mercoledì 19 aprile 2006

due lanci Agi sul nuovo film di Marco Bellocchio

ricevuti da Tonino Scrimenti alle 17.38

(AGI) - Roma, 19 apr. - Un film riuscito: la nuova opera che con probabilita' sara' al prossimo festival di Cannes, segue il filo dell'affascinante ricerca sulle immagini indefinite, esattamente l'opposto delle scene piatte, amorfe e fredde con un inizio e una fine, dialoghi e parole.
E' la caratteristica originalissima, emersa prima con 'L'ora di religione' poi con 'Buongiorno, notte', del film, 'Il regista di matrimoni' del 63enne regista piacentino Marco Bellocchio che afferma: "piu' dei dialoghi e delle parole, a me interessano le immagini, perche' il cinema per me e' ricerca sulle immagini".
E 'Il regista di matrimoni' nelle sale da venerdi' prossimo esce dopo 'Il Caimano' di Nanni Moretti: due registi entrambi 'di sinistra' ma dai percorsi e stili profondamente diversi. "Moretti e' il regista di racconti e parole, del super-Io narcista, e' il Profeta, Bellocchio e' invece il regista che insegue l'immagine, costringe a viverle con tutta la suspence che le avvolge ed e' la particella di un movimento cosmico che non fa profezie", nota il docente di Storia e critica del cinema all'Universita' di Napoli, Valerio Caprara.
Le immagini che interessano Bellocchio non sono mai, e lo si e' visto a partire da 'Diavolo in corpo' del 1986 "il film che e' stato per me - ammette il regista piacentino - una rivoluzione interiore", la riproduzione il racconto del fatto accaduto, non sono insomma fotografia: cosi' il finale totalmente inventato di 'Buongiorno, notte' con il prigioniero (Aldo Moro) che esce dalla prigione e se ne va in giro libero, si ritrova ne 'Il regista di matrimoni' con la bella malinconica principessina Bona (Donatella Finocchario) che promessa in sposa si ribella grazie all'incontro con Elica (Sergio Castellitto) regista in crisi per il matrimonio di sua figlia con un fervente cattolico. L'innamoramento tra Bona e Elica cambia la vita di entrambi: e la principessa libera se ne va e nessuno sa dove. Un finale totalmente diverso da quello che ha messo sullo schermo Moretti. "Bellocchio non seleziona i suoi spettatori - spiega Caprara - pretende che si vedano i suoi film per starci dentro in una sorta d'esperienza totale, costringe a vivere le immagini: dei film di Moretti se ne puo' parlare tanto ma quelli di Bellocchio si debbono vedere e basta". Le immagini del regista piacentino, dunque, non consentono l'identificazione? "Esattamente, chiedono il coinvolgimento - risponde Caprara - la partecipazione totale, lasciarsi andare a viverle dentro".
Il regista in crisi depressiva, dunque, per il matrimonio di sua figlia con un fervente cattolico va in caccia di immagini in Sicilia dove incontra un regista di matrimoni che gli propone di lavorare insieme per le nozze di Bona, la figlia di un principe decaduto, promessa in sposa ma per convenienza. Vien fuori cosi' l'attrazione inaspettata, 'il fulmine a ciel sereno', e tra i due spunta l'innamoramento scandito dalle note di una canzone in voga nel '45-'46: Solo me ne vo' per la citta'. E la vita cambia. (AGI)

