lunedì 3 maggio 2004

un libro su Schopenhauer
(si tratta della ristampa di un libro già uscito nel '97)

Repubblica 3.5.04
FILOSOFIA
SCHOPENHAUER GLI ANNI RUGGENTI DEL PENSIERO DEL '900
di FRANCO VOLPI


Schopenhauer è uno di quei pensatori irregolari, eccentrici, difficili da ricondurre alla propria epoca. La sua stella spunta all'improvviso nella costellazione del kantismo, ma, anziché seguirne l'evoluzione verso l'idealismo, se ne distacca bruscamente e apre con il concetto di Volontà un'orbita nuova. Da lui hanno origine Wagner, Nietzsche e quella metafisica del pessimismo che tanta parte ha avuto nella formazione dell'anima tedesca e nella cultura europea del Novecento. La sua fortuna, incominciata tardi, dopo i "Parerga e paralipomena" (1851), fu osteggiata dalla filosofia universitaria. Almeno finché essa fu dominata dall'idealismo, che di Schopenhauer fu acerrimo avversario, e finché le fu possibile farlo. Cioé fino a quando anch'essa fu costretta a prendere atto del successo che la sua opera mieteva presso il vasto pubblico. Le cose, tuttavia, non cambiarono molto. Schopenhauer fu letto da scrittori, letterati e artisti come Flaubert e Maupassant, Strindberg e Hamsun, Tolstoj e Cechov, Svevo e De Chirico. E poi da Karl Kraus, Thomas Mann, Kubin, Hesse, Musil, Benn, Thomas Bernhard, Borges e altri ancora.
Tra i grandi filosofi contemporanei, invece, solo Wittgenstein fu suo appassionato e segreto ammiratore. Non diversa né migliore la situazione italiana. Da noi Schopenhauer fu coltivato in seno a quella che - rispetto al neoidealismo imperante di Croce e Gentile - si potrebbe chiamare "l'altra filosofia italiana del Novecento": da Rensi e Martinetti fino a Colli. Ma non possiamo vantare una vera tradizione di studi schopenhaueriani. La bella traduzione del libro di Safranski sopperisce dunque a una lacuna [questa lacuna non c'era: il libro era già uscito nel '97 per La Nuova Italia ed è reperibile nelle biblioteche, adesso è uscito per Longanesi. Ndr].
È la migliore ricostruzione della vita e dell'opera di Schopenhauer oggi in circolazione, e al tempo stesso un avvincente spaccato su quegli "anni ruggenti della filosofia". È un saggio con la verve di un romanzo, scritto con passione da questo ex insegnante diventato scrittore per necessità, da quando fu licenziato per il cosiddetto Berufsverbot, la legge che negli anni Settanta vietò in Germania il ruolo statale a chi non fosse fedele alla costituzione (quindi, con teutonica inferenza, a chiunque era comunista).