mercoledì 27 luglio 2005

"LIBERAZIONE", il giorno dopo...

Liberazione 27.7.05
A Roma una grande folla alla conferenza stampa del segretario del Prc. Applausi e consensi e una discussione appassionata
Bertinotti presenta le sue primarie: «Questa partita va giocata»
Rina Gagliardi


«Beh, visto che meglio di così non potrà andare, varrebbe la pena di chiudere qui le primarie…». Si permette anche questa battuta scherzosa, Fausto Bertinotti, uscendo dalla libreria "Amore e Psiche", dopo un'ora e mezza di conferenza stampa. E la folla gli dedica un supplemento generoso e affettuosissimo di applausi - proprio come se volesse continuare un confronto che si è rivelato davvero ricco e coinvolgente. Siamo a Roma, a due passi dal Pantheon, in un primo pomeriggio caldo e afoso, eppure sono ancora centinaia e centinaia quelli che si accalcano l'uno a ridosso dell'altro - moltissimi i giovani e le donne, finalmente.

La candidatura del segretario di Rifondazione comunista alle primarie dell'Unione è partita alla grande - un decollo quasi migliore di quello dello Shuttle, avvenuto quasi in perfetta contemporaneità. Non è solo, a stupirci, a impressionarci (e perché no? a scaldarci il cuore), la grande partecipazione: è l'affetto e il calore (ben oltre quello solare) da cui Bertinotti è circondato. E' la voglia di parlare con lui, di porgli quesiti "da niente" come l'essenza del comunismo da costruire, l'emancipazione e la liberazione - dal bisogno, dalla fatica e anche dalle oppressioni della mente. Il comunismo come "promessa", pur finora mancata, eppure ancora e soprattutto promessa. O come attesa «del tempo che ci rimane», come dirà Bertinotti rispondendo alla bella provocazione di Giulia Ingrao. Sì, se quel che si temeva era il pericolo "politicista", di una presentazione della sfida di Bertinotti risucchiata dalle contraddizioni e dalla scadenze a breve, bisogna dire che esso è stato rapidamente fugato.

Merito anche della sede scelta, una libreria, appunto, non un "palazzo della politica" - e una libreria particolare qual è "Amore e Psiche", centro notissimo, nella capitale, della ricerca e della pratica analitica di Massimo Fagioli. Già una volta, l'anno scorso, si svolse - tra Bertinotti, il professore e Pietro Ingrao - un incontro felice, quanto a capacità reciproca di stimolo e interlocuzione: il tema fu allora quello della nonviolenza. E oggi, sempre qui, l'inizio della corsa che si concluderà il 15 e 16 di ottobre testimonia che ci sono pezzi significativi della "società civile" (insomma, delle tante persone che praticano un impegno, una scommessa, una ricerca non solo personale, e non fanno parte del ceto politico) disponibili a una scelta azzardata, come quella di far vincere le primarie ad un uomo della sinistra.

Già, anche se può apparire un'iperbole propagandistica, il senso della candidatura di Bertinotti è proprio questo: dimostrare sul campo che l'Unione, la vasta alleanza in costruzione che cercherà di sloggiare Berlusconi dal governo del Paese, può essere guidata «anche da una donna o da un uomo della sinistra». Non si tratta solo di un elementare deontologia, per rimediare al pericolo che il nuovo strumento messo in campo sia privo di ogni pathos, e dunque di far partire la competizione "almeno da due". Si tratta di qualcosa di più: di finirla con i complessi minoritari. E con l'idea che l'unità non può mai far rima con la radicalità - Puglia docet, del resto. E non è forse vero che le speranze diffuse nel popolo che vuol cambiare, che non ne può più del centrodestra, hanno un riconoscibile, fortissimo tratto di radicalità?

Ma poi, per chi avesse dubbi, ci pensa il moderatore della conferenza stampa, il nostro Darwin Pastorin («una meraviglia», chiosa Bertinotti, con chiaro riferimento agli splendidi articoli non calcistici, ma culturali che impreziosiscono Liberazione) ad offrire un parallelo in più. «Era il 16 luglio del 1950» racconta inaugurando la conferenza stampa «ed era in programma la finale dei mondiali di calcio. Si giocava Brasile-Uruguay, al Paranà, davanti a duecentoventimila persone, ed il Brasile era nettamente favorito, tanto che agli uruguagi fu raccomandato di prenderne il meno possibile. Eppure, quella volta l'Uruguay non accettò di fare la vittima predestinata: fu il capitano, Obdulio Varela, a incitare i suoi. A dire: questa partita io me la gioco. E l'Uruguay vinse la partita». Ecco la trasparente allegoria di Pastorin: noi, oggi, siamo l'Uruguay, e Bertinotti è il nostro Varela. Semplice, no? Quasi come trasformare un voto - una delle tante votazioni a cui siamo chiamati - in una occasione di cittadinanza attiva, di partecipazione, di presenza che rovescia i canoni e gli schemi previsti. Un piccolo strumento in più è quel post-it - il "foglietto giallo", dice Bertinotti che non riesce assolutamente a memorizzare l'anglicismo - in cui ognuno potrà scrivere l'oggetto dei suoi desideri - politici, sociali e civili, naturalmente. "Voglio…. Bertinotti presidente" (è la dicitura che si legge sul nuovo sito internet www. faustobertinotti. it) che chiede di essere riempita, farsi progetto collettivo, programma in progress, pungolo di massa. Un'idea (elaborata dall'agenzia "Pro Forma", non per caso barese) che Bertinotti commenta così: «Se la guardo, un po'mi viene da ridere. Ma poi penso che questo "voglio", in fondo, è un piccolo e utile gesto di ribellione. Un buon inizio». Per mettere in relazione popolo e rappresentanza. Per cominciare a superare quella "linea di faglia" che tende inesorabilmente - in Occidente - a separare le élites dalle masse. Per far pesare, nel programma dell'Unione, quelle direttrici - la pace e la nonviolenza, la lotta alla precarietà, la ricostruzione di uno spazio pubblico, incentrato sui "beni comuni" - così care alla sinistra, ai movimenti, alle persone, verrebbe da dire, di buon senso.

Ma sono questi, o altri, gli "irrinunciabili" paletti che Rifondazione comunista presenterà alla discussione programmatica dei suoi partner unionisti? Dov'è, se c'è, il punto di caduta della vostra battaglia e della vostra trattativa?

