazioni del Corano si sono adeguate. Se le donne studiano, vestono la divisa militare, contribuiscono all’economia nazionale, diventano pericolose e il dovere di protezione del buon musulmano viene meno». Da alcuni mesi gli imam predicatori d’odio pronunciano fatwe che giustificano l’omicidio di donne e bambini, impensabile nel passato. I loro nemici pregano adesso per la vita di ostaggi che si chiamano Simona, Simona, Mhanaz. «Spie» occidentali e simbolo d’emancipazione come le compagne musulmane, chiamate a rispondere anche di questa eresia davanti ai loro sequestratori.

Repubblica edizione di Bologna 9.9.04
I rapitori Quella gente non obbedisce più a nessuna autorità religiosa
la violenza Io penso che in Iraq si sia oltrepassata una soglia di disumanità
MICHELE SMARGIASSI

«Se servisse, prenderei io stesso un aereo per Bagdad, adesso. Ma quella gente non ascolta più nessuna voce ragionevole, non obbedisce a nessuna autorità religiosa». Radwan Altounji ha riunito martedì sera nella sede di villa Pallavicini il direttivo della comunità islamica bolognese di cui è presidente. Sgomento, angoscia per le due rapite. «Non conosco Simona Pari, la ragazza bolognese, ma ne ho sentito parlare in passato da amici. Una persona stimabile, impegnata per la pace. Spero che lei e la sua amica tornino presto alle loro famiglie».
Nessun documento, nessun appello?
«C´è un documento di solidarietà e di condanna diffuso ieri dall´Unione delle comunità islamiche in Italia, a cui noi aderiamo. In quel documento ci riconosciamo pienamente, parla per tutti noi».
Non c´è anche un po´ di sfiducia?
«Vede, l'Islam è un mondo vasto. Non ci sono solo sciiti e sunniti, ci sono mille differenze, visioni, atteggiamenti. E non esiste un´autorità riconosciuta. Anche un appello dell´imam del Cairo non vale nulla se i rapitori pensano di essere nel giusto».
Possono pensarlo?
«Io penso che in Iraq si sia oltrepassata una soglia di disumanità. La violenza chiama violenza, la violenza è come una droga: più ne consumi, più devi aumentare la dose. Hanno cominciato coi militari, sono passati ai paramilitari, ai giornalisti, ora agli operatori umanitari e non sembrano volersi fermare. Tutto questo è disumano».
Pensa che ogni iniziativa umanitaria o politica sia inutile?
«Penso che siamo nelle mani di Dio. Io cerco di conservare un barlume di ottimismo: se nei cuori di quegli uomini c´è ancora una traccia di fede, non possono non sapere che per la nostra religione la donna è sacra, inviolabile, e questo mi rende leggermente più tranquillo. Spero, credo che le due ragazze saranno risparmiate e restituite ai loro cari».
Se le avessero rispettate, non le avrebbero rapite.
«Hanno solo scelto il bersaglio più facile, forse perché non riescono ad attaccare obiettivi militari. Spero che sia solo un modo per farsi pubblicità, che non osino arrivare fino in fondo».
Anche in Italia c´è chi soffia sul fuoco dello scontro fra religioni e civiltà. A Bologna la comunità islamica risente di questo clima pesante?
«No. La città ha cominciato a capire come stanno le cose. Siamo qui da tanti anni, ormai ci conosciamo. I bolognesi sanno che siamo buoni musulmani, che intendiamo vivere pacificamente la nostra fede ed essere cittadini rispettosi di questa comunità».
Accetterete di partecipare a manifestazioni di solidarietà?
«Siamo tutti, di cuore, vicini alle famiglie delle due rapite. Lo dico a nome della comunità e mio personale. Io però continuo a pensare che dovremmo tutti cercare di dare meno spazio e risalto alle imprese criminali di quelle bande. Gli appelli non servono a convincerli, ma l´amplificazione dei media li aiuta a raggiungere i loro scopi disumani».

un convegno sulla mente
a Roma il 9 e il 10 settembre

un comunicato segnalato da Paola Franz

Roma, 8 settembre 2004 Università Cattolica del Sacro Cuore
Mind and complexity: viaggio nella complessità della mente

Giovedì e venerdì, presso il Policlinico Gemelli, confronto tra psichiatri, neuropsicologi, matematici e filosofi sul funzionamento della mente

Il miglioramento delle capacità di prevedere l’evoluzione della mente per elaborare strategie terapeutiche più efficaci nella cura della schizofrenia, della demenza da Alzheimer, delle sindromi depressive, delle tendenze al suicidio, ma anche la contiguità tra la psichiatria e la matematica, e l’interazione tra persone e computer.