(AGI) - Roma, 19 apr. - Dopo il successo di 'Buongiorno, notte', il cineasta piacentino riprende con 'Il regista di matrimoni', il tema della religione, dei suoi condizionamenti ne approfondisce e ne allarga l'indagine a regole e convenzioni, come il matrimonio: sempre sullo sfondo c'e' la 'ribellione' a quanto e' d'ostacolo al rapporto uomo-donna.
"E' il film d'autore piu' bello, completo degli ultimi anni: lo avvicino a Otto e 1/2 di Fellini: Bellocchio ha compiuto la sua ennesima evoluzione trattando temi a lui congeniali come la famiglia, la religione, il conformismo, la ribellione", osserva Anselma Dell'Olio, critica, membro della Commissione ministeriale cinematografica. "Non c'e' scarto alcuno tra l'onirico - spiega - e la realta': l'imprevedibile visto diventa inevitabile, questa e' l'opera di Bellocchio".
Un 'maestro' dunque del cinema e dell'immagine: dai 'Pugni in tasca' a 'Il regista di matrimoni' e' un percorso scandito da tanti e continui cambiamenti. "C'e' dentro il film una profonda psicologia: e' un film che va rivisto e rivisto per - precisa la Dell'Olio - afferarne tutta l'originalita'". Un modo, insomma, di far cinema fuori dagli schemi usuali.
"Fare immagini e' un'arte, un'inventiva anche quando si vuol descrivere la realta', la quotidianita': se Moretti racconta solo se stesso e non inventa mai nulla, Bellocchio inventa - conclude Caprara - almeno ci prova e tutto sommato gli riesce bene".
Con 'Il regista di matrimoni' Bellocchio torna ad occuparsi di religione ma "non e' un film anti-religioso - precisa - semmai e' anti-istituzionale". Oggi rivendicare dirsi 'non credente' e' quasi un'eresia, "non e' di moda: ma comunque chiedo e pretendo rispetto", osserva Bellocchio.
Quella di Elica e' la crisi di un uomo oppresso, soffocato dal conformismo, dalla routine, dal cattolicesimo oscurantista: una crisi che pero' mette in moto la ricerca, 'la caccia', a la Chateaubriand, di nuove immagini fino all'incontro con Bona, la malinconica intensa bella principessa promessa in sposa.
"No, queste nozze non s'hanno da fare", come accade ne 'I Promessi Sposi'... E la vita del regista depresso cambia perche' di fronte all'amore che, "vive con angoscia perche' non crede ai colpi di fulmine, capisce che deve rimetter ancora una volta in gioco il proprio lavoro e la propria esistenza: per un artista vita e arte sono la stessa cosa", e' il pensiero di Bellocchio.
"E' l'opera di un artista completo capace di saltare da una immagine all'altra mantenendo la sua compattezza, integrita' ed unita': davvero un film molto ricco ed originale sorretto da una profonda psicologia", conclude la Dell'Olio. Il segno insomma di un cambiamento profondo, di una rinascita e rigenerazione che ha la sua 'fonte', in una ricerca, l'Analisi Collettiva di Massimo Fagioli, che Bellocchio segue ormai da trent'anni. (AGI)
"Il regista di matrimoni"
di Marco Bellocchio

è stato presentato martedì mattina a Roma

Dina Battioni inoltre segnala: su TELEVIDEO Rai - pag.163: "BELLOCCHIO, "IL REGISTA DI MATRIMONI"
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una segnalazione di Paola Botta, testo ricevuto da Giorgio Valentini:

Liberazione 19 aprile 2006
L’amore, quello vero

Cara “Liberazione”,
in merito all’articolo di oggi (martedì 18, ndr) di don Vitaliano Della Sala, consueta e comprensibile (da parte sua) esaltazione della figura “rivoluzionaria” di Gesù, vorrei sottolineare che sebbene la sua figura ha storicamente costituito il passaggio dalla religione “della Legge” (ebraica) a quella “dell’amore” (cristiano), solidale con gli umili e gli oppressi, è altrettanto vero che non si può negare che: 1) in questo nel passaggio è stato mantenuto il concetto di peccato originale e la discendenza da Caino che ci rende tutti potenziali assassini; 2) che l’amore cristiano è strettamente legato a questo vizio originario che fa di ciascuno un derelitto da assistere per tutta la vita perché tarato dal “male”, la cui trasformazione radicale verso il “bene” è impossibile proprio a causa di questa “tara”; 3) che questa posizione teorica è di ben 2000 anni fa!; 4) che in questi 2000 anni il pensiero occidentale, impregnato di cultura ebraico-cristiana, non ha fatto altro che tentare di annichilire la vitalità delle donne, altro che sancire, come sostiene don Vitaliano, «la fine del maschilismo e del patriarcato»! Onestamente mi sembra che la ricerca sulla non violenza e sul rapporto uomo donna abbia ben altre possibilità di sviluppo che non ripetere una strada che da questo punto di vista mi sembra palesemente fallita! Se vogliamo potremmo ripartire dalla ricerca del giovane Marx, quella di una «natura spirituale altrettanto necessaria concreta e dai contorni altrettanto sicuri quanto la natura fisica», espressa nella lettera al padre del 1837. Splendida lettera che inizia descrivendo l’amore «ebbro di desiderio» per la sua compagna, e mi piace pensare che forse anche per Marx il rapporto con la donna fu lo stimolo di una preziosa anche se poi abbandonata ricerca sulla realtà psichica, perché nessuna ricerca di questo genere è possibile senza rapporto profondo con l’essere umano diverso da sé. Ricerca e rapporto che per la cultura ebraico-cristiana sono praticamente il diavolo.
Livia Profeti via e-mail
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