La domanda, una delle prime che animano la discussione, era nell'aria, era quasi d'obbligo, oltre che insidiosa. «Se al primo posto c'è la ricerca di un'intesa, non ci possono essere punti irrinunciabili» risponde Bertinotti. Altrimenti, è logico, bisognerebbe mettere in campo anche l'ipotesi della rottura dell'alleanza e della riscossa di un governo moribondo, come quello Berlusconi: una responsabilità politica che Rifondazione comunista oggi non intende assumersi. Una scelta che, però, non significa né rinunce preventive a far pesare punti di vista e opzioni alternative né volontà di costruire compromessi di basso profilo: il segretario di Rifondazione fa rilevare, a questo proposito, la posizione generale sulla guerra (contro la guerra) appena varata tra gli otto punti generali dell'Unione e il riferimento esplicito all'articolo 11 della Costituzione. «Sì, certo, un riferimento irrinunciabile, prima di tutto dal punto di vista costituzionale». E poi? E poi, certo, per mettere su un programma avanzato si può partire dalla più volte prospettata «triplice abrogazione» - via, cioè, la legge 30, la controriforma Moratti, la Bossi-Fini. «Non ci può essere una buona scuola se c'è un cattivo lavoro, tutto fondato sulla precarietà e la selezione di classe precoce, e sulla noncittadinanza dei migranti». Altra domanda, altra insidia: ma per lei, Bertinotti, qual è la soglia del successo? Qual è la cifra che pensa di guadagnare? «Sopra il 12 per cento è un successo, sopra il 50 è vittoria», risponde, per nulla imbarazzato, il segretario del Prc. Qualche altro spunto - sulla "riforma della giustizia" che lede l'autonomia della magistratura, sulla sicurezza, che non può mai esser perseguita a prezzo dei diritti basici di libertà, su Zapatero, che forse «abbiamo sottovalutato», anche rispetto al tema che oggi si ripropone della laicità dello Stato. Qui, in fondo, finisce la conferenza stampa. E comincia un confronto appassionato sulle grandi domande che oggi ci sono poste giocoforza dalle sconfitte e dai drammatici fallimenti del XX secolo. A chi domanda se il comunismo potrà essere ancora una "promessa", Bertinotti risponde citando Marx - il Marx pensatore della rivoluzione prima che critico dell'economia, il Marx che parla della liberazione dell'umanità come di quel percorso che «abbatte lo stato delle cose presenti». Sì, il comunismo è definibile come progetto irrinunciabile (questo sì) di emancipazione e liberazione - non solo "dal" bisogno, ma dalla servitù del lavoro salariato e perfino dal lavoro, inteso come strumento inevitabile di sopravvivenza. Si può perfino parlare della ricerca necessaria della felicità: non perché, dice Bertinotti, abbiamo ancora in testa un'idea totalizzante della politica, della quale se mai avvertiamo il limite necessario e anche drammatico; ma perché «la politica non può espungere da se stessa, dalla propria ricerca, la felicità delle persone». La politica - ecco il punto - può, deve, rimuovere tutto ciò che ostacola e anzi rende impossibile, nella società modellata sul modo di produzione capitalistico, il libero sviluppo umano: ecco, ancora, il comunismo, come massimo possibile della politica e di un percorso di liberazione. Quello di cui ha detto Rosa Luxemburg, unica alternativa storica alla catastrofe. Quello che animava l'angelo di Benjamin. Ma sul "che cosa", sulla "cosa", bisogna essere molto sorvegliati, dice ancora Bertinotti: che mette in campo un'altra delle sue metafore preferite, quella tratta dal poeta greco Kafavis. Quando raggiungerai Itaca, scoprirai forse che è solo una distesa di ghiaia. Ma scoprirai che, in realtà, quello che dava senso al viaggio, era proprio il viaggio, non la meta. Una suggestione quasi irresistibile: ma, chiede Giulia Ingrao, non rischiamo così di perdere di vista l'orizzonte finale? Vorrei sapere quale può essere la "libertà di", oltre che la liberazione "da". Vorrei sapere, ora che siamo approdati di comune accordo all'idea di non violenza, se pensiamo ad una rivoluzione tutta e solo sul piano delle idee. No, risponde Bertinotti, la nonviolenza non è rinuncia al cambiamento: è la rottura, prima di tutto, di un paradigma conoscitivo, quello secondo il quale il potere, in fondo, è neutrale - se lo occupano gli altri è male, se lo occupiamo noi, si trasforma in bene. Sappiamo che non è più così, ma siamo appena all'inizio della scrittura di una nuova storia collettiva - siamo ancora nell'era dell'attesa, del "tempo che resta". Siamo ancora dentro la crisi dell'idea di progresso, nella quale pur siamo cresciuti: di fronte a noi, sì, ci sono alternative drammatiche, che non si superano secondo i canoni "consueti". Tra lo scientismo e il confessionalismo, tra l'enorme e sempre più incontrollabile sviluppo della scienza e della tecnologia e la regressione oscurantista ("neoconfessionale"), ci dovrà pur essere un'altra via - il controllo sociale della scienza stessa. Tra la violenza cieca della guerra e la violenza cieca del terrorismo, non ci può essere che la replica della pace. Tra la politica separata e la fuga astensionistica, non c'è che la rinascita della partecipazione. La scrittura - insieme - delle tante parole che ancora ci mancano. Vedete che le primarie possono essere un buon inizio?

"IL FOGLIO", 27.7.05

segnalato da Claudio Saba
ricevuto da Carlo Cafiero attraverso Tonino Scrimenti
(non c'è firma, ma sembra Ferrara da come scrive):

Il Foglio 27 luglio 2005
Il candidato Bertinotti si presenta invocando la Provvidenza Rossa


Roma. A un certo punto, davanti all’ennesima osservazione – genere: non basta la libertà da, ma ci vuole anche la libertà di – viene da pensare: gli sta bene, a Bertinotti, se l’è andata a cercare. Ma il segretario di Rifondazione suda, gioca col mezzo toscano, gode come un matto e si scambia carinerie con Darwin Pastorin. Il giornalista lo paragona all’Uruguay “nella partita con il Brasile del 16 luglio 1950”, che doveva essere suonato e finì col suonarla ai favoriti, lui risponde “è una meraviglia” (Pastorin, non il paragone, o magari pure il paragone). Insomma, qui in questi pochi metri della libreria Amore e Psiche, che se ci metti tutto il gruppo parlamentare di Rifondazione è già piena – e aggiungete Citto Maselli, la sorella di Ingrao, il professor Massimo Fagioli, i giornalisti, Amore e Psiche, e non ci si sta proprio – Bertinotti è felice. E più la faccenda s’aggroviglia, il tema s’impenna, il pensiero si approfondisce, più lui gioisce, sorride, s’allarga. “Nel messianesimo non conta il tempo che è passato, ma quello che resta. Noi siamo nel tempo che resta”. Fuori, nel budello di via Santa Caterina da Siena, due passi dal Pantheon, centinaia di seguaci di Fagioli (e certo che i giornalisti, animali, domandano: i fagiolini?) fanno ressa, seguono su maxischermo, applaudono professore e leader. Sarà, come dice Bertinotti, che “le parole di cui abbiamo bisogno ancora non ci vengono”, ma certo ieri per presentare la candidatura alle primarie non è stata fatta molta economia in questo senso. Non tanto da parte del segretario, per niente da parte dei giornalisti, quanto dagli estimatori presenti, dai frequentatori della libreria, dagli ammiratori del professor Fagioli. Angusto il luogo, alta la discussione, ché pure Marx “è grande quando la prende alta”, e il comunismo, che è il massimo, è appunto “indicibile perché è il massimo”. Certo, le primarie sono primarie. E quelli di Repubblica fanno debitamente incazzare Bertinotti – con la faccenda che chi vince le primarie fa pure il programma che gli pare – che li legna sul Corriere e rifiuta loro l’intervista, e li legna pure Rina Gagliardi sulla prima pagina di Liberazione sotto l’ironico occhiello: “Lieve polemica”. E la precarietà, la guerra, la pace, il Cav. e la sinistra. Che qui, secondo il direttore della libreria, è splendidamente accasata, “la nostra storia intrinseca al tormento e alla sofferenza della sinistra”, e infatti Bertinotti ammette che la candidatura alle primarie “richiede molto amore e anche un po’ di resistenza psichica”. La campagna del segretario di Rifondazione ha come simbolo il post-it, i foglietti gialli adesivi che Bertinotti chiama appunto ostinatamente foglietti dato che il post s’impiccia con l’it, con sopra la scritta “voglio” e sotto l’invito a scrivere cosa. Alza gli occhi verso il manifesto: “Mi scappa da ridere: ‘Bertinotti presidente’, diciamo che mette di buon umore”. Gli chiedono la soglia accettabile di voti per queste primarie. Lui invoca la regola del “fare come se” ed evoca la Provvidenza Rossa, ammette che se i voti di Rifondazione sono il 6 per cento, “sotto il 12 è una sconfitta, con il 12 ho preso i miei voti, sopra il 12 è andata bene e sopra il 51 ho vinto”. Queste sono chiacchiere che ci si aspetta, ma non è questo che Bertinotti aspetta, tra pile di volumi sulla “Teoria della nascita e castrazione umana” o “Istinto di morte e conoscenza". Perciò una ragazza che evoca “un letto di bandiere rosse e di falci e martelli” e vuol sapere se “è sufficiente eliminare solo la sofferenza del corpo” o non anche “la sofferenza della mente”. La folla esterna applaude, Bertinotti si dice “un po’ intimorito dalla domanda”, ma si vede lontano un chilometro (anche se per vederlo qui dentro bastano tre metri e servirebbero cinquanta telecamere di meno) che ne gode, “non penso possa essere espunto dalla politica il tema della felicità, ma quando dico espunto non dico che possa essere compreso”, e sempre soccorre tanto il più volte invocato giovane Marx, quanto Kavafis e Itaca, ché “conta non la vita ma il cammino”. Non si mette un punto che subito si riparte. Domanda: l’identità umana sta nel benessere fisico? “Madonna, quanto siete difficili”. Dal fondo, ogni tanto Citto strilla: “Voce!!!”. Fagioli è soddisfatto: “Bertinotti ha dimostrato di averci seguito sempre, ha risposto bene, è aperto e sincero”. Il candidato si affaccia sulla porta. Ovazione. Ride: “Potremmo considerare chiuse qui le primarie”. Invece gli toccherà attaccare e staccare tanti post-it. Anzi, foglietti.