A queste problematiche è dedicato il convegno internazionale “Mind and complexity”, che avrà luogo domani e dopodomani, giovedì 9 e venerdì 10 settembre 2004, presso il Policlinico Gemelli (Aula Brasca, ore 9.00).

L’evento è promosso dall’Istituto di Psichiatria e Psicologia dell’Università Cattolica di Roma, diretto dal prof. Sergio De Risio.

“Diventa sempre più credibile - afferma il prof. De Risio, presidente del Congresso – l’accostamento tra il funzionamento cerebrale umano, e dunque delle prestazioni mentali, al globale funzionamento di automi e computer che sono in grado di simulare alcune delle principali attività cognitive. Potrebbe essere questa una prima risposta ai quesiti: ‘finiremo come i computer?’ oppure ‘quale sarà il destino della nostra interazione con questi oggetti?’”

“Ma la vicinanza tra la psichiatria e la matematica – prosegue De Risio - è interessante anche da un altro punto di vista: l’accostamento tra queste discipline si è sviluppato negli ultimi 30 anni per rendere possibile il raggiungimento di un livello di rigore scientifico maggiore e avvicinare le prestazioni in ambito psichiatrico a quelle che la scienza possiede in altri campi, come quello economico e meteorologico. Questa ricerca mira a conseguire una migliore capacità di prevedere gli sviluppi del sistema cerebrale e ad elaborare strategie congruenti con le sempre più evolute conoscenze anche per la cura di diverse patologie e sindromi psichiatriche.”

Numerose le personalità scientifiche iscritte in qualità di relatori, tra cui: Emanuele Severino (Università di Venezia); Walter J. Freeman (University of California at Berkley); Micheal Egan (National Institute of Healt USA); Frauke Schultze-Lutter (University of Cologne); Alec Roy (New Jersey Healtcare System); Herman M. van Praag (Maastricht University); Joseph P. Zbilut (Rush University Chicago); Alessandro Giuliani (ISS).

