Gazzetta del Mezzogiorno 1 luglio 2006
Marramao difende la rivisitazione delle opere da parte di Michele Ranchetti
Criticare Freud si può, anzi si deve
di Carlo Patrignani
Confrontarsi discutere anche criticamente Sigmund Freud e la sua opera? È un bene farlo. Anzi, è il solo modo per produrre un vero arricchimento per tutti. E la cultura italiana ha solo da guadagnare: la sola cosa da temere è «il non detto», esso sì pericoloso e gravido di spiacevoli sorprese.
A parlare è il filosofo ed ordinario di Filosofia Politica all'Università di Roma Tre, Giacomo Marramao che è membro del consiglio d'amministrazione della Bollati Boringhieri, la casa editrice che ha messo in commercio (novembre 2005) ma ritirato (marzo 2006) in seguito ad una azione legale da parte di Renata Colorni, la «rivisitazione» delle Opere di Freud da parte di Michele Ranchetti.
È stato il settimanale "Left" (n.21 del 2 giugno scorso) a rivelare il ritiro dei due volumi della nuova traduzione «Storia della della Psicoanalisi» e «Scritti di Metapsicologia» corredato da interviste al curatore Ranchetti ed allo psichiatra Giovanni Jervis, responsabile del settore «Psicologia» della casa editrice al posto di Maria Antonietta Schepisi.
E la nomina di Jervis non sarebbe piaciuta alla Società Italiana di Psicoanalisi (Spi) che ha manifestato la sua contrarietà inviando alla casa editrice un appello contro Jervis.
I due volumi curati da Ranchetti erano stati criticati prima dell'azione legale da Galimberti su «La Repubblica», Lavagetto su «Il Manifesto», Reitani su «l'Unità» e Semi sulla rivista della società italiana psicoanalisi (Spi).
«Sottoporre Freud, la sua opera ad una rivisitazione non è un delitto – aggiunge Marramao –. Credo che la cultura italiana ha invece tutto da guadagnare da un confronto libero, aperto e laico sul lascito freudiano».
Come dire, d'intoccabile non c'è nulla, Freud compreso. «Ritengo valido il lavoro di Ranchetti – aggiunge Marramao – e valida l'idea di riproporre le opere freudiane alla luce di scritti inediti, illuminandone e ricontestualizzandone la genesi, così come non ritengo fuori luogo la modifica di alcuni "termini-chiave" del lessico freudiano».
Pertanto, «tutti gli spiacevoli inconvenienti insorti vanno probabilmente ricondotti – continua Marramao – ad un eccesso di fiducia da parte di Ranchetti verso alcuni suoi collaboratori e poi, in particolare, va lamentato il mancato coivolgimento della Colorni la cui si traduzione è stata – precisa – massicciamente ripresa nella nuova edizione senza darne nota».
Dopodiché, massimo rispetto per la Colorni e per Ranchetti: la Bollati rivedrà, apportando le necessarie correzioni, i due volumi già ritirati dal commercio e poi li ripresenterà al gran pubblico.
«Si è perduta una buona occasione per una discussione ampia dell'intero quadro redazionale ma questo non vanifica il lavoro di Ranchetti», precisa Marramao che confida in una «pronta e felice risoluzione del contenzioso giudiziario».
Resta in piedi la «querelle culturale», tra quanti difendono a spada tratta Freud e quanti invece, laicamente, lo mettono in discussione.
«La psicoanalisi non è mai esistita», afferma e non da oggi lo psichiatra Massimo Fagioli per il quale «il freudismo è una truffa storica: Freud non ha scoperto l'inconscio anzi non ci neanche ha provato».
Il filosofo Carlo Augusto Viano, emerito di Storia della Filosofia all'Università di Torino, ritiene che «il freudismo è stato un fatto letterario non terapeutico: esso servì e serve a tener in piedi quel che resta del marxismo».
Per Viano «è sempre la stessa area culturale (sinistra radical-chic) a celebrare una psicoanalisi ormai antiquata e vecchia, di cui si tacciono i limiti terapeutici e scientifici: i fenomeni psichici sono molto più complessi di quelli descritti da Freud».
E Marramao, direttore scientifico della Fondazione «Lelio Basso», si dice d'accordo con Viano: «Non c'è nulla che non si possa discutere criticamente: e la prospettiva che oggi si apre appare sempre più segnata dal confronto tra l'eredità della psicoanalisi ed i risultati delle neuroscienze».
In altre parole, «la natura della mente si presenta a noi come un fenomeno ancora più complesso di quanto lo stesso Freud – conclude Marramao – potesse immaginare».
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Repubblica Almanacco dei libri 1.7.06
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