DAL "MANIFESTO" DEL 27.7.05: Giovanni Senatore

il manifesto 27.7.05
Nella giungla di «Amore e psiche»

GIOVANNI SENATORE

Non è la prima volta che il segretario di Rifondazione incontra la libreria «Amore e Psiche» e la ricerca dello psichiatra Massimo Fagioli. Il 5 novembre 2004 a Villa Piccolomini, Fausto Bertinotti e Pietro Ingrao si erano trovati a discutere di nonviolenza e trasformazione umana di fronte a duemila persone. L'evento è poi diventato un libro, nelle cui pagine si può forse cercare il motivo della scelta del luogo per lanciare la sua corsa alle primarie. «Analisi Collettiva. Incontri: Ingrao, Bertinotti» (Nuove Edizioni Romane) propone il contenuto integrale dell'affollato incontro-dibattito. Oltre a un'intervista a Bertinotti dell'editrice Gabriella Armando, alcune recensioni, la prefazione dello psichiatra Andrea Masini sulla trentennale vicenda dell'Analisi collettiva, la postfazione sull'intreccio fra ricerca sulla psiche e movimenti rivoluzionari dello storico David Armando e un'intervista di Fagioli sul comunismo del febbraio 1980.

Nel libro Bertinotti parla del senso della scelta non violenta e del rapporto tra la sinistra e l'Analisi collettiva, che si basa sulla teoria della nascita elaborata da Fagioli fin dal 1964 e poi pubblicata in «Istinto di morte e conoscenza». Bertinotti propone nell'intervista «un'uscita da sinistra della crisi del movimento operaio del Novecento attraverso una idea e una pratica del comunismo come liberazione». E trova qui un interesse vero al campo di ricerca dell'Analisi Collettiva: «Perché - spiega - Intuisco come vi sia un'idea dell'umano senza peccato originale e, quindi, con una tensione verso una liberazione possibile».

"LA PADANIA" DEL 27.7

ricevuto da Lucrezia Fusco

La Padania 27.7.05
Bagno di folla per il candidato Bertinotti...
E SE FOSSE LUI A VINCERE?

Igor Iezzi


Bertinotti si prepara così a conquistare l’egemonia della sinistra e fare poi pesare il suo successo alle primarie (quantificato sopra il 12%) nell’elaborazione del programma. Ieri, nella libreria Amore e Psiche di Roma, davanti ad oltre 1.000 persone (da far impallidire la chiamata alle armi di Prodi di qualche mese fa quando radunò a malapena 40 persone), il leader di Prc ha così lanciato la sua sfida, con una campagna in grande stile: sito Internet, manifesti, incontri e ascolto dei cittadini. «Le primarie influenzeranno il programma ma non faranno il programma - ha risposto indirettamente a Prodi che ha accreditato l’ipotesi di primarie sul candidato premier e sul programma - . Il programma si farà dopo. Se fossi io a vincere le primarie avremo un candidato di sinistra come si è già verificato in qualche parte del paese e potremmo anche vincere le politiche». Per Prodi si annunciano giorni di battaglia e una vittoria che, nel caso in cui non fosse larga nelle proporzioni, potrebbe rivelarsi una sconfitta.
[Data pubblicazione: 27/07/2005]

"IL MANIFESTO" DEL 27.7.05

il manifesto 27.7.05
Bertinotti alle primarie con l'erba «Voglio»
«Sopra il 12 per cento è andata bene. Sopra il 50 ho vinto». Il leader del Prc apre la campagna per le primarie. Si comincia dal sito internet e da migliaia di post-it per tappezzare i muri di messaggi
Cosimo Rossi


E' il 16 luglio 1950. Al Maracanà di Rio de Janeiro si gioca l'ultimo atto della coppa Rimet tra il Brasile e l'Uruguay. Ai favoritissimi padroni di casa basta un pareggio, l'allenatore degli ospiti si limita a chiedere di «non prenderne troppe». Il capitano celeste Obdulio Varela è il solo che negli spogliatoi incita a non alzare lo sguardo sugli spalti ma a fissare il pallone. Al 47° Friaca porta in vantaggio la seleção. Ma l'Uruguay tiene serrate le fila, e al 66° Schiaffino pareggia. Assediati dai palleggiatori verdeoro, gli azzurri ribaltano il risultato al 79° con un tiro non irresistibile di Ghiggia. L'Uruguay è campione del mondo, il colossale Maracanà s'inchina invece mesto. 26 luglio 2006. Un giornalista brasialiano e d'inveterata fede nella vecchia signora pigliatutto del calcio italiano, qual è Darwin Pastorin (che del portierone carioca Moacyr Barbosa e della sua papera ha anche narrato l'epopea tragica), sceglie appunto la figura di Obdulio Varela come metafora della sfida di Fausto Bertinotti introducendo la conferenza stampa di presentazione della candidatura del leader del Prc alle primarie dell'Unione. Cosicché, quando a Bertinotti tocca il dovere del pronostico, non c'è di meglio che stare al gioco: «Che deve dire un capitano? Quando compete lo fa per vincere - dice - Sennò va a casa». Ma visto che il politica i numeri contano, Bertinotti non può sfuggire: «Alle elezioni prendiamo un 6%, anche se prenderemo di più - ragiona - Dato che l'Unione prenderà qualcosa più del 50%, 6 più 6 fa 12» Quindi: «Sotto il 12% sono sconfitto - continua Bertinotti - Al 12% significa che hai preso i tuoi. Sopra il 12% è andata bene. Sopra il 50% hai vinto». Che vuol dire tutto e nulla. Ma vuol dire di certo che sulle primarie il leader di Rifondazione ci investe davvero: che punta più alto dei calcoli algebrici che illustra.

All'esterno della libreria romana «Amore e psiche» la presentazione della candidatura è un bagno di folla (con altoparlanti e schermi), soprattutto dei molti seguaci dello psichiatra Massimo Fagioli. All'interno si presenta invece la corsa verso il voto che si svolgerà a metà ottobre assistita dal team della «Proforma» (la stessa società che ha realizzato la campagna di Nichi Vendola in Puglia e, prima ancora, del sindaco di Bari Michele Emiliano). E il primo atto è «un foglietto», non si ricorda il nome Bertinotti. Ovvero un post-it giallo con la scritta «Voglio» e uno spazio libero per esprimere il desiderio con cui far decollare la candidatura del leader del Prc, che per tutta la prima fase sarà calibrata soprattutto sul sito internet. «Voglio che mio figlio non conosca guerre e terrorismo», «Voglio andare in vacanza senza preoccupazioni per il mio lavoro», «Voglio un'Italia migliore», suggerisce il sito attivato da ieri: www.faustobertinotti.it. «Voglio è un buon inizio per un programma - spiega Bertinotti - E' un segno di ribellione, rompe il meccanismo secondo cui hai un diritto solo per elargizione». E anche quello secondo cui la guida del governo è interdetta «una donna o un uomo di sinistra - aggiunge - Se non oggi, domani».

"L'ADIGE", "IL GlORNO", "LA NAZIONE" e "IL SOLE 24ORE"

L'Adige 27.7.05
Folla enorme al comizio. Bertinotti apre le primarie
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Il Giorno e La Nazione
27.7.05
anche gli articoli che "Il Giorno" e "La Nazione" (entrambi QuotidianoNet, come anche "Il Resto del Carlino") hanno dedicato all'evento sono disponibili in rete solo per gli abbonati

Il Sole 24 Ore 27.7.05
un articolo, anche in questo caso, disponibile in rete solo per gli abbonati

"LIBERO", IL 27

ricevuto da Chiara Migliorini

Libero 27.7.05
La ricetta di Fausto: felici grazie a Marx

Pagina 11

ROMA La rivoluzione è la politica a livello più alto. Il comunismo è
promessa di libertà e uguaglianza. Il comunismo è liberazione: non può dare la felicità, ma può rimuovere tutti gli ostacoli che ci separano da essa.
E poi ancora teoria e prassi, Marx e Feuerbach, Rosa Luxemburg e Walter Benjamin. Fino a Pietro Ingrao. Di questo si è parlato ieri alla presentazione ufficiale della candidatura di Fausto Bertinotti alle primarie del centrosinistra che lo vedranno impegnato il 16 ottobre nella sfida con Romano Prodi. Una conferenza stampa anomala come il luogo prescelto: la libreria " Amore & Psiche", crocevia della cultura psichiatrica capitolina.
continua.