nove bambini su cento

ricevuto da Franco Pantalei

Repubblica Salute 9.9.04

Nove bimbi su cento soffrono di disturbi psichici
di Paolo G. Brera

Nero su bianco, senza giri di parole: "Ogni mille preadolescenti ci sono circa 90 soggetti con patologie psichiche". Anzi novantuno, perché i soloni che hanno indagato le teste di 5627 bambini di 40 scuole selezionate a Milano, Roma, Cagliari, Pisa, Rimini, Lecco e Conegliano Veneto hanno determinato che "311 soggetti, pari al 9,1% del campione, ha soddisfatto i criteri per un disturbo psichico".
Roba da matti? Uno scherzo? No, uno studio dannatamente serio, la "prima ricerca epidemologica multicentrica italiana che ha indagato la prevalenza dei disturbi psichici tra i preadolescenti di età compresa tra i 10 e i 14 anni che vivono in zone urbane". E' il progetto Prisma, acronimo da thriller dell'inquietante "Progetto italiano salute mentale adolescenti". Lo ha promosso il 'Irccs Medea-La nostra famiglia' di Bosisio Parini, in provincia di Lecco, in collaborazione l'Isitituto superiore di Sanità di Roma, il Dipartimento di Psicologia dell'università La Sapienza e l'università di Cagliari.
Il progetto Prisma ha obiettivi importanti: vuole "mettere a disposizione della comunità scientifica e della programmazione sanitaria italiana dei dati conoscitivi sul disagio psichico nella preadolescenza, anche al fine di programmare l'evoluzione dei servizi specifici, di prevenzione, diagnosi e cura". E per portarsi avanti il lavoro, il Medea è pronto a inaugurare - il 25 settembre con in prima fila il ministro della Salute Girolamo Sirchia e il cardinale di Milano Dionigi Tettamanzi - un nuovo padiglione che si occuperà proprio di neuropsichiatria dell'età evolutiva e di psicopatologia dello sviluppo. Finanziato dallo Stato, il progetto di ricerca è stato al centro di una pioggia di critiche per gli strumenti stessi utilizzati: un test a risposte multiple (link) più simile a un gioco da ombrellone che a un rigoroso strumento scientifico per indagare la salute mentale dei bambini. Uno studio nato mentre in Italia si preparava il ritorno in grande stile del Ritalin, uno psicofarmaco figlio delle amfetamine e classificato come droga, prodotto dalla multinazionale svizzera Novartis e utilizzato come acqua potabile negli Stati Uniti per i bambini malati dell'ineffabile Adhd, un disturbo d'attenzione con o senza ipercinesia. In altre parole, per i bimbi distratti e a volte irrequieti.
Ora, dopo molti mesi di indagini nelle scuole effettuate con la complice devozione alla scienza di maestre e genitori - il cui il permesso di controllare se il figlio è malato di mente è stato estorto con messaggi da banditore di pesca di beneficienza, come fosse una fortuna aver avuto il diritto di entrare nel grande progetto - gli scienziati della psiche hanno scoperto che "meno del 2% della popolazione preadolescenziale soffre di ADHD".
Verrebbe da tirare un sospiro di sollievo, ma si strozza in gola. Se il potentissimo fronte del Ritalin, con il suo esercito di profeti in camice bianco, fa un passo indietro in quanto "la prevalenza trovata è un dato molto clamoroso perché significativamente inferiore ai dati attesi", fa invece un passo avanti un business tutto da realizzare: quello della medicalizzazione delle anime dei bimbi, che oggi scopriamo malati di mente in un caso su dieci.
Ebbene: "Più del 7% della popolazione preadolescenziale soffre di disturbi d'ansia, certifica il progetto Prisma. E "i disturbi della condotta colpiscono l'1% della popolazione, senza differenza tra i sessi", mentre un altro 1 per cento scarso va ascritto alla depressione. Dunque "è necessario - è scritto nel documento conclusivo del progetto di ricerca - porre al centro della riflessione sui servizi sanitari del nostro paese il problema della patologia psichica in età evolutiva: esiste una questione 'età evolutiva' nella società moderna che va affrontata con le dovute risorse e con una programmazione che deve spaziare dalla dimensione sociale a quella tecnico-specialistica". Ci saranno padiglioni da inaugurare e scatoloni di medicinali da acquistare.

medici "in libertà vigilata"

Repubblica 9.9.04
L'INTERVISTA
Luca Gianaroli, direttore della Società italiana di studi di medicina della riproduzione: le nostre norme sono dettate dall´ideologia
"Legge sgangherata e piena di paradossi noi medici ci sentiamo in libertà vigilata"
L´aspettativa di successo degli interventi è scesa fino al 30 per cento. E le donne che pagano il prezzo più alto sono le over 38
Non sappiamo cosa fare degli embrioni che erano già congelati all´entrata in vigore della legge Le linee guida non dicono nulla
MICHELE SMARGIASSI