"IL MESSAGGERO" DEL 27.7

Il Messaggero 27.7.05
Mercoledì 27 Luglio 2005
CAMPAGNA CON I ”CREATIVI” DI VENDOLA
”L’erba voglio”, arma segreta di Bertinotti per le primarie
Il leader del Prc chiede ai suoi elettori di scrivere su migliaia di post-it i propri desideri per pesare di più nella stesura del programma.
di Claudia Terracina


ROMA Chi ha detto che «l’erba voglio cresce solo nel giardino del re?». Fausto Bertinotti rovescia l’ipocrita proverbio e fieramente afferma: «Io voglio». Invitando seguaci e simpatizzanti ad avere, appunto, il coraggio di «volere» un’Italia migliore, ma anche Bertinotti candidato premier dell’Unione. E quei suggerimenti saranno la forza con cui Rifondazione si presenterà alle trattative sul programma con gli alleati dell’Unione. Prodi, quindi, dovrà sudare per far prevalere, come annunciato, il suo punto di vista in caso di vittoria alle primarie. Il segretario di Rifondazione confida di «sperare nella provvidenza rossa», per battere Romano Prodi ed essere «il candidato della sinistra». Le idee di sinistra, comunque, dovranno contare. «Potrebbe succedere un miracolo», dice il segretario del Prc, evocando la vittoria di Vendola in Puglia.
Il suo manifesto elettorale recita «Bertinotti presidente» su un fondo giallo, come i ”post-it” che invitano gli elettori «a scrivere quello che vogliono». I desideri, «che più perentori saranno meglio è», potranno essere declamati ovunque, luoghi di lavoro, edicole, bar, cinema, teatri, oppure essere spediti per sms, mms, o via Internet nell’apposito sito, dove già si legge un ovvio «vorrei un’Italia migliore», un romantico «cambiare le cose, ma per davvero, senza paura», un edonista «avere più tempo per le cose che mi piacciono», un fideista «mio figlio non conosca guerra e terrorismo».
«Puntiamo a esaltare la sfida del popolo contro l’elite», spiega Silvio Maselli dell’agenzia ”Proforma”, la stessa che con il tormentone «Metti a Cassano» ha decretato il successo dell’attuale sindaco di Bari, Michele Emiliano, e di Nichi Vendola, «il diverso», miracolisticamente eletto presidente della Puglia grazie all’onda anomala dell’enorme partecipazione alle primarie. Bertinotti il 15 e il 16 ottobre punta al bis. «Quando uno compete lo fa per vincere, se no va a casa, non si può fare come se», chiarisce. E, dopo tutto, fa anche il gioco di Prodi che vuole «primarie vere». Ed ecco le percentuali che, secondo il leader del Prc, potrebbero decretare il suo successo e un’influenza sempre più forte sulla stesura del programma dell’Unione. «Alle elezioni prendiamo finora un 6 per cento, se consideriamo gli altri elettori dell'Unione si arriva ad un 12- prevede- quindi, sotto quella cifra si è sconfitti, sopra è andata bene. Sopra al 50 si vince».
E, a giudicare dal pubblico plaudente, accorso alla presentazione della campagna bertinottiana, acutamente ospitata dalla minuscola libreria romana ”Amore e Psiche”, in modo da far riempire la piazza antistante, al popolo di sinistra non sembra vero poter coniugare «l’erba voglio». Bertinotti, confortato dal poeta del calcio, l’italo-brasiliano Darwin Pastorin, d’altronde, «vuole» fortemente vincere, tanto che affida la sua campagna postal-internettiana ai creativi pugliesi che hanno fatto volare Vendola. Ma «vuole» anche stabilire le sue priorità nel programma dell’Unione. «No alla guerra, no alla precarietà sociale, più lavoro, più diritti, e via leggi come la Bossi-Fini, la riforma della scuola targata Moratti e la legge 30 sul mercato del lavoro». E se si deve parlare di sicurezza, il leader del Prc ricorda che «occorre essere sicuri dal terrore, ma anche dalla povertà». Se ne parlerà per tutta l’estate e, infine, il 24 settembre in una spettacolare convention che accompagnerà Bertinotti alle primarie.

SUL "CORRIERE DELLA ROMAGNA" del 27.7.05: di Donatella Coccoli

Dal “Corriere Romagna”, 27/7
Il segretario di Rc ha dato il via alle primarie
Bertinotti, la politica
e il problema della felicità
di Donatella Coccoli

ROMA - “La politica? Si deve porre il problema della ricerca della felicità. Non solo materiale”. Fausto Bertinotti ha dato il via ieri alle primarie in un luogo insolito. Il segretario di Rc ha infatti scelto la libreria Amore e Psiche (con centinaia di persone fuori) che fa capo alla ricerca di Massimo Fagioli, psichiatra che con i suoi libri ha demolito Freud fin dal ’70 e che conduce da trent’anni l’Analisi Collettiva. Così, ieri, dopo i primi enunciati della campagna (prima di tutto lotta per la pace, contro la precarietà e promozione dello spazio pubblico) affidata anche ad un sistema di post-it da riempire sotto la scritta “Voglio”, Bertinotti non si è sottratto alle domande dense di significati sia di giovani donne “nate”nella sinistra, sia di chi, come Giulia Ingrao, ha trascorso una esistenza nel comunismo. Cosa significano liberazione, emancipazione? Identità umana è solo benessere fisico? Bertinotti, ha risposto con passione concludendo che sono da comporre “prassi e teoria in una pratica collettiva di liberazione in cui le parole mancano ma in cui si intravedono già le lettere…”.

"IL TEMPO" DI MARTEDI' 26.7 E DI OGGI 27.7

una segnalazione di Claudio Saba

Il Tempo martedì 26 luglio 2005
Bertinotti e il chiodo fisso: le primarie
Oggi presenta la sua candidatura a Roma alla libreria «Amore & Psiche»


SEMBRA proprio che il segretario di Rifondazione comunista, Fausto Bertinotti, non pensi ad altro che alle elezioni primarie. Oggi presenterà la sua candidatura alle consultazioni interne del centrosinistra di ottobre. Il luogo scelto per la presentazione e il giornalista che lo accompagneranno in questa fatica sono singolari. Bertinotti ha scelto infatti Darwin Pastorin, aristocratico giornalista sportivo, amante del calcio sudamericano e fustigatore dei costumi del calcio italiano. E la presentazione della candidatura si svolgerà nella libreria «Amore & psiche», che si trova nei pressi del Pantheon. Non è la prima volta che il segretario di Rifondazione comunista si avvicina a questa libreria. Nel novembre del 2004 lo stesso Fausto Bertinotti aveva partecipato al dibattito organizzato da questa libreria per presentare un suo libro. Giuliano Zincone aveva annotato sul Corriere della Sera del 10 novembre 2004 che il successo di quella presentazione non era merito di quella libreria, ma dello psicanalista Massimo Fagioli: «La moltitudine che applaude Bertinotti è proprio la stessa che frequenta i seminari di analisi collettiva guidati dal maestro». Se si guarda con attenzione alle ultime uscite di Bertinotti si comprende che le primarie sono il suo chiodo fisso di questi giorni. Domenica scorsa, Nichi Vendola ha fatto sapere che lo appoggerà alle elezioni primarie. Ma qual è l'obiettivo che si prefigge Bertinotti? Già lo scorso 20 luglio a Firenze lo stesso Bertinotti spiegava: «Il mio partito ha il 6 per cento del consenso alle elezioni, se la maggioranza dell'Unione pensa di avere il 51 per cento io mi riterrei sconfitto se raggiungessi un gradimento attorno al 12 per cento». Si tratta di una dichiarazione bellicosa da parte del candidato alle primarie, che invita anche altri candidati a farsi avanti per togliere consensi a Romano Prodi: «Se alle consultazioni primarie ci sono solo due candidati diventa solo un referendum». La realtà è che Bertinotti per queste elezioni punta in alto e chiede anche l'aiuto dei no-global ai quali vuole permettere il voto alle primarie. Non è un caso che nel dibattito del 20 luglio con Massimo D'Alema a Firenze abbia indicato anche i «Movimenti dell'Ulivo» oltre che «i partiti», tra i soggetti chiamati a votare in occasione delle primarie. E nonostante il Professore proprio ieri sia tornato a dire che chi vince le primarie detterà il programma dell'Unione, è fuori discussione che tanto più alta sarà la percentuale di Bertinotti, tanto più grande sarà il suo peso nella scrittura del programma.

Il Tempo 27.7.05
Fausto non molla «Voglio vincere»
di Paolo Zappitelli


ALLE primarie partecipa per vincere. Almeno così Fausto Bertinotti continua a ribadire in ogni incontro pubblico. Che poi ci creda davvero è un altro discorso ma il messaggio che il segretario di Rifondazione vuol far arrivare agli alleati dell’Unione e a tutta la sinistra radicale, di cui oggi è l’unico leader, è proprio quello di una sfida vera a Prodi. Non per niente la campagna elettorale, iniziata ieri alla libreria «Amore & Psiche» di Roma, ha come «manifesto» un «Voglio» scritto in grande e sotto, in rosso su uno sfondo giallo, «Bertinotti presidente». L’idea che il leader di Rifondazione vuole dare è quella di un post-it sul quale ognuno può scrivere quello che più gli sta a cuore, proposte, progetti, che andranno a confluire nel programma di Rifondazione. «Faremo una campagna elettorale che non sarà la solita campagna elettorale — spiega seduto davanti ai microfoni mentre fuori dalla sala strapiena si affollano un centinaio di persone stremate dal caldo — ma sarà una nuova forma di partecipazione. Cercherò di dare voce a un popolo capace di parlare un nuovo linguaggio. Moltiplichiamo i post-it dove lasciamo le nostre idee». Poi, per spiegare ancora quel logo, sceglie una battuta: «Se penso a Bertinotti presidente mi scappa da ridere, ma "Voglio" deve essere un gesto di ribellione. Iniziamo il nostro cammino da questo gesto di ribellione». A chi gli chiede se per Bertinotti ci sono punti irrinunciabili nel programma da presentare all’Unione spiega mellifluo che «punti irrinunciabili non ci sono, non ci possono essere perché c’è la ricerca di un’intesa». Però sicuramente Rifondazione considera come battaglia fondamentale quella contro la precarietà e, di conseguenza, «contro la legge Biagi, la Moratti e la Bossi-Fini». Ma anche la riforma della giustizia appena controfirmata da Ciampi non piace: «Dovremo sicuramente ricominciare da lì, per cambiarla e per restituire l’autonomia ai magistrati». Ma è sulla «battaglia» delle primarie che Bertinotti fa capire a Prodi che non scherza. «Quando si compete si compete per vincere. E allora se prendiamo sotto il 12 per cento è una sconfitta, se restiamo pari abbiamo tenuto i nostri voti, se andiamo sopra è andata bene e se prendiamo sopra il 50 per cento abbiamo vinto. E comunque noi confidiamo nella provvidenza rossa...».

"L'UNITÀ" 27.7

l'Unità 27 Luglio 2005
E Bertinotti s’affida alla provvidenza


Cita Marx, Feuerbach, Rosa Luxemburg e critica la politica di oggi, che «si è ridotta a fenomeno amministrativo», quando il suo compito è invece quello di «rispondere alla domanda di senso»: «La questione non è dove va lo Stato, ma dove va l’umanità». Fausto Bertinotti ufficializza la sua candidatura alle primarie e subito riserva un paio di sorprese. La prima: quella che doveva essere una conferenza stampa alla libreria romana “Amore e Psiche” si è rivelata un bagno di folla, con alcune centinaia di persone rimaste per un’ora e mezza sotto il sole per ascoltare da due casse messe fuori dalla porta il segretario del Prc. La seconda: per parlare di primarie parla del «comunismo come promessa» e della «rivoluzione come trascendimento», del «fondamentalismo di mercato» e della «divisione tra popolo e élite». Nella strada di fronte, chiusa al traffico, silenzio e applausi. Dentro la libreria si prendono appunti quando i discorsi si fanno meno complessi. «La ragione politica della mia candidatura è che l’Unione possa essere guidata da una donna o un uomo di sinistra. Meglio ora, se non ora domani». Valutazioni? «Sotto il 12% è una sconfitta, il 12% sono i nostri voti, di più è andata bene. Sopra il 50% ho vinto». Previsioni? «Si compete per vincere. Noi confidiamo nella provvidenza rossa». A curare la campagna è la stessa agenzia che ha contribuito alla vittoria di Vendola. Prima trovata: il post-it su cui scrivere quello che si vuole da «Bertinotti presidente» e da attaccare in giro. Lo slogan: «Guerre, privilegi, indifferenza, precarietà: se vuoi sconfiggerli, attaccali». s.c.

"LA REPUBBLICA" DEL 27.7

Repubblica 27.7.05
Prodi presenta "Il progetto per l'Italia": diventerà un programma di legislatura che impegnerà tutti
"Successo se supererò il 12%"
Bertinotti lancia la campagna per le primarie dell'Unione
(f.b.)

ROMA - Sono tanti, almeno trecento. Ascoltano per un´ora e mezza il verbo di Fausto dagli schermi allestiti fuori dalla libreria "Amore e Psiche". Applaudono, esultano, ridono e si beano delle citazioni di Rosa Luxemburg, Constantinos Kavafis, Walter Benjamin. Tanto che il loro "guru", lo psicanalista Massimo Fagioli, al termine dell´incontro sussurra in un orecchio a Bertinotti: «Ho tentato di conquistarli in tanti anni, ma ora sono tutti tuoi...». E´ la presentazione della candidatura di Fausto Bertinotti alle primarie dell´Unione, un evento cultural-mondano che richiama centinaia di ammiratori e (soprattutto) di "fagiolini" nella libreria di riferimento, a due passi dal Pantheon. L´apertura di una campagna di comunicazione aggressiva, curata dall´agenzia Proforma - la stessa che portò Niki Vendola alla vittoria in Puglia -, centrata su uno slogan molto semplice: «Voglio». Cosa? Ciascuno potrà suggerirlo nei post-it virtuali sul sito www. faustobertinotti.it, per dar vita a un collage di desideri da trasformare in programma elettorale.
L´obiettivo, spiega il segretario di Rifondazione, è quello di superare il 12 per cento di voti: «Considerando solo gli elettori dell´Unione, il 6% di Rifondazione vale il doppio. Quindi sotto il 12% si è sconfitti, arrivare al 12% significa prendere i tuoi, sopra il 12% è andata bene. Sopra il 50% si vince». L´ambizione del leader del Prc non arriva a tanto ed egli stesso ammette che a vedere scritto "Bertinotti presidente" sui volantini gli «scappa da ridere». Il traguardo è infatti un altro: «Dimostrare che l´Unione, come accaduto in Puglia, può essere guidata da un uomo o una donna di sinistra. E poi, far crescere un popolo di sinistra nel più grande popolo dell´Unione, far uscire questo popolo di sinistra dallo stato di minorità in cui finora è stato tenuto».
Impegni pesanti, per raggiungere i quali Bertinotti lancia alcuni temi capaci di solleticare il «popolo della sinistra»: anzitutto la pace, la lotta alla precarietà, l´abrogazione della legge-Biagi, della riforma Moratti e della Bossi-Fini sull´immigrazione. Oltre a questo il segretario comunista propone, «la restituzione del maltolto», ovvero «la sottrazione al mercato di alcuni beni comuni inalienabili», come l´acqua e la casa.
L´intera impostazione programmatica risente di una sorta di «messianesimo» politico («conta il tempo che resta, non quello che viviamo»), nella convinzione che «il tema della felicità non può essere espunto dalla politica» e che «la politica si è attorcigliata su se stessa, riducendosi a governabilità». Il segretario tuttavia non pone aut-aut agli alleati: «Quelli che propongo, a parte il rifiuto della guerra, non sono punti irrinunciabili. Il nostro scopo è la ricerca di un´intesa nell´Unione». Una cosa però Bertinotti ci tiene a chiarirla, ovvero che il vincitore delle primarie non potrà avere carta bianca sul programma: «Capisco che ci sia una pressione per risolvere con un colpo di scure questioni complicate, ma il programma si deciderà tutti insieme». Un piccolo risultato simbolico Bertinotti intanto l´ha già portato a casa. La folla assiepata di fronte alla libreria "Amore e Psiche" ha impedito ieri il transito della Lancia Thesis di Massimo D´Alema, costringendo il presidente dei Ds a scendere dall´auto e proseguire a piedi.
Romano Prodi ha annunciato invece che aprirà la sua campagna domani a Reggio Emilia. Ieri il leader dell´Unione ha presentato il "Progetto per l´Italia", la «carta d´identità» della coalizione (in otto capitoli) che dovrà essere sottoscritta da chi vorrà votare alle primarie.