BOLOGNA - «Neanche in Iran?», si lascia andare Luca Gianaroli, direttore della Società italiana di studi di medicina della riproduzione. «In nessun paese del mondo, democratico o totalitario, sotto qualsiasi ideologia o religione, hanno una legge così». Il Sismer riunirà sabato in congresso a Bologna alcune decine di esperti mondiali di fertilità, e il dottor Gianaroli ammette l´imbarazzo di dover presentare loro un rapporto sui primi sei mesi della legge italiana sulla procreazione assistita «sgangherata, paradossale, ipocrita, che ci costringe alla malasanità».
E all´emigrazione procreativa, no?
«La fuga delle coppie all´estero è solo l´aspetto più visibile dei guasti di questa legge. Ma i guai che procura a chi resta in Italia sono anche peggiori».
Parla dei pazienti?
«Di loro, prima di tutto. Dai nostri dati emerge che, per le limitazioni della legge, l´aspettativa di successo di un intervento scende del 10-30 per cento secondo i casi. Le più colpite sono le donne over-38, con patologie severe e già sottoposte ad intervento. Ma io mi riferivo a noi medici?».
Vi sentite le mani legate?
«Peggio: ci sentiamo in libertà vigilata. L´intreccio fra la legge 40, le linee guida del 21 luglio e l´ultimo decreto del 26 agosto è tanto contraddittorio e paradossale da creare vere e proprie trappole».
Può fare qualche esempio?
«Il più clamoroso: gli embrioni che erano già congelati al momento dell´entrata in vigore della legge. Che ne dobbiamo fare? Se derivano da una donazione di gameti e io li trasferisco in utero, sono fuorilegge perché faccio un´eterologa, vietatissima. Le linee guida non dicono nulla. Il decreto dice che gli embrioni "orfani" vanno consegnati a un centro milanese. Ma quelli non sono orfani! Le madri li vogliono! E io devo dir loro che li devo dare alla sperimentazione scientifica (ma non era vietata? E perché una deroga a un solo istituto?). Insomma devo dire alle madri che i loro embrioni devono morire perché sono moralmente inaccettabili, mica male per una legge che pretende di difendere la vita».
Contraddizioni di una fase transitoria?
«Vado avanti. Gli embrioni malformati. Per legge, devo trasferirli lo stesso».
Le linee guida precisano che il trasferimento di quelli con «anomalie irreversibili» non è «coercibile», quindi possono essere lasciati «estinguere»?
«Infatti la legge si contraddice anche sui suoi presunti principi morali. Ma intendo gli embrioni che io, medico, so per scienza ed esperienza che non s´impianteranno. Spendo soldi pubblici, ne faccio spendere a una coppia, sottopongo una donna a due settimane di iniezioni di progesterone, molto pesanti, e allo stress dell´attesa, già sapendo che è tutto inutile. Se facessi una cosa del genere in Spagna o in Inghilterra, la paziente mi manderebbe in galera per malpratica. In Italia la malpratica è obbligatoria, altrimenti vai in galera. Nessun medico può essere costretto ad andare così contro coscienza».
Prevede una fuga di professionalità all'estero?
«Sta già accadendo. Con situazioni paradossali. Conosco un collega che abita a Trieste e lavora in una clinica di Nova Gorica, in Croazia, dove fa fecondazioni che in Italia, dove la sera va a dormire, sono illegali. Lo stesso in Belgio, dove medici italiani operano pazienti italiane. Le sembra logico?».
Ogni paese ha le sue leggi.
«Ma in audizione al Parlamento io l´ho detto: otto milioni di italiani vivono a un´ora di macchina da una clinica dove la legge non si applica: non è ipocrisia? La verità è che la legge non è fatta per migliorare la sanità ma per ideologia?».
Anche lei la mette in politica?
«Ho accolto a braccia aperte la Casa delle libertà: per quel che riguarda la mia professione, me ne pento. Aspettavo una legge di garanzie: lo sa che da nessuna parte c´è scritto che con le provette devono lavorare solo laureati? A quanto pare, in laboratorio può entrare chiunque. Belle garanzie. È come se la legge stabilisse che il bisturi va usato solo con la destra, perché il legislatore considera immorali i mancini, e poi non obbligasse a sterilizzare i ferri».
L´ultimo paradosso?
«Mi hanno appena eletto presidente della società internazionale di una disciplina, la diagnosi embrionale pre-impianto, che in Italia mi manda in galera se la pratico. Penso che mi dimetterò, per non farmi compatire dai colleghi».

la farsa drammatica dei prof di religione cattolica

Repubblica 9.9.04
I PROBLEMI DELLA SCUOLA
Idonei i 1307 docenti esaminati. Il preside spiega: domande assurde sulla riforma Moratti e nessun quesito sulla teologia
La sanatoria dei prof di religione
Il commissario: "Li ho promossi tutti, è una questione morale"
Il programma del ministero prevedeva quesiti sulla riforma Moratti e nessuno sulla teologia. 1307 candidati, 1307 idonei
Prof di religione, tutti promossi
Concorso farsa, il commissario: "Domande assurde"
Se la Curia non dovesse ritenerli più idonei lo Stato non potrà licenziarli
Risposte paradossali e magnanimità degli esaminatori: così sono passati tutti
ANNA GRITTANI