Repubblica 27.7.05
IL PERSONAGGIO
Il lancio della candidatura nella libreria dello psicanalista Fagioli tra gli applausi di militanti e fan
Fausto abbraccia il Guru e s'affida alla Provvidenza rossa
Per il leader del Prc una grande cornice mediatica: il rituale di applausi, grida festose e foto scattate con i telefonini
Adorato dalle signore dei salotti
Dice di lui Suni Agnelli: "Si ama la politica e si finisce per innamorarsi di Bertinotti"

Filippo Ceccarelli


Dio li fa e poi li accoppia. Anche applicato a non credenti, o a persone «in ricerca», come potrebbero essere l´onorevole Fausto Bertinotti e il professor Massimo Fagioli, il vecchio proverbio non solo conferma la propria inesorabile certezza, ma si preoccupa pure di gestire l´accoppiamento, lo rende visibile, gli dà una cornice mediatica, gli monta attorno un rituale fatto di applausi, grida festose e foto scattate con i telefonini tanto dai rifondatori quanto dalla gran massa dei «fagiolini», come ormai da un quarto di secolo vengono chiamati nella sinistra romana i seguaci di Fagioli.
Con il che si va ad allestire la scena, usciti sgocciolanti come sommergibilisti dalla libreria-sauna "Amore e Psiche", sotto lo schioppo del sole, il Leader e lo Psicoterapeuta si abbracciano. Una, due volte, per la comodità dei fotografi. I vigili urbani hanno addirittura chiuso la strada. Bertinotti è pelato e indossa un abito chiaro, Fagioli ha una chioma fluente, autorevole, ma è vestito più sciolto, una camicia azzurra e occhiali da sole un po´ cattivi.
Le lingue lunghe della politica dicono che c´è lui, già guru di Marco Bellocchio, dietro la svolta neo-esistenzialista e non violenta di Bertinotti, e la riprova starebbe nel fatto che per lanciare - con accaldata scomodità, invero - la sua candidatura alle primarie, abbia scelto proprio quella libreria che Fagioli, cui i fans attribuiscono un genio quasi leonardesco, ha addirittura progettato e realizzato con archi e scale in legno chiaro, piuttosto elegante.
Fagioli, infatti, è un guru, un classico guru. Giovane e luminosa promessa della psicanalisi freudiana, già negli anni sessanta ne scosse le fondamenta guadagnandosi la disagevole, ma esaltante fama di eretico, che in seguito estese anche al marxismo. Fu scacciato dalla Spi e malvisto dall´ortodossia comunista, ma dalla sua aveva esperienza, fascino e carisma. Fece ricerca per conto suo, alla metà degli anni settanta ebbe un successo travolgente tra i giovani di sinistra, molti in via di disperato disincanto, che lo inseguivano in cliniche psichiatriche, università e conventi occupati, a migliaia, per farsi interpretare i sogni.
Era l´Analisi Collettiva, o psicoterapia di folla (gratuita, comunque), in pratica l´evoluzione dell´assemblea in senso introspettivo. I «fagiolini», imploranti, alzavano la mano e il Maestro sceglieva a quale domanda dare corso. Per dire il successo di quelle atmosfere, a un certo punto venne fuori pure una radio «fagiolina», con conferenze e telefonate in diretta. Arrivò la gloria, naturalmente, ma anche una stagione di polemiche. Ai tempi de «Il diavolo in corpo» Bellocchio fu duramente contestato dal produttore perché si portava Fagioli sempre sul set, come regista del regista, lasciandogli mettere bocca anche sul montaggio.
Vera, falsa o enfatizzata che fosse, la venerazione di parecchi pazienti, pure ribattezzata «massimo-dipendenza», finì per alimentare attorno a Fagioli e ai suoi fans una qualche sulfurea nomea di setta. Ma di tutto, com´è noto, i guru possono preoccuparsi, meno che di quella. Così, nel tempo, il Maestro ha continuato a scrivere sceneggiature per Bellocchio, come pure ha seguitato adoratissimo a guarire, a insegnare, a editare pubblicazioni, a disegnare mobili e ispirare architetti; si è pure fatto celebrare in un paio di convegni, uno dei quali divenuto autocentrico documentario; quindi ha girato un film tutto suo, «Il cielo della luna», per il quale ha scelto le musiche e recitato la parte di un barbone, per quanto muto, lasciando il ruolo dei protagonisti a due «fagiolini». E infine - qui viene il bello - Massimo Fagioli ha incontrato Bertinotti.
Il bello sta nella fantastica circostanza che anche Bertinotti è un po´ un guru. Certo: rispetto allo psicanalista se lo può permettere di meno, con sei correnti, tre solo trotzkiste, nel suo partito. C´è però da dire che «il Grande Fausto», come l´ha chiamato Liberazione il giorno del suo compleanno, è un santone a suo modo poliedrico, un seduttore adattabile, un poetico cacciatore di anime che sa sempre cogliere il momento.
Così, più che con gli impervi trotzkisti, vale la pena di vederlo all´opera nella sua intensa vita mondana: cortese, elegante, telegenico, pacato, con tanto di erre moscia e civettuola bustina portaocchiali. Come tale invitatissimo «prezzemolino», insieme con la simpatica moglie signora Lella, record di presenze a Porta a porta, premio Oscar del Riformista: «Si ama la politica - ha detto di recente Suni Agnelli - e si finisce per innamorarsi per Bertinotti».
Le signore, specie quelle dei salotti-spettacolo di una Roma al tempo stesso prestigiosa e sgangheratissima, vanno pazze per lui: e lui lo sa. E non c´è niente di male, non è reato frequentarle, tantomeno è peccato ritrovarsi con i reduci del Grande Fratello. E´ solo un po´ buffo, o surreale, o straniante, come in un film di Bunuel, veder così spesso Bertinotti in foto al fianco di Donna Assunta Almirante, o a Maria Pia Dell´Utri, sorridente con Valeriona Marini, Cecchi Gori, Romiti, Sgarbi e Marione D´Urso; oppure intervistato sulla fede da don Santino Spartià, comunque assiduo a casa Suspisio, immancabile a villa «La Furibonda» di Marisela Federici. E insomma tutto bene, ci mancherebbe altro, però il giorno dopo è curioso sentirlo parlare del «popolo», parola desueta, parola potente. Chissà se il popolo si divertirebbe pure lui a «La Furibonda» o a «La Città del Gusto».
Ad "Amore e Psiche", intanto, lo Psicologo è rimasto nobilmente in platea a fare sì-sì con la testa non appena il Politico dava segno di aver assorbito un linguaggio che si nutre ormai di «felicità», «premonizione», «desiderio», «promessa», «liberazione», «attesa». A un dato momento, deposti i vecchi attrezzi lessicali vetero-marxisti, Bertinotti ha pure invocato la «Provvidenza rossa». Fuori, dietro le vetrine, la gran massa degli adepti animava la strada con sorrisi e applausi. Dopo l´abbraccio, c´è il tempo per un´ultima domanda, con la speranza che non suoni troppo indisponente: «Scusi, Fagioli, ma chi è più guru: lei o Bertinotti?». E il Maestro, senza fare una piega: «E´ più guru Bertinotti». Ma forse, per una risposta più articolata, potrebbe non bastare un seminario.

sul web: APRILE on line

segnalato da Pino Di Maula

aprileonline.info 27,7.05

Bertinotti presenta le sue primarie
Centrosinistra. Il leader di Rifondazione spiega ragioni e contenuti della sua politica nell'Unione
Angelo Notarnicola