Si è concluso il primo concorsone per docenti di religione voluto dal ministero dell´Istruzione Letizia Moratti. Ed è finito con un verdetto per molti scontato, quasi una sanatoria: tutti promossi. Del resto sono destinati a salire sulla cattedra di religione, lavoro già svolto negli scorsi anni, ma da quest´anno nessuno potrà impedire loro di cambiare ruolo, perché molti sono in possesso di abilitazioni in altre classi di concorso. Insomma, entrati per nomina vescovile, si ritroveranno a poter insegnare altre materie, magari passando avanti nelle liste dei docenti assunti per concorsi ordinari. Non solo, ma se il vescovo non dovesse ritenerli più idonei a spiegare il cattolicesimo, lo Stato italiano non potrà licenziarli.
Dopo il concorsone, saranno assunti in tre anni 1136 prof di religione, su 1307 candidati idonei, mentre saranno in totale 854 i posti di ruolo dati quest´anno ai colleghi di tutte le altre materie.
Per la scuola materna ed elementare i risultati sono già noti da alcuni giorni: 564 domande presentate, 556 i candidati esaminati e 556 promossi. Per la secondaria le graduatorie saranno consegnate al Csa (l´ex provveditorato) di Bari domani, ma già si preannuncia un altro risultato fotocopia. Verranno dichiarati tutti idonei: 751 candidati esaminati, altrettanti promossi.
Ciò che si immaginava alla vigilia, e che aveva scatenato le protetse dell´opposizione, è dunque accaduto, ma la sorpresa a Bari, è stata la motivazione: sono stati promossi «per una questione morale». La pensa così Francesco Tateo, preside dell´istituto tecnico per geometri "Pitagora" e presidente della prima sottocommissione incaricata di correggere gli elaborati e di interrogare i candidati. «Questo concorso è stato una cattiveria. Il programma era impossibile. Un esempio? La legge Moratti era uno degli argomenti principali. Come si fa ad interrogare un candidato su una riforma che è in corso di definizione, che ancora non esiste in buona parte dei suoi aspetti?».
Qui inizia la storia di un concorso pubblico incredibile a cominciare dai titoli di ammissione, un elenco infinito nel quale brilla una clamorosa mancanza: la laurea in teologia. La selezione è riservata ai docenti che hanno già maturato un servizio di almeno quattro anni. I titoli citati devono essere posseduti da chi ha iniziato a lavorare dal 1990 in poi, per chi ha cominciato prima non c´è bisogno neanche del titolo, ma bastano 10 anni di servizio. Nulla, o quasi, a confronto dell´assurdità vera: il programma. Manca proprio la "religione cattolica", argomento d´insegnamento, forse per problemi concordatari. «Non ho mai visto nulla del genere neanche ai concorsi ordinari», dice Tateo. «I candidati dovevano essere preparati su tutta la storia della scuola da Gentile alla Moratti, sapere nel dettaglio gli ordinamenti che si sono susseguiti, conoscere i programmi scolastici». Dispense da migliaia di pagine, da imparare in fretta visti i tempi, questa volta velocissimi, di organizzazione del concorso. «Molti candidati hanno imparato a memoria la riforma, senza capirci niente».
Ma in definitiva il programma è quello, quindi bisogna conoscerlo. La commissione è formata da sei persone più un presidente, si divide poi in due sottocommissioni. Ne fanno parte un docente di scuola media, uno di superiore e un preside, che svolge anche le funzioni di presidente. Al candidato si chiede di parlare del sistema dell´istruzione secondaria come voluto dalla legge Moratti. E lui risponde. Sa a memoria i nomi degli otto licei. Ma alla domanda: "Mi spieghi cos´è un liceo", casca. Per non parlare, sempre in tema di riforma, della differenza fra i sistemi scolastici verticali e quelli orizzontali e del concetto del diritto-dovere all´istruzione. «Ad un certo punto ? racconta Tateo - ho chiesto ad un docente: "Mi parli della sua progressione di carriera". Mi ha guardato stranito». Gli insegnanti si attaccano agli argomenti religiosi a loro cari per non fare scena muta, come la candidata che conosce a memoria la Bibbia. «Le abbiamo detto: "Signora è preparatissima, può andare"». Peccato che l´argomento non fosse in programma.
L´età dei candidati è alta, l´ottanta per cento ha più di 45 anni, tanti sono i sessantenni. «Li abbiamo promossi tutti, anche quelli che non hanno risposto a niente, perché questa gente ha famiglia e rischia di non lavorare più. Una signora era disperata - continua il preside -, con marito, figli e padre ammalato da assistere, aveva studiato quel poco che poteva. Riaprire i libri a sessant´anni non è uno scherzo». I più bravi? «I giovani laici», i meno preparati «i preti anziani, convinti peraltro che l´idoneità spettasse loro di diritto». Ma la risposta che ha più colpito la commissione l´ha data un´emozionatissima suora: alla domanda «quali sono le assenze che lei può fare nella scuola pubblica italiana», ha risposto: «Per gravidanza».