Fausto Bertinotti ha inaugurato ieri, in conferenza stampa presso la libreria "Amore & Psiche" del Prof. Fagioli, il suo primo comitato come candidato alle primarie dell’Unione.
Fuori dalla libreria più di 600 persone hanno atteso l’arrivo del segretario di Rifondazione Comunista, mentre all’interno erano presenti, oltre ad un cospicuo numero di giornalisti e ai ragazzi della "Proforma" (l'agenzia di comunicazione barese che ha firmato il successo di Nichi Vendola), alcuni parlamentari di Rifondazione, tra cui Franco Giordano, Roberto Musacchio, Elettra Deiana e Titti De Simone. Sopra la testa di Darwin Pastorin, editorialista del "Manifesto" che, seduto alla sua scrivania, attendeva Bertinotti per introdurre la conferenza stampa, era posizionato un post-it gigante con al centro, scritto in corsivo, un appariscente "Voglio" di colore nero. Sono circa 12,5 milioni i post-it, di dimensioni autentiche, sui quali chiunque avrà modo di scrivere il proprio desiderio. I bigliettini, come ha preferito definirli Bertinotti, saranno distribuiti in tutta Italia a partire da settembre dai comitati per le primarie e dalle federazioni provinciali del partito di Rifondazione comunista.
L’idea generata dallo staff di Proforma ha voluto simbolicamente sostituire in modo molto originale e poco dispendioso l’invadenza dei 6x3, finendo però per promuovere una campagna tanto simpatica quanto demagogica.
In attesa del proprio segretario nazionale, Franco Giordano e Titti De Simone si sono lasciati andare ad alcuni commenti: "Sono tutti terrorizzati", rideva sornione il parlamentare barese mentre parlava con un compagno; "Hanno paura di perdere" diceva, tra stupore e orgoglio, la giovanissima deputata.
In un clima di attesa messianica da parte della maggioranza dei presenti e di caldo appiccicoso per tutti, è apparso il segretario, senza giacca, con una camicia celeste, una cravatta chiara, abbronzato e sorridente. Bertinotti si è seduto accanto a Darwin Pastorin, ha dispensato sorrisi e scuse a Rina Gagliardi, si è sbottonato il colletto della camicia, ha allentato il nodo della cravatta, si è alzato le maniche e con alcuni cenni del capo ha fatto comprendere a tutti di essere pronto.
Dopo una breve introduzione di Pastorin, Bertinotti ha dato inizio alla sua retorica: "Uno dei rischi della politica è che si delinei una soglia, un punto di non ritorno tra l’élite e il popolo. Le primarie sono un’occasione per attraversare questa soglia. Piuttosto che le oligarchie è meglio che sia il popolo a decidere chi debba guidare una battaglia politica".
L’immagine del popolo che attraversava la voragine che lo divideva dalle élite per il solo mezzo del voto alle primarie è stata quanto meno suggestiva e accattivante, anche se un po’ troppo populista.
Bertinotti ha, poi, voluto ricordare l’importanza strategica di alcune organizzazioni, finendo per esprimere l'auspicio che queste, compatte, votino il suo nome: "Le primarie non decidono il programma ma solo la leadership, perché forze come l’Arci, la Cgil, la Fiom, il Tavolo della Pace, in caso di sconfitta, non possono essere escluse dalla preparazione del programma".
Successivamente il segretario del Prc ha dettato i tre punti fondamentali del suo programma: "Il primo elemento programmatico è la Pace. Penso che il mondo sia a rischio di autodistruzione, due mostri hanno preso corpo sulla globalizzazione capitalistica: la guerra e il terrorismo".
"A questo - ha proseguito Bertinotti - c’è solo una risposta possibile, quella della pace, di trasformare la guerra in un tabù. Su questa base ci si deve opporre all’avversario, non con le sue stesse armi, ma cambiando il paradigma della lotta, perciò siano la non violenza e il pacifismo l’orizzonte primo della nostra politica". "Cominciamo da qui – ha continuato il segretario di Rifondazione - dall’articolo 11 della Costituzione che vuol dire ritiro immediato delle truppe dall’Iraq". Non è forse debole una politica che fa di un metodo d'azione il primo orizzonte politico...?
Poi, Bertinotti ha detto: "Il secondo punto è desumibile dal fallimento delle politiche neoliberiste. Occorre costruire un nuovo corso, partendo dalla lotta alla precarietà, contro l’idea del primato del mercato, per un primato dell’ambiente, delle persone. Infine, per restituire ciò che le politiche neoliberiste hanno tolto, è necessaria la ricostruzione di uno spazio pubblico in cui gli individui possano contribuire a determinare il proprio destino".
Continuando il segretario del Prc ha parlato di diritto alla casa, della cancellazione della legge 30, della riforma Moratti, della legge Bossi-Fini e della riforma della giustizia se questa riuscisse a compiere l’intero iter legislativo.
Stuzzicato dall’intervento di un giornalista, Bertinotti ha affondato: "Competo per vincere, questa è una regola della competizione. Noi confidiamo nella provvidenza rossa". Fuori dalla celia, Bertinotti ha spiegato i suoi numeri: "Sopra il 12% è andata bene, sopra il 50% abbiamo vinto".
Il meglio di sé però lo ha riservato alla fine, quando stimolato dal romantico intervento di una giovane compagna, Bertinotti ha concluso con un inno alla rinascita del comunismo: "Il comunismo sconfitto nel ‘900 si ripropone perché quello che sembrava chiuso nel secolo scorso con la vittoria assoluta e schiacciante del capitalismo si è riaperto con il delirio, a cui ha portato la globalizzazione e con la nascita dei movimenti".
Si è chiusa così, tra due ali festanti di popolo che, post-it in mano ben compilato, ha pensato di colmare il divario che lo divide dall'élite partecipando alle primarie e di dare vita ad un nuovo comunismo votando Bertinotti. Evviva Fausto, il dispensatore di sogni di sinistra.

ANCHE "IL GIORNALE"...

Il Giornale 27.7.05
In mille per lanciare le primarie di Bertinotti
Roberto Scafuri

Roma. Sarà parolaio rosso o pifferaio magico, così sostengono i suoi detrattori. Ma il bello di Fausto Bertinotti, il segreto che ne fa il polo d'attrazione della sinistra, sta nel suo «volare alto». Non effetto involontario, ma oggi piuttosto perseguito e riconvertito dal leader rifondatore nel nocciolo duro della sua politica. Anzi, di una politica di sinistra che si proponga come forza di governo senza complessi di «minorità». Da possibile atteggiamento intellettualoide e distante, che ne potrebbe scaturire, esso diventa invece motivo profondo di vicinanza con la gente. Fausto «vola alto» e tocca i sentimenti di un popolo rosso che lo ascolta e lo comprende, anche a prescindere dai narcisismi dialettici e dalla miriade di citazioni colte. Fausto gioca d'astuzia e raffinatezza, gigioneggia, e l'uditorio ne percepisce a pelle l'afflato «alto», l'orizzonte non comune. L'apprezza.
Far toccare con mano l'emozione della ragione, ecco l'alchimia. Bertinotti la propone per le primarie dell'Unione, e non poteva che raffigurarla in una libreria del centro di Roma dal nome appropriato, «Amore e Psiche». Uno scontato incontro con i giornalisti che diventa inconsueta «occupazione» di suolo pubblico da parte di un migliaio di curiosi e passanti, di amici della libreria e simpatizzanti di Fausto. I vigili costretti a chiudere il tratto di strada e le ragazze sedute sul selciato di fronte a una vetrina. Un professore psichiatra, Massimo Fagioli, fa il padrone di casa, e due schermi diffondono per strada le domande del pubblico che ha deciso di fare la sauna assieme al segretario all'interno.

SUL "CORSERA" DI OGGI

Corriere della Sera 27.7.05
Niente bandiere rosse ma post-it
Con Fausto l’«eretico» Fagioli
Fabrizio Roncone


ROMA - Questa bisogna raccontarla dalla fine, da quando Fausto Bertinotti esce fuori a benedire la folla - «inattesa, giuro: inattesa» - dei militanti che hanno ascoltato e visto sui megaschermi, certi pure davvero in ginocchio, sui sampietrini di piazza della Minerva, nel catino di umidità e passione politica che avrebbe stroncato chiunque ma non loro, nelle due ore che il segretario di Rifondazione comunista s’è preso per spiegare a tutti la sua candidatura alle primarie dell’Unione. Bertinotti con la cravatta slacciata, con la camicia zuppa di sudore eppure sempre molto sicuro, non stanco, sempre molto sorridente e con accanto addirittura Massimo Fagioli, psicanalista eretico e discusso, affascinante, provocatorio e misterioso: uno che negli anni Settanta seppe intercettare le disperazioni di molti studenti e intellettuali delusi dai sogni rivoluzionari, uno che dopo aver invitato a smascherare «quell’imbecille chiamato Freud», adesso, sulla porta della libreria «Amore e Psiche», da lui ideata e voluta tra questi vicoli del centro storico, sorride alla folla e urla: «Votatelo! È vostro!».
La folla, che ha costretto i vigili urbani a una chiusura imprevista del traffico, ondeggia: ci sono fischi di euforia e grida di evviva, anche se si nota - e certo la noterà pure lo stesso segretario - l’assenza di pugni chiusi, di bandiere rosse e insomma di quell’atmosfera tipica di certe riunioni della base di Rifondazione. Lo sguardo scorre sui ranghi delle signore abbronzate e così, nel piccolo trionfo di camicie di lino e Lacoste scolorite, sembra di intuire che a questa «festa di candidatura comunista» sia presente anche buona parte del popolo girotondino orfano di Nanni Moretti.
Per questo è stato opportuno cominciare dalla scena finale: per capire meglio certi calcoli, non casualmente ottimistici, di Bertinotti. «Come finiranno le primarie? Sotto il 12%, mi sentirei sconfitto. Sopra il 50%? Beh, avrei vinto». Tutti però capiscono che lui, a vincere, non ci pensa per niente e invece è forse a un 20% pieno, che mira. E ci mira ignorando gli altri candidati e sfoggiando un’idea mediatica sorprendente: Bertinotti chiama ciascun elettore a riempire il vuoto che c’è su ognuno dei due milioni di post-it - i foglietti adesivi gialli che vengono comunemente usati per prendere appunti - che verranno distribuiti e sui quali c’è scritto: «Voglio». Campagna elettorale senza tanti comizi e con la richiesta di frequentare il sito www.faustobertinotti.it. Gestisce l’agenzia Pro-forma. Il direttore creativo, Giovanni Sasso: «Abbiamo già fatto vincere Vendola in Puglia...».
Aggressivi, positivi e giovani. Nessun volto antico neppure in platea, se si escludono quelli autorevoli di Giulia Ingrao, sorella di Pietro, e del regista Citto Maselli. Bertinotti dice che con Prodi «non ci sono problemi: come lui sa, le primarie influenzeranno il programma dell’Unione, ma certo non lo faranno».
Altri applausi e Darwin Pastorin, il giornalista sportivo chiamato a moderare la conferenza stampa, chiude come aveva iniziato: «Fausto continua a sembrarmi Obdulio Varela». Questo Varela era il capitano dell’Uruguay, ai mondiali di calcio del 1950. Il giorno che dovettero giocarsela con il Brasile, con un Brasile pazzesco, davanti a centomila tifosi nello stadio Maracanà di Rio de Janeiro, fu appunto Varela a decidere di provarci. «Siamo meno forti, ma possiamo vincere». Vinsero 2 a 1.

L'ARTICOLO DELLA "STAMPA" DI OGGI

La Stampa 27 Luglio 2005
Antonella Rampino


ROMA.«Sono un uomo che non ha mai messo la cravatta prima dei cinquant’anni...». Ecco, la frase d’inizio dell’autobiografia senza rete alla quale Fausto Bertinotti sta lavorando e che sarà diffusa in tutte le edicole d’Italia, vera arma segreta durante le primarie - stesso autore, Cosimo Rossi, stesso editore, la Manifesto Libri, che fecero il successo di Nichi Vendola in Puglia -, è la più lampante, visiva differenza con Romano Prodi. Un leader che toglie la cravatta solo quand’è sotto sforzo, in bici o per fare pedalare i segretari della sua (sin qui) litigiosa coalizione. E difatti, uno stava in giacca e cravatta tra gli stucchi rococò di Piazza Santi Apostoli per aprire la campagna per le sue primarie sventolando lo scalpo più ambito, la «carta d’identità dell’Unione», il programma-quadro sottoscritto da tutti i segretari del centrosinistra. L’altro, Bertinotti, accaldato al limite della polmonite nella calca festosa di una particolare libreria del Pantheon, «Amore e Psiche», dove si radunano i «fagiolini», ovvero i seguaci dello psicoterapeuta Massimo Fagioli, un coltissimo signore ispiratore di Marco Bellocchio, ma capace di alzare le spalle se sente parlare di Freud o Basaglia, «mica son modi di curare la malattia mentale, quelli». Bertinotti fra i «fagiolini» va fortissimo: è l’unico capace si sostenere le loro conversazioni a base di Marx e Psiche.
Era uno spettacolo, ieri, vedere la contemporanea partenza delle primarie, che l’uno, Prodi, chiama al singolare, calcando l’omogeneità col prototipo americano (infatti il regolamento d’attuazione sembra un capitolo di carta costituzionale). E l’altro, invece, al plurale. Per sottolineare che di candidati non ce n’è uno solo, il vincitore atteso, ma più di due: «Sennò, che primarie sono?». Per carità, Bertinotti è politico visionario, ma non si fa illusioni: «Il 12 per cento è il minimo. Sopra, vado bene. Sotto, ho perso. Se faccio il 50, ho vinto. che dire, spero nella provvidenza rossa...». Da Prodi, ovviamente, nessuna previsione. Anzi, l’atteso vincitore chiariva: «Mi muoverò con cautela, adesso, da leader dell’Unione, così la competizione alla primaria sarà vera per tutti i competitori». Che come è noto sono Prodi, Bertinotti, Di Pietro, Pecoraro Scanio, i cui nomi l’elettore delle primarie troverà sulla scheda in un ordine che uscirà da un sorteggio. E intanto, per carità non per oscurare Prodi a Santi Apostoli, ieri c’era in campo pure Rutelli: da giorni, indossa un bel paio di calzoni rossi, e da Largo del Nazareno, contestualmente a quanto accadeva a Santi Apostoli e dalle parti del Pantheon, annunciava «massima mobilitazione della Margherita per Prodi», aprendo più seggi possibili. E ricordando al cronista che all’ultima discussione, quella al conclave di San Martino giovedì scorso, s’era alzata la voce proprio di Rutelli e del mastelliano Fabris: «Non sarà mica che si vota solo nelle sezioni della Quercia...».
E dunque, a quel che s’è capito, la campagna per le primarie di Prodi vedrà i fuochi d’artificio a chi farà di meglio e di più tra Margherita e Quercia, mentre Rifondazione giocherà la carta del minimalismo di concetto: campagna «post-it» quella di Bertinotti, che non riesce in verità nemmeno a ricordare il nome del foglietto giallo incolla-e-scolla sul quale ieri ha invitato tutti i suoi sostenitori a scrivere cosa vorrebbero nel programma dell’Unione. Poiché è «voglio» il lay-out, il messaggio forte che gli han trovato i suoi spin-doctor, convinti che di desideri e bisogni politici, a sinistra, ce ne siano a bizzeffe. Bertinotti ha accettato, forse anche perché, come si dice, l’erba voglio non cresce neanche del giardino del re, è il massimo dell’ambizione, insomma. Ma su quanti di quei «voglio» finiranno davvero nel programma per ora è un dubbio fugato: Prodi ha detto chiaro e tondo che «il programma si fa insieme». A dicembre, come stabilito. Ma dentro la «cornice» della carta d’identità dell’Unione. Che finalmente ieri è stata data alle stampe e alla stampa, anche se se ne sapeva già tutto. La Costituzione va tutelata, ma adeguata alla modernità. L’euro e l’Europa non si toccano. I diritti civili di tutti van rispettati, e anche ampliati (con i pacs, che però non si nominano). E via dicendo. Però Bertinotti continua a sperare nel voto agli immigrati, anche per le primarie. Ed è un po’ deluso: «E’ vero che nel documento c’è la difesa della laicità dello Stato. Ma quella discussione tra noi su questo punto, arrivata a lambire perfino divorzio e aborto, quella proprio non me l’aspettavo». Il segretario allarga le braccia: speriamo bene...