un convegno sull'arte preistorica in Valcamonica

Il Messaggero 8.9.04
Si apre oggi un simposio internazionale in Valcamonica, che vanta la più alta concentrazione europea di graffiti
di EMANUELE PERUGINI

ALTRO che primitive manifestazioni di arte, in quei graffiti c’è la storia dell’uomo, la sua psicologia, il suo senso religioso e mitologico. Nei segni scolpiti sulle pareti di rocce sparse in ogni angolo del mondo, non ci sono astratte rappresentazioni della vita così com’era qualche decina di migliaia di anni fa, ma anzi c’è una vera e propria forma di scrittura che ora possiamo iniziare a leggere e decifrare.
È su questi temi che studiosi e ricercatori provenienti da trentasei paesi discuteranno a Darfo Boario Terme (Bs), nel piccolo centro delle valli bresciane, da oggi e fino al 14 settembre prossimo in occasione del XXI Simposio internazionale di Valcamonica dedicato all’ “Arte Preistorica e Tribale, nuove scoperte, nuove interpretazioni, nuovi metodi di ricerca”.
Non è un caso che antropologi, archeologi, storici dell’arte e anche psicologi, abbiano scelto di venire a presentare le loro ultime scoperte proprio in questo sperduto lembo d’Italia. A pochi chilometri da dove sarà organizzato il congresso internazionale, a Capo di Ponte per la precisione, c’è infatti la sede del Centro Camuno di Studi preistorici guidato dal professor Emmanuel Anati, che è anche uno dei principali istituti mondiali in cui si studia la cosiddetta arte rupestre. E proprio quest’anno il centro compie i suoi 40 anni di attività.
Il centro di Capo di Ponte è un punto di riferimento mondiale per gli studiosi di arte rupestre. È infatti la sede del Wara, il World Archive of Rock Arts, un progetto immenso che ha come obiettivo la catalogazione e archiviazione di tutte le realizzazioni di arte primitiva del mondo di cui si abbia conoscenza: secondo le stime dei ricercatori sono almeno 45 milioni di pitture e graffiti e almeno 100.000 manufatti di vario genere.
E sempre qui in Valcamonica, inoltre, c’è la maggiore concentrazione di arte rupestre d’Europa. Un insieme di più di 300.000 immagini istoriate nella roccia che costituiscono il primo sito italiano iscritto dall’Unesco nella lista del “Patrimonio Culturale Mondiale”.
Molti gli argomenti che verranno discussi nel convegno: lo sviluppo del sentimento religioso e mitologico, il significato psicologico dell’arte rupestre e, infine, la possibilità di una traduzione di quel linguaggio primitivo. Per gli esperti che partecipano al simposio infatti, l’arte rupestre è una vera e propria forma di scrittura e c’è anche chi ne ha proposto una traduzione.
«In quei segni - spiega Anati che presenterà il suo ultimo lavoro di ricerca sui graffiti della Valcamonica, il libro La Civiltà delle Pietre - c'è la dimostrazione che lo spirito dell'uomo si è manifestato sin dagli inizi nelle stesse forme che noi oggi conosciamo. Leggere quei segni e scoprire che narrano di questioni di vita quotidiana, come il lavoro, la caccia, i problemi con i vicini, nello stesso modo in cui le viviamo oggi dopo oltre 10.000 anni, è commovente». «Non solo ma in quei graffiti sparsi in tutti i continenti c’è anche la prova che l’umanità - continua - all’inizio della sua storia evolutiva parlava la stessa identica lingua e condivideva la stessa cultura» in ogni parte del mondo, dall’Africa all’Australia, all’Asia e all’Europa. «In ogni continente - spiega - vediamo che l’arte si somiglia, che i simboli usati sono gli stessi, come pure le stesse sono le associazioni simboliche utilizzate. Questo significa che lingua e cultura avevano sicuramente una forte matrice comune».
E quell’antica e primitiva lingua era scritta, non solo parlata. Almeno questo è quanto sostengono due ricercatori francesi, Henry de Lumley e Roland Dufrenne. Il primo infatti ritiene che i graffiti di monte Bego al confine tra Italia e Francia sulle Alpi Marittime siano infatti una vera e propria scrittura geroglifica, molto più vecchia delle altre forme fino ad oggi conosciute. Il secondo invece, venerdì prossimo presenterà la sua proposta per poter tradurre e decifrare quella lingua primitiva scritta nella roccia.

i numeri del suicidio

Yahoo! Notizie ag. Reuters 8.9.04
Un suicidio nel mondo ogni 40 secondi, dicono gli esperti
di Robert Evans

GINEVRA (Reuters) - Ogni 40 secondi qualcuno si toglie la vita nel mondo, quasi un milione di persone all'anno, e il tasso dei suicidi sembra destinato a salire nei prossimi due anni.
E' l'allarme dato oggi da scienziati internazionali.
Sebbene siano gli uomini intorno ai 60 anni - l'età della pensione - i più inclini al suicidio, il numero di giovani tra i 15 e i 19 anni è in crescita, in gran parte per la facilità a reperire armi da fuoco, hanno aggiunto gli studiosi in conferenza stampa.
"Il suicidio è il maggior problema per la salute pubblica e occupa l'1,5% del costo totale delle malattie per la società mondiale", ha dichiarato Jose Bertolote, specialista di igiene mentale della Organizzazione mondiale della sanità (Oms) delle Nazioni Unite.
"Tuttavia sarebbe ampiamente prevedibile se il pubblico si rendesse conto del problema e i governi mostrassero la volontà politica di affrontarlo", ha detto Lars Mehlum, presidente della International Association for Suicide Prevention (IASP) di Parigi.
Mehlum, professore di psicologia alla Oslo University in Norvegia, ha dichiarato che gli studi in molti Paesi indicano che limitazioni alla disponibilità delle armi da fuoco, in particolare per i giovani, comportano una riduzione nel numero di suicidi.
"Le armi da fuoco sono il maggior strumento letale di suicidio. Poche persone sopravvivono al tentativo di uccidersi sparandosi", ha aggiunto.
Sebbene i dati nazionali aggiornati non siano disponibili da tutto il mondo, secondo le stime dell'Oms, gli ex stati comunisti - Lituania, Estonia, Russia, Lettonia e Ungheria - hanno il tasso più alto di suicidi rispetto alla popolazione complessiva.
In termini solo di numeri, la Cina è invece prima con 195.000 casi, 16 ogni 100.000 persone. L'India è seconda con 87.000 (e un tasso di 9,7%), Russia terza con 52.500.
Gli Stati Uniti sono quarti, con 31.000 suicidi nel 2000. Ma il suo tasso di quasi 12 morti su 100.000 persone pone gli Usa al 38esimo posto nella classifica generale.

dopo Beslan

il manifesto 9.9.04
BIMBI RICOVERATI IN OSPEDALI PSICHIATRICI

Un aereo dell'aviazione russa ha portato ieri a Mosca 20 fra adulti e bambini ex ostaggi della scuola numero uno di Beslan. Fra essi, otto bambini traumatizzati in modo tale da richiedere il ricovero in ospedali psichiatrici. I bambini, ha detto un portavoce dell'aeronautica, presentano sintomi di isteria e di forte stress e sono stati ricoverati nell'istituto Serbski assieme ai loro genitori.

Cina

Tg.com 7/9/2004
Cina: ergastolo per il cyberporno.
Carcere a vita per i produttori hard

A mali estermi, estemi rimedi. Così i vertici di Pechino devono aver pensato quando hanno deciso di intensificare la battaglia contro la pornografia in Rete ipotizzando l'ergastolo per i distributori e i produttori di materiale a luci rosse. Per ora si tratta solo di minacce, ma nel testo del provvedimento si legge: "A seconda della gravità dei casi, le sentenze vanno dal vivere sotto sorveglianza forzata, alla detenzione, dall'arresto da parte della polizia a vari periodi di carcerazione fino al carcere a vita".Preoccupata che il facile accesso a materiale pornografico possa avere un cattivo effetto sui giovani e sulla società, la Cina in realtà ha già avviato la sua crociata contro il cyberporno da diversi mesi. Durante l'ultimo giro di vite, a luglio, le autorità di Pechino hanno chiuso centinaia di siti Web e hanno arrestato oltre trecento persone.<>Le pene ora sono state però inasprite e l'ergastolo per chi diffonde contenuti osè ormai è una possibilità concreta. "Un sito pornografico che sia stato cliccato più di 250mila volte -sostentgono le autorità di Pechino- sarà considerato un caso molto grave che potrebbe costare molto caro ai suoi produttori ". Trema il porno cinese: la censura dell'hard a Pechino porta diritti in cella, per sempre.